L'antisemitismo in Italia e in Gemania

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Testo

L’antisemitismo
in Italia ed in Germania
Savarelli Maria Luisa
INDICE
• STORIA: L’antisemitismo in Italia
L
L’antisemitismo in Germania.
L
• LETTERATURA: “La vita è bella”

Primo Levi “Se questo è un uomo”.
P
• ARTE: Picasso “Guernica”.
ANTISEMITISMO
PREFAZIONE STORICA:
Il Nazismo nacque in Germania in seguito alla grave crisi economica e alle tensioni sociali, che erano sorte dopo la sconfitta della I guerra mondiale. Con il trattato di Versailles venne stabilito che la Germania doveva pagare tutti i debiti di guerra e questo portò al tracollo economico con un’inflazione spaventosa e un elevatissimo numero di disoccupati. Questa situazione volse verso un nazionalismo sempre più aggressivo con desideri di rivincita sul trattato di Versailles.
Il partito Nazista nacque negli anni ’20, ma raggiunse un alto numero di seguaci solo dopo il 1939. era cappeggiato da Adolf Hitler, il quale era già stato protagonista di una rivolta nel 1923 a Monaco, che gli procurò solo una leggera condanna.
Hitler accusò il trattato di Versailles e gli ebrei di essere la causa della crisi della Germania perché essi erano i detentori dei centri di potere e promuoveva il ritorno di una nazione forte e dominatrice sull’Europa.
Hitler acquistò potere grazie all’appoggio dei grandi industriali degli ambienti militari e conservatori che vedevano nel nazismo un modo per contrastare i movimenti socialisti e comunisti.
Dopo le elezioni che videro un successo per i nazisti, Hitler raggiunse in un breve periodo i pieni poteri dittatoriali assumendo tutte le cariche più importanti, anche quella di presidente della repubblica. Non appena al potere instaurò un regime che limitava le libertà personali ed eliminava gli oppositori. Furono cancellati la libertà di stampa, di sciopero, tutti gli altri partiti furono messi al bando e tutte le attività furono controllate dal regime. Assunse il titolo di “Fuhrer” ed instaurò milizie militari, le SS e una polizia segreta di stato.
In politica estera Hitler trovò alleati nei regimi autoritari e fascisti come in Italia.
Successivamente vennero iniziati dei grandi lavori pubblici che apparentemente servivano per migliorare l’economia ma che in realtà preparavano la Germania ad uno scontro bellico. Quando l’intenzione di Hitler di conquistare l’Europa divenne evidente, era ormai troppo tardi per fermare l’avanzata del Terzo Reich e lo scoppio della II guerra mondiale.
L’ANTISEMITISMO:
Ciò che caratterizzò di più il nazismo fu il culto della razza ariana che voleva la stirpe germanica dominare e comandare su tutte le altre considerate inferiori.
Si esaltarono le masse all’odio razziale e al militarismo più violento. Il culto della razza ariana era impartito fin dalle scuole ed anche a livello scientifico si fornivano continue prove della superiorità biologica dei tedeschi.
Gli ebrei furono al centro di questo odio razziale e subirono le più spietate conseguenze del regime nazista.
Le leggi di Norimberga, approvate nel 1935, privavano gli ebrei di quasi ogni diritto e libertà: vennero proibiti i matrimoni misti, le attività commerciali e sottoposti ad azioni di violenza da parte delle SS come nella famosa notte dei cristalli nel novembre del 1938, quando tutti i negozi degli ebrei vennero saccheggiati e distrutti. Col tempo le persecuzioni aumentarono: vennero deportati nei campi di concentramento fino ad arrivare alla soluzione finale cioè all’eliminazione fisica per purificare la Germania.
Durante la guerra l’espansione della Germania nazista sull’Europa portò con sé il suo antisemitismo, nei territori dell’Europa orientale, dove gli ebrei erano più numerosi, vennero creati nelle città dei ghetti. Qui gli ebrei erano isolati dal resto della città, costretti a portare sugli abiti la stella gialla di Davide e a vivere in condizioni di sovraffollamento e denutrizione.
Il più famoso fu il ghetto di Varsavia.
Il nazismo e l’antisemitismo tedesco arrivarono anche in Italia, dove il regime fascista emanò le leggi razziali nel 1938.
Queste leggi portarono immediate conseguenze di tipo giuridico-economico, come ad esempio la confisca dei beni, la perdita della cittadinanza e del diritto allo studio. Così oltre ad impedire l’attività economica impedivano anche quella intellettuale, insegnanti, scienziati furono costretti ad interrompere le loro attività presso impieghi pubblici o università. Potevano lavorare solo presso scuole o istituti ebrei. Per potere esprimere quindi le proprie idee furono costretti ad emigrare.
L’atrocità del nazismo raggiunse il suo apice nei campi di concentramento dove furono rinchiusi tutti gli oppositori al nazismo, politici, prigionieri di guerra, omosessuali, zingari, oltre che agli ebrei. Per questi ultimi fu riservato il trattamento peggiore, condizioni di vita disperata, sfruttati al limite della sopportazione umana.
Nei campi di sterminio furono provate le torture più terribili: dagli uomini usati come cavie negli esperimenti scientifici, agli stermini di massa nelle camere a gas e nei forni crematori.
Fra i lager più tristemente famosi ci sono quelli di Auschwizt e Mauthausen. In Italia la Risiera di San Sabba e Fossoli.
Alla fine della II guerra mondiale sei milioni di ebrei erano stati sterminati dal nazismo.
ANTISEMITISMO : avversione nei confronti degli ebrei che si traduce in forme di discriminazione e di persecuzione, spesso cruenta e culminata nel corso della seconda guerra mondiale nello sterminio di milioni di persone. Il termine fu coniato intorno al 1879 per designare l'ideologia e l'atteggiamento persecutorio nei confronti degli ebrei.
L’antisemitismo ideologico si basa su una teoria razzista, inizialmente formulata in Francia e in Germania alla metà del XIX secolo, secondo la quale le persone della cosiddetta razza ariana sarebbero per fisico e temperamento superiori agli ebrei.
RADICI STORICHE DELLE PERSECUZIONI ANTISEMITE NELL’EUROPA OCCIDENTALE
Pur essendo attestato già nel mondo greco e romano, l’antisemitismo si diffuse con il cristianesimo. Dal IV secolo la discriminazione nei confronti degli ebrei, considerati dai cristiani responsabili della morte di Cristo, divenne universale e sistematica. Ai tempi delle Crociate (1096-1270) gli ebrei furono massacrati a migliaia, segregati in ghetti, obbligati a portare segni di riconoscimento e furono loro vietate numerose attività commerciali. In Europa verso la fine dell’Ottocento si verificò un ritorno dei pregiudizi antisemiti, in conseguenza del profondo disagio sociale indotto dalle crisi economiche e politiche: l’uso strumentale dell’antisemitismo fornì un capro espiatorio sul quale indirizzare i risentimenti e le frustrazioni collettive. In Germania le teorie razziste fornirono la legittimazione ai nuovi partiti antisemiti che si formarono allo scoppio della guerra franco-prussiana e dopo la crisi economica del 1873. Da allora sulla scena politica tedesca vi fu sempre almeno un partito apertamente antisemita fino al 1933, anno in cui l’antisemitismo divenne addirittura politica ufficiale del governo nazionalsocialista (nazista).
L’ANTISEMITISMO ORGANIZZATO COME STRUMENTO DI AZIONE POLITICA
L’antisemitismo, che nel periodo fra la prima e la seconda guerra mondiale aveva continuato a essere in Europa un sentimento diffuso, ancorché non organizzato, esplose nella Germania degli anni Trenta sotto il regime nazista guidato da Adolf Hitler. L’antisemitismo nazista culminò nello sterminio degli ebrei che vivevano nei territori occupati dai tedeschi tra il 1939 e il 1944 (la “soluzione finale” che gli ebrei chiamarono Shoa, sterminio, e per la quale è invalso anche il termine Olocausto). Alla fine della guerra circa sei milioni di ebrei (i due terzi dell’intera popolazione ebraica residente in Europa) erano stati uccisi nei campi di concentramento e nei campi di sterminio.
L’orrore della comunità internazionale contro i crimini nazisti fu unanime: i campi della morte furono infatti menzionati nella Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel 1945 al primo processo internazionale per i crimini di guerra che si tenne a Norimberga contro alti dirigenti del regime nazista, le persecuzioni compiute contro gli ebrei vennero giudicate come crimini contro l’umanità. I beni e le proprietà sottratti agli ebrei dai nazisti furono restituiti soltanto in parte. Nonostante l’universale sdegno suscitato nell’opinione pubblica dai crimini nazisti, dal dopoguerra a oggi si sono verificati ancora in diversi paesi europei sporadici atti di violenza e ostilità nei confronti degli ebrei, fra cui tristemente comune è la profanazione dei cimiteri.
L’ANTISEMITISMO NEL DOPOGUERRA
La Chiesa cattolica ha condannato l’antisemitismo e ha cercato di rimuoverne le basi religiose: nel Concilio Vaticano II (1962-65) infatti fu ufficialmente negata la responsabilità degli ebrei nella morte di Cristo e fu duramente condannato il regime nazista. Dalla fine degli anni Sessanta in poi, piccoli gruppi neonazisti hanno continuato a fare propaganda antisemita in Europa e negli Stati Uniti d’America. Anche in America latina, rifugio di molti nazisti fuggiti alla fine della guerra, si sono verificati episodi antisemiti. In Medio Oriente una nuova forma di antisemitismo si sviluppò come reazione al sionismo, dopo la costituzione nel 1948 dello stato di Israele che innescò laceranti tensioni con i vicini paesi arabi.
LA PERSECUZIONE DEGLI EBREI TEDESCHI DURANTE IL NAZISMO
Come conseguenza delle idee proclamate da Adolf Hitler in Mein Kampf, il regime nazista adottò misure sistematiche contro gli ebrei sin dalla sua ascesa al potere in Germania, nel gennaio 1933. Uno dei primi provvedimenti varati si preoccupava infatti di definire chi dovesse essere considerato "ebreo": ebreo era chiunque risultasse avere tre o quattro nonni osservanti della religione ebraica, indipendentemente dalla sua effettiva partecipazione alla vita della comunità ebraica; mezzo-ebreo era chi aveva due nonni osservanti o era sposato con un ebreo; chi aveva un solo nonno ebreo veniva designato come mischlinge (meticcio). Sia gli ebrei sia i mischlinge erano non-ariani e come tali soggetti a leggi e direttive discriminatorie.
L'"ARIANIZZAZIONE" DELL'ECONOMIA
Dal 1933 al 1939, Partito nazista, enti governativi, banche e imprese misero in atto un'azione comune volta a emarginare gli ebrei dalla vita economica del paese. I non-ariani vennero licenziati dalla pubblica amministrazione; gli avvocati e i medici ebrei persero i clienti ariani; le ditte di proprietà ebraica furono liquidate o acquisite da non-ebrei a un prezzo molto inferiore al valore reale; i ricavi ottenuti dal trasferimento delle imprese dagli ebrei ai nuovi proprietari (l'"arianizzazione" dell'economia) furono assoggettati a speciali tasse di proprietà; gli ebrei impiegati in ditte liquidate o arianizzate persero il lavoro.
LA NOTTE DEI CRISTALLI
Obiettivo dichiarato del regime nazista prima della seconda guerra mondiale era spingere gli ebrei all'emigrazione. Nel novembre 1938, in seguito all'assassinio a Parigi di un diplomatico tedesco da parte di un giovane ebreo, in Germania furono incendiate tutte le sinagoghe, infrante le vetrine dei negozi di proprietà ebraica e arrestate migliaia di ebrei. La notte dei cristalli convinse molti ebrei tedeschi e austriaci ad abbandonare il paese senza ulteriori indugi; centinaia di migliaia di persone trovarono rifugio all'estero, ma altrettante si videro costrette o scelsero di rimanere.
LA "SOLUZIONE FINALE"
Dal settembre 1941 gli ebrei tedeschi furono costretti a indossare fasce recanti una stella gialla; nei mesi seguenti decine di migliaia di ebrei furono deportate nei ghetti in Polonia e nelle città sovietiche occupate. Si realizzarono i primi campi di concentramento, strutture concepite appositamente per eliminare con il gas le vittime deportate dai ghetti vicini (300.000 dal solo ghetto di Varsavia). Bambini, vecchi e tutti gli inabili al lavoro venivano condotti direttamente nelle camere a gas; gli altri invece erano sfruttati per un certo periodo in officine private o interne ai campi e poi eliminati.
I CAMPI DELLA MORTE
Il trasporto delle vittime nei campi di sterminio avveniva generalmente in treno; la polizia pagava alle ferrovie di stato un biglietto di sola andata di terza classe per ciascun deportato; se il carico superava le 1000 persone, veniva applicata una tariffa collettiva pari alla metà di quella normale. I treni, composti da vagoni merci sprovvisti di tutto, persino di buglioli e prese d'aria, viaggiavano lentamente verso la destinazione e molti deportati morivano lungo il tragitto. Principali punti di arrivo in Polonia erano Kulmhof, Belzec, Sobibor, Treblinka, Lublino e Auschwitz. Quest'ultimo era il più grande tra i campi di sterminio; vi trovò la morte oltre un milione di ebrei, molti dei quali furono prima usati come cavie umane in esperimenti di ogni tipo. Per una rapida eliminazione dei corpi, nel campo vennero costruiti grandi forni crematori. Nel 1944 il campo fu fotografato da aerei da ricognizione alleati a caccia di obiettivi industriali; i successivi bombardamenti eliminarono le officine ma non le camere a gas.
EFFETTI DELL'OLOCAUSTO
Al termine della guerra, nell'olocausto avevano trovato la morte milioni di ebrei, slavi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova e comunisti; tra gli ebrei le vittime ammontarono a più di cinque milioni. Il ricordo delle vittime ebree svolse un ruolo di primo piano nel crearsi di un ampio consenso nel dopoguerra attorno al progetto di costituire in Palestina uno stato ebraico che potesse accogliere i sopravvissuti alla tragedia: il futuro stato di Israele.
DIASPORA
Diaspora è una parola di origine greca che significa” dispersione”.
Parlando di “ebrei della diaspora”si intendono tutti gli appartenenti alle comunità ebraiche che vivono fuori da Israele. La diaspora incominciò con la deportazione a Babilonia sotto Nabucodonsor nel 586 a.C.; in età imperiale gli ebrei raggiunsero Roma come prigionieri di guerre dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. ad opera di Tito.
Dall’Italia gli ebrei si diffusero in tutta Europa, si ricordano le comunità stanziate in Palestina, in Olanda e negli Stati Uniti ed il fenomeno del movimento migratorio verso la terra d’origine dopo la nascita dello stato di Israele nel 1948.
LA VITA È BELLA
Regista: Roberto Benigni
Scritto da: Roberto Benigni e Vincenzo Cerami
Genere: Commedia
Anno di produzione: 1998
Durata: 2h 6’
Interpreti: Roberto Benigni (Guido), Nicoletta Braschi (Dora), Giustino Durano(Zio), Sergio Bustric(Ferruccio), Marisa Paredes(Laura, madre di Dora), Horst Bucholoz(Dott. Lessino), Giorgio Cantarini(Giosuè).
TRAMA:
Alla fine degli anni Trenta due giovani, Guido e Ferruccio, lasciano la campagna per rincorrere i loro sogni in città. Guido vuole aprire una libreria nel centro storico di Arezzo, mentre Ferruccio, vorrebbe diventare poeta; in attesa che le loro speranze si realizzino il primo, aiutato da un vecchio e saggio zio, trova lavoro come cameriere al Grand Hotel ed il secondo in un piccolo negozio di stoffe.
Guido si innamora di una maestrina, che per via dell’ambiente conformista in cui vive non può ricambiare il suo sentimento, anche se ha voglia di lasciarsi andare e vivere pienamente la sua vita. Conquistare la giovane maestra è un’ impresa ardua, Guido ci prova escogitando l’impossibile: le compare davanti all’improvviso, la rapisce con la Balilla, si traveste da ispettore scolastico, la incanta con furbissimi trucchi…
Dora non prende però sul serio Guido, anche perché sa che il suo destino è legato a quello di un vecchio compagno di scuola al quale è promessa in sposa.
Guido continua testardo il suo piano di conquista essendo all’oscuro dell’imminente matrimonio della sua “Principessa”, finchè l’annuncio ufficiale delle nozze non viene dato una notte durante una sontuosa festa per gli eterni fidanzati al Grand Hotel dove lavora Guido, che venuto a conoscenza del segreto che affligge il cuore di Dora si dispera e ne combina di tutti i colori inciampando dappertutto.
Anche Dora però si sente inquieta, ha capito che sta per sposarsi con un uomo per il quale prova solo affetto e non amore e che fino ad allora non si era mai ribellata a ciò che le veniva imposto da persone con le teste piene di brutali mitologie imperialistiche.
Ma sa anche che c’è un uomo che la ama veramente, pieno di fantasia, che la fa ridere e mentalmente libero.
Mentre tutti gli invitati festeggiano il fidanzamento Guido, irrompendo nella sala del ricevimento in groppa ad un cavallo, strappa Dora dalla sua prigione dorata e come nelle fiabe se la porta via.
Così incomincia l’amore tra Dora e Guido, la vita di due persone semplici, una vita uguale a tante altre. Dalla loro unione nasce un bambino Giosuè, mentre l’amico di mille avventure, Ferruccio, viene portato lontano, non dai suoi sogni ma dalla guerra.
Giosuè ha cinque anni, come tutti i bambini è vivace e allegro, e odia fare il bagno; l’Italia è in guerra, i monumenti sono protetti dai sacchi di sabbia, e alla libreria di Guido in centro non va quasi nessuno.
La vita continua, anche se per chi come Guido è di lontane origini ebraiche non è semplicissimo andare avanti,ma i due genitori tentano in ogni modo di tenere allegro il loro prezioso bene, Giosuè.
Ma un brutto giorno inaspettatamente l’atmosfera gioiosa e amorosa della famiglia di Guido viene sconvolta.Vengono tutti e tre deportati, Dora va da una parte, Guido e Giosuè dall’altra, alla madre non resta che sperare e resistere, al padre salvare il ragazzino dalla bufera della guerra. Lo protegge, lo nasconde e gli nasconde l’orrore che stanno vivendo, è costretto ad essere sempre allegro, mai stanco,e gli fa credere che è tutta finzione, che stanno facendo un grande gioco collettivo.
Il piccolo Giosuè passa tra le atrocità della guerra senza rendersene conto, Guido lo restituirà alla madre allegro e pieno di voglia di vivere come quando lo aveva lasciato, anche se lui non tornerà più a casa con loro.
TRACCIA TEMATICA:
“La vita è bella” non è un film che si può definire realista: le vicende che racconta sono verosimili, ovvero si riconosce la storicità dello sfondo, anche se il genere che può essere più di riferimento è quello della favola, una favola dai risvolti tragici, ma che comunque manda a tutti un messaggio di umanità e speranza; infatti lo stesso Benigni trasforma gli scenari in modo che ci si possa sentire come sospesi tra sogno e realtà.
Questo film può essere considerato sia comico, basti pensare alla falsa traduzione delle istruzioni dell’ufficiale tedesco, e ancora prima all’imitazione dell’ispettore scolastico, sia tragico, considerando l’impatto che alcune scene hanno avuto, come l’agghiacciante montagna di corpi accatastati che sbuca dalla nebbia, per ricordare allo spettatore dove ci si trova e cosa è stato l’olocausto.
Il film di Benigni costituisce una delle più intense rivendicazioni del diritto dell’infanzia, un atto di accusa contro la guerra e il razzismo di cui i bambini sono le prime vittime.
PRIMO LEVI
Primo Levi nasce a Torino nel 1919, si laurea alla facoltà di Scienze nella sua città natale e frequenta circoli di studenti antifascisti ebrei e non.
Terminati gli studi trova lavoro come chimico, ma nel ’43 decide di unirsi ad un gruppo partigiano ed il 13 dicembre dello stesso anno viene arrestato tuttavia entra nel lager di Aushwitz solo nel 1944.
Torna a casa nel ’45 dopo un estenuante viaggio che racconterà nel libro “La tregua”.
I suoi libri sono delle testimonianze e vengono tradotte in diverse lingue.Tra le sue opere ricordiamo: “Se questo è un uomo”, “La tregua”, “I sommersi e i salvati”.
L’ 11 aprile 1987 muore a Torino suicida.
SE QUESTO E’ UN UOMO
Quest’opera è la testimonianza di un sopravvissuto ai lager: risulta essere un documento storico, ma anche un’analisi sul funzionamento dei campi di sterminio.
Levi decide di scrivere questo romanzo per il suo bisogno di liberazione interiore; i capitoli infatti sono stati scritti in ordine di urgenza, per via del senso di angoscia e di disperazione di questi uomini che non si sono sentiti più come tali.
Levi viene catturato dalla milizia fascista alla fine del ’43 e deportato solo nel ’44, pochi mesi prima della liberazione, in uno dei più tristemente famosi lager: Auschwitz.
Il titolo del libro fa notare come i nazisti siano riusciti a svuotare completamente un uomo dalla sua anima: coloro che resistevano fisicamente, infatti, spesso non resistevano a livello psichico. Tutti i temi trattati dalla famiglia, alla salute e alla vita sono stati violati in modo permanente.
All’inizio Levi racconta il viaggio nei treni merce, l’inizio della fame e della sete, infine l’arrivo.
La prima selezione fa in modo che venga tolta la possibilità di ragionare, di trovare un motivo logico a ciò che stava accadendo.
L’autore viene spogliato di tutti i suoi averi, rivestito di una divisa a righe e battezzato con un numero tatuato su di un braccio, quindi spedito in uno dei tanti block. Levi si sente già annientato come uomo.
Quelli appena arrivati sono pieni di dubbi, che di solito sarebbero ovvi, ma nessuno spiega loro come comportarsi, si parlano lingue diverse ed i pochi che capiscono per l’estrema stanchezza o per lo sfinimento di mesi o anni nel lager non se la sentono di rispondere.
Il lavoro è durissimo e l’unico modo per sottrarvisi è entrare in Ka-Be, l’infermeria. Levi ha questa “fortuna” perché dotato di una “buona” ferita, il ricovero gli permette infatti di riposarsi e di non essere percosso.
Uscito dal Ka-Be, però, si ricomincia da capo, è di nuovo tra gli altri “uomini senza anima”, in un block diverso.
Levi racconta quasi con raccapriccio le notti del lager, il sonno è disturbato, il letto di legno è da dividere in due, gli incubi non danno tregua, il giorno arriva in un baleno senza la possibilità di riposo.
È la fame però uno dei problemi maggiori, si mangia poco e male, gli sforzi sono tanti e il corpo è ogni giorno sempre più denutrito. Per mangiare si fa di tutto ed il pane è talmente prezioso che viene usato anche come moneta.
Ad un certo punto l’autore parla di sommersi e salvati, di quegli individui che si sono lasciati travolgere dalle circostanze e che non hanno resistito e di altri che hanno usato qualsiasi mezzo pur di sopravvivere. Egli parla del suo rapporto con Alberto con il quale si aiutavano reciprocamente ma che non è riuscito a sopravvivere: questo amico è uno dei tanti motivi che hanno spinto Levi a scrivere questo libro, è uno dei tanti sommersi dalle atrocità ma sopravvissuto nell’anima.
Levi riuscì a sopravvivere perché nel campo ebbero bisogno di chimici e lui fu impiegato in questo nuovo lavoro.
Quando i russi furono troppo vicini, a tutti coloro che potevano camminare venne ordinato di partire per una marcia di venti chilometri; Levi malato di scarlattina non vi prese parte. Dei ventimila uomini che partirono non si ebbe più notizia.
I tedeschi abbandonarono il campo e nell’attesa di essere trovati dai soldati russi nacque una certa solidarietà tra i sopravvissuti, solo le malattie non perdonarono.
Infine arrivò la liberazione ed il grande bisogno di risentirsi uomini.
A seguito di “Se questo è un uomo”, Levi ha scritto “La tregua”, in cui racconta il suo viaggio verso casa ed i postumi del trauma subito.
Più tardi scrisse anche”I sommersi e i salvati”. tutte queste si possono definire opere per la liberazione interiore, la ricerca dell’uomo perduto e forse ritrovato.
PABLO PICASSO
Picasso è un artista spagnolo nato a Malaga nel 1881.
Fu un bimbo prodigio nel disegno e dimostrò precocemente la capacità di tradurre in disegno la realtà.
All’inizio del ‘900 seguì due momenti diversi definiti in base alle tonalità che dominavano i dipinti il “periodo blu” e il “periodo rosa”.
Nel 1907 diete avvio al “Cubismo”, uno dei principali movimenti di avanguardia del secolo trascorso.
Ricasso morì nel 1973.
GUERNICA
AUTORE: Pablo Picasso
TITOLO: Guernica
ANNO: 1937
TECNICA: tempera su tela
MISURE: cm 354x782
LA COMMITTENZA: il 26 aprile 1937 la piccola cittadina basca di Guernica venne bombardata dalla aviazione nazista inviata da Hitler.
Picasso ne apprese la notizia dai quotidiani; immediatamente decise il soggetto del grande quadro e si mise al lavoro.
RIFLESSIONE: Guernica rappresenta una scena di strage e di morte, con un riferimento storico ben preciso, ma che diventa simbolico: dalla guerra e dalla violenza tutto viene stravolto, gli uomini disumanizzati e spezzati, le figure infatti sono forme frantumate e quasi irriconoscibili.
Nella scena non ritrae un episodio di battaglia ma solo immagini dell’umanità innocente, vittima indifesa della guerra. Quest’opera è la condanna della guerra, ma anche una premonizione di quello che sarebbe avvenuto di lì a pochi anni nell’ultimo conflitto mondiale.
IL CUBISMO E LE FIGURE MOSTRUOSE: le radici dell’opera “Guernica” possono essere individuate nella ricerca cubista di Picasso iniziata nel 1907. Picasso elabora una nuova pittura detta cubista basata sullo studio di ciò che avviene quando si guarda un oggetto da tutti i suoi lati, viene osservato di profilo, di fronte, di lato, ribaltandolo poi su di un unico piano.
Nel 1925 si ha una svolta nella produzione di Picasso, inizia la serie delle figure “mostruose”.
Sono figure terrificanti, angosciose e simili ai mostri degli incubi notturni, simboli di un mondo disumanizzato, presagio della tragedia immane della guerra.
Le figure mostruose costituiscono una sequenza di immagini in cui si inserirà “Guernica”.
LUOGO DI COLLOCAZIONE: Madrid, Centro Reina Sofia
Il quadro ha un formato piuttosto allungato che favorisce la narrazione sequenziale degli eventi e si snoda su diversi piani di profondità. Tutti i corpi sono deformati per via dell’ingigantimento di alcune parti come la testa, le mani o i visi, tutto concorre a trasmettere la tragicità della scena.
MATERNITA’ OFFESA: a sinistra si trova una donna accovacciata urlante, che tiene fra le braccia il proprio bambino riverso come se fosse morto, dietro di lei un toro che sembra distogliere lo sguardo dalla scena.
IL GUERRIERO CADUTO: in basso troviamo una figura di uomo sdraiato con le braccia allargate ed una spada spezzata stretta in una mano che lo fa riconoscere come un guerriero caduto.
IL GRAN NITRITO: quasi al centro del dipinto è collocato un cavallo ferito che volge la testa ed il collo in procinto di cadere al suolo. Dalla bocca aperta sembra fuoriuscire un grande nitrito.
LA LAMPADA ACCESA: sullo sfondo sembrano esservi le pareti di una stanza, con un tavolo e una lampada accesa posta esattamente sopra la testa del cavallo.
I SEGNI DELLA VIOLENZA: i particolari che accentuano la violenza dell’evento sono la spada spezzata, la ferita aperta sulla groppa del cavallo e le bocche spalancate nell’urlo di dolore.
LA DONNA ESTERREFATTA: sulla destra si trova una donna che accorre e si protende in avanti in atteggiamento esterrefatto e sgomento.
LA DONNA COL LUME: in secondo piano una donna di cui si vedono solo la testa e un braccio, sembra gridare dal terrore affacciata ad una finestra mentre con una mano sostiene un lume.
UN GESTO DISPERATO: a destra troviamo un caseggiato con una finestra vuota illuminata. Davanti una figura femminile alza le braccia in gesto di disperazione.
LE FORME: il contrasto bianco/nero non crea volume, così che tutto risulta appiattito, i colori vengono usati liberamente senza preoccuparsi del volume.
IL MONOCROMATO: nell’opera non c’è colore, solo bianchi, neri e grigi. L’uso di questi dolori si pensa sia dovuto dalle fotografie della città bombardata viste dal pittore sui giornali, a conferma di questa ipotesi sono le textures di segni che evocano le pagine scritte usate ad esempio sulla groppa del cavallo.
LE LINEE: il disegno è nitido nonostante le linee che generalmente seguono i profili delle figure se ne distacchino per diventare indipendenti creando una certa libertà tr linee e figure.
IL GRIDO DI DOLORE: tutte le figure culminano in un grido di dolore: quello delle figure laterali e il nitrito-urlo del cavallo al centro.
GUERNICA E LA CULTURA OCCIDENTALE: nonostante l’ascendenza cubista dell’opera, Picasso non dimentica la tradizione.
Il toro: è presente nelle antiche civiltà mediterranee come immagine di potenza e di fecondità, quindi simbolo positivo; ma nella corrida spagnola il toro è l’oscuro nemico da abbattere.
In “Guernica” il toro è una figura dominante ma pare estraniarsi dalla scena, potrebbe simboleggiare lo stesso pittore che guarda al di fuori dalla scena, o l’immagine della Spagna.
Il fiore : il piccolo fiore presente nella scena tra le mani del guerriero caduto potrebbe essere il simbolo della vita fra le distruzioni della guerra e la rinascita.
La luce: le fonti di luce sono due: il lume sorretto dalla donna e la lampada appesa al soffitto.
In “Guernica” è la contrapposizione fra l’umile lume ad olio che la donna protende con forza per esprimere la rinascita, e l’inerte lampada elettrica, forza fredda e inefficiente di un mondo informato ma non impegnato.
Il cavallo: nella tradizione il cavallo è un animale nobile che accompagna gli eroi, nell’opera questo è colpito a morte e sta cadendo a terra. Potrebbe essere espressione di come la nobiltà e la fierezza vengano ferite a morte dalla brutalità della guerra.

Esempio