L'amico ritrovato

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RELAZIONE “L’amico Ritrovato” di Fred Uhlman

“L’amico ritrovato” è un libro di Fred Uhlman, scrittore tedesco nato nel 1901 a Stoccarda. Fu pubblicato una prima volta nel 1971 negli Stati Uniti.
“L’amico ritrovato” è una novella scritta in memoria della più orribile tragedia avvenuta nella storia umana (la seconda guerra mondiale), ma è espressa in un tono “minore” (come afferma l’autore dell’introduzione del libro, Arthur Koestler) molto nostalgico.
Le vicende sono ambientate nella Germania del 1932. Hans e Konradin sono i personaggi principali. Il primo, figlio di un dottore ebreo ed il secondo, figlio di una ricca famiglia aristocratica, si trovano in classe insieme; Hans è molto affascinato dal nuovo ragazzo che riesce ad emergere dalla “massa” usando modi gentili ed ufficiali.
In questa parte si colloca la situazione iniziale della storia.
In seguito vi è una prima rottura dell’equilibrio, quando Hans porta a scuola delle monete greche di cui era collezionista, riuscì in questa maniera ad attirare l’attenzione di Konradin.
Quest’ultimo diviene così amico di Hans; qui avviene uno spannung.
Una ricomposizione dell’equilibrio vi è quando i due ragazzi cominciano ad uscire insieme, nasce allora una profonda amicizia.
Si ha successivamente una seconda rottura dell’equilibrio, quando Hans invita a casa sua più volte Konradin, ma quest’ultimo invita il primo solo durante l’assenza dei propri genitori. Hans diventa così molto sospettoso nei riguardi dell’amico. Corona i suoi sospetti quando la madre gli dona un biglietto per Fidelio. A teatro è presente anche Konradin con i genitori, il quale pur avendolo riconosciuto, non lo saluta.
Il giorno dopo Hans chiede a Konradin chiarimenti sulla sera precedente, e questo gli rivela la verità: sua madre essendo nazista, non voleva che i due ragazzi si frequentassero, in quanto Hans era ebreo. Qui c’è uno spannung.
Poche pagine dopo si ha una nuova ricomposizione dell’equilibrio. A scuola i compagni, influenzati dalla corrente nazista, iniziano ad umiliare Hans. Un giorno di dicembre al ragazzo viene comunicato dai genitori che doveva partire per New York. L’amicizia tra i due ragazzi finisce.
La storia si conclude con Hans ormai adulto e con una vita propria. I suoi genitori erano morti tempo addietro, pochi giorni dopo da quando un nazista attaccò sulla porta dello studio di suo padre una scritta contro gli ebrei. Così questo, mentre la moglie dormiva, aprì il gas. Fu in questo modo che morirono.
Un giorno Hans incontra un uomo, il quale gli comunica che Stoccarda era distrutta per tre quarti, ed il palazzo in cui abitava Konradin era ormai ridotto in macerie. Gli consegna una richiesta di fondi da parte della scuola che Hans frequentava accompagnata da un libretto contenente una lista di nomi, per la costruzione di un monumento funebre in memoria degli allievi caduti durante la seconda guerra mondiale.
Hans poi sfoglia l’opuscolo saltando la lettera del cognome di Konradin, ma alla fine la curiosità s’impossessa di lui e così legge: “von Hohenfels, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato.”
Nella novella gli ambienti in cui si svolgono le vicende sono molto ben descritti.
L’aula scolastica conteneva panche e banchi massicci, un odore acre e muschioso di quaranta pesanti cappotti invernali, vi erano pozze di neve disciolta, e contorni bruno-giallastri sulle pareti grigie in corrispondenza del punto in cui prima della rivoluzione, erano appesi i ritratti di Kaiser Guglielmo e del re del Wuttemberg.
La casa di Hans era una villa modesta in pietra locale, si ergeva in un giardinetto pieno di ciliegi e di meli; era sita nella zona in cui abitava la borghesia ricca e benestante di Stoccarda. Era circondata da colline e vigneti, stesa in una valle così stretta che solo poche strade erano costruite in piano; la maggior parte s’inerpicava sulle colline appena superata la via principale.
La camera di Hans era invece arredata secondo i desideri del ragazzo. Alle pareti erano appese alcune riproduzioni: “Il ragazzo con il gilet rosso” di Cézanne, qualche stampa giapponese e i “Girasoli” di Van Gogh. Vi erano moltissimi libri, tra cui i classici tedeschi, Schiller, Kleist, Goethe, Hölderlin e Shakespeare, Rilke, George e Dehmel; opere francesi come Balzac, Baudelaire, Flaubert, Stendhal; opere russe tra le quali Dostoievskïj, Tolstoi, Gogol. In un angolo c’era una vetrina con le sue collezioni: monete, coralli di un rosso rosato, ematiti e agate, topazi, granati, malachite, un blocco di lava prelevato da Ercolano, un dente di leone, un artiglio di tigre, un brandello di pelle di foca, una fibula romana, due frammenti di vetro e una piastrella romani, un molare di elefante.
Hans desiderava molto essere invitato a casa di Konradin, ma finchè questo desiderio non si realizzò, il ragazzo si soffermava sulla descrizione del cancello della casa dell’amico, il quale gli appariva quasi come la barriera al suo sogno. Era un cancello in ferro battuto, sormontato da due grifoni che reggevano lo stemma degli Hohenfels. Davanti seguiva un vialetto odoroso, bordato di oleandri che portava al portico e all’ingresso principale: un enorme portone nero.
Quando questo sogno di Hans fu finalmente esaudito, il ragazzo si trovò nel buio più totale, intravise una grande anticamera con pareti coperte di trofei di caccia: delle corna gigantesche, una testa di bisonte europeo, delle zanne color crema di elefante il cui piede, montato in argento, serviva da portaombrelli. Una scala di quercia scura collegava il piano terra al primo, in cui c’erano una serie di porte chiuse; sulle pareti rivestite in quercia c’era un quadro raffigurante una caccia all’orso, un altro che rappresentava un combattimento di cervi, un ritratto dell’ultimo re e la veduta di un castello. Al secondo piano vi era un corridoio nel quale erano appesi altri quadri: “Lutero davanti a Carlo V”, “I Crociati entrano a Gerusalemme”, “Il Barbarossa dormiente nei monti Kyffhauser, con barba che cresce attraverso un tavolo di marmo”; poi vi era una porta aperta al cui interno vi era una camera da letto femminile con il piano della toilette zeppo di bottigliette di profumo e spazzole con il dorso di tartaruga intarsiata di argento. C’erano molte foto inserite in cornici anch’esse d’argento, soprattutto raffiguranti ritratti d’ufficiali; uno di essi somigliava in modo sorprendente ad Adolf Hitler.
Infine la stanza di Konradin era grande, da essa lo sguardo spaziava su un giardino ben tenuto in cui spiccavano una fontana, un tempietto dorico e la statua di una dea coperta di licheni gialli.
In quest’opera letteraria autore e narratore non coincidono. La focalizzazione è interna alle vicende, è infatti lo stesso Hans a narrare. Questo usa la tecnica del racconto per la sua narrazione.
Questo libro mi ha affascinata tantissimo, perché sono messi in risalto i valori dell’amicizia, la quale penso, anche se finita per un problema di diversità culturale non tollerata, non si è mai veramente conclusa. Lo dimostra infatti Hans nella conclusione quando chiede notizie dell’amico e poi ride nel sapere che il palazzo in cui questo abitava era stato distrutto. A mio parere è come se l’autore ci lasciasse libera scelta su come interpretare quelle risa, a seconda di come abbiamo inteso la storia. Secondo me quel momento è il riassunto un misto di dolore e sorpresa, perché non si avrebbe mai immaginato che il palazzo della famiglia di Konradin, così legata al nazismo, potesse essere ridotto in macerie. Leggere cosa ne era stato dell’amico, per Hans è stato il tipico “momento della verità”, in cui tutti i dubbi sono magicamente risolti. Dopo la fatidica frase che proclama la fine di Konradin, la novella si conclude, lasciando nella mente dei lettori il possibile stato d’animo del narratore nel leggere quelle righe. Sembra quasi indescrivibile la sensazione provata, era un misto di stupore, “agghiacciamento”, e dispiacere per la morte di quel ragazzo.
Infine, penso che Fred Uhlman sia stato il creatore di un capolavoro molto profondo e significativo, anche se si tratta solo di una novella di una centinaia di pagine.

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