Interculturalità e dialogo

Materie:Tema
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Testo

Ci sono avvenimenti che sono, come la Fiera del libro a Torino, opportunità grandissime per dialogare e scambiarsi opinioni: è lecito dare un’opinione negativa sullo stato di Israele (ospite per eccellenza della manifestazione per la ricorrenza del suo 60esimo “compleanno”) ma, non credo, altrettanto legittimo andare a bruciare bandiere, cantare inni all’intolleranza, promuovere boicottaggi ecc. per delegittimare lo stato di Israele. Non è una questione di fazione politica, ma per molti giovani l’unico scopo è scatenare l’intifada per obbligare le altre persone a credere che ci sia un solo stato oppresso, quello palestinese, e un solo oppressore, quello Israeliano, nei confronti del quale nutrono un sentimento di profondo odio. Si deve promuovere un dialogo interculturale tra i palestinesi e gli israeliani che dia il via alla loro coesistenza nel rispetto reciproco, due stati indipendenti che possono e devono vivere in pace altrimenti ci sarà solo morte e distruzione.
E’ necessario ascoltare più che parlare. Nel caso in cui non si è aperti ad ascoltare anche quello che non ci fa piacere ascoltare, si comincia a diventare detentori della verità, a immaginare fantasie inesistenti e a crearsi una propria realtà, si ricorre alla violenza, alla legge del più forte che vince il più debole. L’amore e la carità sono l’arma più potente contro il pregiudizio, l’istinto di alterigia e il senso di superiorità verso l’altro. Certe persone, a causa di pregiudizi, sono chiuse nei confronti della multiculturalità per gli extra-comunitari immigrati. Per questi ultimi non potrà mai esserci un istinto di voler far del bene al paese in cui stanno vivendo se in cambio ricevono solo disprezzo.
Sarà mai possibile il dialogo interculturale? Sarà mai possibile una integrazione nelle nostra società che sta diventando sempre più multietnica?
Penso che ciò sia possibile solo nel caso in cui si riesca a comprendere che esiste una gerarchia dei “valori”. Solo tenendo a mente l’esistenza di una priorità di valori ci si può addentrare nel parlare di dialogo interculturale altrimenti si corre il rischio di fare confusione tra i vari livelli: di trovarsi cioè di fronte a una pluralità di valori in conflitto tra di loro che generano in sostanza e alla fine solo confusione e disordine.
Al livello più elevato di questa gerarchia potremo collocare senza ombra di dubbio:
- L’integrità psicofisica di ogni singolo individuo;
- La libertà di ogni singolo individuo oppure di un gruppo a determinare la propria vita nel rispetto degli “altri”.
In questa gerarchia ideale questi due dovrebbero essere considerati non solo prioritari ma prerequisito al dialogo interculturale.

Vero è tuttavia che vi sono immigrati regolari che vogliono integrarsi e immigrati non regolari che portano nel nostro paese solo criminalità. Tra i primi fanno parte persone come la rom che denunciando un altro rom, nell’omicidio di Giovanna Reggiani, ha commesso un gesto di vero coraggio, sapendo che il suo destino sarebbe stato quello di essere cacciata via dal clan di cui faceva parte. Nel secondo ci sono, spesso, vittime a loro volta dei trafficanti delle più turpi situazioni dell’esistenza. Conseguenza diretta, purtroppo, di chi si introduce irregolarmente in un paese. L’unico “giro” possibile che si presenta dinanzi all’uomo senza riferimenti stabili. Sono i clandestini entrati nel nostro Paese negli ultimi quattro anni a commettere il maggior numero di delitti con un' impennata che negli ultimi dodici mesi ha riguardato i furti e le rapine e una crescita costante delle violenze sessuali. Sale anche il numero dei danneggiamenti e degli incendi, così come quello delle lesioni dolose e delle estorsioni. Secondo il Ministero degli Interni tra il 2004 e il 2007 alcuni illeciti sono raddoppiati, altri addirittura triplicati. L’ intenso flusso migratorio degli ultimi tempi ha contribuito ad alimentare sacche di marginalità le quali rappresentano il primo passo verso il coinvolgimento in attività delittuose. E’ necessario capire che l’accoglienza può e deve essere fatta per coloro a cui possiamo dare una casa, un lavoro. E’ necessario regolare i flussi migratori. Per evitare che le persone entrino irregolarmente nei nostri stati è necessario far si che si creino possibilità di vita possibili nei luoghi da cui questi immigrati provengono altrimenti ci saranno sempre persone disposte a tentare il tutto per tutto per fuggire dalla fame, dalle guerre.
La conoscenza, lo studio delle altre culture è l’unico mezzo che abbiamo per far sparire il senso di intolleranza. Per questo la divulgazione delle notizie deve, non essere censurata, ma neanche deve esistere una anarchia dell’informazione, occorrono regole rispettose degli individui e dei gruppi. I giornalisti devono operare in modo pulito e corretto. Non ci deve essere la ricerca dello “scoop”, o meglio, non ci deve essere un’informazione che vada a giudicare subito la persona indagata prima che venga emesso un verdetto finale.

Jan Figel, commissario europeo responsabile dell'istruzione, della formazione, della cultura e della gioventù, afferma la “necessità di iniziare una vera metamorfosi delle nostre società per creare un'Europa interculturale nell'ambito della quale gli scambi e le interazioni tra le culture si svolgano in modo costruttivo e la dignità umana sia universalmente rispettata".
A quale dialogo interculturale fare riferimento? Ad un multiculturalismo che si basa sulla separazione delle culture, come si fa ora, o a una integrazione fra le varie culture?
Non è facile rispondere a queste domande. Anche se a prima vista può sembrare utile e interessante, da un punto di vista ideale, occorre però percorrere l’idea di una integrazione fra le diverse culture. Ci si scontra con il diritto alla conservazione delle proprie origini, della propria cultura, lingua e religione. Dov’è il confine fra integrazione e l’esigenza di conservare le proprie origini la propria cultura, lingua e religione?
Il primo successo di multiculturalismo fu quello canadese e successivamente inglese ed era legato al tentativo di integrare, non di separare. Sappiamo di certo che il dialogo avviene tra due o più persone ed è discussione più o meno concorde che mira a una intesa.. Il dialogo interculturale ha il suo pilastro nella comunicazione “bidirezionale”. Comunicare, rendere comune, far parte ad altri di ciò che è proprio, significa essenzialmente avere la consapevolezza di scambiare messaggi per perseguire il proprio fine. Concentrarsi sul separatismo, come si fa ora, non è un contributo alle libertà multiculturali, ma è il suo opposto.
Quello di cui abbiamo ora bisogno non è l’abbandono del multiculturalismo, né il rifiuto della meta di un’eguaglianza indipendente dalle «origini razziali o etniche, dalla lingua o dalla religione», ma il superamento di queste due confusioni che hanno già creato tanti problemi. Alessandro Dal Lago ha affermato che il multiculturalismo, con l'idea di mettere sullo stesso piano le culture può finire per incentivare l'ostilità tra le culture invece di farle dialogare.
L’importanza della libertà culturale, fondamentale per la dignità di ognuno, deve essere distinta dall’esaltazione e dalla difesa di ogni forma di eredità culturale che non tenga conto delle scelte che le persone farebbero se avessero l’opportunità di vedere le cose criticamente e conoscessero adeguatamente le altre opzioni possibili nella società in cui vivono. La libertà culturale pretende, in primis, l’impegno a contrastare l’adesione automatica alle tradizioni quando le persone (compresi i giovani) ritengono giusto cambiare il loro modo di vivere.

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