il pessimismo

Materie:Tesina
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Testo

Introduzione
Questa tesi tratta il tema del pessimismo, un tema che mi ha coinvolto durante il nostro percorso di studio.
Il pessimismo, è un sentimento che non coinvolge unicamente alcuni pensatori, ma qualsiasi branchia degli studi umani, in quanto influenzati da essi stessi.
Leopardi- Montale
Per quanto riguarda la letteratura, molti furono i pensatori che possedevano una visione pessimistica della vita. Tra questi, però, quello che a mio parere possedeva una visione pessimistica più estrema è leopardi che per alcuni aspetti sembra rassegnato a questo modo di vivere.
Leopardi visse come pochi altri il disagio, letterario e personale, del suo tempo.egli non si presto mai al perbenismo imperante in Italia. Era un malpensante. Visse la gran parte della sua via nel suo studio, in cui si astraeva dalla realtà, consumando la sua vita senza gioe e minava la sua salute. È anche vero però che solo lì riusciva a trovare l’evasione tanto agonata dalla vita uggiosa che conduceva e poteva alimentare i suoi sogni di gloria.
Non trovò gioie neanche nei momenti di “piacere” per lui solo pensabili,giudicabili,mammai raggiungibili.
Questa crisi interiore era spesso dovuta al rifiuto della vita e della società in cui vivere.
Per poter capire meglio il pessimismo estremo di Leopardi, lo si paragona a quello di Montale, anche li appartenente ad una visone pessimistica pur appartenendo a periodi e situazioni diverse.
Montale a differenza di Leopardi, è forse l’interprete più originale della condizione di crisi , del senso di solitudine, della mancanza di solide certezze.
L’argomento centrale del pensiero leopardiano è il pessimismo dovuto all’infelicità dell’uomo.
Tale infelicità è dato dal fatto che l’uomo, va alla ricerca del piacere, ma non di quello che possa soddisfare un singolo bispogno, ma il piacere assoluto e irraggiungibile nella vita terrena.
Con il passare del tempo, Leopardi, si rende sempre più conto che questa crisi non è data dell’uomo, ma dalla Natura Matrigna, l’unica artefice dell’infelicità dell’uomo.
Per quanto riguarda Montale, invece, bisogna dire che vivere è come andare lungo la cima di un muro ricoperto da cocci di vetro che, impedisce di vedere al di la di esso, ossia lo scopo e il significato dell’esistenza.
Il motivo di fondo della sua poesia, è la visione pessimistica e desolata della vita, dove tutto appare senza senso e misterioso.
Mettendo in relazione Montale con Leopardi si possono notare analogie e differernze.
In comune, possiamo veder che entrrmvìbi vivono una vita appartata, distaccata da tutti e da tutto.
Tra le differenze, invece, si può notare che pur essendo entrambi sofferenti, Montale può essere giustificato dal fatto che trascorre alcuni anni in guerra, mentre Leopardi non può essere giustificato da alcun motivo storico.
Tra i due poeti, Leopardi , pur sembrando il più pessimist, cerca di affrontare le sue delusioni con l’utilizzo dell’illusione, cercando anche nel ricordo l’unica soluzione e rimedio al male di vivere.
Tutto ciò, si può notare anche nella sua vita, in particolar modo, quando idealizza talmente tanto la città di Roma, vista come meta di salvezza, ma non appena la raggiunge ne rimane deluso.
Diversamente, Montale, affronta la sua vita, infatti, rimane legato alla realtà nonostante l’uso della >, in quqanto spesso è preso dalla nostlagia del suo mondo, della sua realtà.
A differenza di Leopardi, Montale non assume sempre un atteggiamento pessimistico anzi a volte affianca ad esso la speranza, quasi vana, di raggiungere la serenità da lui ricercata.
Un’ulteriore differenza tra i due poeti, è data dal fatto che se Leopardi si rifugia nella , Montale invece non trova consolazione in nessuna fede religiosa o politica.
Il pessimismo leopardiano, viene espresso nelle sue opere attraverso il vago e l’indefinito e l’uso di suoni suggestivi che rendono tutto più incerto, mentre Montale esprime il suo pessimismo con l’utilizzo di parole aspre, scabro, e la descrizione di paesaggi aridi che rappresentano nel miglior modo possibile la realtà e quindi anche il più pessimista.
Tra le opere di Leopardi, quella che maggiormente rispecchia la sua visione pessimistica ricordiamo la “Ginestra”.
Descrizione della “Ginestra” con collegamento ai Fiori e alla furia distruttrice dei Vulcani.
L’aspetto filosofico del pessimismo
Senza dubbio, in ambito filosofico, il maggiore esponente del Pessimismo è Arthur Schopenhauer, dato che col suo pensiero, egli ha tentato di fornire un’analisi pessimistica che fosse la più possibile realista.
Schopenauer
Schopenauer ebbe una visione molto pessimistico dell’esistenza e non trovò facilmente, né riuscì a teorizzare un suo posto in un mondo per cui provava disagio, perché ne era schiavo consapevole.
Egli, infatti, sosteneva che per un verso l’uomo è fenomeno, quindi soggetto alla causalità, per un altro è noumeno e quindi nuovamente asservito alla volontà. Si tratta quindi di liberarsi dalla volontà, il che può avvenire solo attraverso la comprensione della natura intrinsecamente negativa della volontà stessa, la quale non è che un susseguirsi di desideri e bisogni, al cui appagamento succede la noia. Per il filosofo il nostro non è assolutamente il migliore dei mondi possibili, anzi. E la storia non è progresso e perfezionamento, ma incessante ripetersi di un unico destino, quello del bisogno e della mancanza che governano la volontà. L’uomo non può far altro che cercare di accedere alla “noluntas”, l’assenza di volontà.
Parlare di Schopenauer
Rapporto tra Leopardi e Schopenauer
Schopenhauer e Leopardi sono due grandi personalità europee del secolo passato, due pensatori per tanti aspetti affini nel modo di sentire, quasi contemporanei fra di loro, che il destino non ha fatto incontrare. I motivi di questo incontro mancato sono tanti. Quando è morto Leopardi appena si conosceva la sua fama in Italia, mentre Schopenhauer in Germania era un perfetto sconosciuto. Ambedue facevano vita ritirata: l’uno viveva lontano dalla città, a Recanati, l’altro viveva prevalentemente a Francoforte. Il loro pensiero "controcorrente", inattuale, li colloca in un’area distinta dalla grande corrente di pensiero del loro tempo (il romanticismo), anche se sono figli del loro tempo. Il loro stesso pessimismo li poneva fuori dal sentire comune di un secolo, passato alla storia per le sue idee liberali e per le sue spinte verso il progresso, in definitiva per il suo ottimismo. Il loro stesso carattere spingeva entrambi a quella vita ritirata, solitaria che è la condizione ideale che richiedono quasi tutti i pensatori. Tuttavia tutto ciò non impedì a quello dei due che rimase in vita, Schopenhauer, di venire a conoscenza delle opere dell’altro dopo la sua morte. L’episodio che permise a Schopenhauer di conoscere Leopardi è conosciuto e raccontato nei "Colloqui" di A. Schopenhauer e vale la pena di ricordarlo.
Fu un ammiratore di Schopenhauer, a proporre al filosofo di leggere Leopardi, durante un soggiorno di quest’ultimo a Francoforte. Schopenhauer , in seguito a questa segnalazione amichevole, non solo lesse Leopardi, ma dette un giudizio su di lui coinciso e profondo. Il rapporto fra Schopenhauer e Leopardi non doveva finire qui. Nel 1859 fu segnalato a Schopenhauer, un saggio scritto da Francesco De Sanctis. Il filosofo, preso da "un’ardente curiosità", lesse anche lo scritto del critico italiano ed espresse anche un giudizio lusinghiero.
Il rapporto fra i due, nato in ritardo ed occasionalmente, era - come si vede continuato nel tempo, per diventare spiritualmente indissolubile.
Possiamo dire che il pessimismo di Schopenhauer è un pessimismo dell’intelligenza, assai diverso dal pessimismo della volontà che sembra animare le riflessioni di Leopardi. Mi sembra di poter dire che il pessimismo di Leopardi proviene da una disposizione d’animo, non è il frutto di una vera e propria filosofia, che in Leopardi non c’è , mentre il pessimismo di Schopenhauer è conseguente ad una lucida analisi filosofica.
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