Il fu Mattia Pascal

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Testo

“IL FU MATTIA PASCAL”
Luigi Pirandello

1 – Il titolo originale del romanzo è “Il fu Mattia Pascal” e venne scritto da Luigi Pirandello in lingua italiana. Il romanzo fu pubblicato a puntate sulla “Nuova Antologia” tra il 16 aprile e il 16 giugno 1904 e fu poi riedito nel 1910 e nel 1918 presso l’editore Treves con tagli e puntualizzazioni e nel 1921 presso Bemporad con l’aggiunta di “Avvertenza sugli scrupoli della fantasia”, che avrebbe dovuto, secondo l’autore, rispondere alle critiche suscitate.

2 – Luigi Pirandello nasce nel 1967 ad Agrigento da una famiglia agiata. I Pirandello, di origine ligure, si erano trasferiti da tempo in Sicilia, facendovi fortuna nell'industria e nel commercio dello zolfo. Dopo aver frequentato le università di Palermo e di Roma, Pirandello si trasferisce a Bonn, dove si laurea nel 1891.
L'anno seguente ritorna in Italia e si stabilisce a Roma dove nel 1894 sposa Maria Antonietta Portulano dalla quale avrà tre figli. A Roma Pirandello entra in contatto con gli intellettuali siciliani e collabora con crescente intensità a riviste e giornali. Nel 1897 assume l'incarico di insegnante di lingua e letteratura italiana presso l'Istituto Superiore di Magistero di Roma ed inizia così la sua duplice attività di scrittore e insegnante.
Purtroppo nel 1903 una sciagura mineraria riduce la famiglia alla povertà e in conseguenza del dissesto economico inizia la malattia mentale della moglie, che degenera più tardi in forme di follia persecutoria nei confronti del marito. Intanto Pirandello è costretto ad impartire lezioni private e a chiedere un compenso per le collaborazioni alle riviste. Egli raggiunge presto notorietà con il romanzo "Il fu Mattia Pascal" e con un seguito di novelle; mentre prosegue la sua attività di narratore, inizia nel 1910 il suo interesse specifico per il teatro, che lo porterà al successo anche in campo internazionale.
Nel 1924 aderisce al partito fascista con un telegramma a Mussolini e l'anno seguente fonda la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma, i cui membri porteranno in trionfo i suoi testi per tre anni in tutti i maggiori teatri d'Europa e dell'America meridionale.
Nel 1934 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura. Nel '36, durante le riprese di una riduzione per il cinema de "Il fu Mattia Pascal", si ammala di polmonite e muore il 10 dicembre.

Emergono, in particolare, due elementi importanti dalla sua biografia: egli è costretto a convivere con la pazzia della moglie, che lo perseguita con la sua gelosia, rendendogli la vita faticosa e tetra. La vita di Pirandello è proprio caratterizzata dalla continua presenza della pazzia, sia come evasione dal tormento della vita, sia come sofferenza dell'individuo che la vive e delle persone che lo circondano. Pirandello acquista quindi il sentimento della vita come sofferenza, sentimento che lo accompagna sempre, anche nei momenti più belli della sua carriera, quando la sua notorietà in campo teatrale superò i confini italiani.
Contemporaneamente alla pazzia della moglie, fu quello un periodo particolarmente brutto per l’autore in quanto arrivavano notizie preoccupanti da Girgenti (Agrigento, sua città natale) sulla condizione economica della famiglia, gravi, a causa del crollo della miniera di zolfo. L’autore rimane in cattive condizioni economiche, proprio come Mattia, dopo la morte del padre.
Ed è proprio in questo clima, in cui Pirandello raggiunse momenti di disperazione, che nasce “Il fu Mattia Pascal”. E’ l’opera che rappresenta l’autore nella pienezza della sua dolorosa visione del mondo, in un momento in cui egli sente il bisogno di ribellarsi alla vita e alla società, e di iniziare un'esistenza diversa. Con questo romanzo si accentua quindi il fondo pessimistico e doloroso dello scrittore.
Altri elementi riconducibili alla sua biografia sono il paese ligure di Mirano (la Liguria era, infatti, il paese d’origine della famiglia di Pirandello), la città di Roma (dove Pirandello passa gran parte della sua vita) e la critica di Mattia verso il governo (quando passeggia per le vie di Roma), proprio come face Pirandello aderendo al partito fascista desideroso di migliorare la situazione italiana.

3 – Il narratore dell’opera pirandelliana è un narratore in prima persona, che racconta da sé i fatti di cui è stato protagonista e testimone. Con l’evolversi del racconto si possono tuttavia individuare tre diverse personalità che caratterizzano il narratore: Mattia Pascal, Adriano Meis e il fu Mattia Pascal.
La narrazione di Mattia Pascal è compresa tra i capitoli III e VII, quella di Adriano Meis tra il capitolo VIII e il capitolo XVI, mentre il fu Mattia Pascal è presente negli ultimi due capitoli a partire dal momento della sua reincarnazione e nei primi due capitoli quando decide di raccontare al lettore la sua incredibile vicenda.

4 – Pirandello riserva una particolare attenzione alla descrizione dei suoi personaggi. Soprattutto per il personaggio protagonista del suo romanzo, Mattia Pascal, attua un’analisi minuziosa della psicologia, scavando nel profondo del suo io.
Mattia Pascal è l’incarnazione della crisi dell’io, di un personaggio alla continua ricerca di una vera identità che presenta indubbiamente innumerevoli facce:

adolescente vitale e spensierato: proviene da una famiglia un tempo benestante, poi caduta in rovina dopo la morte del padre. Prova per la madre un forte affetto nonché grande rispetto, mentre, non ricorda quasi nulla del padre, morto quando lui era ancora troppo giovane (aveva quattro anni e mezzo). Ha un fratello di due anni maggiore, Roberto, attento alla propria immagine e alla propria eleganza; ed un amico, Pomino, il suo miglior amico, che tenta ogni volta di stupire sfoggiando atteggiamenti non sempre lodevoli. Mattia non è, in ogni modo, molto soddisfatto di sé.

adulto frustrato dalla famiglia e dai problemi economici: se nella sua adolescenza andavano delineandosi i tratti di un imminente catastrofe finanziaria, costretto al matrimonio con Romilda, la sua posizione non fa che aggravarsi. La vedova Pescatore diventa sempre più malvagia ed egli, grazie al Malagna, rischia di perdere anche l’ultimo dei terreni rimastogli (Stìa). Si trova così costretto a cercare un’occupazione, che tarda a trovare, per non vivere della dote della moglie e della pensione della suocera, “…ero inetto a tutto; e la fama che m’ero fatta con le mie imprese giovanili e la mia scioperataggine non invogliava certo nessuno a darmi da lavorare...". Grazie all’aiuto del suo amico d’infanzia, Pomino, riesce a trovare lavoro presso la biblioteca del paese. In questo periodo della sua vita, Pascal, limita il proprio dramma alle pene della miseria e di un matrimonio infelice. Sogna continuamente di evadere, ma è proprio in quella biblioteca deserta e polverosa che Mattia inizia a leggere libri di filosofia e a riflettere sulla sua condizione, sulla sua inettitudine, sulla sua misera esistenza e sul fallimento di ogni tentativo per renderla migliore. Mattia non partecipa attivamente alla vita, ma si lascia vivere, assistendo da spettatore alle vicende che lo riguardano. Egli stesso lo ripete più volte: “…sono inetto a tutto…”. Questo suo atteggiamento nei confronti della vita lo rende incapace di prendere grandi decisioni con l’inevitabile conseguenza di cercare di definire se stesso senza mai riuscirci.
Mattia appare prigioniero degli eventi e sente il limite di ciò che lo circonda, della società in cui vive. Coglie così l’occasione per fuggire da quel calvario che da troppo tempo è costretto a sopportare silenziosamente.

fuggitivo: nel capitolo VI il protagonista fugge alla squallida realtà familiare in cui si sentiva imprigionato, con il pensiero di raggiungere la libertà in America. Una tappa a Montecarlo lo rende però partecipe di una vincita prodigiosa. Ormai ricco, decisosi a ritornare al suo paese per alleviare le sofferenze della famiglia, sul treno di ritorno per Miragno, apprende di essere…morto suicida. Ed è proprio in queste pagine che emerge una nuova faccia di Mattia, quella dell’eroe privo di volontà, di risolutezza che invece di agire e affrontare gli eventi preferisce scegliere la via più illogica, quella di morire e rinascere.

Adriano Meis: con la sua decisione di morire, Mattia, tenta di sfuggire per sempre alle tirannie sociali, alla legge, allo stato civile, conducendo una vita di viaggi ormai privo di nome e libero da qualsivoglia convenzione. E’ in quest’atmosfera che muore Mattia e nasce Adriano Meis, uomo senza alcun passato al quale, però, è data l’opportunità di costruirsi un futuro, “ero solo ormai, e più solo di com’ero io non avrei potuto essere sulla terra, sciolto nel presente d’ogni legame e d’ogni obbligo, libero, nuovo e assolutamente padrone di me, senza più il fardello del mio passato, e con l’avvenire dinanzi, che avrei potuto foggiarmi a piacere mio”. Adriano si sente improvvisamente libero, felice ma non ancora soddisfatto, perché Adriano vuole essere solo Adriano, senza legami con il vecchio Mattia: si sbarba, cambia occhiali, risolve con un’operazione il problema del suo occhio e tenta di cambiare il proprio carattere. Purtroppo, non riuscirà mai a raggiungere i suoi fini perché, in lui, rimane sempre viva l’immagine di Mattia Pascal. Egli non è altro che uno spettro tra gli uomini che ad un tratto si innamora, si affeziona a persone che vorrebbe difendere dalla tirannia di altri, ritornando insomma tra gli uomini. La mancanza di un’identità gli impedisce però di vivere questa nuova. A questo punto, Adriano, non può far altro che tornare ad essere Mattia.

Il fu Mattia Pascal: alla fine Mattia fa ritorno a Mirano ed ancora una volta è sottolineata l’incapacità del protagonista di trovarsi in sintonia con sé stesso. Mattia vorrebbe tornare ad essere Mattia, ma… “…nessuno mi riconosceva? Eppure ero ormai tal quale: tutti, vedendomi, avrebbero potuto almeno pensare: “Ma guarda quel forestiero là, come somiglia al povero Mattia Pascal! Se avesse l’occhio un po’ storto, si direbbe proprio lui”, “…nessuno pensava più a me…” …nessuno più lo riconosce e, ora, non gli resta altro da fare che narrare la sua strana storia, da spettatore, ormai totalmente estraneo alla vita.
5 – Mattia Pascal cerca di trovare una morale alla sua insolita vicenda quando si ritrova nella biblioteca di Miragno a discutere insieme a Don Eligio: “…abbiamo discusso a lungo insieme su i casi miei, e spesso io gli ho dichiarato di non saper vedere che frutto se ne poteva cavare.
Intanto, questo, - egli mi dice: - che fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o triste che sieno, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere.
Ma io gli faccio notare che non sono affatto rientrato né nella legge, né nelle mie particolarità. Mia moglie è moglie di Pomino, e io non saprei proprio dire ch’io mi sia…”.

A prima vista, e ad una non attenta lettura, la morale sembrerebbe quella enunciata da don Eligio Pellegrinotto, fuori dallo stato sociale è impossibile vivere. Proseguendo nella lettura e nell’analisi dell’immediata risposta che il protagonista dà all’amico, si può però arrivare a ben altra conclusione, più convincente. E’ vero ciò che afferma don Eligio, che fuori dalle convenzioni sociali è realmente impossibile vivere, ma è anche vero che il “fu Mattia Pascal” ha imparato a non-vivere, in una condizione di totale estraneità alla vita. Mentre Adriano Meis poteva ancora sperare di tornare a vivere (di innamorarsi, di avere nuovamente degli amici e una famiglia), il “fu Mattia Pascal” ha per sempre rinunciato a quest’illusione. Egli dichiara di ignorare chi egli sia veramente e questo perché lo svolgersi dei suoi “casi” lo ha portato ad affermare che un’identità vera e propria non esiste. Il “fu Mattia Pascal” ha rifiutato di recitare indossando così i panni dello spettatore.

6 – Un tema centrale su cui si concentra la riflessione dell’autore è la qualità dell’uomo contemporaneo. Per capire da dove inizia la trasformazione dell’uomo è necessario dividere la sua storia in due età fondamentali, separate da una rivoluzione scientifica: il passaggio dalla concezione geocentrica dell’universo (di Tolomeo) a quella di Copernico in cui il Sole, e non più la Terra, è al centro dell’universo.
Per Mattia, cioè per Pirandello, Copernico va maledetto perché togliendo alla Terra la sua centralità ha tolto agli uomini la convinzione della loro importanza. Ora gli uomini si sentono una piccolissima parte del grandissimo universo che gli gira attorno: si sentono disorientati, perdono ogni convinzione e la propria identità (proprio come Mattia Pascal).
A Oreste, eroe mitico, simbolo di decisione e fermezza nel vendicare l’uccisione del padre anche a costo di uccidere la propria madre, Pirandello contrappone la figura di Amleto. Anch’egli è convinto che la madre e lo zio gli abbiano ucciso il padre, ma non ha la forza di vendicare questa morte. Amleto è quindi il simbolo dell’uomo “copernicano”, dell’inetto, incapace di portare a compimento progetti e decisioni.

7 – Il testo è ricco di alcuni simboli che gravitano attorno alla figura di Mattia:

Biblioteca: questo luogo, deserto e non considerato dagli abitanti di Miragno, può essere considerato come una sorta di tempio dove Mattia può riflettere in solitudine sulla sua esistenza. Forse, è solo stando fuori dal mondo e immerso nella solitudine che Mattia Pascal riesce a ritrovare la sua identità. E’ proprio nella sua biblioteca, infatti, che il “fu Mattia Pascal” si reca per tirare le somme della sua vita e narrare al lettore la sua esperienza.

Specchio ed ombra: è solo grazie a questi due elementi che Mattia, con l’identità di Adriano Meis, riesce a capire di essere una specie di fantasma che conduce una vita falsa. Grazie alla sua immagine riflessa nello specchio e alla sagoma della sua ombra, il protagonista vede il vecchio Mattia Pascal, la sua vera identità, da lui stesso rifiutata, che lo continua però a perseguitare.
Con questi due simboli, Pirandello, ci vuol far capire che non è possibile ribellarsi alle proprio condizioni, cercando un’altra personalità o cambiando le proprie caratteristiche fisiche.
"Ma io no, io non potevo calpestarla, l'ombra mia.Chi era più ombra di noi due? io o lei?"
"L'ombra d'un morto: ecco la mia vita..."
"Ma si! così era! il simbolo, lo spettro della mia vita era quell'ombra: ero io, là per terra,.. Ecco quello che restava di Mattia Pascal, morto alla Stìa: la sua ombra per le vie di Roma."
Occhio: Mattia Pascal pone molto spesso in rilievo il suo strabismo. È proprio il suo occhio strabico che gli permette di seguire, come uno spettatore, il suo "lasciarsi vivere". Alla fine deciderà di risolvere il suo problema ricorrendo ad un’operazione. Il suo aspetta cambierà, ma non la sua condizione d’inetto. Quando Mattia decide di tornare a Miragno, è anche per colpa del suo occhio, che lo porta ad auto-escludersi dalla società, che gli altri abitanti non lo riconoscono.

“un occhio, il quale, non so perché, tendeva a guardare per conto suo, altrove”

8 – A mio parere la vicenda narrata appare più comica che tragica. Il narratore, descrivendo tutti i suoi pensieri e le sue intenzioni, appare molto dubbioso ma allo stesso tempo auto-ironico. Come già detto, la narrazione si concentra sull’analisi psicologica del protagonista: ciò determina una visione soggettiva, ma allo stesso modo chiara della realtà che spesso viene analizzata ironicamente. Mattia Pascal racconta la sua storia in prima persona e lo fa con disinvoltura, senza renderla tragica perché, per lui e per Pirandello, la sua situazione finale in cui si trova non può essere differente.
Un altro aspetto che rende il romanzo in qualche modo comico è che il dialogo con il lettore è costante e molto spesso coinvolgente.

9 – Il decadentismo è una corrente assai complicata da analizzare pienamente in quanto comprende moltissimi temi, anche molto diversi tra loro. Per vari aspetti, comunque, Pirandello è sicuramente riconducibile al Decadentismo: il sentimento di solitudine, la tendenza a scrutare profondamente l’anima e la coscienza dell’uomo sono temi portanti del Decadentismo e del “Il fu Mattia Pascal”.
Mattia Pascal rappresenta la condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo, dissociato, scisso, estraniato dalla società, in cui ha perduto ogni sicurezza e ogni valore definitivo. Anche il “FU”, presente per descrivere la mancanza d’identità del protagonista, rappresenta un qualcosa di perduto, una mancanza tipica dei decadenti che si sentono tormentati e privi di ogni valore, e in conflitto con le tradizioni sociali.
Mattia è l’inetto a vivere per eccellenza, escluso dalla vita che gira intorno a lui. Egli non riesce ad essere parte attiva nella società ed è costretto ad auto-escludersi rifugiandosi nelle sue fantasie e nei suoi pensieri. Mille ne pensa ma nessuna ne fa! Si sente impotente perché privo della sua identità e quindi più che vivere, si lascia vivere, limitandosi ad osservare la propria vita da spettatore.
Come abbiamo visto, inoltre, il testo è anche ricco di simboli e la morte è un tema molto ricorrente.
Altro elemento riconducibile al Decadentismo è l’anticonformismo di Pirandello che sceglie un narratore che ha vissuto in prima persona ciò che racconta. Questa scelta artistica, non molto utilizzata fino ad ora nella letteratura, è molto efficace per farci comprendere gli stati interiori della coscienza di Mattia Pascal.

“…avevo da pensare a tante cose; pure, di tratto in tratto, la violenta impressione ricevuta dalla lettura di quella notizia che mi riguardava così da vicino mi ridestava in quella nera, ignota solitudine, e mi sentivo, allora, per un attimo, nel vuoto…mi sentivo paurosamente sciolto dalla vita, superstite di me stesso, sperduto, in attesa di vivere oltre la morte…”.

10 – L’avventura di Mattia Pascal si svolge principalmente in due località: a Miragno, il paesino ligure dove nasce Mattia ed a Roma, dove Adriano affitta una stanza presso la famiglia Paleari-Papiano. Queste due località possono essere considerate le patrie delle due vite del personaggio. Dopo la scelta della libertà assoluta e della seconda vita, Mattia viaggia moltissimo, visitando l’Italia e la Germania. Vengono citati altri paesi come Torino, Milano,Venezia, Firenze, Montecarlo, Colonia,Worms e Magonza.
Nonostante la molteplicità dei luoghi citati, mai Pirandello si sofferma a descriverli dettagliatamente perché sarebbe inutile ai fini della storia che è invece interamente concentrata sulla psicologia dei personaggi, sull’analisi dei caratteri e sulla maturazione di Mattia.
L’autore focalizza lo sguardo sulle impressioni di Mattia grazie soprattutto ai suoi monologhi e alle sue riflessioni interiori.

11 – Pirandello, nei confronti della realtà industriale e della scienza, è diffidente ed ostile: per lui l’industrializzazione contribuisce a rendere ancor più meccanica e soffocandone la vita degli uomini.
Nel capitolo IX del romanzo, in un tram elettrico un "pover'uomo" esclama a proposito del nuovo mezzo: "Che bella invenzione!…Con due soldini, in pochi minuti, mi giro mezza Milano." E queste sono le riflessioni di Mattia Pascal "Oh perché gli uomini…si affannano a rendere man mano più complicato il congegno della loro vita? Perché tutto questo stordimento di macchine? E che farà l’uomo quando le macchine faranno tutto? Si accorgerà allora che il progresso non ha nulla a che fare con la felicità?…". "La scienza ha l'illusione di render più facile e più comoda l’esistenza…con tutte le sue macchine così difficili e complicate… E qual peggior servizio a chi sia condannato a una briga vana, che rendergliela facile e quasi meccanica?".
E’ semplice quindi intuire da questo stralcio il pensiero di Pirendello a proposito del progresso e delle nuovi invenzioni che dovrebbero rendere più facile la vita degli uomini.
Anche Paleari, nei suoi lunghi discorsi filosofici, cita e critica la scienza: “…il male della scienza…è…che vuole occuparsi della vita soltanto…”.
Per lui quindi la scienza è limitata, perché si occupa solo della vita e non della morte. “…non possiamo comprendere la vita se in qualche modo non ci spieghiamo la morte…”: la scienza non ci aiuta a spiegare il significato della morte e quindi non è di così grande aiuto per l’uomo.

ANDREA VEZZARO 5^A

Esempio



  


  1. Alex Costa

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