il bell'antonio

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Testo

Vitaliano Brancati
• Vita
Vitaliano Brancati nacque a Pachino (Siracusa) nel 1907, ma trascorse gran parte della adolescenza e della giovinezza a Catania. Il padre era avvocato e scrittore di novelle e di articoli di varia letteratura; il nonno materno era autore di poesie in vernacolo. In quell'ambiente familiare borghese la sua prima adolescenza trascorse piuttosto nell'isolamento dai giovani e nella consuetudine con persone anziane. Il primo trauma della sua giovinezza è avvertito al primo sorgere dei moti fascisti che turbano la sua famiglia e al contatto con la cultura dell'ambiente catanese. Gli inizi della sua carriera di scrittore furono alquanto incerti e contraddittori: dapprima egli fu dominato dall'influenza di dottrine vitalistiche, e le sue prime opere, il dramma Piave e il romanzo L'amico del vincitore, dimostrano molta simpatia per il regime fascista: cosa del resto attestata anche dal poema drammatico intitolato Fedor (1924). Nel 1929 si laureò a Catania in Lettere con una tesi su De Roberto ottenendo il massimo dei voti e la lode. Si recò a Roma ed entrò nella redazione de "Il Tevere" e nelle grazie dei fascisti. Nel 1933 venne nominato professore di Italiano in un Istituto Magistrale di Roma. Intanto entrava in contatto con ambienti di cultura più aperti e progressivi di quelli della sua Catania e si svincolava gradatamente di certi complessi isolani. Nello stesso anno scriveva il romanzo Singolare avventura di viaggio, che, pubblicato nel 1934, veniva subito sequestrato dalla censura per immoralità. Anche una sua commedia, Don Giovanni involontario, veniva boicottata al Teatro delle Arti a Roma per le allusioni a un gerarca.
Intanto si era trasferito a Caltanissetta e, tra il 1934 e il '36, scriveva il romanzo Gli anni perduti, in cui cominciava l'esame critico della noia della vita siciliana in provincia: nel frattempo, il contatto con i circoli liberali e crociani lo distaccava dalle posizioni politiche giovanili, infondendogli quella carica di moralismo che gli farà vedere in un'altra dimensione culturale la vita e i costumi della sua Catania. Dal 1937, allontanatosi ormai dal fascismo, intraprese l'insegnamento scolastico in istituti magistrali, a Caltanisetta e a Catania. Trasferitosi a Roma nel 1941, si dedicò anche alla stesura di testi drammatici: nel 1942 conobbe l'attrice Anna Proclemer che sposò nel 1946, quando, ala fine della guerra si stabilì definitivamente a Roma. Continuò a scrivere su per giornali e riviste, schierandosi su posizione di liberalismo radicale: dal 1948 iniziò a collaborare al "Corriere della Sera" e dal '49 a "Il Mondo"; lavorò ancora per il teatro e per il cinema e fu molto amareggiato dal caso sollevato dalla sua commedia La governante, scritta nel 1952 e bloccata dalla censura teatrale e che pubblicò facendola precedere da uno scritto polemico, Ritorno alla censura. Difficile diveniva anche la sua vita privata per la separazione dalla moglie e per il sopraggiungere di una grave malattia: la sua attività fu troncata dalla morte, avvenuta a Torino durante una operazione chirurgica, il 25 settembre 1954.
• Opere
Il fulcro della produzione di Brancati è stato da più parti identificato con i quattro romanzi che l’autore siciliano scrisse in seguito all’allontanamento del fascismo. Il primo di essi è Gli anni perduti, scritto fra il ’34 e il ’36 e uscito in volume nel ’41. I protagonisti della narrazione sono un gruppo di giovani siciliani in balia di una sorta di patologica indolenza che li trattiene dal realizzare qualunque concreta iniziativa. Nel 1941 esce Don Giovanni in Sicilia, altro romanzo di ambiente borghese in cui i maschi di Catania sono logorati da una inestinguibile sete sessuale e consumano i propri giorni in narrazioni e rielaborazioni di avventure galanti oppure fantasticando su future conquiste che non saranno mai in grado di realizzare. Spicca anche la vicenda di Giovanni Pecorella, uno scapolo quarantenne attanagliato per gran parte della sua esistenza dalla stessa sensuale abulia dei suoi concittadini, ma apparentemente capace di imprimere una svolta radicale al corso della sua esistenza. A rendere possibile questa trasformazione è l’amore verso Maria Antonietta che il protagonista decide di prendere in moglie. La scelta del matrimonio per Giovanni implica la rinuncia alla convivenza con le tre sorelle e l’abiura alle amicizie e alle abitudini coltivate fino a quel momento. Per iniziativa della moglie, alla quale si sottomette completamente, Giovanni si trasferisce con Antonietta a Milano e abbandona Catania. Il viaggio, però, si rivela un fiasco e i due, incapaci di adattarsi alla nuova realtà, decidono ben presto di tornare a Catania. L’ ultimo romanzo di Brancati è Paolo il caldo, rimasto incompiuto e pubblicato postumo nel 1955, e ha come protagonista un altro maschio siciliano, Paolo Castorini, a sua volta soggiogato a sprofondare nella sua ossessione, il cui esito tragico prefigurato sarà la malattia mentale. Oltre ai quattro romanzi principali, vale la pena di ricordare anche gli scritti giornalistici e di costume, come I piaceri. Parole all’orecchio (1946) e Diario romano (1961), dove si concentrano efficacemente la satira sociale e scandaglio della propria esperienza personale, insieme al volume Il vecchio con gli stivali. Inoltre fra i tanti testi della produzione drammatica di Brancati emergono Questo matrimonio si deve fare (1938), Don Giovanni involontario (1943), Raffaele (1948), e La governante (1952)

Il bell’Antonio

Il bell’Antonio, pubblicato nel 1949, racconta la vicenda di Antonio Magnano, un giovane sensibile e di rara bellezza ma incapace sessualmente, di ritorno a Catania dopo un lungo soggiorno romano. Qui ritrova la famiglia che, ignara del suo problema, combina il suo matrimonio con una fanciulla dell'alta borghesia locale, Barbara Pugliesi, figlia di un facoltoso notaio. Ossessionato dalle pressioni di suo padre Alfio, rozzo e insensibile nei confronti del figlio, Antonio supera le perplessità e si convince a celebrare le nozze. Ma trascorso il primo anno, il padre della ragazza annuncia con sorpresa lo scioglimento del matrimonio che non si era consumato a causa delle condizioni fisiche di Antonio e quindi "non rispettava la volontà di Dio".
Le doti narrative ed i trucchi da intrattenitore di Vitaliano Brancati usati nella stesura de “Il bell’Antonio” danno l’opportunità a chiunque di appassionarsi alla lettura del libro. Il romanzo è costruito con una varietà completa di tipi caratteriali ma soprattutto dai colpi di scena in grado di rendere più viva anche la lettura del lettore più distratto.
Brancati usa soprattutto tre tipi di tecniche di scrittura: il monologo, il dialogo e il soliloquio. Nel romanzo gli avvenimenti sono in ordine cronologico, ma l’autore si serve di flashback e di pause (ad esempio la pausa per descrivere la casa di Antonio).Il punto di vista è interno e il narratore non è onnisciente ma a volte egli si identifica con i personaggi.
La casa di Antonio assume due caratteri diversi:prima della scoperta della sua impotenza la casa era per Antonio un luogo sicuro ma dopo la sua casa diventa un luogo dove egli vive tutti i suoi tormenti. I luoghi dove si svolge il romanzo sono la casa di Antonio a Roma, la casa di Antonio a Catania le strade e il castello di Bronte. Il tempo della storia è di 13 anni (dal 1930 al 1943) e lo scenario sono i primi anni del 1900.
Nel commentare il romanzo, Leonardo Sciascia lo accosta ad “Armance” di Stendhal, poiché in entrambe le vicende: «il tema è quello dell’impotenza sessuale e il sottotema è quello di una particolare società, in un particolare momento storico(in questo caso il periodo fascista a Catania)». In effetti, la vicenda è proprio tutta qui, dentro la tragedia di un uomo molto amato dalle donne, ma purtroppo afflitto da un’impotenza sessuale che ne scalfisce l’onore della famiglia e che nella Catania degli anni trenta, limitata dal fascismo e dall’ottusità di un mondo legato a tradizioni superstiziose.
Brancati descrive personaggi nati e cresciuti nella sua stessa terra, la Sicilia, e dei quali conosce i risvolti e le sfumature. La Sicilia che l’autore mostra è quella che non sembra mai cambiare, quella in cui a parlare in dialetto sono solo i contadini o coloro che sbraitano in un momento di rabbia; in cui gli «uomini d’onore» rimangono intoccabili e a coprirsi di ridicolo sono i soliti personaggi ormai tatuati dalle chiacchiere maligne della gente; in cui lo scandalo fa più rumore di un esplosione. E poi, la Sicilia e i suoi paesaggi: già vivi di bellezza, ne “Il bell’Antonio” splendono ulteriormente grazie alla maestria di Brancati.
La comicità di molte scene de “Il bell’Antonio” è irresistibile; dunque si ride di gusto ma purtroppo, si ride delle disgrazie altrui. Nelle scene che divertono il lettore, la disperazione dei protagonisti è al culmine: si pensi alla zitella da sempre innamorata di Antonio che getta i quaderni colmi di frasi d’amore sul terrazzo del giovane e che egli, intento a curare le piante, sfoglia allungando una gamba e con la punta del piede; oppure si pensi al tormento dei genitori del protagonista che, nell’agitazione, non riescono a comporre il numero telefonico del figlio, rendendo così necessario l’aiuto di una cameriera analfabeta che distingue a malapena un numero dall’altro.
Tra i personaggi del romanzo, qualcuno ha il particolare privilegio di essere descritto con maggiore precisione da Brancati. Uno di questi è Alfio, il padre di Antonio, il tipico «maschio» siciliano che pur di salvare l’onore della famiglia è pronto a tutto; infatti, invece di parlare con il figlio per cercare di alleviargli la sofferenza preferisce recuperare il buon nome dei Magnano e la fama di infallibili seduttori; infatti Alfio si getta in pasto ad una morte esemplare (secondo i suoi ideali) che avviene nella casa di una prostituta durante un bombardamento.
Nel “bell’Antonio”è il vecchio zio Ermenegildo che sostituisce il padre di Antonio, e che pazientemente, tende le orecchie alle confessioni di vergogna e dolore del nipote. D’altro canto, Ermenegildo è afflitto dalla vecchiaia che presto lo condurrà alla morte e, per questo motivo, il colloquio tra i due ha tutta l’aria d’essere un scambio reciproco di afflizioni: «lo zio chiuse gli occhi, ricevendo ora lui dal nipote quello che il nipote aveva ricevuto poco avanti da lui: la potente distrazione di un dolore diverso dal suo».Un’altra figura, non fondamentale ai fini dello svolgimento della trama, lascia tuttavia al lettore il compito di afferrare le diversità dell'animo umano, in ciascuno, in tutti. Si tratta di Edoardo Lentini, cugino di Antonio, uno dei pochi che, con delicatezza e complicità, evita al protagonista di precipitare nella disperazione: «I due cugini rimasero tutta la sera al buio, vicino al balcone. Ogni tanto, per mettere un rumore qualunque nella stanza, Antonio tossicchiava, e dopo un poco, quasi a rispondere, Edoardo raschiava con la gola. In questo modo, passarono parecchie sere, non avendo il coraggio di parlare a cuore aperto della terribile cosa che era accaduta ad uno di loro, non parlavano di nulla, ogni altro argomento trattato avrebbe fatto sentire maggiormente la gravità di quello che trascuravano».

Gli epigrafi che precedono ogni capitolo de “Il bell’Antonio”, così come Sciascia suppone, sembrano confermare l'omaggio di Brancati alla Armance di Stendhal. Ve ne sono di diverse, tutte legate, nel contenuto, alla vicenda che si andrà leggendo. Molto suggestiva, tra le tante, quella di Blandini:
«Verso nuda scogliera,
poiché l’autunno della vita preme,
guardano, vinti e sconsolati, i sogni»
Esiste anche la versione cinematografica del 1960, in cui Marcello Mastroianni interpreta Antonio Magnano e Claudia Cardinale è Barbara Puglisi e la regia è di Mauro Bolognini. E’ tuttavia da considerare come Brancati riesca a stimolare la fantasia di chi legge il romanzo in modo che questi possano anche discostarsi dai volti dei due noti attori italiani che interpretano i protagonisti e immaginarne dei propri grazie ad una straordinaria capacità descrittiva.
• Caratterizzazione dei personaggi principali:
Antonio Magnano:è il protagonista, ha una nomina di impareggiabile seduttore, è amato e stimato dalle donne e per questo è invidiato dai suoi amici. Ha un volto dolce, di carnagione olivastra, affumicato dalla barba ma delicatissimo ed ha lunghe ciglia. E’ dolce, sensibile, generoso, amabile affettuoso e gentile.
Alfio Magnano: è il padre di Antonio anche se incapace di comprendere il figlio a causa della sua mentalità chiusa e statica. Alla fine è disposto a una fine orrenda pur di mantenere alto il nome dei Magnano a Catania.
Ermenegildo Fasanaro:è lo zio di Antonio da parte della madre ma è come un padre per lui perché è l’unico interlocutore per il nipote e lo conforta in ogni momento. Ha una concezione pessimistica della vita ed è ateo.
Edoardo Lentini:è il cugino di Antonio. Affettuoso e sempre disponibile divenne podestà di Catania ma si dimesse dopo poco tempo perché odiava gli ideali del fascismo e ripudiava la guerra e la violenza, anche grazie al fatto che fu rinchiuso nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
Barbara Puglisi:figlia di un ricco notaio di Catania, la ragazza sposa il protagonista ma divorzia da quest’ultimo perché il matrimonio non si era consumato. E’ una ragazza molto affascinante, pudica, religiosa e che si fa influenzare moltissimo dai consigli dei genitori. Ha gli occhi verdi, capelli neri, carnagione chiara, alta e snella.
• Personaggi secondari:
I siciliani scapoli, La signora Rosaria (madre di Antonio), Elena (vicina di casa di Antonio innamorata di quest’ultimo), l’avvocato Bonaccorsi, l’ingegnere Marletti, padre Raffaele e Ing.

Esempio



  


  1. enza

    ottimo x la trama la realta' del contesto e la sensibilita'