Foscolo, Leopardi e Manzoni

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano
Download:2794
Data:14.02.2007
Numero di pagine:13
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
foscolo-leopardi-manzoni_1.zip (Dimensione: 14.04 Kb)
trucheck.it_foscolo,-leopardi-e-manzoni.doc     52.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Ugo Foscolo
Ugo Foscolo nasce il 6 Febbraio 1778 a Zante. Dopo l’infanzia, trascorsa tra Zante e Spalato, nel 1793 raggiunge la madre a Venezia (il padre era morto nel 1788). La discesa di Napoleone in Italia accende l’entusiasmo politico di Foscolo, che si impegna per la causa rivoluzionaria. Quando Napoleone cede Venezia all’ Austria con il Trattato di Campoformio (1797), la delusione del poeta è grande. Foscolo continuerà a seguire gli eserciti Napoleonici, ma il suo atteggiamento diventerà sempre più antifrancese.
Tuttavia, pur avversando il dispotismo Napoleonico, Foscolo ne comprende l’importanza storica e riconosce la sua funzione nel merito di aver svegliato in Italia la coscienza nazionale e l’ansia di libertà.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia (1813), Foscolo rientra a Milano da Firenze. Tornati gli Austriaci, per non giurare fedeltà al nuovo potere prende la via dell’esilio (1815). Sarà prima a Zurigo e poi a Londra, dove rimarrà fino alla morte avvenuta il 10 Settembre 1827.
La personalità letteraria: diviso tra razionalità e interiorità
Foscolo appartiene ad una cultura e a una tradizione letteraria di stampo Illuministico (meccanicismo), con forti tendenze al gusto neoclassico, ancora radicato in Italia nonostante l’avvento delle prime tendenze preromantiche. Anche Foscolo tuttavia è caratterizzato da una sorta di irrequietezza interiore di tipo preromantico, le sue opere sono infatti segnate dalla continua ricerca di arginare la piena della sua interiorità appassionata per riuscire ad esprimerla in forme limpide e serene secondo l’estetica Neoclassica (Estetica neoclassica: in un contesto storico fortemente segnato dai moti rivoluzionari e solcato da profondi cambiamenti, l’estetica neoclassica incarna il bisogno di serenità e pace e la necessità di rendere eterno e assoluto tutto ciò che alla luce dei fatti era mutevole e precario. Nell’arte e nella letteratura, tale bisogno si identifica con il modello greco della ricerca di una bellezza ideale, quasi artificiale, alienata da ogni elemento di disturbo, e capace di eternare e rasserenare).
Le opere:
E’ necessario osservare, per analizzare correttamente la produzione Foscoliana, come in alcune opere prevalga la passione (“Ortis”), mentre in altre prevalga il controllo razionale che “raffredda il sentimento” ( “Le Odi” ). Si considerano opere della maturità quelle in cui si raggiunge l’equilibrio tra realtà appassionata e armonia formale, ovvero tra reale e ideale.
“Le lettere di Jacopo Ortis”: romanzo epistolare in prima persona.
Nell’Ortis troviamo la più chiara e concreta espressione dell’interiorità appassionata di Foscolo, della sua angoscia per la realtà che lo opprime, delle sue giovanili illusioni (libertà, gloria, eternità).Il suicidio finale rappresenta la ribellione del giovane alla realtà oppressiva in cui la tirannide politica (Austria-Napoleone), le costrizioni sociali (impossibilità di sposare Teresa), sono espressione concreta della tirannia del vivere (leggi meccaniche).Nell’Ortis il reale prevale sull’ideale: questo si presenta ancora sottoforma di precarie illusioni che non reggono all’urto con la realtà. Prevale quindi l’aspetto preromantico (individualismo acceso, culto dei valori spirituali).
Odi, Sonetti, Sepolcri: Dalle precarie illusioni dell’Ortis, il Foscolo passa gradualmente alla creazione di grandi ideali che non si infrangono più all’urto con la realtà dolorosa ma si rafforzano sempre di più. Tali ideali sono: la bellezza (neoclassica), l’eroismo e la libertà, l’amore, l’arte (serenatrice ed eternatrice).
“Le Odi”: Ne scrisse due traendo spunto da occasioni concrete: la caduta da cavallo di una gentil donna che ne restò sfigurata (“A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”), e la malattia di un’amica che perse momentaneamente la bellezza (“All’amica risanata”). Tali fatti indussero il poeta a riflettere sulla caducità dei valori umani che, per quanto grandi, sono destinati a finire. All’arte spetta dunque il compito di eternarli. “Le odi” rimane comunque un' opera prevalentemente neoclassica sia per l’uso di immagini mitiche sia per il linguaggio aulico e latineggiante nonché per i temi fondamentali (bellezza serenatrice vv. 10-12 ; arte eternatrice vv. 61-62 \ 67-69 ).
“I Sonetti”: Gli ultimi quattro costituiscono uno dei vertici della poesia Foscoliana per il raggiunto equilibrio tra reale e ideale, ragione e sentimento, elementi preromantici e neoclassici.
1) A Zacinto: E’ dedicato alla sua isola mitizzata come culla di bellezza e armonia, come sede di valori importanti (eroismo, arte). E’ presente nel sonetto un accento di individualismo e , per ciò che riguarda l’aspetto preromantico, sono presenti temi come la consapevolezza della morte, l’esilio e il sepolcro illacrimato. Per quanto riguarda l’aspetto neoclassico ritorna il tema del mito greco (Venere fecondatrice e simbolo di bellezza serena), e quello dell’arte eternatrice.
2) In morte del fratello Giovanni: Scritto in occasione del suicidio del fratello, presenta maggiormente elementi preromantici ma i dati della realtà dolorosa si equilibrano con il conforto che viene dalle illusioni:
Reale: la morte, l’inquietudine, l’esilio, la dispersione familiare.
Illusioni: il sepolcro lacrimato, gli affetti, la madre (che con il suo affetto ricompone idealmente la famiglia dispersa).
3) Alla Sera: E’ il sonetto meno legato ad elementi autobiografici. La sera è vista come simbolo di morte nella quale si acquietano le tempeste del vivere ed è definita nulla eterno.
Elementi neoclassici: descrizione della sera estiva e serena.
Elementi preromantici: descrizione della sera invernale, irrequietezza, sentimento del tempo che passa.

“I Sepolcri”: Il carme si pone in atteggiamento polemico nei confronti dell’editto di Saint Cloud del 1804, il quale stabiliva che le tombe dovevano essere uguali per tutti, senza distinzioni tra illustri e ignoti. Foscolo vede nell’editto un oltraggio al sacro e pietoso culto dei morti. Nel carme esprime le seguenti ragioni:
1) Le tombe, anche se sono inutili ai morti, sono tuttavia utili ai vivi per poter instaurare un vincolo d’amore con gli estinti;
2) hanno un valore storico: «il culto delle sepolture è nato con le stesse origini della civiltà» (Vico);
3) e valore patriottico: il carme, infatti, è anche un’esaltazione della patria, un continuo incitamento alla libertà; le tombe dei grandi, infatti, ispirano l’animo degli uomini generosi a compiere grandi imprese, a lottare e a sacrificarsi per la patria (Maratona, Santa Croce, Troia).
“I Sepolcri”sono, sicuramente, una delle opere più mature del Foscolo. In essa si realizza una sintesi armoniosa tra l’elemento passionale, derivato dalla partecipazione dell’autore alle tumultuose vicende del suo tempo, e la forma poetica, frutto del suo gusto neoclassico tendente all’armoniosa bellezza e alla serenità. Tali spinte contraddittorie si riscontrano, tuttavia, nel contrasto tra reale e ideale, tra verità e illusioni, conferendo all’opera quel tono di accorata commozione e di malinconia e che costituisce il carattere più originale dal punto di vista poetico.
Alessandro Manzoni
Nasce il 7 Marzo 1785 dal conte Pietro Manzoni e da Giulia Beccarla. Dopo un' infanzia e un’adolescenza trascorse nei collegi dei padri Somaschi e Barnabiti, Alessandro visse nella casa paterna, mostrando un atteggiamento sempre più insofferente nei confronti del padre che gli imponeva un educazione retriva e repressiva. Si avvicinò alle posizioni giacobine in politica e neoclassiche in letteratura, scrivendo nel 1801 “Il trionfo della libertà”. A questa prima fase segue il periodo parigino (1805-1810) nel quale Manzoni, grazie all’incontro con Claude Fauriel, pone le basi della sua conversione al Romanticismo. Nel 1810 Alessandro si converte, insieme alla moglie Enrichetta, al cattolicesimo e, dopo il rientro a Milano, inizia per lui un periodo di intensissima attività letteraria nel quale comporrà molti dei suoi più grandi capolavori. Dopo il 1827 gli interessi del Manzoni tendono a diventare sempre più di tipo linguistico e filologico tanto che si dedica alla revisione linguistica dei Promessi sposi. Nel 1860 viene nominato senatore. Questo è per lui un periodo di scarsa produzione letteraria. Muore a Milano il 22 Maggio del 1873.
La morale e la poetica:”L’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo”
Manzoni può essere definito come uno dei maggiori esponenti del Romanticismo Italiano anche se si discosta fortemente dalle tendenze “irrazionali” che si erano diffuse, in quegli anni, prevalentemente in Germania. E’ proprio per questo motivo che egli viene collocato in un contesto letterario più specifico che è quello del Romanticismo lombardo (generalmente più coeso con le posizioni illuministiche del tempo). La poetica di Manzoni si può in definitiva riassumere con la formula:”l’utile per iscopo, il vero per soggetto, l’interessante per mezzo”. L’arte insomma deve avere per fine l’utilità morale e pratica degli uomini; deve fondarsi sul vero storico e sulla realtà; deve servirsi di una materia e di argomenti che interessi il maggior numero possibile di persone. Adesione psicologica e morale alla realtà e riflessione critica su di essa, sono i principi fondamentali dell’ etica morale e letteraria di Manzoni: solo un uomo dal “forte sentire” è capace di farlo. Infatti,ogni grande opera sia in versi che in prosa è il frutto dell’unione tra meditazione e sentimento, tra ragione e istinto. Manzoni pone quindi i termini della propria poetica e della propria vita morale ai quali resterà sempre fedele: “…il santo Vero \ mai non tradir: né proferir mai verbo, \ che plauda al vizio, o la virtù derida”.
Compare inoltre il rifiuto delle regole letterarie: le tradizioni e le norme (per esempio quelle delle unità teatrali) creano situazioni convenzionali e personaggi fittizi, cioè un mondo più povero e limitato. La realtà è, secondo il Manzoni, infinitamente più ricca di ogni formula; per cui la rappresentazione della vita, se obiettiva ed integrale, è insieme, in sommo grado, poetica ed educativa.
L’ideologia religiosa: tra cattolicesimo e giansenismo
L’ideologia religiosa di Manzoni mostra due aspetti fondamentali: quello della chiesa militante, che obbedisce a un Dio concepito non solo come “aura consolatrice”, ma anche come “bufera” capace di incutere terrore o sgomento ai violenti; e quello della democrazia dell’eguaglianza degli uomini in quanto tutti figli di Dio. Il primo aspetto unisce all’immagine del Dio mite e pacificatore (visione cattolica) quella del Dio giustiziere e del mondo drammaticamente scisso tra bene e male (visione giansenistica). Il secondo aspetto, invece, ricollega il cristianesimo alla cultura illuministica e ai suoi ideali di eguaglianza rivisitandoli però sotto il profilo spirituale.
Le Opere:
Gli Inni Sacri: “La Pentecoste”: Gli Inni Sacri sono stati il primo serio impegno letterario dopo la conversione. In essi Manzoni non vuole tanto mettere in luce gli aspetti dottrinari, teologici e dogmatici del cattolicesimo, ma piuttosto sottolineare l’importanza e gli effetti della fede nella vita degli uomini. Del cristianesimo isola il filone evangelico, democratico ed egualitario, testimoniando così la continuità tra i valori illuministici della sua formazione e quelli nuovi, frutto della conversione.
“La Pentecoste” è senz’altro uno dei più originali e riusciti tra gli Inni Sacri. Esso celebra la discesa dello Spirito Santo e i suoi effetti nel mondo. L’inno si conclude con un' invocazione allo Spirito Santo da parte di tutti gli uomini affinché esso scenda a redimerli.
Si distingue dagli altri per l’originalità della visione del Cristianesimo. Mentre negli altri Inni c’è piuttosto la celebrazione dei fatti liturgici, nella Pentecoste il messaggio cristiano diviene autentico annuncio di giustizia e di libertà, in senso romantico e democratico.
Le Odi Civili: “Il Cinque Maggio”: E’ la più importante lirica patriottica del Manzoni anche per la chiarezza con cui definisce alcuni concetti fondamentali: 1) Il nuovo concetto di nazione intesa come patrimonio di tradizioni militari, linguistiche, culturali, religiose ed etniche (“Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”). 2) La libertà è conquista e sacrificio e deve nascere dalla volontà concorde del popolo e non da esterni e interessati interventi. 3) Il principio di diritto-dovere che accomuna tutti i popoli e tutte le nazioni. 4) Nessuna parola d’odio e di vendetta, ma un richiamo religioso alla fratellanza universale e all’eguaglianza di tutti i popoli d’innanzi a Dio. “Il Cinque Maggio” è una delle più importanti e conosciute Odi Civili. Il Manzoni era antinapoleonico per la sua concezione cristiana degli oppressori e degli oppressi. Tuttavia ammirava, anche se non amava, Napoleone (diciamo pure che era un lecca culo). Astenendosi da un giudizio “arduo” che toccherà “ai posteri”, il Manzoni individua comunque, in questo grande personaggio della storia, un arcano strumento della Provvidenza, un chiaro segno della potenza di Dio creatore, una figura esemplare del destino dell’uomo, sospeso tra grandezza e miseria, che soltanto nella fede e nell’abbandono a Dio può placare le proprie pene e ritrovare la pace.
Il genere Tragico: “L’Adelchi”: La novità Manzoniana è quella di aver creato un genere di teatro storico di ispirazione etico-religiosa e di strutturazione anticlassica. Tragedie come “L’Adelchi” o “Il Conte di Carmagnola” nascono dalla coscienza tragica dell’esistenza (pessimismo giansenistico), dal desiderio di applicare in concreto le teorie romantiche e dall’esigenza di trovare un nuovo modello di teatro, diverso da quello classico e da quello Alfieriano. Le innovazioni tecniche e tematiche sono: Il rifiuto delle unità del teatro classico, l’ispirazione morale e religiosa, e l’utilizzo di una trama storica basata sulla trattazione di problemi morali, al fine di scandagliare l’animo umano ( “risalire dai fatti all’animo umano”).
L’Adelchi è una tragedia ambientata all’epoca della caduta del regno Longobardo in Italia tra il 772 e il 774. La trama si sviluppa intorno alla guerra tra il re longobardo Desiderio e Carlo il re dei Franchi ma il vero tema di fondo della tragedia è lo scandaglio interiore dei due personaggi principali: Adelchi ed Ermengarda. Entrambi rappresentano gli oppressi dall’odio e dall’ingiustizia.
Sia Adelchi che Ermengarda, infatti, si troveranno a combattere una guerra ingiusta e senza senso. Il Manzoni, con tale espediente, riesce a esprimere quella che è la sua visione morale della vita e della storia: il latente pessimismo Manzoniano di derivazione giansenistica si fonde alla visione etico religiosa del cattolicesimo raggiungendo, in quest’opera, picchi elevatissimi di pathos e sentimento (la morte di Adelchi e la caduta del regno Longobardo).

Giacomo Leopardi
Nasce a Recanati il 29 Giugno 1798. E’ il primo figlio del Conte Monaldo e della Marchesa Adelaide Antici.
Già a dieci anni Giacomo è in grado di scrivere composizioni in Latino, in Italiano nonché brevi trattazioni filosofiche. Dal 1809 al 1816 Giacomo trascorse il cosiddetto periodo dell’erudizione (“Sette anni di studio matto e disperatissimo…”) nella biblioteca paterna. Intorno al 1816 si colloca la conversione letteraria di Leopardi: all’amore per l’erudizione si sostituisce una più accesa consapevolezza dei valori artistici (passaggio dall’erudizione al bello). L’incontro con Giordani in seguito favorì la rottura con le posizioni cattoliche e reazionarie della famiglia. Allo Zibaldone affida un gran numero di riflessioni che segnano la sua conversione filosofica e cioè l’adesione a una visione materialistica e atea caratterizzata da un esasperato pessimismo.
Dopo l’ultimo soggiorno a Recanati (1828-30) la produzione letteraria di Leopardi si svolge da Firenze a Napoli. In questo periodo esce la prima edizione dei “Canti” (1831) e alcune canzoni che segnano il “ ciclo di Aspasia”. A Napoli compone gli ultimi due canti (“Il tramonto della luna” e “La Ginestra”), e nel 14 Giugno 1837 si aggrava e muore mentre a Napoli infuriava il colera.
La concezione filosofica: Natura madre-matrigna
L’essenza del pensiero Leopardiano si può inquadrare nel periodo che va dalla conversione letteraria a quella filosofica: periodo, questo, che segna una vera e propria evoluzione, seppur difficile e travagliata, della personalità del poeta.
Caratteristica fondamentale di Leopardi è la sua concezione pessimistica della vita e della società. Tale pessimismo segue un filone evolutivo che si può riassumere in tre fasi:
Pessimismo storico: antitesi natura-ragione: Leopardi si rende conto della condizione umana e della sua infelicità. Egli attribuisce tale disagio all’antitesi tra natura e ragione: la natura è considerata come un entità positiva e benefica perché fornisce all’uomo le illusioni per poter raggiungere la felicità. La causa del disagio esistenziale non sta, quindi, nella natura, ma sta nella ragione umana la quale distrugge le illusioni e le demistifica, smascherando in tal modo “l’arido vero” della condizione terrena.
Pessimismo cosmico: antitesi natura-uomo: A partire dal 1823, con lo “Zibaldone” e quindi con la conversione filosofica, Leopardi stravolge drasticamente la sua visione della natura. Con il crollo delle illusioni viene pian piano affermandosi una concezione sempre più materialistica ed atea, caratterizzata da un forte sensismo di stampo illuministico. Nasce così la teoria del piacere: l’uomo, mai appagato dalle cose terrene, va alla ricerca di una felicità e di un piacere ultraterreni. Tale condizione non può essere raggiunta: è da qui che nasce l’infelicità umana la quale è indicata nel rapporto tra il bisogno dell’individuo e le possibilità di soddisfacimento oggettivo. Queste riflessioni comportano una ridefinizione del concetto di natura: ora la responsabilità dell’infelicità umana è fatta ricadere per intero sulla natura “matrigna”, che determina la tendenza umana al piacere e infonde negli uomini l’amor proprio e il bisogno di felicità; senza poter poi in alcun modo soddisfare tale bisogno; e anzi facendo della vita umana un insieme di delusioni, di sofferenze e di noia, con l’unico scopo di procedere verso la morte (“Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”).
Pessimismo eroico o titanismo: Questa è la terza fase, iniziata nel 1830, con il definitivo abbandono di Recanati. Il poeta non cerca più conforto neppure nella memoria e assume un impegno morale, un atteggiamento titanico, un invito alla solidarietà tra gli uomini verso la comune “inimica”: la natura (Cfr. “La Ginestra” ).
La poetica:
Il Leopardi, attraverso un lento processo di maturazione letteraria e artistica, giunse a formulare una originale poetica romantica, assai diversa e contrastante con quella della scuola romantica dell’ alta Italia. Egli rifiutò i contenuti storici, le esigenze di popolarità, gli intenti patriottici, la fede in una missione morale ed educativa dell’arte: è una poesia dell’interiorità che si limita al dolore, alla tristezza, al pessimismo; e non canta la patria, la storia, gli affetti, salvo poche eccezioni. Leopardi divenne pertanto il maggior esponente della tendenza lirico-soggettiva del romanticismo italiano, opposta a quella oggettiva, realistica, narrativa rappresentata dal Manzoni. Leopardi tuttavia non rimane indifferente alla sua formazione neoclassica: egli, nonostante fosse contro ogni genere di imitazione, si ispirò alla grande tradizione poetica e letteraria di Petrarca e Tasso, riprendendone il lessico armonico e raffinato nonché una grande misura ed equilibrio nella composizione.
Più tardi, con la sua maturazione filosofica, egli fa la sua distinzione romantica tra poesia di immaginazione (propria degli antichi) e poesia di sentimento (propria dei moderni). Vera poesia è soltanto quella ingenua, spontanea, fantastica del mondo fanciullo (la poesia primitiva Omerica e classica). All’uomo moderno, nutrito di cultura, l’unica forma di poesia possibile è quella del sentimento (o patetica), con cui egli si addentra nell’intimo della propria coscienza e analizza la sua condizione di fronte alla natura e alla società.
La poesia come canto:
La poesia è espressione di stati d’animo indeterminati, vaghi, misteriosi: propri della poesia sono il senso dell’infinito e il ricordo. Il linguaggio deve essere dolce e musicale, decisamente antiprosastico. La poesia si risolve in rimembranza di impressioni infantili, nella rievocazione di un tempo ormai lontano e inafferrabile. Poiché l’indefinito si esprime soprattutto attraverso la musica, la poesia deve allontanarsi dalla rappresentazione e avvicinarsi alla melodia.
La funzione della poesia: il recupero della ragione.
La poetica leopardiana giunge alla sua più matura espressione solo dopo il 1828 quando riconoscerà nella lirica la più alta forma di espressione poetica: la lirica è, per Leopardi, canto di affetti spontanei, sfogo del cuore senza alcuna intromissione di elementi intellettualistici e culturali. La funzione della poesia consiste quindi nel recupero dei valori della natura come risposta ai “non valori” della società attuale, venendo ad assumere un ruolo oggettivamente liberatorio, contestativo e agonistico (“ titanico”) della civiltà razionale e scientifica creata dal progresso. Non tanto, dunque, sentimento contro ragione: ma piuttosto sentimento o poesia che sorge dalla ragione. Non è la poesia del sentimento che ha superato la ragione, ma è il canto della ragione stessa fatta sentimento.

Esempio



  


  1. geries

    buono dofjsodfm pskdf psdk fposdm fosmdf omasd f