Dormono selve - Quasimodo

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

Dormono selve

La seconda raccolta di poesie di Quasimodo, Oboe sommerso (1932) è forse la più tipicamente ermetica. Un tema ricorrente nei versi di questo periodo è il doloroso distacco dalla propria terra d’origine.
In una condizione esistenziale desolata, in cui paiono disseccate le fonti della vita spirituale, si affaccia il ricordo di un remoto paese dell’ infanzia, immerso in un’aura di mito: selve, pianure immobili al sole, acque e terre, gesti antichi che evocano nella Sicilia dell’ infanzia quella della grecità classica.

Questo lo possiamo ricavare dalla lettura, ma il poeta ha taciuto il suo tema esistenziale: resta indefinito a chi si rivolga col “tu”; con una tecnica di astrazione lirica tipica del Novecento, vengono espresse emozioni prive di circostanze e di un contesto discorsivo che le esplicitino.

Appaiono in questa poesia molti procedimenti tipici della maniera ermetica: - il tono sommesso, raccolto, carico di allusioni a una indefinita pena del vivere; - l’uso di nomi privi di articolo, che fa delle cose evocate oggetti astratti, puramente mentali; - le metafore analogiche, che destano suggestioni vaghe, di cui non si può dare una parafrasi precisa; - una sintassi pure vaga, che associa le parole in modi inconsueti senza precisarne le relazioni.

Matrice secca d’amore e di nati,
ti gemo accanto
da lunghi anni, disabitato.
Dormono selve
di verde serene, di vento,
pianure dove lo zolfo
era l’estate dei miti,
immobile.
Non eri entrata a vivermi,
presagio di durevole pena:
La terra moriva sulle acque
antiche mani nei fiumi
coglievano papiri.
Non so odiarti: così lieve
il mio cuore d’uragano.

Esempio