Divina Commedia, Inferno canto I

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Testo

I° CANTO DELL’INFERNO

Il primo canto serve di proemio a tutto il poema e come tale ha il compito di descrive cosa avverrà all’interno del componimento. Il proemio parla del viaggio oltremondano che Dante dovrà affrontare, anche se esso si presenta più come una visione che come un racconto drammatico-fantastico.
Il primo canto dell’inferno è collocato in un tempo che corrisponde la sera del venerdì santo del 1300 anno in cui papa Bonifacio VIII origina il primo giubileo della storia. In questo canto, Dante è protagonista del poema che sta narrando. Nel primo canto Dante si trova dentro una selva e sta cercando di uscirne, ma non vede via di fuga.
Ad un certo punto vede una luce e cerca di raggiungerla per uscire dalla selva, ma è ostacolato da tre belve. Il protagonista è costretto a tornare indietro finché all’interno della selva non scorge una figura, quella del poeta Virgilio. Virgilio gli spiega che dovrà accompagnarlo durante il suo cammino nell’Inferno e nel Purgatorio.
Dall’apertura del poema non si può intendere una precisa data dello smarrimento nella selva perché Dante spiega che il suo viaggio verso la beatificazione inizia nel mezzo della sua vita in pratica all’età di 34 anni.
La selva oscura ha un significato allegorico e vuole rappresentare il peccato commesso da Dante, ma al tempo stesso anche di tutta l’umanità. Dante chiarisce che nel momento del peccato la ragione viene a mancare perché la mente è offuscata. Così all’improvviso si erge davanti a lui un colle che è in apposizione con la selva, il quale rappresenta la vita virtuosa e ordinata che è alla base dell’umana felicità. Il colle è illuminato da una luce che è la Grazia Divina, che porta alla benedizione eterna, per questo il poeta cerca di raggiungere la sua sommità. Prima di spingersi fino alla cima da uno sguardo indietro, qui Dante è paragonato ad un naufrago, infatti, come il poeta guarda indietro la selva oscura, un marinaio guarda il mare che lo ha fatto naufragare, entrambi guardano nuovamente indietro e vedono posti senza vita.
Dante ancora incerto ed impacciato nel raggiungere la virtù (la cima del colle), riprende il suo cammino per il pendio del colle.
Il poeta giunto ormai alla salita del monte è bloccato da tre bestie, simboleggiano i tre peccati che ostacolano il pentimento e la conversione del peccatore.
La prima è la lonza. Il felino identificato come un leopardo o una pantera rappresenta in modo allegorico la lussuria.
Il secondo è il leone che metaforicamente è associato alla superbia, che ostacola il passaggio di Dante con ferocità dovuta alla testa alta e alla rabbia di voler far male all’umanità.
L’ultima bestia è la lupa che allegoricamente sta ad indicare la cupidigia, con questa il poeta riesce a conquistare qualche metro verso la salvezza, ma la fiera lo rimanda indietro. Qui abbiamo la presenza di una sinestesia tra udito e vista (sol tace) perché tornando indietro verso la selva, Dante percepisce la fine della speranza e la paura di non potersi salvare.
Tornato all’interno della selva scorge una figura, Virgilio.
Virgilio non riesce a parlare perché, sempre sotto un profilo allegorico, la sua figura è associata alla ragione, infatti, ha per molto tempo taciuto nell’anima del peccatore finché non ha iniziato a dispensare i suoi consigli per lui. Virgilio, infatti, anche se aveva professato la religione pagana, aveva fatto il profeta per l’avvento di Cristo in un suo libro.
Così inizia la conversazione tra Virgilio e Dante; Virgilio spiega che nacque al tempo di Giulio Cesare ma fu troppo tardi per fargli conoscere le sue opere e che servì Augusto al tempo del paganesimo. Fu poeta e narratore della storia d’Enea che dopo la caduta di Troia creò la dinastia romana. Virgilio gli chiede cosa lo angosciasse così tanto e perché non fosse salito sul monte fonte d’ogni gioia. Dante pieno di stupore e di gioia spiega che per lui Virgilio oltre ad essere il suo autore preferito, è anche maestro di vita, poiché Dante ricava il suo stile da Virgilio che perciò lo fece diventare famoso.
Dante gli chiede aiuto per oltrepassare la belva, ma Virgilio fonte di sapienza gli consiglia di cambiare strada perché se proseguisse per quella troverebbe la morte. Virgilio aggiunge che l’unico modo per sconfiggere la lupa è il Veltro (cane da caccia) veloce e ben addestrato che in modo allegorico rappresenta l’ordine e la giustizia.
Dante si riferisce alla situazione dell’Italia sotto il profilo politico - religioso perciò il modo per ristabilire l’ordine e la giustizia in Italia e riformare la Chiesa per ricondurla alle sue origini apostoliche, poteva essere l’arrivo di un imperatore che doveva ristabilire i confini tra potere spirituale e temporale. Virgilio poi ricorda la morte di molti eroi tra cui Camilla, Eurialo e Niso per la conquista del Lazio.
Infine Virgilio informa Dante che sarà la sua guida nell’Inferno dove vedrà le disperate gesta di chi in vita non ha seguito la retta via e continua anche nella seconda morte a cercare aiuto. Nel Purgatorio incontrerà chi è contento di soffrire per conquistarsi il paradiso, inoltre lo avvisa che se avesse voluto continuare il cammino verso la beatitudine eterna, la sua guida sarebbe stata Beatrice.

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