Decadentismo: ricerca sulla base sul movimento attraverso Nietzsche a Bergson

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Testo

Il Decadentismo
Volontarismo: due modi per reagire
1. accettazione dell’esistenzialità con gioia
2. posizione più problematica.
L’accettazione gioiosa è tipica di Nietzsche: la volontà di essere se stessi, diventa volontà di potenza, che si manifesta nella creazione di nuovi valori e nel dominio del caos universale. Secondo Nietzsche, la religione, la cultura, la civiltà hanno sedimentato nell’uomo una specie di guscio, che si è sempre più irrigidito mano a mano che l’uomo progrediva; alla fine l’uomo che crede di aver raggiunto un progresso straordinario, si trova limitato, imbrigliato in un sistema che lo costringe ad agire in un determinato modo: l’uomo si aliena. Nietzsche dice che “Dio è morto”, e con Dio intende le convenzioni, le istituzioni che sono destinate a cadere, perché se ciò avviene l’uomo è destinato a realizzare se stesso. Il messaggio lanciato da Nietzsche è “divieni ciò che sei e crea”. Il conosciuto non è più riconoscibile in ciò che esiste già, ma significa creare ciò che non esiste ancora. La volontà di potenza si caratterizza come creatrice di strutture mentali perfette: il mondo esterno è caos, quindi si creano queste strutture mentali interiori ed autonome, e in questo modo viene creata l’arte.
L’artista non ha la pretesa della realtà, deve creare la bellezza, l’arte è una delle forme con cui lo spirito aristocratico (= che si allontana dalla massa) esprime la potenza dell’Io.
Bergson è il filosofo degli artisti. Dice che il concetto cristiano di creazione e il concetto scientifico di evoluzione non si escludono, nel senso che l’universo, il mondo e l’uomo divengono secondo una creazione continua, quindi l’universo è sempre se stesso e sempre diverso. Questo concetto non può essere colto adeguatamente al tempo stesso da una mente scientifica; la scienza è inadeguata perché spiega le cose ma le lascia come sono, rischiando così di fare del lavoro inutile perché spiega qualcosa che non sarà più in quel modo, poichè sarà già divenuto altro.
L’intuizione, a colpi di sonda, riesce a penetrare nel mistero dell’essere, da cui nascono tutte le apparenze, quindi solo l’intuizione riesce a cogliere “la novità creativa dell’eterna evoluzione”.
Allora il tempo, scandito in ore, minuti e secondi, diviene qualcosa di assurdo, una creazione astratta dell’uomo; il tempo vero viene definito durata, che è espressione del tempo concreto, cioè la vera quantificazione della durata delle cose: noi abbiamo coscienza del movimento evolutivo attraverso la durata. Mentre nel tempo misurato in secondi abbiamo una distinzione netta fra passato, presente e futuro, e la progressione risulta regolare, nella durata invece questa distinzione manca e la progressione è discontinua: il passato esiste come ricordo, il futuro è l’aspettare qualcosa. Il tempo astratto finisce, la durata è un tempo presente nella coscienza. In questa prospettiva acquista valore massimo la memoria, che è esperienza cosciente della durata; ciascuno di noi ricorda quello che è stato o quello che sarà: in questo senso l’inconscio diventa sede di una totalità in cui tutto è presente. Dire che dobbiamo cercare la nostra autenticità, significa dire che possiamo farci angelo o bestia, c’è quindi una valorizzazione dell’istinto (come nei maledetti) o una valorizzazione delle componenti angeliche (Pascoli).
Si dice che bisogna liberare l’inconscio, ovvero liberare le pulsioni istintuali, cioè si può arrivare alla rinuncia di ogni gerarchia di valori da seguire, si può fare a meno della propria logica formale e al principio di non contraddizione. Il personaggio decadente è buono e cattivo allo stesso tempo, è angelo o bestia, perché si comporta seguendo l’istinto, non secondo dei valori che si ritengono assoluti: in questo modo non si è tenuti ad essere coerenti con noi stessi, quindi regna un assoluto relativismo che porterà in letteratura alla dissoluzione della trama e del personaggio (in arte, esempio di questo è il cubismo), ed è importante notare che v’è il ridimensionamento della conoscenza di se stessi e degli altri.
Dal punto di vista letterario e formale, con la valorizzazione dell’assenza di valori, non esiste più il confine tra cose che si possono o non si possono dire: l’artista è libero nell’esprimersi attraverso l’arte; quello che importa non è insegnare qualcosa, ma organizzare le parole e star bene con e fra le stesse. Il mondo è caos, quindi del mondo non ci si occupa: poetare significa creare un mondo alternativo per starvi bene. Il poeta può utilizzare ciò che gli piace della realtà, o creare un mondo a sua immagine e somiglianza. La parola non è più etichetta di qualcosa ma c’è un asemantizzazione, cioè diventa essa stessa una cosa che vale in sé.
Nella struttura dei testi decadenti c’è l’abbandono delle funzioni comunicative; c’è la valorizzazione dell’inconscio e conseguentemente si valorizza l’ambito del sogno che è la via privilegiata d’espressione dell’inconscio. L’artista decadente adotta i sogni non solo come materia, ma anche come modo d’espressione, perciò la sintassi tradizionale che si reggeva su una visione razionale del linguaggio, è ora soppiantata per far emergere una sintassi onirica, che fa uso dei processi dell’analogia: il sogno infatti utilizza delle sequenze analogiche.
C’è un’unica passione nelle opere che funge da sorgente e da questa sensazione si generano tutta una serie di immagini che sembrano eterogenee tra loro, ma che in realtà sono legate tutte quante a questa passione. Il simbolo, che è una connotazione caratteristica dei testi decadenti, non ha un significato inserito a posteriori, ma è associato all’immagine: questo spiega il carattere polisemico del simbolo. E’ ovvio che quando una parola è intuita nei valori simbolici, quando non è etichetta di qualcosa, le istituzioni non hanno più ragione d’esistere, si crea perciò una realtà nuova, un nuovo mondo. La parola deve comunicare l’istinto, l’inconscio, deve dar voce a tutto ciò che è irrazionale.
Punti salienti della poetica:
• esaltazione delle facoltà irrazionali
• accentuazione dell’individualismo e del soggettivismo
• valorizzazione del nazionalismo
• rifiuto delle norme e dei valori del tempo
• sfiducia della scienza e nella tecnica per spiegare il mondo
• estetismo
• disprezzo per la moderazione, per l’equilibrio contrapposte all’attivismo
• senso del mistero: religione e culto dell’arte, esaltazione del superuomo, ateismo
• rifiuto delle norme della morale
• irrequietezza, fuga dal reale
• attrazione per l’irrazionale.
All’arte è conferita una funzione conoscitiva superiore a quella della scienza, intrecciata o sostitutiva del sacro, alle volte c’è l’attrazione per il perverso. V’è il rifiuto della concezione ottocentesca d’interprete del popolo in cui l’artista vive, quindi egli scava nell’interiorità e nell’ignoto.
• Disponibilità alla sperimentazione formale, si fanno dei testi con grande valore formativo nei quali sono importanti la musicalità e l’immagine intreccio di tutte le forme artistiche; anche la prosa del decadentismo è musicale (come nel romanticismo ci sono dei motivi ricorrenti che insistono su particolari temi, i leitmotiv)
• Desiderio di fuggire dalla realtà, identificazione con chi è ai margini (deviato, folle)
• Nel decadentismo all’eroe romantico si sostituisce l’antieroe, in collisione con la società
• Volontà di creare una nuova realtà attraverso la poesia, evocandola attraverso pitture e musiche, che sono i simboli dell’ignoto
• Nazionalismo, che si sviluppa soprattutto in Italia, spesso si lega con il decadentismo (D’Annunzio, Pascoli) perché fondamentalmente è un valore legato al mito del coraggio. Gli intellettuali italiani erano anche a favore del colonialismo, perché Roma doveva tornare a trionfare; si esalta il mito del più forte, della violenza. Addirittura la guerra sarà definita “sola igiene del mondo” seguendo le idee darwiniste.
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