Convito- Dante Alighieri

Materie:Altro
Categoria:Italiano

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Testo

Convito 1
Come dice Aristotele all’inizio della Metafisica, tutti gli uomini per natura hanno desiderio di conoscenza. La ragione di questo fatto può essere, ed è, che ciascuna creatura, spinta dalla sua natura assegnatale dalla provvidenza , tende alla propria perfezione. per cui, poiché la conoscenza è l’estrema perfezione della nostra anima, in cui consiste la nostra massima felicità, tutti siamo per natura predisposti a desiderarla.Tuttavia molti sono privati di questa nobilissima perfezione (il conseguimento della conoscenza) per diverse cause, che, all’interno dell’uomo o fuori da esso, lo allontanano dalla disposizione alla conoscenza.Dentro da l’uomo possono essere due difetti e impedi[men]ti: relativo al corpo si ha quando gli organi sono mal conformati, sicché non può percepire nulla.
All’esterno dell’uomo possono essere, allo stesso modo , individuate due cause , l’una delle quali determina la necessità , l’altra la pigrizia.
La prima è impegno per la propria famiglia o per la propria città. La quale doverosamente, tiene con se la maggioranza degli uomini sicchè non possono avere il tempo libero (ozio, dal lat. otium, termine che indicava il tempo libero dai negotia, cioè dagli impegni pubblici; il termine era in origine privo del significato negativo che riveste nell’italiano attuale) per l’attività intellettuale.
L’altra è a causa del luogo dove la persona è cresciuta che lo tiene non solamente privo di ogni istituzione scolastica, ma lontano da persone istruite. Le prime due (cioè il difetto degli organi corporei e la «cura familiare e civile».) non sono da rimproverare, ma degne di perdono, le altre due ebbene una di esse (cioè la malizia) di più sono da biasimare. Rimane ovvio che sono pochi quelli che rimangono, e molti gli “affamati di questo cibo” (cioè del sapere)
Beati quelli che siedono al tavolo dove si mangia il pane degli angeli! (L’espressione deriva dal Salmo LXXVII, 25: «Panem angelorum mandicavit homo» [«L’uomo mangiò il pane degli angeli»]) e miseri quelli che mangiano la stessa cosa delle pecore! Ma poiché ogni uomo è per natura amico di ogni altro uomo e ogni amico prova dolore per l’imperfezione della persona amata, coloro che mangian a una mensa così nobile (alta mensa: quella dove si mangia «lo pane de li angeli») hanno misericordia (non senza misericordia sono, litote) verso quelli che essi vedono mangiare erba e ghiande come gli animaliE poiché la misericordia genera desiderio di fare del bene , le persone istruite offrono sempre con generosità della loro buona ricchezza ai veri poveri (cioè alle persone prive della vera ricchezza, che è appunto il sapere), e sono quasi una fonte di vita (fonte vivo, espressione biblica) con la cui acqua si placa la naturale sete (di sapere) di cui sopra si è parlato. E dunque io, che non siedo alla beata mensa e tuttavia, allontanatomi dal cibo animalesco del volgo, ai piedi di coloro che siedono , raccolgo le briciole del banchetto , e conosco la vita miserabile delle persone che ho lasciato dietro di me, a causa della dolcezza che sento per il cibo che a poco a poco raccolgo, mosso a misericordia , senza dimenticare la mia precedente condizione di ignoranza , ho messo da parte per i poveri (miseri, con riferimento alla povertà spirituale) qualche briciola (alcuna cosa: fa riferimento alle sue canzoni dottrinali e morali, di cui il Convivio doveva costituire il commento), che ho già mostrato ai loro occhi da qualche tempo; e con ciò li ho fatti maggiormente desiderosi. Per cui ora, volendo preparare la mensa per loro (cioè per i «miseri») intendo fare un generale banchetto con quelle cose che ho loro mostrato (le canzoni) e con quel pane che è necessario a una tale vivanda, senza il quale essa non potrebbe essere mangiata. E questo è quel convivio, da quel pane che è adatto e da quella vivanda che io desidero che non sia somministrata invano e perciò ad esso non si accosti nessuno che abbia difetti fisici, poiché non ha né denti, né lingua né palato e neanche alcun seguace dei vizi, perché il suo stomaco è pieno di umori velenosi contrari , sicché non potrebbe mai assimilare la vivanda.( Gli «omori venenosi contrarii» rappresentano metaforicamente la malizia, il vizio dell’anima che impedisce la conoscenza). Venga invece qua chiunque è rimasto in quel desiderio di sapere che è degno degli uomini a causa dell’impegno per la propria famiglia o per la propria città e si sieda alla stessa mensa con le altre persone che hanno sofferto dello stesso impedimento e ai loro piedi si pongano tutti quelli che sono rimasti inattivi a causa della pigrizia, poiché non sono degni di sedere più in alto; e sia gli uni che gli altri mangino la vivanda con il pane, che la farà loro gustare e digerire. La vivanda di questo banchetto sarà divisa in quattordici portate,, cioè quattordici canzoni che hanno come materia sia l’amore che la virtù , le quali, senza il presente commento, avevano qualche ombra di oscurità, tanto che a molti piaceva più la loro bellezza che la qualità del tema trattato. Ma questo pane, cioè la presente esposizione, sarà la luce che renderà visibile ogni sfumatura del loro significato E se nella presente opera, la quale è chiamata Convivio e voglio che tenga fede al suo nome , si discutesse in modo più maturo che nella Vita Nuova, non desidero però rinnegare quest’ultima in nessuna parte, ma rafforzare e approfondire (maggiormente giovare: il verbo «giovare» è usato transitivamente, come in latino) tramite quest’opera (per questa: il Convivio) quella ; vedendo che, ragionevolmente, è necessario che quella sia fervida e piena di passione, questa saggia e matura. Poiché ad un’età è conveniente parlare ed agire in modo diverso che a un’altra ; perché a un’età (quella giovanile) sono adatti e degni di lode certi comportamenti che sono disonorevoli e degni di biasimo a un’altra età (quella della maturità), cosa di cui più avanti, nel quarto trattato di questo libro, sarà mostrato in modo appropriato (propria ragione, costrutto che ricalca l’ablativo assoluto latino). E io nell’opera precedente (in quella dinanzi, la Vita nuova) parlai mentre entravo nella mia gioventù, e in questa successiva (in questa dipoi, il Convivio) essendo ormai passata la gioventù. E poiché la mia vera intenzione era diversa da quella che in apparenza mostrano le canzoni di cui si è detto, intendo spiegare quelle canzoni con una interpretazione allegorica, esposta dopo la spiegazione letterale (; in modo che l’una e l’altra interpretazione darà gusto a quanti sono invitati a questa cena. I quali prego tutti che, se il banchetto non risultasse così ricco come si addice al suo invito (se l’opera risultasse, cioè, inferiore a quello che sto promettendo) imputino ogni difetto non alla mia volontà, ma alle mie capacità; perché la mia volontà persegue qui una compiuta e affettuosa generosità

Convito 2
Una volta che è stato dimostrato con adeguati argomenti come, per evitare sconvenienti incongruità , sarebbe necessario , al fine di chiarire e spiegare le canzoni di cui si è parlato un commento volgare e non latino, intendo mostrare come, oltre a questa motivazione , una piena generosità mi fece scegliere questo (il volgare) e lasciare l’altro (il latino). Si può dunque riconoscere la piena generosità da tre elementi, i quali sono conseguenti alla scelta del volgare italiano , e non sarebbero stati conseguenti alla scelta del latino. Il primo elemento è dare a molti; il secondo è dare cose utili; il terzo è dare il dono senza esserne domandato. Poiché fare un dono a una persona è bene; ma fare un dono a molti e giovare a molti è un bene completo, in quando prende esempio dai doni di Dio, che è benefattore di tutti.
Il commento latino sarebbe stato lontano le tre suddette condizioni, la quali è necessario che siano insieme presenti affinché nel dono ci sia la piena generosità, mentre (e) il volgare le soddisfa , come si può chiaramente spiegare come segue Il latino non sarebbe stato altrettanto utile a molti; perché se noi ricordiamo (reducemo a memoria, lett. riconduciamo alla memoria) ciò che è stato detto prima , i letterati che non conoscono la lingua italiana non avrebbero potuto trarne giovamento (avere questo servigio: il commento in latino sarebbe stato per loro inutile, poiché essi non avrebbero comunque potuto apprezzare le canzoni in volgare), mentre quelli che conoscono l’italiano,se noi vogliamo vedere bene chi sono, ci accorgeremo che verosimilmente uno su mille ne avrebbe tratto giovamento; poiché non sarebbero stati in grado di comprenderlo , tanto sono inclini all’avarizia che li allontana da ogni forma di nobiltà d’animo, la quale desidera più di ogni altra cosa questo nutrimento intellettuale. E per farli vergognare, dico che non sono degni di essere chiamati letterati, poiché non studiano le lettere per farne l’uso che ne è proprio (cioè per metterle al servizio della verità e del bene comune), ma perché attraverso di esse (per quella, al singolare perché riferito a «la lettera») guadagnano denaro o onorificenze; allo stesso modo che non si deve chiamare suonatore di cetra chi tiene la cetra a casa al fine di affittarla in cambio di denaro, e non al fine di usarla per suonare. Ritornando dunque all’argomento principale. dico che manifestamente si può vedere come il latino averebbe a pochi dato lo suo beneficio, ma il volgare servirà veramente a molti. Poiché la nobiltà dell’animo, che ricerca questo giovamento (servigio: si riferisce al raffinamento dello spirito reso possibile dalla cultura) si trova in coloro che, a causa della corruzione del mondo hanno lasciato la letteratura a coloro (i letterati di professione) che, da donna, l’hanno trasformata in prostituta; e questi nobili sono principi, baroni, cavalieri, e molte altre persone di animo elevate, non solo maschi ma femmine, che sono numerosi tra quanti parlano la lingua italiana, e che conoscono il volgare e non il latino Inoltre il latino non sarebbe stato portatore di un dono utile, come invece sarà il volgare. Poiché (Però che) nessuna cosa è utile, se non in quanto viene usata (Dante si rifà all’etimologia latina dell’aggettivo “utile”, che deriva dal verbo utor, “usare”), né il valore può esistere solo allo stato potenziale, che è uno stato imperfetto (che non è essere perfettamente; per Aristotele, infatti, la perfezione coincide con l’atto); come l’oro, le perle (margarite, latinismo) e gli altri tesori che sono nascosti sottoterra… (il testo presenta a questo punto una lacuna); poiché quei tesori che sono nelle mani di un avaro si trovano in un luogo ancora peggiore della terra in cui il tesoro è nascosto. Il dono di questo commento è propriamente il significato delle canzoni per le quali è stato, il quale intende soprattutto indurre gli uomini alla scienza e alla virtù, come si vedrà nella parte centrale (per lo pelago, lett. in alto mare) della loro trattazione. Non possono non trarre vantaggio da questo significato coloro nei quali si trova la vera nobiltà, nel modo di cui si parlerà nel quarto trattato (in questo trattato Dante afferma che la vera nobiltà è quella basata sulla virtù); e costoro sono quasi tutti conoscitori del volgare, come i nobili che sono stati nominati in precedenza in questo capitolo. E non contraddice il fatto che tra costoro ci sia qualche letterato. Inoltre il volgare darà un dono non richiesto, mentre il latino non lo avrebbe dato; poiché darà se stesso come commento, cosa che mai fu prevista da nessuno (persona, francesismo); e la stessa cosa non si può dire del latino, che ci si attende sempre di trovare nel commento e nelle note a molti scritti, come si può vedere chiaramente all’inizio di molti di essi. Ecco il perché della scelta del volgare.

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