carducci

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Testo

CARDUCCI

1. attenzione realistica
2. attenzione al classico
3. rapporto con la memoria
4. visione più intimistica e naturalistica
Carducci ha voluto dare di se stesso l’immagine di uno “scudiero dei classici” fondò il gruppo degli “Amici pedanti”) rifiutando la sensibilità romantica, in difficoltà con il proprio tempo. Ha cercato nel passato quello che non riusciva a vedere nel presente, un epoca indebolita, in degrado. Egli propone nei suoi testi infatti il periodo classico della romanità (soprattutto il periodo repubblicano e poi quello imperiale), il medioevo (soprattutto il periodo della formazione dei comuni, che rappresenta la libertà e le lotte per ottenerla), il periodo della Rivoluzione Francese (valori di uguaglianza e di libertà), il movimento risorgimentale italiano (libertà, rispetto, autonomia). Carducci guarda al passato, il presente è per lui un periodo debole e fragile. Questo sguardo al passato ci potrebbe far identificare nella sua opera una sorta di NUOVO NEOCLASSICISMO. Pratz, in “Gusto Neoclassico” precisa le differenze tra il neoclassicismo e il nuovo neoclassicismo di Carducci. Mentre la cultura neoclassica del ‘700 propone dei canoni precisi, nel neoclassicismo carducciano di fine ‘800 l’ottica è rappresentativa di un atteggiamento da sogno, di evasione: il mondo classico diventa un’occasione di allontanamento dalla realtà contemporanea, un MIRAGGIO ESOTICO. È esotismo cronologico. Pratz e altri critici dicono quindi che, nonostante Carducci critichi il Romanticismo, per certi versi vi è ancora immerso. Carducci è un animo tormentato. Egli non ha rifiutato tutto il presente in quanto si è anche avvicinato col tempo alla politica (fu definito “vate dell’Italia umbertina”), condividendo con la sua epoca l’ammirazione per la scienza e per progresso (> Positivismo). Carducci è stato anche definito “poeta dalle tante patrie”, come la Maremma, Bologna, Firenze e Roma. Le prime due rappresentano il suo io, le altre due sono filtrate dalla mediazione della cultura.
VERSI GOLIARDICI (> Cecco Angiolieri):
Viva pur Sandro Manzoni!
Quant’è mai che s’arrabatta
Co’ filosofi nebbioni
E gli storici a ciabatta!
Acqua santa a piena mano
Tutto il secolo è cristiano.
INNO A SATANA (1865) - è una polemica nei confronti del suo secolo (> Leopardi, secol superbo e sciocco). Carducci ha una visione laica e materialistica della vita. La poesia è un inno a Satana (> Scapigliatura, Tasso), proposto con l'immagine allegorica del treno, testimonianza della modernità e della forza della ragione, della ribellione, del coraggio, dell'autodeterminazione. Vengono scherniti gli atteggiamenti di superstizione. Satana è materia, spirito, ragione e senso. C'è un'analogia con l'ottica degli Scapigliati. Satana, cioè dio, è fonte d'ispirazione poetica. Si ha quasi una dimensione blasfema. Dai reazionari ogni aspetto della modernità era condannato come prodotto di Satana. Carducci accetta questa definizione, ma la rovescia polemicamente in positivo, celebrando la figura di Satana. Le cose che i reazionari esecrano come opera del demonio, per Carducci sono gli aspetti più positivi della vita. Satana è così assunto come simbolo delle gioie terrene, delle bellezze naturali e artistiche, della libertà di pensiero, della ribellione a ogni forma di dogma e dispotismo, del progresso della scienza. Il trionfo del progresso si compendia nel simbolo della macchina, della locomotiva. L'inno è una forte polemica anticristiana e presenta delle forme classicheggianti (lessico aulico, sintassi latineggiante, riferimenti dotti ed eruditi).
Dopo le raccolte giovanili (Giambi ed Epodi), Carducci scrive Rime Nuove e Odi barbare. Sono raccolte di liriche che propongono il recupero del classico e il senso di inadeguatezza e di malinconia per il presente. In Rime Nuove c'è una sezione, Primavere Elleniche, incentrata sulla grecità, in cui c'è un nitore di tipo classico. Carducci ha delle analogie col PARNASSIANESIMO, un fenomeno prevalentemente francese della metà dell'800, che vuole "riportare le Muse sul Parnaso" tramite la proporzionalità. Esponenti di questa corrente sono Gautier, De Lisle, Heredia. Baudelaire dedicherà I fiori del male a Gautier.
IL COMUNE RUSTICO (Rime Nuove, 1885) - è un testo della metà degli anni '80. il saluto del poeta all'ambiente naturalistico viene da un'esperienza di vissuto. l'incipit della lirica ricorda Alla sera di Foscolo. Carducci ci presenta una natura bella, alludendo però anche al mondo umano di quell'ambiente. È un ambiente raccolto. Carducci rifiuta in questa poesia l'altomedioevo delle streghe, in cui egli non si ritrova, un medioevo della superstizione. Egli vuole rimuovere queste idee e con ciò si scaglia contro un aspetto del Romanticismo, soprattutto quello straniero (Byron, ecc.). il medioevo idealizzato dal Carducci è quello dei comuni nella fase originaria, contro i Barbari e contro l'Imperatore. L'istituzione comunale è indicata dalla figura del console, una carica dei primi comuni (consoli > podestà > popolo). Il console si rivolge al suo popolo in un modo quasi sacrale, per invitarlo a difendere la libertà. C'è REALISMO. Il sole si identifica col coraggio e con la volontà di difendere la libertà. Il poeta vede nel passato quello che non c'è nel presente. L'ambiente solare è molto amato dal poeta. È importante che coloro che combattono per la libertà siano POPOLO. Asor Rosa ha visto in questo testo una sorta di POPULISMO eccessivo e quindi negativo. Alcuni hanno definito questa poesia kitsch. La poesia presenta un tema ricorrente in Carducci: una realtà presente sollecita il "sogno" del poeta che lo trasporta nel passato. Carducci vagheggia una forma di democrazia diretta, una piccola repubblica dove ciascuno partecipa alle decisioni e ciascuno è pronto a assumersi i suoi compiti con senso del dovere e abnegazione, dove sono forti l'amore di patria e la virtù guerriera. L'atmosfera è solare.
DAVANTI SAN GUIDO (Rime Nuove, 1874) - è testimonianza di uno slancio nostalgico verso un passato personale. I cipressi sembrano dei giganti giovinetti. Carducci passa col treno: il treno è simbolo della modernità e del vissuto del momento. Sono tutte immagini istantanee. Il poeta risponde ai cipressi con un'apostrofe affettuosa e parla di sè con autoironia (celebrità). In questa lirica il poeta rimpiange il tempo passato. Le ultime due strofe rappresentano un salto sul piano emotivo: Carducci vuole allontanarsi dai sentimenti. I cavalli rappresentano agilità, forza e curiosità verso il futuro. C'è il fascino dell'ignoto e del futuro. Il treno è invece la voglia di vivere, di non abbandonarsi alle malinconie e ai momenti cupi. L'asin bigio è infine colui che è insensibile a ciò che accade, che è passivo e che non vive.
TRAVERSANDO LA MAREMMA TOSCANA (Rime Nuove, 1885)- la poesia esprime il legame del poeta con la Maremma Toscana e la sua malinconia. Egli presenta sè stesso con un atteggiamento forte di fronte alla malinconia.
S. MARTINO (Rime Nuove, 1883)- una parte della critica ha visto nella poesia un'analogia con la pittura dei Macchiaioli (mare, lavoro, ecc.) lo stesso Carducci, però, ha apprezzato a volte la pittura veneta rinascimentale (in particolare Veronese). Alcuni hanno allora escluso il collegamento con i Macchiaioli. La poesia offre un quadretto di paesaggio, colto impressionisticamente con pochi tratti pittoreschi. La prima strofa presenta la visione di una natura autunnale che suggerisce un senso cupo di morte. Le due strofe centrali offrono invece immagini solari e confortanti. Il vino e il fuoco richiamano anche una tematica conviviale tipica della poesia classica: si coglie infatti un riferimento a una notissima ode oraziana (ripresa a sua volta da Alceo). In chiusura si propone un'immagine affine a quella d'apertura. Gli "uccelli neri" che migrano tra nubi rossastre hanno qualcosa di sinistro e inquietante, di funereo. Lo schema della poesia risulta dunque chiastico. La costruzione del testo fa capire come Carducci senta romanticamente l'urgere di oscure inquietudini e angosce, che si incentrano intorno all'idea della morte; allora, come per una sorta di esorcismo, evoca per scacciarle immagini solari, che si richiamano al mondo classico, a una visione della realtà gioiosamente pagana; ma il tentativo riesce vano, e l'angoscia mortuaria trionfa. Questa dinamica interiore si esprime nelle coppie oppositive luce-ombra, calore-freddo, vitalità-senso di morte, che sono quelle che tornano costantemente nella sua opera. "Tutta la poesia di Carducci è sfiorata da questo trascolorare di luminosità intense e di vaporose penombre, sembra oscillare tra serenità greca e spleen baudelariano: ma è oscillazione non già fra classicismo e romanticismo, al contrario è oscillazione tutta romantica" (Getto). Il "classicismo" non è che un aspetto di questa sensibilità romantica.
ODI BARBARE - Sono poesie simili a quelle di Rime Nuove. Importante è però la componente metrica: Carducci intende riproporre la metrica latina e greca nella lingua italiana. Sebbene in latino e in greco sia fondamentale la quantità delle sillabe e in italiano l'accento delle parole, Carducci, in via sperimentale, ripropone alcuni metri antichi. Questo procedimento era già stato operato da Leon Battista Alberti, che scrisse versi in volgare con tale procedimento. Ma con Carducci abbiamo una testimonianza ben più ampia di ciò. Questo tipo di metrica è detta BARBARA perchè secondo Carducci tale sarebbe sembrata ai Greci e ai Latini. Non è dunque detta così in senso dispregiativo e negativo, ma in senso etimologico ("straniera"). La metrica greco-latina si fondava sulla quantità, cioè sull'alternanza di sillabe lunghe o brevi, raggruppate in vari tipi di metri o piedi; nella lingua italiana invece non esistono sillabe lunghe o brevi, ed i nostri versi si basano sul ritmo creato dall'alternanza di sillabe accentate o atone. Nel tentativo di Carducci di riprodurre la metrica classica si può scorgere il carattere erudito e libresco della lirica di Carducci, la sua volontà di restaurare la poesia aulica e classicheggiante, ma anche la struggente nostalgia del poeta per il mondo antico.
NELLA PIAZZA DI SAN PETRONIO (Odi Barbare, 1877) - i versi ripropongono la METRICA BARBARA dell'esametro e del pentametro. In Carducci c'è bisogno di ritornare indietro a un passato vitale e felice, mentre il presente è pieno di malinconia. Il poeta parla di Bologna, la patria della sua maturità e della cultura, città molto vicina emotivamente al poeta. Essa è presentata in una dimensione fortemente evocativa e coloristica, testimonianza del realismo carducciano. C'è il contrasto tra il fosco, tra il color mattone e il bianco della neve. C'è poi l'immagine del sole che sta tramontando, immagine che richiama Dante (per il quale il tramonto era immagine del passato). C'è una sorta di fascinazione del mondo classico. C'è l'immagine del tempo passato. Il poeta ci dà una rievocazione quasi istantanea di Bologna medievale. Ci sono continuamente elementi coloristici. Il cielo invernale è limpido e luminoso. Questa atmosfera fa percepire il gelo a livello visivo e tattile (> realismo). Il sole che indugia sulle torri sembra sorridere. Il sorriso del sole evoca un passato diverso. Il colore è violaceo e si presenta insieme al colore fosco del mattone di Bologna. Questo susseguirsi di colori fa risvegliare "l'anima dei secoli". Con questi colori il poeta sente il risveglio del passato. Tutto ciò è un leitmotiv della poesia carducciana, mediato dalla natura o dalla città. Il passato che riemerge, primaverile e colorato, contrasta con il presente. I consoli rievocano il passato. L'immagine della danza dà un senso di vitalità, di dinamicità alla scena. L'ultimo distico si stacca dal resto della lirica: la poesia serve da termine di paragone per questi ultimi due versi. Come il poeta è malinconico nel rievocare il passato, così la sua musa dovendo far rivivere un passato così bello. Ecco quello che Pratz definisce NEO NEOCLASSICISMO di Carducci. Carducci propone un esotismo impossibile, un sogno, un "desiderio vano della bellezza antica". La musa ride cosciente di ciò. Anche in questa lirica dalla descrizione di una realtà presente prende avvio una "fantasia", che rievoca un mondo passato. C'è l'opposizione presente-passato. Il passato, sede della bellezza, della pienezza vitale e dell'eroismo, è una sorta di paradiso perduto, verso cui si protende la nostalgia del poeta, struggente e carica di mestizia proprio perchè il desiderio è "vano", quel passato è ormai irraggiungibile, scomparso per sempre, mentre l'uomo moderno è condannato a vivere nello squallore. Il lessico è aulico (latinismi). Vi è anche l'opposizione luce-ombra, calore-freddo.

MIRAMARE - in Miramare Carducci vede una sorta di rapporto tra gli eventi storici, la NEMESI STORICA, una sorta di vendetta. L'opera è dedicata a Massimiliano D'Asburgo, l'arciduca d'Austria, che aveva un castello a Miramare (Trieste). Egli doveva recarsi in Messico e riprendere dei poteri là. Viene descritto come bello e gentile. Partì per il Messico e là fu però ucciso in una sorta di VENDETTA della storia: Carlo V nel '500 aveva mandato in Messico Cortez, che aveva determinato lo sfacelo della civiltà azteca. Carducci ci presenta ciò con malinconia: Massimiliano D'Asburgo è la vittima sacrificale di questa nemesi. Appare in un immagine di sogno il vendicatore Montezuma. La moglie Carlotta muore pazza per la morte del marito: la madre di Carlo V si pensa fosse pazza (era chiamata Giovanna La Pazza). È una duplice nemesi. C'è una sorta di evoluzione e di arricchimento nel guardare al passato, individuando un rapporto tra passato colpevole e presente che espia le colpe. Questa attenzione al passato in "Rime e ritmi" è quella dell'Impero Romano, forte, potente e autoritario. È questo il Carducci che è stato strumentalizzato dal Fascismo. Carducci diventò il "vate" dell'Italia umbertina, che celebra e si identifica con le aspettative della borghesia del momento.

Esempio



  


  1. rita

    come sono raggruppati i versi ? scrivi lo schema delle rime