Andreuccio da Perugia

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Data:18.04.2007
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Testo

ANDREUCCIO DA PERUGIA
TRAMA
La novella è inserita nella seconda giornata, riservata a “chi da diverse cose infestato sia oltre la sua speranza riuscito a lieto fine”.
Il protagonista, Andreuccio, giovane e ingenuo, si trova al mercato di Napoli con una borsa contenente 500 fiorini d’oro, una grossa somma. Ingenuamente mostra i suoi averi palesemente a chiunque passi, attirando l’attenzione di una bella e malintenzionata prostituta siciliana. La donna si spaccia per sua sorella e lo convince con astuzia a fermarsi per la notte a casa sua. Andreuccio, meravigliato di tanta attenzione, ma convinto della veridicità delle affermazioni della siciliana, accetta l’invito. La sera stessa, a casa della sedicente sorella, Andreuccio compie il primo grande errore: abbandonare incustoditi i suoi denari in casa altrui. Spinto con l’inganno, il protagonista entra in un luogo buio e precipita in un chiassetto pieno di sporcizia. In questo momento subisce la prima caduta e il primo raggiro. A riprova della sua dabbenaggine, Andreuccio, una volta uscito dal chiassetto, commiserandosi, dice: “oimè lasso, in come piccol tempo ho io perduti 500 fiorini e una sorella!”, non avendo capito il tranello tesogli. Urlando e lamentandosi per la disavventura, il protagonista attira l’attenzione dei vicini della siciliana, tra cui quella di due ladri, ai quali Andreuccio spiega l’intera vicenda. I due, resisi conto dell’ingenuità di costui, decidono di sfruttarlo per i loro fini, convincendolo a prendere parte ad un furto. Costoro avevano intenzione di profanare la tomba di un arcivescovo di Napoli per sottrarre un prezioso rubino. Andreuccio accetta l’incarico ma decide di lavarsi in un pozzo vicino; viene calato dai due ladri, che lo abbandonano nel momento in cui vedono arrivare delle guardie. I gendarmi tirano su il secchio e si accorgono della presenza d’Andreuccio, alla cui vista si danno alla fuga. Egli riesce lo stesso ad uscire dal pozzo. In seguito a questa seconda e più grave caduta, il protagonista inizia il suo processo di maturazione. Riunitosi nuovamente coi due ladri, si reca alla tomba in questione. I due hanno intenzione di far entrare Andreuccio nel sepolcro, esponendolo così al rischio maggiore. Egli però, entrandovi dimostra nel suo pensiero di aver sviluppato l’ingegno: “Costoro mi ci fanno entrare per ingannarmi, perciò che, come io avrò loro ogni cosa dato, mentre che io penerò a uscir dall’arca, essi se n’andranno pe’ fatti loro e io rimarrò senza cosa alcuna.”. Nonostante queste considerazioni, il protagonista entra comunque nell’arca. I ladri, vedendo arrivare un gruppo di persone, fra le quali anche un sacerdote, richiudono la bara con Andreuccio dentro e scappano. I nuovi arrivati, anch’essi interessati al gioiello, sollevano il coperchio e uno di loro si introduce nel sepolcro. Andreuccio a questo punto afferra per una gamba il prete, il quale terrorizzato scappa a gambe levate con gli altri, lasciando la tomba aperta. Il protagonista, ”lieto oltre a quello che sperava, subito si gettò fuori e per quella via onde era venuto se ne uscì dalla chiesa”, soddisfatto di aver conquistato il tesoro beffando i ladri.

Analisi del testo
L’intera vicenda è dominata dalla fortuna, dal caso, che propone ad Andreuccio diverse peripezie. Inizialmente il protagonista è un giovane ingenuo, nulla sa del mondo, è la causa stessa delle sue disgrazie, per la sua dabbenaggine (mostra a tutti i suoi soldi) e la sua presunzione (si crede il prescelto della siciliana). Attraverso tutti gli inganni che è costretto a subire, egli svilupperà la capacità di non fidarsi, con una progressiva acquisizione degli strumenti dell’ingegno, che gli permetteranno di girare gli imprevisti a suo vantaggio.
Le tre prove a cui è sottoposto consistono in tre rovinose cadute, in luoghi sempre più bui e pericolosi; questo schema richiama i riti d’iniziazione, in cui il giovane era allontanato dalla famiglia, per essere rinchiuso in un luogo buio, costretto a superare prove anche dolorose, in un processo che simboleggiava la sua morte e successiva rinascita a nuova vita.
Questo percorso di degradazione e rigenerazione, contribuisce alla crescita di Andreuccio e lo inizia alla vita mercantile. Lo schema della novella ricalca quello dei romanzi cortesi, ma non richiede più lo sfondo delle foreste incantare per ambientare la vicenda: i quartieri malfamati di Napoli si adattano benissimo alla vicenda. Boccaccio descrive l’ambiente in modo artisticamente perfetto e storicamente esatto, con dettagliate descrizioni ambientali, basate certamente su esperienze personali.
L’autore nel descrivere i personaggi n’abbozza soltanto le fisionomie, come se fossero macchie nella notte.
A livello stilistico, Boccaccio gioca molto sul ritmo sintattico della narrazione: l’avvio è lento, simboleggia l’inesperienza d’Andreuccio, e prepara il lettore alla sorpresa e all’imprevisto che sta per verificarsi. Dopo la caduta, il ritmo delle frasi diventa incalzante, sono accumulate freneticamente azioni e pensieri. La conclusione arriva inaspettata e liberatoria e chiude ad anello la vicenda: il protagonista torna come niente fosse all’albergo da dove era partito.
La successione degli eventi è interamente dominata dal caso. Boccaccio sfrutta implicitamente l’immagine medievale della Ruota della Fortuna, che portava gli uomini molto in alto per poi farli precipitare, esattamente come avviene per le cadute di Andreuccio.
Alla fine, l’ingegno acquisito dal protagonista riesce a prevalere sugli eventi, egli ha compiuto il suo percorso di iniziazione e torna all’albergo con un bottino più importante di quello perduto in precedenza. Andreuccio comunque non è del tutto consapevole di ciò che gli accade neanche alla fine della vicenda.
Riguardo allo spazio e al tempo, si può dividere la storia in quattro parti: inizialmente le azioni si svolgono tra le strade della fiera alla luce del sole; la vicenda prosegue poi a casa di Madonna Fiordaliso (in serata) per poi tornare sulle vie della città, ma questa volta in piena notte. L’epilogo coincide non casualmente con il sorgere del nuovo sole, che illumina tutti e rasserena gli animi. Infatti, dopo essere stato tempestato da un susseguirsi di disavventure notturne, con il nuovo giorno il malcapitato riesce a ritrovare la strada per il suo albergo. E’ lì che fa ritorno con il prezioso rubino che era riuscito a rubare dopo essere astutamente uscito dal sarcofago nel quale era stato chiuso dai due ladri.
Il narratore è esterno alla storia e sta raccontando ad un gruppo di altre persone il fatto che c’è presentato. Si può tuttavia parlare di focalizzazione interna, perché adotta punti di vista e sentimenti di più personaggi.
Tra le tecniche narrative utilizzate per riprodurre pensieri e parole dei vari personaggi, distinguiamo principalmente il discorso diretto, ma tutta la storia c’è presentata indirettamente dal narratore.
Divisione in sequenze
1) vv. 4-19 : Inquadratura personaggio e descrizione narrativa ed esplicativa
2) vv. 20-84: Incontro con la siciliana e dialogo tra i due a casa della donna
3) vv. 85-128: Sequenza narrativa, descrizione della vita della donna – crea attesa
4) vv. 129-189: Dialogo fra i due
5) vv. 190-243: Primo accidente – Andreuccio cade nel chiassetto
6) vv. 244-311: Incontro con i due ladri
7) vv. 312-345: Secondo accidente – Andreuccio abbandonato nel pozzo
8) vv. 346-407: Terzo accidente – Andreuccio nella tomba. Furto del gioiello
9) vv. 408-fine: Ritorno trionfale di Andreuccio

Esempio



  


  1. Simna

    Tancredi e ghismunda analisi