Analisi del testo X Canto dell'Inferno

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Testo

ANALISI X CANTO

Nel X canto Dante e Virgilio arrivano nella citta di Dite che si trova nel VI girone, qui sono puniti gli epicurei, che non credettero nella vita ultraterrena e quindi sono morti tra i morti. Essi per la legge del contrappasso sono destinati a vedere sempre e solo il futuro senza poter sapere niente del presente, questo perché in vita pensarono solo ad esso.
II poeta, passando tra le mura di Dite e le tombe scoperchiate domanda: "La gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder? Già son levati tutt’i coperchi, e nessun guardia face " II nostro è generico, ma in realtà egli desidera vedere l'anima di Farinata degli liberti. Virgilio capisce subito Dante, e dice che questa parte del cimitero è dedicata agli epicurei; poi toma sulla domanda di Dante e fa capire che il suo desiderio sarà presto esaudito. Terminate le parole del poeta si leva una voce che chiede "O toscano che vai vivo per la città infuocata e che parli con tono onesto, fermati per piacere in questo luogo, poiché il tuo accento fa capire che provieni da quella nobile patria verso la quale io fui forse troppo molesto" Dante si gira verso la tomba dal quale è uscito il suono, ma non si allontana da Virgilio, che lo sprona « Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: de la cintola in su tutto 'I vedrai» Appare quindi questo spirito, del quale Dante nota subito la fierezza "com'avesse l'inferno a gran dispitto" Egli è Farinata degli Uberti, il più importante capo ghibellino a Firenze nel XIII secolo. Egli sconfisse i guelfi nel 1248 e. dopo il loro ritorno, fu costretto all'esilio. Riparato a Siena riorganizzò le forze e sconfisse le forze avversarie nella battaglia di
Montaperti. Successivamente i capi ghibellini si riunirono ad Empoli e decisero di radere al suolo Firenze e fu solo grazie a Farinata che la città si salvo, cosi egli tomo trionfale in Firenze, e vi mori nel 1264. Solo due anni dopo, con la Battaglia di Benevento i guelfi si ripresero
definitivamente Firenze, cacciando tutte le famiglie ghibelline. II poeta prova per Farinata, anche se suo rivale politico, un grande rispetto, derivante dall'amore che egli prova per Firenze. II ritratto che ci arriva è, quindi, quello di un uomo orgoglioso e a tratti superbo, egli è apprezzato da Dante perché nel suo lato virtuoso è un suo modello, ma non viene condiviso sul piano religioso e in parte su quello militare, il poeta accenna comunque a particolari fisici di Farinata che
contribuiscono a fame anche un ritratto della levatura morale.
Il dialogo vero e proprio inizia dal verso 42: Farinata guarda Dante un po' "sdegnoso" perché non lo riconosce e chiede infatti "Chi furono i tuoi antenati7" alla risposta del poeta, Farinata afferma che la famiglia di Dante fu fiera rivale sua dicendo la frase "Fieramente furono avversi/ a
me e a miei primi e a mia parte”, ma egli seppe farli espellere per due volte vincendoli. A questa frase Dante rispose subito: "Se li hai cacciati, essi tornarono entrambe le volte, cosa che i vostri (i ghibellini) non seppero fare"
Proprio quando Dante chiude la bocca a Farinata compare improvvisamente sulla scena una figura nuova, quella di Cavalcante dei Cavalcanti padre di Guido Cavalcanti, amico intimo di Dante. Questi emerge unicamente con la testa, e si guarda intorno, come per cercare qualcuno, e non trovandolo disse: "Se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio ov’è? E perché non o teco7" e il poeta risponde « E io a lui "Da me stesso non vengo: colui ch'attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno" » Ma c'è un punto nella risposta di Dante che sbigottisce Cavalcante, cioè che il poeta usi un passato remoto "ebbe" Cavalcante pensa che il figlio sia morto e visto che Dante esita nella risposta, ricade svenuto sparendo dalla scena. L'episodio di Cavalcante è servito, oltre che per mostrare anche un guelfo tra gli eretici, anche per dare lo spunto alla spiegazione sulle capacità profetiche dei dannati che verranno spiegate più avanti nel Canto. A questo punto Farinata riprende il discorso con Dante esclamando "Se i miei ghibellini hanno imparato male l'arte di ritornare dopo essere cacciati, ciò mi tormenta più di questo letto infernale". Successivamente Farinata con i suoi poteri divinatori avverte che non saranno passati cinquanta pleniluni che anche l'Alighieri scoprirà quanto è dura l'arte di tornare in patria e prosegue chiedendo perché i fiorentini siano cosi duri con la sua famiglia, la risposta è che tutto è dovuto al massacro di Montaperti. Farinata sospira addolorato, ma spiega che lui non fu l'unico responsabile della battaglia e che inoltre lui solo fu il difensore di Firenze dalla distruzione, quando si propose di raderla al suolo alla consulta di Empoli. II colloquio politico tra Dante e Farinata si conclude, ma il poeta non è riuscito a capire se Farinata e gli altri dannati vedano nel presente come nel futuro, dubbio che sarà risolto da Farinata con la frase "Noi, come chi ha la vista difettosa le cose" disse "vediamo finché sono nel futuro, in questo solo ancor risplende in noi la luce di Dio. Quando le cose si avvicinano o si compiono, è vano il nostro intelletto, e se altro non ci informa, non sappiamo nulla delle vicende umane". II poeta, risorta la questione, si ricorda di Cavalcante e prega Farinata di avvertire il compagno che Guido è ancora vivo. II capo ghibellino sparisce e Dante riprende il viaggio ma è turbato dalla profezia e Virgilio lo consola dicendo che deve si ricordare la profezia, ma quando sarà davanti "al dolce raggio" di colei che tutto vede, cioè di Beatrice. I due poeti si allontanano per un sentiero che scende fino al cerchio seguente.

FIGURE RETORICHE

CLIMAX
vv. 67-69
ENDIADI
v. 85 = “lo strazio e il grande scempio”
METAFORA
vv. 19-20 = “non tengo riposto / a te mio cuor”
PERIFRASI
v. 22 = “città del foco” sta a indicare l’inferno
v. 80 = “la donna che qui regge” sta a indicare la luna e la notte
v. 131 = “quella il cui bell occhio tutto vede” sta a indicare beatrice

Esempio



  


  1. lulu

    Verso 82-87 due metafore e un aggettivo riconducibili allo stesso campo semantico