analisi del sonetto "chiuso era il sol da un tenebroso velo"

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

Analisi del sonetto di Ariosto
“Chiuso era il sol da un tenebroso velo”
Tipologia A
Accertamento delle competenze
1. Analisi infratestuale
a. In questo sonetto si descrive l’improvviso mutamento delle condizioni atmosferiche di un paesaggio (riva del Po’) dovuto all’arrivo di Alessandra Benucci (donna amata da Ariosto).
b. – prima sequenza: vv. 1-4 (descrittiva) “ paesaggio cupo iniziale”
– seconda sequenza: vv.5-11 (narrativa) “arrivo dell’amata”
– terza sequenza: vv.12-14 (descrittiva) “mutamento completo”

Lo schema del sonetto è ABBA, ABBA, CDE, EDC (B e D sono assonanti, A e D consonanti).
E’ composto da due quartine e due terzine (schema standard di questo genere di composizione)
I versi sono endecasillabi e le rime sono incrociate nelle quartine e invertite nelle terzine.
La prima sequenza mette in risalto l’atmosfera fosca, turbante, inquietante prodotta dalle pessime condizioni meteorologiche. Infatti il sole è coperto dalle nubi, che oltretutto offuscano l’intero cielo, e poi c’è il vento che si fa sentire scuotendo le fronde degli alberi e i tuoni che preannunciano un forte temporale.
Anche se la donna è l’elemento miracoloso grazie al quale “la tempesta si placa”, il vero protagonista sembra essere proprio il paesaggio, caratterizzato da un’autosufficienza descrittiva e narrativa che si impone così sulle altre cose: questa peculiarità è tipica del ‘500 sia italiano che internazionale e abbraccia anche altri campi come quello artistico (La tempesta di Giorgine).
Il primo verso è in netta contrapposizione con quello 9-10: il rapporto è tenebre-luce. Infatti all’inizio c’è il cielo oscurato dalle nubi, mentre in seguito troviamo l’apparizione dell’amata, e ciò avviene grazie alla luce (il lume) dei suoi occhi che pervade e vince il buio precedente.
Ariosto si basò su Properzio, Orazio, Catullo, Tibullo, Ovidio e Virgilio, prendendo ad esempio nello specifico caso di questo sonetto il mito di Leandro ed Ero.
Il passaggio dalla prima sequenza alla seconda si evince dal cambiamento di azione: dalla descrizione della scena iniziale si passa al fatto principale (il passaggio del fiume in burrasca).
Invece lo stacco dalla seconda alla terza è evidenziato dal rapporto causa-effetto: l’apparizione della donna (causa) e il tempo che ritorna sereno (effetto).
Gli occhi della donna, emanando luce, vincono l’oscurità delle nubi e riportano bel tempo.
Lo spazio ha la funzione importantissima di collocare la vicenda (il mutamento avviene infatti a livello spaziale, non della persona).
Questo però si trova in una doppia relazione con il tempo; all’inizio il tempo indica la continuità della tempesta (l’uso dell’imperfetto), mentre alla fine la percettività della calma (l’uso del passato remoto).
Nei versi 3-4 è presente un’allitterazione.
Questi elementi sono tra loro in un rapporto di armonia. Infatti nel Rinascimento c’è l’ideale del “Concentus”: niente e nessuno è protagonista, ma ogni cosa è indispensabile e viene così inserita in un quadro generale formato da tutti questi elementi che si amalgamano insieme.
2. Analisi interstestuale interna
Quest’opera di Ariosto ha sicuramente dei punti in comune con molti suoi altri componimenti.
Naturalmente il primo per importanza è il suo capolavoro, l’ “Orlando Furioso”. Infatti il pilastro portante della storia è la pazzia di Orlando, ma da cosa questa nasce? Naturalmente dall’amore per una donna. Nel sonetto è vero che l’apparizione femminile opera un mutamento del paesaggio, ma è altresì certo che il paesaggio è lo specchio dello stato d’animo dell’autore.
Nelle altre opere di Ludovico le analogie sono in minor numero e sicuramente meno facilmente individuabili, vista la vastità di temi trattati. Comunque è possibile riscontrarne alcune, anche interpretando. Ad esempio nel madrigale “fingon costoro che parlan de la morte” la bellezza della donna fa apparire la morte come la somma delle felicità. Nella prima satira invece, cercando di evincere delle conseguenze, possiamo intuire come il poeta, abbandonato anche dal suo stesso protettore Ippolito d’Este, invochi l’aiuto del fratello Alessandro e dell’amico Ludovico Da Bagno, ma sa bene che perfino questi a causa della “norma dell’adulazione” non possono aiutarlo. E’ chiaro che a quel punto l’unica consolazione è il pensiero rivolto all’amata: così la donna viene ad assumere la caratteristica di “solacium”.
3. Analisi intertestuale esterna
E’ evidente che in tutto il sonetto lo stato d’animo del protagonista coincide con il tempo. Però questo è particolarmente evidente nei versi 1-4 e 12-14.
Nella poesia contemporanea ad Ariosto, quindi del Rinascimento vero e proprio, si possono rintracciare varie interpretazioni della natura che spaziano praticamente in tutte le discipline principali.
Ad esempio Iacopo Sannazaro che descrisse il paesaggio dell’Arcadia, regione del Peloponneso divenuta mitica. Qui la natura è sinonimo di pace, tranquillità e purezza. Poi c’è Poliziano che nella canzone “I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino” ci narra di come una ragazza, parlando ad alcune compagne, descriva un giardino di fiori a metà maggio, soffermandosi sulle rose, alcune in boccio, altre in fiore, altre ancora appassite. La rosa qui rappresenta la bellezza femminile. Invece nella ballata “Ben venga Maggio” è presente un’esaltazione della primavera, simbolo di rinascita e di amore. In molti aspetti quest’ultimo componimento può essere accostato alla “canzona di Bacco” di Lorenzo dei Medici, soprattutto in relazione alla celebrazioni festive relative alle varie stagioni, in cui è l’amore a farla da padrone (anche come risposta alla caducità della vita). Sempre in Poliziano poi troviamo ne “l’inseguimento della cerva, l’apparizione di Simonetta” la metamorfosi di una cerva bianca nella donna amata .
Anche in campo artistico non mancano composizioni che hanno come tema centrale la natura.
Le figure femminili e i paesaggi primaverili di Poliziano hanno infatti stretti rapporti con la rappresentazione degli stessi temi in Botticelli (soprattutto la stilizzazione è molto simile). Nella
“primavavera” di B. è presente il topos del giardino, in cui è ambientata una scena mitologica.
Nella “Nascita di Venere” è palesemente evidente come tutto sia collegato agli eventi naturali: la dea, emersa dalle onde del mare, è spinta a terra dai venti sopra una conchiglia.
In seguito si trovano altri autori, come Giorgione, autore della “tempesta” (sopra riportata), in cui la natura diventa soggetto. In questo quadro per esempio il paesaggio arcadico costituito da alberi e figure umane posti ai lati, mentre il cielo e le acque o comunque il distanziamento spaziale occupano il centro del quadro.
Infine il più grande studioso umanistico-rinascimentale della natura: Leonardo da Vinci (“omo sanza lettere”, ma studioso della natura e dell’esperienza).
La sua “gioconda” rappresenta la perfetta fusione tra uomo e natura.
Argan diceva: “Non è un paesaggio veduto, né un paesaggio fantastico: è l’immagine della natura naturans (natura generante), del farsi e disfarsi della materia, dallo stato solido al liquido, all’atmosferico; la figura non è più l’opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolversi.”

Pica Udrivolf II C

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