A Zacinto di Foscolo: commeno alla poesia

Materie:Altro
Categoria:Italiano

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Testo

Traldi Giorgio 2° Gs

“ A Zacinto”

PARAFRASI

Non toccherт mai piщ le tue rive sacre
Dove si adagiт il mio corpo di bambino,
o mia Zacinto, che ti specchi nelle onde
Del mare greco da cui nacque la vergine

Venere, e ella rese feconde queste isole
Con il suo primo sorriso cosм che descrisse
Le tue limpide nuvole e i tuoi alberi
Il verso illustre di colui che cantт

Le navigazioni di Ulisse volute dal destino
E il vario esilio per cui infine Ulisse reso bello
Dalla fame e dalla sventura baciт la sua Itaca petrosa

O mia terra materna,
tu non avrai altro che la poesia del figlio
A me il fato impose una sepoltura senza lacrime

Metro: sonetto costituito da quartine a rima alternata (ABAB, ABAB) e da terzine a rima invertita (CDE, CED).

Analisi:

Il sonetto si divide in due periodi sintattici, dove nella prima parte il poeta и colto dai ricordi e da malinconiche immagini mitiche, che si contrappongono all’amara realtа dell’ultima terzina, dove il poeta ammette il suo triste destino lontano dalla patria.
Nella poesia ricorrono alcuni temi e immagini particolari: in primo luogo l’immagine di Zacinto, la patria del poeta, al quale questi riferisce le “sacre sponde”, “le limpide nubi”, le “fronde” il vocativo “o materna terra mia” e il verbo “specchiarsi”; immagine questa che costituisce il cuore attorno al quale si sviluppa l’intero sonetto, e che quindi compare dalla prima all’ultima strofa.
Collega invece per inarcatura le prime due strofe l’immagine di Venere, a cui alludono gli elementi “vergine” e “sorriso”, e i verbi “nascere” e “fare fecondo”. Ad essa si collega una terza immagine, quella del mito di Ulisse, che, “bello di fama e di sventura”, ”baciт la sua petrosa Itaca”; immagine, questa, presente nella terza strofa del sonetto.
L’immagine del poeta, strettamente collegata al tema dell’esilio, compare poi nella prima e nell’ultima strofa, ed ha come elementi referenziali il “corpo fanciulletto”, il “figlio”, e i verbi “toccare” e “giacere”. Questi termini, inoltre, assieme all’aggettivo “materna”, potrebbero suscitare un’ulteriore immagine, quella della madre di Foscolo, e del rapporto che con lei ha instaurato il poeta. Il verbo “toccare” sembra, infatti, rimandare al contatto che una madre stabilisce con il figlio, e le immagini “figlio” e “fanciulletto” evocano poi il periodo dell’infanzia, in cui questo legame и generalmente, particolarmente forte.
Le strofe caratterizzate dalla descrizione di Venere e di Ulisse, collegate quindi al mito, creano una particolare atmosfera di luce, bellezza e feconditа che si contrappone a quella suscitata dal tema dell’esilio del poeta e dalla sua visione di Zacinto, atmosfera questa di oscuritа e di dolore, creata anche dall’uso ripetuto di termini assoluti e pessimistici (come “nй”, ”piщ”, “mai”, “non altro che”, “illacrimata”…), che esprime inoltre la concezione che il poeta ha probabilmente di sй, si vede come una persona fredda, buia vuota, ricca solamente della sua poesia.
Fra gli altri temi che troviamo emergono poi l’esilio e l’amor di patria, comuni al poeta e all’eroe omerico da lui citato, ma con esiti diversi: a differenza dell’eroe classico, infatti, l’uomo romantico, impersonato da Foscolo, и destinato ad un esito infelice, ed il suo eroismo consiste proprio nell’accettare con orgoglio la propria sorte. In questo caso l’autore deve accettare la sua condizione di esilio, inteso non solo come separazione fisica, ma anche come lontananza dagli affetti familiari.
Nella descrizione della florida terra natia ricorre spesso anche il tema dell’acqua, simbolo di vita e di feconditа, che si collega per contrapposizione all’immagine di dolore della” illacrimata sepoltura” nell’ultima strofa, dove invece la mancanza d’acqua, in questo caso le lacrime, rappresenta la fine solitaria del poeta, lontano dall’amore della famiglia.
Nell’ultima strofa, inoltre, anche la parola “canto” rimanda al periodo precedente, ed esprime la missione poetica che Foscolo si riconosce, che permetterа alla sua terra di avere l’unico ricordo dei suoi testi poetici.

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