A Zacinto (Ugo Foscolo)

Materie:Tema
Categoria:Italiano

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Testo

A Zacinto
INTRODUZIONE
A Zacinto è una poesia di Ugo Foscolo, noto poeta vissuto tra il 1778 ed il 1827, tratta dai Sonetti, una raccolta di dodici componimenti pubblicati a Milano nel 1803.
PARAFRASI
Non tornerò mai più alle rive dell'isola dove ho vissuto bambino, mia cara Zacinto, che ti specchi nell’acqua del mare greco da cui nacque vergine Venere, e con il suo primo sorriso fece fertili quelle isole; in questo modo non trascurò di esaltare tue limpide e trasparenti nubi e la tua vegetazione la poesia di Omero, che narrò il viaggio attraverso i mari di Ulisse, a causa del suo esilio voluto dal Fato, per il quale egli, reso famoso e nobile dalle proprie sventure, tornò alla sua rocciosa isola di Itaca.
Cara terra natale, tu non avrai altro che il canto del tuo figlio; a me il destino ha imposto la sepoltura in terra straniera lontana dal pianto dei cari.
LIVELLO TEMATICO
Il tema del sonetto verte sulla precarietà della condizione di esule e sul sentimento nostalgico nei confronti di una piccola isola del mar Ionio, dove il poeta è nato. Il nocciolo della poesia è l'amore per la patria, lontana e irraggiungibile. E la triplice negazione iniziale esprime per l'appunto la convinzione del poeta di non poter farvi più ritorno.
Nella poesia ricorrono alcuni argomenti e immagini particolari: in primo luogo l’immagine di Zante, la terra natia del poeta, al quale questi riferisce le “sacre sponde”, “le limpide nubi”, le “fronde”, il vocativo “o materna terra mia” e il verbo “specchiarsi”; immagine questa che costituisce il cuore attorno al quale si sviluppa l’intero sonetto, e che quindi compare dalla prima all’ultima strofa.
Collega invece alle prime due strofe l’immagine di Venere, a cui alludono gli elementi “vergine” e “sorriso”, e i verbi “nascere” e “fare fecondo”. Ad essa si collega una terza immagine, quella del mito di Ulisse, che, “bello di fama e di sventura”, ”baciò la sua petrosa Itaca”; immagine, questa, presente nella terza strofa del sonetto.
Fra gli altri temi che troviamo emergono poi l’esilio e l’amor di patria, comuni al poeta e all’eroe omerico da lui citato, ma con esiti diversi: a differenza dell’eroe classico, infatti, l’uomo romantico, impersonato da Foscolo, è destinato ad un esito infelice, ed il suo eroismo consiste proprio nell’accettare con orgoglio la propria sorte. In questo caso l’autore deve accettare la sua condizione di esilio, inteso non solo come separazione fisica, ma anche come lontananza dagli affetti familiari. Un altro, in comune con un’altra opera di questo poeta, cioè “Alla Sera”, è quello della natura dell’isola, comparata con le “nubi estive” e “gli zeffiri sereni”.
Il campo semantico principale è polisemico, in quanto comprende più significati, e corrisponde a quello dell’acqua, infatti i cinque personaggi di Foscolo hanno tutti qualcosa in comune con questa. Ad esempio:
- Zacinto, patria del poeta, è un’isola circondata dal mare;
- Venere, simbolo di vita e fertilità, che secondo il mito nasce dall’acqua circostante l’isola;
- Ulisse, costretto dal Fato a vagare per anni nel Mar Mediterraneo, e collegato direttamente al tema dell’esilio;
- Omero, in quanto autore dell’Odissea, che riporta i fatti precedentemente scritti su questa lista;
- Foscolo, lo stesso autore, che morendo in Inghilterra considera l’acqua come elemento separatore dalla propria patria.
LIVELLO METRICO
Il sonetto si divide in due periodi sintattici, dove nella prima parte il poeta è colto dai ricordi e da malinconiche immagini mitiche, che si contrappongono all’amara realtà dell’ultima terzina, dove egli ammette il suo triste destino lontano dalla patria. Per quanto detto questa strofa è collegata alla prima.
La composizione è tipica del sonetto, con due quartine e due terzine per un totale di quattordici versi, ma dal punto di vista strutturale differente, in quanto il primo periodo è ampio e occupa le prime tre strofe, mentre l’ultimo, più corto, è di soli tre versi. Le rime alternate nelle prime due quartine (ABAB ABAB) ed invertite nelle due terzine (CDE CED). La poesia è inoltre ricca di allitterazioni consonantiche come c, l, ed f e suoni vocalici come e, i (suoni chiari) ed o (suono scuro).
LIVELLO SINTATTICO
Il sonetto ha un lungo periodo ipotattico che abbraccia le due quartine e la prima terzina, mentre l'ultima ha due periodi paratattici. Il primo periodo sintattico ha un andamento sinuoso e veloce, evidenziato dal susseguirsi di proposizioni relative in serie, Il sonetto nella sua ultima terzina riprende il percorso, lentamente, per finire il senso drammatico espresso nei primi due versi. Per quanto riguarda i tempi verbali, quello più utilizzato da Foscolo è il passato remoto, evidente soprattutto nella parte centrale del sonetto, dove egli parla del mito di Ulisse. Invece nel primo e dodicesimo verso sono presenti verbi al futuro abbinati ad avverbi di negazione, onde indicare la malinconica visione della vita del poeta.

LIVELLO LESSICALE
Le parole chiave del sonetto sono tutte quelle che contengono la parola onde, ovvero sponde, onde, feconde e fronde, che indicano la fertilità di Venere, portatrice di vita. Altre sono giacque, nacque, tacque, nelle quali è racchiusa la parola acque, che richiama al poeta le sventure di Ulisse nel Mediterraneo. Nomi in prevalenza concreti esprimono dolore reale da parte di Foscolo, simboleggiando un attaccamento dell’autore verso le cose materiali come l’isola in cui è nato, contrapposti a quelli astratti, indici dell’esilio dalla patria.
FIGURE RETORICHE
In questo sonetto sono presenti diverse figure retoriche:
- due apostrofi (Zacinto mia, o materna mia terra)
- svariati enjambements, come quello forte presente tra il terzo e il quarto verso, consistente nella separazione tra il soggetto e la sua specificazione
- due perifrasi, cioè “greco mar”, riferito all’Egeo, e “di colui che l’acque cantò fatali”, ovvero Omero
- una litote (non tacque)
- diverse anastrofi, tra le quali la più evidente si trova nel primo verso dell’ultima terzina (tu non altro che il canto avrai del figlio)

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