"La Sera Fiesolana" di Gabriele D'Annunzio

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Testo

“La Sera Fiesolana”

La poesia è tratta dall’Alcycone, il terzo e più importante dei libri delle Laudi.
I motivi ispiratori della lirica sono due: il primo è l’intenzione del poeta d’incantare la donna amata (Eleonora Duse) descrivendole, con accenti lirici, il magico spettacolo che sa offrire la sera quando scende sulle colline fiesolane; il secondo è la volontà di riprodurre poeticamente lo splendido paesaggio di Fiesole (una località toscana), immerso nel candore lunare del crepuscolo, con le sue colline, i mille profumi, la pioggia di giugno.

Il tema delle prime due strofe della poesia è la personificazione della sera, vista come una creatura mitica; il tema della terza strofa è invece l’avvicinamento tra la natura e l’uomo in quanto la prima, sempre misteriosa ed inesplorata, sembra aprirsi alla comprensione umana svelando i suoi segreti.

Il poeta in una sera di giugno, sulle colline dello splendido paesaggio di Fiesole, si lascia incantare dalla serenità del crepuscolo, dalla bellezza del cielo illuminato dalla luna che sta sorgendo, dal profumo della rugiada sulla campagna, dalla pioggia che bagna la vegetazione (gelsi, olmi, viti, pini, ulivi) segnando il passaggio dalla primavera all’estate. Il poeta, nella speranza che la descrizione di questa dolce sera fiesolana possa generare delle piacevoli sensazioni nella donna amata ed ispirato da questa magica atmosfera, s’immerge nella natura che sembra intenzionata a svelare i propri arcani segreti.

La lirica e costituita da tre strofe intervallate da una breve “laude” alla sera; ogni strofa e formata da quattordici versi di varia misura, rima e ritmo.

La poesia, da un punto di vista sintattico, è caratterizzata dalla musicalità dei suoni e dal fluire delle immagini, sovente leggere ed evanescenti.

Spiega la metafora contenuta nei primi tre versi della poesia.
Nei primi tre versi il poeta si augura che le sue parole possano suscitare di frescura come le foglie del gelso danno al contadino quando le raccoglie all’imbrunire.

Le allitterazioni dei primi due versi sono relative alla ripetizione della consonante s (“fresche”, “sera”, “sien”,) e della lettera f ( ‘ “foglie”), che rende il secondo verso onomatopeico.

Tra gli enjambements contenuti nella poesia, che hanno lo scopo di produrre una più intensa fluidità ritmica, modificando la rigida e monotona scansione dei versi, citiamo: “ne la sera / ti sien”, “coglie / silenzioso”, “soglie / cèrule”, “reami / d’amor”, “fonti / eterne”, “novelle / consciatrici”.

La sera viene personificata con il ricorso ad espressioni che la descrivono come se avesse un “viso di perla”, “grandi umidi occhi” e le “vesti aulenti”.

I versi che ricordano il Cantico delle Creature del santo di Gubbio sono quelli delle brevi “laudi” che intervallano le strofe e che cominciano con “Laudata sii”, che ricordano l’espressione con cui Francesco si rivolge al Signore (“Laudato sie... “). L’allusione di Francesco alla morte, nei versi conclusivi del suo Cantico, riecheggia nei tre versi che chiudono la poesia di D’Annunzio: “Laudata sii per la tua pura morte, / o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare / le prime stelle!”.

Tra le poesia nel terzo libro delle Laudi, l’Alcyone, si ricordano soprattutto “La Pioggia nel Pineto” , “Undulna” e “I Pastori”.

La parola poetica diventa mezzo per produrre molteplici risonanze e stimolare nuovi richiami. E’ la poesia che dà la voce all’anima ed alle cose, creando un’atmosfera d’incanto e di dolce rapimento ed instaurando una completa fusione con la natura. In Quest’ultimo caso abbiamo il cosiddetto sentimento “panico”, da Pan, il mitico Dio Greco dei campi (della natura). Tutto ciò ci fa capire che la parola viene impiegata da D’Annunzio non solo per i suoi significati, quanto soprattutto per il suo valore fonico e per i caratteri allusivi e simbolici di cui si carica. Insomma la parola poetica viene piegata dal virtuosismo di D’Annunzio alle esigenze di espressività e di artificiosità che sono le componenti essenziali della sua arte.

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