La Cina

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Testo

La Cina ha sempre avuto uno Stato e un’economia socialista fin dal 1917, quando si diffusero per la prima volta nell’ex Unione Sovietica, le idee di Karl Marx. Le caratteristiche principali del socialismo o totalitarismo sono: uno l’appartenenza dei mezzi di produzione (fabbriche, macchinari, terreni, capitali in generale) è attribuita allo Stato; due, è lo stato che, attraverso la pianificazione centrale, decide che cosa quanto dove e come produrre.

- Com’è avvenuto il passaggio ad una difesa della proprietà e dei diritti umani?
Beh, questo passaggio è stato molto tortuoso, considerando che fino a metà 2004 la Cina era il più importante Stato Socialista. Anche se, mentre continuava a negare le libertà ai cittadini, dal punto di vista economico si stava aprendo all’inizio economica privata, ma dal 5 maggio 2004 la Cina cambia la sua Costituzione sulla proprietà e sui diritti umani.
Infatti, proprio in quel giorno, iniziava l’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP), cioè il parlamento cinese che si riunisce una volta l’anno.Nel programma, vi è quello che tutti attendono, cioè alcuni cambiamenti costituzionali. La nuova leadership istallatasi l’anno precedente, aveva già fatto approvare dei cambiamenti che portavano alla protezione della proprietà privata e dei diritti umani. Questo “cambiamento” verso l’inizio, non ha avuto vita facile, anche perché in molti di loro vi era ancora una forte mentalità maoista, che non accetta tutti i cambiamenti voluti dalla Cina. Attuare questi cambiamenti sarebbe significato annullare tutto il percorso svolto dal paese sotto il dominio di Mao Zedong.Soprattutto il Partito Comunista Cinese aveva paura della crescita di un altro potere, oltre al suo, proprio a causa di questa eccessiva libertà.

- Quindi ci fu anche un cambiamento nell’ANP?
Ci fu solo un cambiamento, cioè l’inserimento della teoria delle tre rappresentanze, secondo cui il Partito deve diventare rappresentante della classe imprenditoriale, con questo si dovrebbe facilitare un’alleanza tra potere politico ed economico.

- Nelle “nuove” leggi ci sono stati quindi cambiamenti radicali?
Forse ci sono stati più cambiamenti nella difesa della proprietà privata, perché ormai era diventata una necessità interna. La continua crescita economica e della ricchezza nelle mani dello stato, ha fatto emergere una classe imprenditoriale statale basata sulla corruzione, sulla distruzione di case, requisizione di terreni, senza alcun compenso, sia nella città e nella campagna. Così contadini e cittadini si rivolgono a tribunali, ma la mancanza di leggi precise fa sì che le vittime sono rese impotenti.Proprio a causa di questo trambusto molte persone tentarono il suicidio o si diedero fuoco nelle piazze.
Sul fronte dei diritti umani la Cina ha, per molto tempo, difeso solo i diritti di sussistenza: mangiare, vestire e abitare. Troviamo nel ’99 l’unica “legge” cambiata che sono la Convezioni dell’ONU, ma finora non è in atto alcun cambiamento radicale, sarà tutto da verificare in futuro, quando i diritti umani saranno rispettati dalle leggi.
In più non vi sono stati cambiamenti particolari nella libertà religiosa o nel diritto d’assemblea sindacale. Infatti, in Cina hanno diritto d’esistenza solo i sindacati sotto l’egida governativa e ai fedeli è permesso il culto solo in strutture autorizzate e con personale registrato dall’Ufficio Affari Religiosi.
In ogni modo molti analisti pensano che finché non vi sarà democrazia in Cina, la proprietà privata e i diritti umani rischieranno di essere sottomessi dal partito e per nulla “rispettati”.

- L’Italia e la Cina hanno avuto collaborazioni o ce ne sono in progetto?
Io penso che l’Italia voglia essere più presente in Cina in modo da rendere più attivi i loro rapporti e con più coerenza. Vi sono certamente le premesse perché questo desiderio di collaborazione si traduca in nuovi progetti e iniziative concrete. La prossima coesione con questo paese, renderà più attiva efficace e produttiva, l’affermazione d’ogni impresa in ogni settore. Il 2006 sarà molto importante poiché sarà l’anno dell’Italia in Cina e della presenza in Cina di grandi imprenditori italiani.

- Che cosa succede nel settore dei beni d’investimento?
Sicuramente l’industria italiana offre macchinari molto tecnologici e a basso consumo energetico e di materie prime. In questo settore non si parte da zero, anche se la bilancia commerciale con la Cina è in disavanzo, le esportazioni crescono. Naturalmente fra Cina e Italia il rapporto in questo settore va costruito con pazienza. Occorre quindi incrementare le nostre esportazioni e i nostri investimenti.

- Mi potresti illustrare l’economia reale della Cina e i suoi mercati finanziari?
Beh nonostante le misure mirate a rallentare l’attività economica per limitare il rischio di surriscaldamento dell’economia, il ritmo della crescita è rimasto in ogni caso robusto. La previsione per il biennio 2005-06 indica una crescita più moderata rispetto al 2004 ma comunque sostenuta. Le misure restrittive hanno puntato a rallentare la crescita degli investimenti, con particolare riferimento ai settori giudicati a rischio come quello immobiliare, quello dell’acciaio, dell’alluminio e delle costruzioni.
Per quanto riguarda i mercati finanziari, le prime misure restrittive adottate sono state rivolte dalla Banca Centrale, nel giugno del 2003, con raccomandazioni perché limitassero la concessione di credito a rischio di surriscaldamento. A fine 2003 la PboC (People’s Bank of Cina) ha intensificato la supervisione sull’attività creditizia delle banche. In pratica nei mercati finanziari è in flessione il tasso di crescita degli aggregati monetari, grazie anche alle operazioni di mercato aperto dalla Banca Centrale.

- Perché la Cina deve avere queste limitazioni?
Devi capire che l’assenza di limiti che caratterizza il nuovo regime ha sollevato da parte di molti paesi, sia industrializzati sia emergenti, il timore circa la posizione che potrebbe assumere la Cina sui mercati internazionali. Se i primi temono un’invasione sui mercati interni di prodotti cinesi, i paesi produttoritemono la perdita di quote di mercato a favore della Cina.Questo è successo particolarmente all’export di tessili, dove la Cina ha deciso di limitarlo. Tutti questi limiti dovrebbero incentivare la produzione di tessili di più elevata qualità. Si tratta, infatti, di un’imposta sulle quantità esportate e non sul valore.
Anche se sembra strano, l’hanno fatto per migliorare l’economia del proprio paese. Infatti, nel Congresso Nazionale del Popolo, avvenuto nel 2004, il Partito Comunista Cinese (PCC), ha tracciato le linee di politica economica del Paese per il 2005.Oltre a ribadire con fermezza la necessità di rallentare la crescita, il premier ha sottolineato l’importanza di modificare i driver della crescita stessa. Il richiamo si è tradotto nella necessità di contenere gli investimenti, specialmente nei settori surriscaldati, e stimolare i consumi, per accrescere il peso della domanda interna. L’accento è stato, inoltre, posto sull’opportunità di adottare una maggiore prudenza nella gestione della politica monetaria, per salvaguardare la stabilità del sistema bancario e fiscale, dopo anni di massicci interventi espansivi.

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