L'amore - storia e poesie

Materie:Tesina
Categoria:Interdisciplinare

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Testo

L’amore: il sommo governatore dell’uomo
BREVE STORIA
L’amore, per definizione, è un rapporto e come tale necessita di due termini: l’amante e l’amato. Il legante del rapporto è il desiderio dell’oggetto amato.
Il desiderio presuppone che l’oggetto desiderato sia un bene per chi lo desidera e implica la mancanza e il bisogno dell’oggetto stesso, dal momento che non si può desiderare ciò che si possiede. La realizzazione del desiderio potrebbe distruggere l’amore.
Nell’Antica Grecia la mitologia personificava la forza cosmica genitrice e reggitrice dell’universo nell’amore, considerato un dio (Eros). Tuttavia il matrimonio era privo di contenuti erotici e il suo unico scopo era la procreazione. Le donne erano escluse dalla vita sociale e persino all’interno delle mura domestiche erano ritenute inferiori.
La Grecia diede i natali all’autore del Simposio. Platone, nella sua opera, enunciò il suo famoso mito delle origini del genere umano e dell’ apparizione del “sesso” e dell’ “amore”. Prima degli uomini e delle donne, c’erano esseri perfetti e completi perché partecipavano alla doppia natura di uomo e donna. Non si trattava di esseri androgeni soltanto, come si potrebbe supporre, ma di esseri doppi al maschile e al femminile. Questi esseri primordiali si sentivano così perfetti da ritenersi uguali agli Dei. Da presuntuosi divennero arroganti fino al punto di tentare la scalata al cielo, per assalire gli Dei. Zeus decise di passare alle maniere forti e di affibbiare loro una punizione esemplare. Li tagliò in due, maschio e femmina, e le metà così ottenute furono da quel momento condannate a cercarsi eternamente nella vana speranza di tornare gli esseri perfetti e completi che erano prima. Con il taglio nacque la divisione del genere umano in due sessi e sorse la nostalgica aspirazione all’unione che chiamiamo eros o amore.
Se alla mogli greche era assegnato un ruolo procreativo, l’eros a chi si rivolgeva?
A quanto pare l’amore considerato più grande era quella particolare forma di omosessualità chiamata pederastia (da pais : ragazzo e eros: amore), cioè l’amore di un adulto per un adolescente. Gli uomini avevano intense relazioni amorose con giovani tra i 13 e i 17 anni. Questo tipo di omosessualità non era soltanto tollerata dalla società (ad Atene e Sparta) ma anche stimata ed apprezzata come eros pedagogico, dal momento che il rapporto tra il giovane e l’adulto era disinteressato.
Anche Pindaro metteva la pederastia al di sopra di qualsiasi altra forma d’amore (compreso l’amore eterosessuale). Naturalmente c’era anche l’aspetto infimo e degradato della cosa e, infatti, i bordelli dei giovani prostituti prosperavano attraverso la vendita degli schiavi. Curiosamente il bell’adolescente Fedone di Elis, l’interlocutore di Socrate nell’insuperabile dialogo sull’immortalità dell’anima, era stato un giovane prostituto che Socrate aveva riscattato col versamento di una somma di denaro. Neanche l’omosessualità femminile era osteggiata dai greci. Saffo, nata a Ereos in Lesbo, ne sarebbe stata (uso il condizionale perché qualche storico ne dubita) la grandissima poetessa al punto che, da allora, l’amore tra donne fu chiamato, in suo onore, “amore lesbico”. Ciò non deve far pensare che l’amore eterosessuale fosse disprezzato dai Greci e di questo ne è conferma il fatto che gli uomini delle classi superiori (filosofi, artisti, statisti) intrecciavano relazioni amorose con le “etere”, donne libere, indipendenti, colte, belle e intelligenti. Esse, a differenza delle mogli, godevano di alta stima sociale e mantenevano un elevato tenore di vita. Allo stesso modo della pederastia, il rapporto con le etere era molto esaltato sia per l’intensità erotica sia per la pienezza spirituale che se ne traeva.
Aristotele, invece, non considera l’amore in modo metafisico o teologico: poiché l’amore implica un bisogno e una mancanza, esso è un fenomeno esclusivamente umano. Dio, per il filosofo, è atto puro e come tale non è affetto da nessuna mancanza, ragion per cui non può avere desideri e non può amare. Egli muove tutte le cose non per amore ma come “oggetto d’amore”.
Questo concetto venne poi rovesciato dal cristianesimo, per il quale l’amore è perfezione dell’essere: Deus caritas est. Dio crea per un atto d’amore e Cristo redime l’umanità per amore verso di essa. Anche il nome dello stesso amore muta da eros a agape e Agostino introduce il concetto di amore nella stessa essenza divina. Dio è amore e l’amore che tra gli uomini ne discende è rivelazione di dio alla coscienza degli uomini. Questa visione dell’amore influenzerà quella dei secoli successivi e solo nei secoli XVI e XVII si ritrovò la nozione dell’amore come forza cosmica immanente a tutti gli esseri. L’empirismo svincolò l’amore dalla metafisica e dalla teologia. Le influenze dell’empirismo e del razionalismo crearono una visione dell’amore legata al mondo umano e terreno. Spinosa ripristinò la posizione metafisica dell’amore che da alcuni romantici fu considerato il sentimento dell’unità cosmica e assunse colorazioni mistiche.
Questa visione positiva dell’amore si negativizzò nel pessimismo di Schopenhauer che fece dell’amore sessuale il mezzo di cui la volontà si vale per perpetuare la specie e dell’amore puro la compassione per i mali del mondo legati alla volontà di vivere. Il positivismo si interessò dell’amore soltanto come fenomeno sociale negando ogni sua possibile validità metafisica. Tra tutti gli studiosi dei vari secoli, non si può non citare Freud che compì importanti lavori pionieristici sull’amore e sulla sessualità. Egli vide nell’istinto sessuale la forza motrice dell’intera vita fisica e psichica. Lo spiritualismo francese sviluppò invece una concezione diametralmente opposta a quella di Freud. Per Sartre l’amore fu, invece, tentativo di fusione tra l’io e l’altro, intesi entrambi come totalità e soggetti assoluti. L’interpretazione del significato dell’amore fu profondamente mutata dalle idee di Carlo Marx che, intorno agli anni ’60, rivendicò la libertà dell’amore e della sessualità contro le repressioni tipiche della società borghese. A tali rivendicazioni si ispirarono i movimenti giovanili di protesta e il femminismo, le cui conquiste sociali hanno profondamente modificato il modo di concepire l’amore.
Se confrontiamo dunque la nostra visione dell’amore e del sesso con quella degli altri secoli, ci rendiamo facilmente conto che esse sono molto diverse ma tuttavia non credo si possa affermare che il modo di vivere l’amore altrove o in altro tempo fosse più rozzo o arretrato rispetto il nostro, in quanto vi era un’organizzazione socioculturale completamente diversa dalla nostra. Se poi estendiamo il confronto alle civiltà cosiddette primitive, ancora esistenti, scopriamo che nella maggior parte di tali società vige per la sessualità maggiore tolleranza. Per esempio, tra i Kazak (Asia centrale) e tra gli Yakouti (Siberia), i genitori masturbano i figli per calmarli. In altri casi, come tra gli Ottentotti Nama (Africa) e presso la società polinesiana di Tikopia la masturbazione dei giovani di entrambi i sessi è autorizzata. A parte il tabù dell’incesto, in generale gli adolescenti subiscono poche restrizioni sessuali: spesso sono ammessi giochi sessuali a imitazione di quelli praticati dagli adulti. Così è per i Carabi, per gli Arunta (Australia), per i Masai (Africa) e per le popolazioni delle isole Trobriand (Oceano Pacifico).
L’unico fattor comune ed essenziale che da sempre non cambia è il desiderio e il bisogno dell’uomo di essere felice. i
Dopo aver brevemente trattato il tema dell’amore nei vari periodi storici, riporto una serie di poesie in traduzione italiana, a mio parere emblematiche ai fini della comprensione del significato dell’amore nei vari momenti della storia dell’uomo:
Anonimo egiziano XVI-XI sec a.C.
Così breve è il nostro
cammino in questo sogno.
Il mondo di una rosa.
Ma noi lo rendiamo
immenso
con soste di lunghi dolci baci
sulle foglie aperte.
Dagli inni di Athàrvaveda VI sec a.C.
Come un albero si avvolge
la liana da ogni lato
così abbracciami in modo
che tu mi ami,
che tu non mi sfugga.
Come l’aquila
abbatte le ali sulla terra
per prendere il volo,
così abbatto il tuo animo
in modo che tu non mi sfugga.
Come intorno al cielo e alla terra
gira il sole,
così mi aggiro attorno al tuo animo,
in modo che tu mi ami,
che tu non mi sfugga.
Saffo, poetessa greca, VII sec. a.C.
Mi sembra pari agli dei quell’uomo che siede di fronte a te
e vicino ascolta te che dolcemente parli
e ridi un riso che suscita desiderio. Questa visione veramente mi
ha turbato il cuore nel petto: appena ti guardo un breve istante,
nulla mi è più possibile dire,
ma la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile mi corre sotto
la pelle e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie
e su me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sono più
verde dell’erba e poco lontana da morte sembro a me stessa.
Ma tutto si può sopportare poiché…
Catullo, poeta latino, 84-54 a.C.
Amiamoci per vivere, mia Lesbia,
e le chiacchiere invidiose tutte
insieme non stimiamole che un soldo!
I soli sorgono e tramontano, ma il nostro,
una volta consumato nel suo giro,
ci addormenta in una notte inesauribile.
Dammi mille baci e poi cento,
e, dopo, mille altri e altri cento
e mille dopo questi e, dopo, cento
e, quando saremo sazi di contarli,
per scordarli proseguiamo senza un ordine,
perché nessuno tessa trappole d’invidia
nel vederci tutto un bacio.
Orazio, poeta latino 65-8 a.C.
Mi sfuggi, Cloe: sei come un cerbiatto
che cerca alla montagna senza vie
la madre spaventata, e porta in cuore
timore vago di vento e di selva:
e se al venire della primavera
abbrivida la frasca, se il ramarro
sfruscia tra il rovo, tremi
nel cuore e nei ginocchi.
Ma non t’inseguo io come una tigre
feroce, un leone d’Africa, non voglio
infrangerti. Allora
lascia la madre, è tempo di marito.
Virgilio, poeta latino, 70-19 a.C.
Tu rallenti con pretesti il nostro amore.
E ora innanzi ti si stende tutto il mare
in silenzio, e tutti, guarda, son caduti
i sussurri, i soffi del vento.
Ora siamo a metà via: il sepolcro
di Biancore si profila; qui, Meri, cantiamo
dove i contadini diradano le fronde,
posa qui i capretti: in città arriveremo.
E se temiamo la notte, che ci porti la pioggia,
ce ne andremo cantando, sarà più lieve il cammino.
Ce ne andremo cantando, e ti leverò il tuo peso.
Seneca, filosofo e scrittore latino 4 a.C. -65 a.C.
L’illusione degli umani immagina l’amore
come una giovane divinità alata
bruciante d’impeto e armata con arco e frecce.
Lo si crede concepito da Venere e figlio di Vulcano.
L’amore è invece una grande forza dell’animo,
passione dei sensi e generato dalla gioventù.
È sostenuto con allegra fortuna dalla lussuria e dall’ozio.
Ma smettendo di scaldarlo e nutrirlo in breve
la sua essenza perde vigore e muore.
Apuleio, poeta latino 125-170
Miele mio, ti offro ghirlande di fiori e questi canti.
Offro a te i canti e al tuo Genio le ghirlande;
canzoni per cantare, o Crizia, il giorno tanto atteso
che ritorna per festeggiare i tuoi quattordici anni
e le ghirlande per incoronarti nella bella stagione,
per coprire di fiori il fiore dell’età.
In cambio dei germogli dammi la tua primavera
così da superare con i tuoi i miei doni.
Come le ghirlande intrecciate, intreccia il tuo corpo al mio
e per le rose dammi i baci della tua rossa bocca.
Se poi vorrai soffiare il tuo fiato nello zufolo,
i miei canti cadranno storditi da una così dolce musica.
Macedonio, poeta greco VI sec d.C.
Sei venuta insperata al mio desiderio, hai stupito
e scosso l’immaginazione dentro il mio animo.
Tremo, e nel profondo il mio cuore è sconvolto
dall’assillo, il respiro soffocato dall’onde d’amore.
Salvami tu da questo naufragio in terraferma,
ti prego, salvami, e accoglimi dentro il tuo porto.
Vidyapati, poeta indiano vissuto tra l’XI e il XV sec. d.C.
Mi ha lasciata
dicendo
che domani sarebbe
ritornato.
A casa sul pavimento
ho scritto tante volte: domani.
E all’alba i vicini
mi hanno chiesto: “ Amica,
quando verrà il tuo domani?”
Domani, domani: ho perso
ogni speranza,
il mio amore
non tornerà.
Bilhana, poeta indiano XII sec d.C.
Ancora oggi, se rivedo lei
dal volto simile alla luna,
nel principio della giovinezza,
coi seni ricolmi e la pelle bianca,
con le membra estenuate dal fuoco
delle saette d’Amore, il mio corpo
è percorso da un fremito, bevo la
sua bocca stringendola fra le braccia,
come fa un’ape col fiore di loto.
Ibn Hazm, poeta arabo 994-1064
Non nasce in un’ora
il vero amore
né da scintille a comando la sua pietra,
ma lento nasce e si propaga
dopo una lunga complicità che lo rafforza.
Invulnerabile diventa
alla noia e agli abbandoni.
Dura poco quanto vediamo
nascere all’improvviso.
Sono una terra dura e rocciosa,
aspra alla vegetazione;
ma se una pianta vi affonda le radici
non deve temere le piogge di primavera.
Dante Alighieri, scrittore italiano 1265-1321
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscono di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender non la può chi no la prova:
e par che da la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo all’anima: Sospira.
Francesco Petrarca, poeta italiano 1304-1374
Solo e pensoso i più diserti campi
vo misurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
Dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuori si legge com’io dentro avvampi;
sì ch’io mi credo ormai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né selvagge
cercar non so, ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io con lui.
Luis De Gòngora, poeta spagnolo 1561-1627
La dolce bocca che a gustare invita
un umore tra perle distillato,
e a non ambire quel liquore sacro
che il fanciullo dell’Ida versa a Giove,
non assaggiate, amanti, se la vita
vi è cara, tra uno ed altro rosso labbro,
Amore sta, del suo veleno armato,
tra fiore e fiore vipera nascosta.
Non vi turbino rose, che all’Aurora
direte che, imperlate ed odorose,
sono sfuggite dal purpureo seno;
pomi sono di Tantalo, e non rose,
che poi fuggono da chi invogliano ora:
di Amore avanza solo il suo veleno.
Robert Burns, poeta inglese , 1759-96
Il mio amore è una rosa rossa
sbocciata in giugno
da poco
il mio amore è una canzone
dal dolce dolce suono.
Tu sei bella, mia bella
ed io così innamorato
che ti amerò sempre
finché seccheranno i mari
finché i mari seccheranno
e le rocce si scioglieranno al sole
ti amerò sempre sempre
cara
finché scorrono le sabbie della vita.
E addio addio mio unico amore
addio per un momento
io tornerò, sai, amore
anche da lontano
cento e cento mila miglia.
August Von Platen, scrittore tedesco, 1796-1835
Tu sei la stella che nuota nell’azzurro,
sicura di sé, per l’immensità,
tu sei il loto che nuota nell’oceano, dove
lo bagnano le onde,
tu sei la lacrima che nuota nell’occhio,
sola, sotto ciglia contratte dal dolore;
tu sei la piuma di un usignolo
che nuota nell’aria tiepida;
tu sei il petalo di rosa che nel calice,
offerto da belle donne, nuota.
Canto dei pellirossa XIX sec. d.C.
Perché io guarisca
lo stregone ha dipinto
la tua immagine nel deserto.
Sabbia dorata per gli occhi,
rosa per la bocca,
azzurra per i capelli
e bianca per le mie lacrime.
Tutto il giorno ha dipinto.
Tu crescevi come una dea
sul grande canovaccio giallo.
Di sera il vento disperderà
la tua ombra multicolore.
Secondo la legge, nulla resta
se non il simbolo delle mie lacrime:
la sabbia d’argento.
Canto armeno, XIX sec. d.C.
Vieni, andiamo sui campi
senza dire nulla al padre, alla madre.
Per tutta la notte, al chiaro di luna,
giochiamo fino alle prime luci del giorno.
Succhiamo lo zucchero dei fiori,
mangiamo erbe, beviamo rugiada,
e addormentiamoci ascoltando
il gemito dei colombi selvatici.
Poi diventiamo terra come la terra dei campi,
e dalla terra nasca un fiore di margherita,
fiore di vita e di morte.
Chi non ha desiderio di morte,
strappi prima il petalo della vita.
Canto albanese XIX sec d.C.
Stella luminosa
apparsa in cielo all’alba,
che Dio ti doni lunga vita!
Della tua bellezza il mondo parla, amica.
Anche gli usignoli dalla gola d’oro
nascosti fra i rami
sottovoce di te parlan tra loro.
La tua bellezza cantano, amica.
Le trecce che ti cadono sul collo
sembrano raggi di sole
fra le bianche nubi.
Dicono la tua bellezza, amica.
I tuoi ricci di seta
Quando li butti sulle mie guance
sembrano ciocche di viole profumate.
E mi riempiono di ebbrezza, dolce amica.
Rabindranath Tagore, scrittore indiano 1861-1941
Lei mi è vicina al cuore,
come fiore alla terra;
mi è dolce come dolce è il sonno alle membra stanche.
Il mio amore per lei è la mia vita in piena,
come gonfio fiume in autunno,
fluente in sereno abbandono.
I miei canti si fondono col mio amore,
come il mormorio di un ruscello,
che canta con le onde
e le correnti.
Se avessi il cielo e le stelle,
e il mondo con tutte le sue ricchezze infinite,
chiederei di più;
ma contento sarei del più infimo cantuccio
di questa terra se avessi lei.
Federico Garcìa Lorca, poeta e drammaturgo spagnolo 1899-1936
Io pronuncio il tuo nome
nelle notti oscure,
quando giungono gli astri
a bere nella luna,
e dormono i rami
delle fronde occulte.
Ed io mi sento vuoto
di passione e di musica.
Folle orologio che canta
antiche ore defunte.
Io pronuncio il tuo nome
In questa notte oscura,
e il tuo nome mi suona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della mite pioggia.
Ti amerò come allora
Qualche volta? Che colpa
ha commesso il mio cuore?
Se la nebbia si scioglie
Quale nuova passione mi aspetta?
Sarà tranquilla e pura?
Se potessi sfogliare
con le dita la luna!!
Pablo Neruda, poeta cileno 1904-1973
Bianca ape, ebbra di miele, ronzi nella mia anima
e ti avvolgi in spirali lentissime di fumo.
Io sono il disperato, la parola senz’eco,
quegli che ha perso tutto, dopo aver tutto avuto.
Sei la fune un cui cigola la mia ultima brama.
Nel mio deserto vivi come l’ultima rosa.
Ah silenziosa.
Chiudi gli occhi profondi dove aleggia la notte.
E denuda il tuo corpo di statua timorosa.
Possiedi occhi profondi dove vola la notte,
fresche braccia di fiori ed un grembo di rosa.
I tuoi seni assomigliano alle conchiglie bianche.
E sul tuo ventre dorme una farfalla d’ombra.
Ah silenziosa.
Jacques Prévert, poeta francese 1900-1977
I ragazzi che si amano si baciano in piedi,
contro le porte della notte
e i passanti che passano li segnano a dito
ma i ragazzi che si amano
non ci sono per nessuno
ed è soltanto la loro ombra
che trema nel buio,
suscitando la rabbia dei passanti,
la loro rabbia, il loro disprezzo , i loro risolini
la loro invidia.
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno.
Loro sono altrove, ben più lontano della notte,
ben più in alto del sole,
nell’abbagliante splendore del loro primo amore.
Bibliografia:
www.wikipedia.org
www.leperledelcuore.it
www.webgraffiti.it
www.emsf.rai.it
www.digilander.libero.it
www.guide.supereva.com
www.selfrivista.it
Bibiografia
Calame; L’amore in Grecia Laterza
Ciuffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Bianchi, De Pasquale, O’Brien; I filosofi e le idee Bruno Mondatori
Panozzo; Belle lettere; Paravia
Armellini, Colombo, La letteratura italiana; Zanichelli
Pintacuda, Trombino; Hellenes; Palumbo Editore
Pablo Neruda Poesie d’amore e di vita; Guanda
Jacques Prévert Poesie d’amore e libertà; Guanda
Federico Garcìa Lorca; Poesie Fabbri Editori
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