L'ellenismo e la letteratura greca

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Testo

L’ELLENISMO
INTRODUZIONE
GLI AVVENIMENTI STORICI
Chiamiamo periodo ellenistico quel periodo della letteratura greca che va dalla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. alla battaglia di Azio nel 31 a.C.
A differenza dei periodi storici precedenti, dell’Ellenismo non abbiamo una narrazione storica continua, ma anzi abbiamo una sorta di buco storico fatto notare fin dall’800. Tra i primi a considerare questa differenza ci fu lo storico tedesco Neibuur, il quale sosteneva che per ricostruire il periodo si potesse ricorrere:
1. All’ opera di Diodoro fino al 301 a.C.;
2. All’opera di Polibio (anche se abbiamo solo il primo di 5 libri) dal 265 a.C. (prima guerra punica) al 216 a.C. (battaglia di Canne);
3. All’opera di Pausania;
4. Agli Estratti Vaticani, dei riassunti di storici greci raccolti nel codice vaticano greco n°73. Furono scoperti da Angelo Mai, al quale Leopardi dedicò la poesia “Ad Angelo Mai”.
Neibuur non cita Plutarco poiché non è considerato uno storico a tutti gli effetti, ma piuttosto un biografo. Tuttavia nelle “Vite parallele” narra di alcuni personaggi protagonisti del periodo ellenistico: Filopemene, Dimetro, Pirro, Arato, Agide e Cleomene (due re spartani).
Nel 1833 per la prima volta, malgrado il vuoto storico, Droysen scrisse l’intera storia del periodo ellenistico. L’opera fu pubblicata per la prima volta nel 1836 con il titolo “Storia dei successori di Alessandro”. Nel 1877 Droysen pubblicò la seconda edizione a cui modificò il titolo in “Storia dell’Ellenismo”. È un’opera innovativa e Wilamoviz individua tale novità nell’audacia dell’impresa di Droysen. Tuttavia il merito di Droysen non sta nell’audacia, ma piuttosto nella concezione che pone alla base dell’opera, nella sua capacità di collocare storicamente un’età intera e di restituirle uno specifico significato.
Prima di Droysen, infatti, l’Ellenismo era considerato un periodo di decadenza, sia dal punto di vista letterario che storico (per esempio le poleis furono conquistate dai macedoni) poiché era d’obbligo il confronto con il quinto e il quarto secolo. Droysen invece conferisce importanza storica al periodo poiché lo pone sotto una luce completamente diversa, vedendolo come articolazione centrale di una triade costituita da Età classica, Età ellenistica ed Età cristiana. L’Età classica trasmette la sua eredità all’Età cristiana proprio attraverso l’Ellenismo: il cristianesimo diventa quindi la sintesi dei due momenti precedenti. Il ruolo fondamentale dell’Ellenismo è quello di essere un periodo di mescolanza di culture (greca e orientale) e di una conseguente esplosione creativa.
La visione dello storico tedesco non è concettualizzata nell’opera, ma viene esposta in una prefazione privata, scritta in forma di lettera rivolta all’amico Olshausen. Il contenuto della lettera fu poi ripreso dallo stesso Droysen in un corso di lezioni che tenne e, in seguito, venne pubblicato e diffuso a parte sotto il titolo di “Historica”. In questo rivendica il ruolo fondamentale del periodo caratterizzato da una mescolanza di culture. L’Ellenismo ha accolto non solo l’eredità del mondo greco, ma anche delle antichità orientali in quanto l’impero di Alessandro Magno si estendeva fino all’Indo, comprendendo Persia, Egitto e Mesopotamia.
Droysen non riuscì a realizzare il suo progetto originario che voleva essere l’intera narrazione dei tre secoli che intercorrono tra Alessandro Magno ed Ottaviano Augusto. La sua narrazione arriva soltanto fino al 221 a.C. ed è divisa in tre volumi. Nel primo volume descrive con particolare attenzione la mescolanza di popoli perseguita da Alessandro Magno e nei volumi successivi aggiunge anche esempi del processo di ellenizzazione di Roma consolidato dall’influsso di Polibio nel circolo degli Scipioni. Poi tratta la compenetrazione del mondo ebraico con la cultura greca.
A questo complesso periodo mancava tuttavia ancora un nome che Droysen provvide ad assegnargli, chiamandolo Ellenismo. Alcuni non attribuiscono a lui l’invenzione del nome, e sostengono che fosse già presente nel 1600, anche se solo negli studi neotestamentali. Tutti gli attribuiscono però il fraintendimento di un passo del principio degli Atti degli Apostoli (6,1). Tale passo tratta delle reazioni provocate a Gerusalemme dalla prima predicazione degli Apostoli e viene fatta una differenza tra TTTTTTTTTTTedDroysen (secondo le accuse) avrebbe ritenuto che gli cccccccccc fossero persone che parlavano un greco imbastardito da elementi orientali, invece in realtà il termine indica semplicemente gli ebrei parlanti greco in contrapposizione a quelli che parlano aramaico.
Il Droysen però non può aver compiuto questo fraintendimento perché non ha mai fatto riferimento a questo passo. Invece tale brano fu nominato e frainteso da Richard Laquieur in un saggio del 1925 “scritto sul concetto di Ellenismo”.
Il Droysen per trovare un nome appropriato al periodo ha lavorato per analogia. Ha compiuto un paragone tra due fenomeni storici: da un lato l’Età ellenistica e, dall’altro, una fase storica successiva caratterizzata dalla fusione degli elementi romani e germanici che ha dato vita alla nascita delle lingue romanze. Infatti, sono state entrambe due epoche di mescolanza e siccome la seconda fu chiamata Epoca Romanza in riferimento al nome con cui prima veniva indicata solamente la lingua, Droysen, lavorando per analogia, definisce questo periodo storico Ellenismo. Utilizza un termine dapprima usato solo per la lingua ellenistica che già dal ‘600 era considerata la ’ usata nel Nuovo Testamento. Precedentemente si parlava di Alessandrinismo o di Epoca Alessandrina, però sono espressioni riduttive poiché fanno pensare ad Alessandria d’Egitto come unico polo di cultura, invece esistevano molti altri centri culturali come Pergamo o la Macedonia.
La fine dell’Età ellenistica segna l’inizio di tre eventi fondamentali della storia:
• La nascita dell’Impero Romano con Ottaviano Augusto dopo la caduta dell’ultimo regno ellenistico (Egitto) durante la battaglia di Azio del 31 a.C. ;
• La nascita del Cristianesimo;
• Lo spostamento del polo culturale da Alessandria a Roma: la civiltà ellenistica diventa civiltà romana.
Quando cadde anche l’ultimo regno ellenistico (l’Egitto) vi fu una grandissima migrazione da parte di intellettuali da tutte le terre d’Oriente verso Roma. Nacque così una nuova cultura: la cultura greco–romana e ciò comportò la presenza di condizioni di vita più omogenee in tutto l’impero Romano.
La storia dell’Ellenismo ha segnato un grande progresso, poiché Alessandro magno aveva ben compreso che i “barbari”, ovvero coloro che non parlavano greco, avevano una loro cultura che non andava soppressa, come invece gli aveva suggerito il suo maestro Aristotele. Lui riuscì a fondere dal punto di vista culturale vincitori e vinti. Questo suo ideale è testimoniato dal suo stesso atteggiamento poiché sposò una fanciulla persiana e obbligò i suoi generali a fare lo stesso. Il suo obbiettivo era quello di istituire una monarchia universale, ma non come aveva progettato Aristotele, nella migliore delle ipotesi, composta da un’Atene di 10.000 abitanti, ma da un regno vastissimo che andava dalla Grecia all’Indo.
In questo periodo vennero fondate numerose città di enormi proporzioni ed in rapido sviluppo come Alessandria nel 330 a.C. (che divenne una metropoli di 400.000 abitanti) e Seleuce. Divennero grandissimi centri commerciali ed industriali ed Alessandria, per la sua posizione strategica, il più grande emporio esistente, diventando un punto di riferimento mondiale.
Nel 323 a.C. morì Alessandro Magno e con la sua morte si aprì l’eta dei diadochi ( = successori), caratterizzata da un’aspra lotta per la successione e da numerose alleanze; due battaglie in particolare risultarono fondamentali: la battaglia di Ipso (301 – gli eserciti coalizzati di Lisimaco, Tolomeo e Seleuco sconfissero Antigono Monoftalmo) e di Curupedio (281 – dove morì Lisimaco combattendo contro Seleuco). Dopo questi scontri infatti avvenne la definitiva scissione e la conseguente formazione delle grandi monarchie ellenistiche:
• Regno d’Egitto, governato dalla dinastia dei Tolomei;
• Regno di Siria governato dalla dinastia dei Seleucidi;
• Regno di Macedonia governato dalla dinastia degli Antigonidi;
E di due regni minori:
• Pergamo governato dalla stirpe degli Attalidi;
• La Repubblica di Rodi;
Anche se i regni sono più piccoli dell’impero di Alessandro, il progresso avviato dall’imperatore continua, poiché hanno comunque una più vasta superficie rispetto alle chiuse città-stato.
L’età delle grandi monarchie ellenistiche è ricca di sovrani che hanno grandi personalità e che sono buoni amministratori e preoccupati del benessere dei sottoposti. Tale interesse per i sudditi è testimoniato dai diversi tentativi di riforma sociale; tra le più famose ci sono quelle di Agide e Cleomene, sovrani che Plutarco nelle “Vite parallele” paragona a Caio e Tiberio Gracco. Si tentò inoltre di riorganizzare la Grecia, che era sotto il regno di Macedonia, in una federazione, tra i più illustri tentativi vi fu quello di Arato. Tuttavia ogni tipo di riforma fallì.
L’intera età ellenistica non fu un’epoca di decadenza, anche se alla fine del III secolo e poi nei secoli successivi si iniziarono a vedere i segni di un declino. Tale decadenza fu però molto lenta e pur sempre carica di un certo splendore. Fu segnata dal continuo espandersi di Roma che nel III secolo iniziò la sua inarrestabile politica imperialistica, infatti conquistò:
• L’Italia meridionale (Magna Grecia) fino allo stretto;
• La Sicilia durante le Guerre Puniche;
Intorno al 200 poi, nel giro di mezzo secolo distrusse tutti i Regni ellenistici:
• Nel 197 a.C. sconfisse la Macedonia nella battaglia di Cinocefale e con questa vittoria la Grecia virtualmente divenne già soggetta a Roma. Anche se, quando nel 196 a.C. il console Flaminio proclamò a Corinto che le città Greche furono liberate dai macedoni, venne venerato come un dio.
• Nel 190 a.C. il Regno di Siria fu sconfitto a Magnesia e perdette il controllo sull’Asia Minore.
• Nel 168 a.C. il Regno di Macedonia fu definitivamente sconfitto a Pidna e divenne una provincia romana.
• Nel 146 a.C. la Grecia divenne ufficialmente una provincia romana.
• Nel 133 a.C. cadde il regno di Pergamo poiché Attalo III morì senza eredi e lasciò il suo regno in eredità ai Romani, il quale divenne a sua volta provincia romana.
• Nel 64 a.C. Cadde il Regno di Siria e divenne una provincia romana.
• Nel 30 a.C. dopo la battaglia di Azio del 31 a.C., cadde il Regno d’Egitto e divenne una provincia romana.
LA SITUAZIONE ECONOMICO-SOCIALE
Col sorgere dell’Ellenismo in tutto il territorio orientale ci fu un miglioramento delle condizioni di vita. Venne superato il mondo ristretto della polis e con la creazione dei Grandi Regni furono incentivati i continui contatti tra Greci e “barbari” che portarono ad un ingente sviluppo delle attività economiche: agricoltura, industria e commercio.
➢ AGRICOLTURA:
L’attività fondamentale rimaneva sempre l’agricoltura. Tuttavia soprattutto in Egitto si impostò su basi scientifiche – razionali e presentò notevoli progressi:
- L’acclimatamento di nuove piante. Ciò consiste nell’importo di nuove piante in territori in cui prima non erano presenti, attività che fu possibile grazie all’abbattimento delle barriere tra i vari regni. L’albicocco ed il limone, per esempio, vennero importati in Grecia.
- L’estensione delle aree coltivabili che fu possibile grazie all’importazione di nuove tecniche di irrigazione soprattutto dall’Egitto.
- Il miglioramento degli strumenti di lavoro poiché vi era un confronto ed un reciproco scambio degli utensili. Viene introdotto l’aratro in ferro, il mulino ad acqua e a ruota a trazione animale.
➢ INDUSTRIA:
L’industria è basata sul lavoro servile e via via si vengono a creare delle grosse aziende dove lavorano molti schiavi. Ciò provoca :
- Incremento della produzione, rispetto al lavoro domestico;
- Miglioramento della produzione conseguente alla specializzazione per settore dello schiavo;
- Manodopera a basso costo, poiché il lavoro del libero costa di più di quello dello schiavo;
➢ COMMERCIO:
L’efficienza nel campo industriale comportò un conseguente sviluppo commerciale, che dipese anche dall’abbattimento delle barriere tra i vari Regni. Nacquero così numerose correnti di traffico e conseguentemente assunsero importanza i grandi scali marittimi che divennero dei veri e propri empori, tra questi:
- Alessandria in Egitto;
- Seleuce in Siria;
- Rodi nell’Egeo;
- Bisanzio;
- Efeso in Asia Minore;
Anche se il progresso ha interessato tutti i Regni è necessario compiere alcune importanti distinzioni:
• Tra inizio e fine dell’Ellenismo: all’inizio lo sviluppo fu molto più notevole,poi andò via via affievolendosi fino all’avvento dei Romani alla fine del III secolo e successivamente;
• Tra le varie zone:lo sviluppo infatti non fu uguale per tutti. La Grecia, ad esempio, non ha scali commerciali e conseguentemente è tagliata fuori. L’Egitto invece con la sua eredità scientifica è in prima linea nel processo di sviluppo;
• Tra i gruppi etnici e i gruppi sociali: il miglioramento non fu per tutti della stessa portata,poiché vi furono numerose guerre e la pressione di un forte fiscalismo; dapprima esercitato dai sovrani ellenistici e poi da parte dei Romani;
• Tra centri urbani e campagna: nei centri urbani il processo benefico fu più sentito per le strutture e le facilitazioni presenti in città:porti, scali commerciali e tutta una serie di mezzi adeguati che la campagna non poteva offrire;
• Tra elemento greco ed elemento indigeno: l’uomo greco aveva una preparazione mediamente superiore poiché conosceva la lingua che,per volere di Alessandro Magno, divenne ppppp’ in tutto l’Impero, conosceva le leggi, era più sveglio ed intraprendente anche per quanto riguarda l’organizzazione sociale,aveva una cultura maggiore. L’uomo greco comprese che in Grecia la sua situazione non sarebbe migliorata e decise di migrare in altri regni. Mediamente nelle città prevaleva l’elemento greco il quale andava a costituire un nuovo ceto medio emergente:la borghesia, che pian piano si aprì anche ad elementi indigeni anche se inizialmente era esclusivamente costituita da Greci. Gli Indigeni infatti erano meno aperti e per questo rimasero nella miseria, dunque per loro non cambiò praticamente nulla.
LE CONSEGUENZE DEL PROGRESSO
Inseguito all’annullamento dei privilegi dalla nascita, la disuguaglianza derivava dalla ricchezza. Per distinguersi contavano quindi l’abilità e l’intraprendenza sul piano economico. La ricchezza andava però concentrandosi nelle mani di alcuni (soprattutto di coloro impegnati in attività industriali e bancarie) e vi era un netto distacco dalla massa della popolazione che viveva alla giornata. Inoltre l’attività industriale privilegiava lo schiavo rispetto al bracciante libero, poiché costava meno, e questo comportò l’affermarsi della disoccupazione oltre ad un abbassamento dei salari in seguito ad un’alta richiesta di posti di lavoro (legge della domanda e dell’offerta di Adam Smith). Vi furono acuti conflitti di classe nei regni in cui era presente l’elemento greco che conosceva la forma della protesta (esistevano gli scioperi anche se venivano repressi nel sangue), mentre dove non era presente molto meno. Solitamente le richieste si snodavano in questi due punti:
- redistribuzione delle terre;
- annullamento del debito;
Tali rivolte furono represse sia da opposizioni interne che esterne e, caduti i regni ellenistici, subentrarono sulla stessa linea d’onda i Romani.
LA VICENDA DI SPARTA
Era vissuta soprattutto di guerre e gli antagonismi tra ricchi latifondisti e proletariato ben presto esplosero in conflitti armati. Il nord del Peloponneso si unificò nella Lega Achea che riuniva prima le città della Caria e poi tutte le città della Grecia, tranne Sparta (prima dell’avvento macedone c’era stata la Lega peloponnesiaca). A Sparta c’era un’ineguaglianza che era stata rafforzata dopo la sconfitta di Leuttra. Infatti la città era in decadenza e pochi si impossessarono di grandi ricchezze, mentre il popolo rimaneva oppresso nella miseria. I tempi moderni ormai stridevano con il ricordo dei tempi antichi. Le richieste degli abitanti erano sostanzialmente due, ovvero la redistribuzione delle terre e l’annullamento del debito. I re riformatori, nella seconda metà del III secolo a.c., tentarono di arrestare la decadenza della loro patria. Gli spartiati erano ormai solamente 700 e solo 100 godevano dei pieni diritti, il resto della popolazione non contava praticamente nulla. Agide IV decise di cancellare i debiti e aveva anche l’intenzione di ridistribuire le terre e di ampliare il corpo civico. Tuttavia a causa dell’opposizione interna venne realizzato solo il primo dei suoi obbiettivi. Re Cleomane continuò l’opera di Agide IV di cui aveva sposato la vedova (che lo influenzò in tale opera) e aveva anche ricevuto un’educazione stoica che insegnava l’attenzione al bene pubblico. Furono uccisi gli Efori (magistrati che dovevano controllare l’azione del re), esiliati i ricchi, ridistribuite le loro terre, ampliato il corpo civico al quale furono aggiunti 400 nuovi cittadini. Vennero consegnate ai cittadini le armi per la difesa della città, ripristinate le vecchie usanze riguardanti l’educazione dei fanciulli, ripresa e incentivata la vita comunitaria. Consegnare le armi agli spartiti voleva dire riporre fiducia nei cittadini che garantivano la sicurezza della città. Le poleis dunque continuavano a sopravvivere, ma con una nuova politica municipalista.
La riforma di Cleomane costituiva però un grave danno sia per gli aristocratici che avevano un ruolo predominante nella gestione sociale, sia per gli Stati limitrofi in quanto si temeva che il suo sistema riformatore potesse essere esportato. La Lega Achea aveva così chiesto soccorso ad Antigono, il re di Macedonia con l’aiuto del quale sconfissero Cleomane a Sellasio nel 222 a.C.. In questa battaglia morirono moltissimi cittadini, infatti aveva consegnato le armi a molti di loro, e per questo viene ricordata come un disastro senza precedenti per la città di Sparta. Quindi, sia la moderata riforma di Agide, sia quella più radicale ed innovatrice di Cleomane, fallirono senza ottenere alcun risultato concreto e duraturo. Cleomane sbagliò nel preoccuparsi di più del ruolo egemonico che Sparta, grazie all’esercito, avrebbe potuto conquistare nel Peloponneso, che della ricerca di consensi tra le regioni limitrofe e di assumere il ruolo di capo riformatore. Il suo potere aveva alla base il favore di poche persone e quindi era pressoché instabile. Il suo rifiuto ad assumere le vesti di capo riformatore è dimostrato dall’atteggiamento che riserbò agli argivi, quando costoro gli chiesero di diventare la loro guida in un progetto riformatore, infatti lui non accettò. Compì tuttavia una mossa intelligente, infatti permise agli iloti di affrancarsi con un pagamento di 5 mine e ciò gli permise di ricostruire la sua cassa.
Dopo l’esilio e la morte di Cleomane ci furono dei torbidi che Polibio descrive dicendo che “i Lacedemoni erano in preda alle lotte intestine”. Ciò che chiedevano a gran voce era l’uguaglianza assoluta tra tutti i cittadini. Infine Licurgo riuscì ad usurpare il trono e ad impadronirsi del potere ristabilendo lo status quo, dunque la situazione rimase sostanzialmente invariata. Continuò la lotta contro la Lega Achea, simbolo della roccaforte dei conservatori. Successe a Licurgo un tiranno, Machanidos, il quale rimase al potere per poco tempo poiché morì in uno scontro con la Lega Achea guidata da Filopamene, personaggio di cui ci parla Polibio, in quanto era amico di suo padre. La situazione spartana era molto difficile e nell’arco di 15 anni il territorio fu più volte devastato e morirono più di 100.000 uomini. Nel 207 a.C. prese poi il potere Nabide che riprende le riforme dei suoi predecessori, ma appoggiandosi a tutti gli elettori del Peloponneso. E’ un re, non uno spartiata, anzi, si avvicinava alla tipologia del sovrano ellenistico. Si era inoltre accerchiato di una serie di funzionari sui quali contava molto. Compi un ampio programma riformatore:
• Conferisce a Sparta una maggior forza militare;
• Fortifica la città;
• Recluta soldati mercenari;
• Trasforma il golfo di Gythion in un porto militare;
• Compila delle liste di proscrizione con i nomi dei più ricchi tra i cittadini, le cui terre vengono confiscate e loro uccisi o esiliati;
• Batte una propria moneta;
• Incrementa le attività marittime;
• Cancella i debiti;
• Regolamenta l’usura;
• Ridistribuisce le terre dei proscritti;
• Libera gli iloti e permette i matrimoni misti tra membri di diverse classi sociali;
È un programma coerente che mira a far nascere una società più adatta ai tempi storici. Tutto ciò si poteva ottenere sì con l’appoggio di tutto il popolo (iloti), ma anche di tutto il resto del Peloponneso. Infatti la sua riforma fu esportata in Messenia e ad Argo, dove trovò ampio consenso tra la popolazione. La Lega Achea era molto preoccupata tanto che chiese aiuto ai Romani. Nabide fu così sconfitto e costretto a sottoscrivere una dura pace nel 195-194 a.C. Malgrado questo riprende la guerra e chiede di essere appoggiato dalla Confederazione Ettolica contro gli Ateniesi ed i Romani, ma gli Ettoli finsero di mandare degli aiuti, mentre poi uccisero Nabide. Con la sua morte tutta la nuova impostazione della società cadde.
LA CULTURA
Vi sono dei caratteri della cultura ellenistica che sono fortemente discordanti tra loro:
• COSMOPOLITISMO
• INDIVIDUALISMO
1) COSMOPOLITISMO: Nasce dal diffondersi delle istituzioni, della lingua e della cultura tra i popoli di origini e culture diverse. La cultura dell’impero presenta quindi dei tratti tendenzialmente uniformi derivati dall’esportazione della cultura greca da parte di Alessandro in tutto il mondo conquistato. C’erano chiaramente profonde differenze tra regione e regione, ma altrettanta uniformità dal punto di vista culturale. Quando nell’antichità lo Spartano si recava ad Atene era visto come uno straniero, mentre nel mondo ellenistico un macedone, uno spartano, un siriano, un persiano, un egiziano erano accomunati dalla stessa educazione e dalla stessa lingua. Anche se non tutti avevano ovviamente la stessa cultura. C’era infatti una borghesia cittadina che aveva le stesse abitudini e che parlava la ’ . Questa lingua attica aveva via via perso le sue caratteristiche più peculiari (come l’ottativo e il duale), e si era anche arricchita di tratti ionici poiché era parlata da tutti.
In prosa era utilizzata la eeeee’, anche se c’era qualche eccezione come nella prosa di tipo medico che era scritta in ionico. Ippocrate infatti aveva scritto in ionico e si è mantenuta la tradizione visto che era stato il medico più importante dell’antichità. Altro esempio è Archimede, il quale aveva scritto in dorico.
In poesia si continuavano invece ad utilizzare le lingue letterali (dialetti):
- epicae lingua omerica (ionico-eolico)
- lirica monodicam eolico
- lirica corale dorico
Ora ciò che faceva la differenza tra greci e barbari era la ttttttt, ossia l’educazione ricevuta, non più l’appartenenza etnica. Inizialmente sono avvantaggiati i greci, infatti i poeti e gli storici maggiori fino al I secolo sono soprattutto greci. Con l’Ellenismo le  non scompaiono, ma diventano il modo ideale per fondare nuove città. Questa presenza ha consentito ai greci di non essere schiacciati da altri elementi, la iiiii è gelosa della proprie tradizioni e ciò ha fatto sì che il patrimonio greco si conservasse. I greci nelle città costituivano prevalentemente la classe borghese dei tecnici, poiché vi era stato un enorme sviluppo proprio del settore tecnico. Si allargarono i commerci, migliorò la tecnica militare e tutto grazie alla quantità di schiavi esistenti.
- Lo scrittore greco del IV e del V secolo aveva una vita strettamente legata alla città, mentre nelle monarchie ellenistiche la vita politica è interamente nelle mani del sovrano, che certo si fa aiutare a ministri, ma è esclusivamente lui che comanda. Dunque il greco non è più un cittadino, ma un suddito. E’ chiaramente proprio l’elemento greco a risentirne maggiormente, poiché gli altri regni erano monarchie anche precedentemente. L’elemento greco quindi, escluso dalla vita politica, è portato a non pensare più in termini di città, ma in termini di mondo. Siamo quindi di fronte ad un forte allargamento degli orizzonti. Il poeta si rivolge ora al mondo intero, a tutti coloro che possono capirlo (che parlano greco). Lo scrittore non è più un educatore (come Eschilo, Sofocle ed Euripide che cercavano l’effetto catartico nelle loro opere), ma uno specialista, un dotto. La polis solo inizialmente può offrire al letterato un’educazione ed un pubblico, ma una volta raggiunta la fama costui si sposterà nei grandi centri culturali delle grandi città. Attività letteraria e scientifica infatti arrivarono a grandi risultati, poiché il re è un mecenate e mantiene l’artista all’interno della corte offrendogli tutti i mezzi di cui ha bisogno. Quest’ultimo può quindi interamente dedicarsi all’ambito della sua ricerca e quindi si specializza. All’interno della corte l’artista entra poi in contatto con altri intellettuali instaurando un rapporto di confronto (dialettico) che comportò uno scambio di cultura grandissimo, nonché una rivalità che andò a velocizzare il processo per cui si tende a far sempre meglio. Si formarono così delle classi di intellettuali divise per settore di specializzazione che andarono a creare delle vere e proprie associazioni. Anche se poi alcuni intellettuali si spostavano, mantenevano i rapporti tra loro attraverso una fitta rete di contatti epistolari. Tali associazioni organizzavano poi anche scuole, biblioteche, sale di anatomia e tutto interamente finanziato dal sovrano. Nasce così una letteratura cosmopolita.
- È cosmopolita anche se si considera che gli uomini di cultura provengono da tutto il mondo. Inizialmente certo sono avvantaggiati i Greci, ma per esempio anche un ebreo, il popolo più chiuso da questo punto di vista, diventa un letterato e quindi veicolo di cultura ellenistica.
- Inoltre si può trovare una matrice stoica in tale atteggiamento, infatti lo stoicismo è la filosofia cosmopolita per eccellenza. Gli stoici predicavano la virtù della vita sociale, la giustizia, la benevolenza, ognuno doveva subordinare il proprio bene a quello della comunità universale. Alcune categorie che generalmente erano poco considerate acquistarono ora un ruolo più importante. Predicavano infatti la caritas generi umani ossia la carità nei confronti di ogni genere umano.
2) L’INDIVIDUALISMO: L’uomo ellenistico costretto a non occuparsi più di politica è obbligato al solo dovere di essere un suddito nei confronti del sovrano. L’uomo avendo perso la dimensione politica deve trovare altri spazi: si ripiega così su se stesso e cerca la felicità non più nella vita politica, ma nella tranquillità della propria casa e della propria anima. L’uomo intraprende viaggi, ama l’avventura, la novità, il conoscere.
-anche la filosofia epicurea offre un contributo sotto questo punto di vista, è la filosofia individualista per eccellenza. Insegna all’uomo singolo ad essere felice e la sua felicità sta nell’atarassia. Epicureo dà agli uomini il senso della vita interna e c’è una novità per l’uomo del mondo classico, calato nella realtà politica della polis. L’uomo si stacca dal mondo e vive le gioie della contemplazione.
Non è da dimenticare che lo stesso stoicismo aveva dei tratti individualisti: il saggio è infatti infinitamente superiore agli altri uomini, è individualista. Inoltre lo stoicismo giustifica il suicidio nel momento in cui l’uomo è privato della propria libertà; anch’esso un atto fortemente individualista ed egoista.
• RAZIONALISMO
• MISTICISMO
3) MISTICISMO: L’uomo ellenistico è più religioso dell’uomo del V e del IV secolo. Si preoccupa molto di più dell’aldilà, nella vita classica non se ne occupavano (eccetto orfici e pitagorici). Prima il problema stava nella vita in rapporto con il dio, non era visto nella vita dopo la morte. Ora prevale invece la tendenza al monoteismo che si rispecchia nel culto della llll, che diventa la divinità, ma ciò significa anche rinnegare la divinità, porre qualcosa di incontrollato al di sopra della potenza degli dei. Si diffondono anche i culti orientali, tra cui quelli misterici e orgiastici in particolar modo. Le divinità più adorate in questo campo sono: Iside, Cibale, Adone e Siria. Questo fa pensare al concetto di Resurrezione e viene ripreso il mito di Proserpina e Demetra. Tali culti permettono una comunione più forte tra uomo e divinità, infatti attraverso uno stato di trance, l’individuo entra in diretto contatto col dio.
4) RAZIONALISMO: Tra i maggiori autori razionalisti troviamo Ecateo di Abuera e Euemeno. Euemeno in “Iscrizioni sacre” o “Scritto sacro” negava l’esistenza degli dei, ritenendo che non fossero altro che uomini talmente amati dai loro popoli in vita che vennero onorati come degli dei. Immaginava, nel suo racconto, di aver viaggiato e di essere approdato in un’isola in cui aveva trovato un’iscrizione (iscrizioni sacre appunto) che sosteneva tale teoria riguardante le divinità. Dà quindi una spiegazione razionale all’esistenza degli dei.
LA FILOSOFIA: Lo studio della filosofia è nato per l’esigenza dell’uomo di avere delle risposte riguardanti un mondo che diventava sempre più inquieto. L’uomo si chiedeva: “dove sta la felicità?”,”cosa si deve fare per essere felici?”. I filosofi diventano dei modelli di vita oltre che dei maestri di vita. L’uomo non trova una spiegazione e un aiuto nella religione, così li ricerca altrove: nella filosofia. La filosofia ellenistica perde di elevatezza di pensiero, non troviamo più grandi sistemi filosofici come quello platonico o quello aristotelico. La filosofia conquista gli animi con un fascino più profondo, soppianta in alcuni casi la religione, poiché non basta più. Esistono varie scuole di filosofia (stoicismo, epicureismo e cinismo) e ciò portò ad un ecletticismo, una mescolanza di elementi. La scienza che prima era dominio del patrimonio della filosofia, ora non lo è più, non si interessano di scienza, ma dell’arte della felicità. Inizia così la specializzazione del sapere.
I SENTIMENTI E L’AMORE: Viene dato un ampio spazio ai sentimenti e all’amore in particolare. Se infatti l’uomo ha perso una dimensione pubblica ne ha acquistata una privata. Nell’indagine introspettiva si riserba un grande spazio all’analisi dell’amore. Per esempio anche in un’opera epica come quella di Apollonio Rodio, un libro e mezzo su quattro è dedicato all’amore e alla passione di Medea nei confronti di Giasone.
IL SENTIMENTO DELLA NATURA: Il sentimento nei confronti della natura era molto profondo. Anche in Omero ed in Saffo sono presenti belle descrizioni, ma mancava il senso intimo di comunione tra natura e uomo. Ora invece la natura diventa per l’uomo rifugio ed evasione dalle difficoltà della vita: l’uomo acquieta le proprie passioni immergendosi nella natura. Il paesaggio naturale viene ora a corrispondere con i sentimenti dell’uomo, caratteristica già presente in Foscolo e poi in generale nel Romanticismo. Nasce il paesaggio lirico.
L’ARTE FIGURATIVA: Nell’arte figurativa sono presenti due tendenze opposte:
- tendenza volta al fastoso, al grandioso, al barocco. Un esempio è l’ara di Pergamo;
- tendenza volta a tutto ciò che è piccolo, raffinato, cesellato ed elegante;
LA LETTERATURA: Nel campo della prosa c’è una tendenza barocca rappresentata dall’asianesimo. È tuttavia un barocco diverso da quello dell’ara di Pergamo, non è né grandioso né fastoso, ma tende ad arrivare a punte acute, poiché l’autore vuole raggiungere alti livelli di raffinatezza piuttosto che di grandiosità. In queste opere è presente una forte musicalità. Solo dal I secolo a.C. si sviluppa una prosa rivolta alla grandiosità e all’enfasi. Sempre nella prosa, accanto a quella barocca, ce n’è poi una asciutta e nuda. È la prosa scientifica o delle autobiografie o delle memorie storiche, che tende a descrivere il fatto senza aggiungere nessun altro elemento.
In poesia il carattere predominante è il labor limae, una particolare attenzione alla finezza e alla elaboratezza.
In entrambi i generi c’è una tendenza al realismo, ma possiamo parlare di vero e proprio realismo solo nelle arti figurative. Infatti in letteratura il realismo è solo apparente e superficiale. Prendiamo due esempi: Teocrito che parla dei pastori e della vita pastorale, Eroda nei “Mimiambi” parla di scenette di vita quotidiana. Sotto a questi episodi apparentemente realistici c’è una grande letterarietà. I pastori di Teocrito parlano da letterati e hanno un forte sentimento. Dietro al loro canto spontaneo c’è una grande raffinatezza. Anche in Eroda troviamo questa profonda letterarietà. Tutto non appare come una contaminazione della letteratura antica, ma come un allontanamento, una sorta di reazione ad essa. Pare invece in linea con la letteratura del periodo ionico, infatti l’Ellenismo preferisce la mollezza ionica all’armonia della letteratura attica. Qui si accentuano le disarmonie: la civiltà così ricca di vita è una civiltà priva di genio e piena di imitatori, ma non per questo decaduta. Furono infatti i neoclassici definirla tale, rapportandola all’armonia del V e IV secolo. La letteratura ellenistica fu importantissima, anche perché fu importata ed ereditata dai Romani (si dice che Roma abbia conquistato la Grecia con l’esercito, ma che la Grecia abbia conquistato Roma con la forza della cultura), i quali subirono il fascino di questa cultura. Nacquero infatti i circoli dei poeti neoterici, tra cui Catullo, i quali erano fortemente legati a Callimaco ( ). Di questo periodo non ci è rimasta una grande eredità letteraria, poiché nei periodi successivi si è preferito selezionare le opere da tramandare secondo un criterio classicista.
LA RELIGIONE: Da un lato il terzo III secolo sembra segnare il trionfo della religione, dall’altro è però presente il misticismo. Filosofia e scienza hanno inciso poco nella società, infatti sebbene la filosofia si sia interessata dei problemi e dei bisogni dell’umanità, parlava ad un elite, ad una ristretta cerchia di persone. Lo studio della filosofia rimane dunque elitario ed aristocratico, così tutta la massa si rivolge alla religione. Per quanto riguarda la scienza, questa disciplina aveva fatto dei passi da gigante,ma rimanevano conoscenze puramente teoriche, prive di alcuna applicazione pratica, dunque inutili per migliorare la condizione della popolazione. La massa si rivolge quindi alla religione e al suo venire in contro all’infelicità della gente. Continuano ad esistere gli antichi dei della polis ed i culti antichi, ma perdono di importanza, poiché non danno consolazione. Sorgono dunque altri culti:
• Il culto del sovrano, che venne imposto per primo da Alessandro Magno. Il monarca è visto come un dio e gli vengono rivolti degli onori divini. Ciò, tuttavia, avveniva soprattutto in Oriente;
• Il culto della llll . Tale culto è tuttavia spogliato di ogni religiosità, poiché credendo che esista questo destino che governa sopra ogni cosa, si viene a negare l’effettivo ruolo degli dei;
• Le religioni mistiche. Sono le religioni che prendono più piede,
sia quelle derivanti dalla grecità:
- i Misteri Eleusini;
- il Culto Dionisiaco;
sia quelle di tipo orientale:
- il culto di Serafide e di Iside in Egitto;
- il culto di Cibale e Attis in Asia Minore;
- il culto di Siria e Adone in Siria;
- il culto di Mitra in Persia;
Questi culti hanno un carattere orgiastico e ognuno di essi nasconde una simbologia che fa pensare ad un’esistenza dopo la morte.
CULTO DI CIBALE: era una divinità frigia della fecondità. Le cerimonie simboleggiavano un periodico risorgere della primavera e la morte nell’ inverno. Tale culto è legato al culto di Attis: entrambi giravano su un carro trainato da pantere e leoni e seguito da coribanti. Costoro erano sacerdoti con strumenti metallici che si abbandonavano ad una musica orgiastica e uscivano da sé mettendosi in contatto con la divinità. Attis era inizialmente l’amante di Cibale, egli però, poi, l’abbandona poiché si voleva sposare con una principessa, figlia del re di Pessimunte. La dea, quindi, per vendicarsi, durante il banchetto di nozze si intromette e riempie di timore e panico i convitati e in particolar modo Attis. Il giovane, preso da un eccesso di furore e pazzia, corre tra i monti e si uccide. La dea, pentita, ordina così che nell’equinozio di primavera si celebri una cerimonia funebre in onore di Attis. I coribanti andavano suonando nella montagna e quando trovavano un’immagine di Attis si abbandonavano alla sfrenatezza e si picchiavano a sangue. Attis è quindi il simbolo della morte e resurrezione sia della natura che dell’uomo.
CULTO DI ISIDE E OSIRIDE: Iside è una divinità egiziana originaria del Delta, è una divinità celeste, sposa di Osiride. Il fratello di Osiride, Seth, lo uccise e lo fece a pezzi che seppellì in luoghi diversi. Osiride così inizia la ricerca dei vari pezzi sparsi e via via lo ricompone. Gli dà nuovamente la vita e genera con lui un figlio che lo avrebbe vendicato, Oro. Osiride divenne il dio dei morti. Il culto trattava una Sacra rappresentazione e simboleggiava la morte e la successiva resurrezione.
CULTO DI ADONE: Tratta la storia di un amore di Afrodite, Adone, del quale lei si innamora, ma che purtroppo muore ucciso da un cinghiale, in una battuta di caccia. Afrodite così supplicò Zeus di ridargli la vita, ma Proserpina, la regina del regno dei morti, si era invaghita di Adone e così fu stabilito che per metà dell’anno sarebbe rimasto nel regno dei morti e per l’altra metà in quello dei vivi.Anche questo culto simboleggia la morte e la resurrezione e si suggerisce al fedele che la stessa cosa accadrà anche a lui.
Tutti questi culti sono legati alla natura perché è il primo elemento con cui l’uomo si rapporta; da una dimensione naturale si passa poi ad una di pensiero.
PERCHÉ VENGONO SEGUITI?
Tali culti rispondono alle esigenze religiose del tempo, coinvolgendo l’uomo sia sotto l’aspetto razionale che irrazionale. Cerimonie belle, particolari e seducenti suggerivano una vita all’aldilà e creavano un rapporto uomo-divinità. Essi coinvolgono sia gli strati più umili della società in quanto vengono affascinati e ammaliati, sia quelli più colti che vi ricercavano una saggezza antica.
ASTROLOGIA E MAGIA: Dal II sec. a.C. sono pubblicati trattati pseudo-scientifici che influiscono sulle credenze del tempo. Mettevano in relazione il mondo degli astri con l’uomo, ritenendo che essi influissero sul mondo umano. Si stavano inoltre facendo scoperte di carattere astronomico; così astrologia e magia si vengono a mescolare con religione, scienza e filosofia in una tentativo di trovare una base scientifica. Rappresentano una degenerazione della fede religiosa, anche se sappiamo che è caratteristica propria dell’ Ellenismo la presenza contraddittoria di razionalità e irrazionalità. Il cerimoniale magico era molto conosciuto e la magia era applicata da Eroda ed altri.
Sono tutti culti che coinvolgono l’uomo nel suo aspetto razionale ed irrazionale: si entra in trance e se ne esce da sé per raggiungere una dimensione più ampia.
LETTERATURA
Nel III secolo l’attività è particolarmente intensa, nonostante la produzione sia andata quasi totalmente perduta, a causa anche dell’atticismo, che condanna il periodo.
Ci sono trattati scientifici, storiografia e poesia. Questa vastissima produzione in prosa è andata in gran parte perduta, poiché l’atticismo ha fortemente condannato questo periodo e alcune opere non sono più state copiate. Tra le opere in prosa abbiamo soltanto:
- le lettere di Epicuro;
- una parte dell’opera storica di Polibio e di Diodoro Siculo;
- degli scritti scientifici di Euclide ed Archimede;
Conosciamo, invece, meglio la poesia, perché delle scoperte papiracee ci hanno fornito del materiale interessante. Possiamo così comprendere che la poesia ha nuovi caratteri determinati dalla caduta delle polis che erano state molto importanti. La loro caduta comportò delle trasformazioni nella vita e nella mentalità dell’uomo ellenistico. La poesia classica rispecchiava regole, aspirazioni e problemi della polis: la lirica corale le feste della polis, mentre quella monodica i sentimenti dell’uomo. Il cittadino respirava l’aria della propria città. Ora vive frequentando le biblioteche, non impara più dalla vita, ma dai i libri; non scrive più per i cittadini, ma per la corte e per il mondo dei dotti letterati e rivali in particolar modo. Prima il poeta era anche unllllllle un eeeeeeeee: Euripide ed Aristofane per esempio risentono della vita della polis, ora invece il poeta si stacca e diventa uno specialista. Non è più il poeta del popolo, ma solo il poeta. L’arte non ha più un fine educativo, ma è fine a sé stessa, è l’arte per l’arte. La letteratura ellenistica esprime una letteratura raffinata, individualista e cosmopolita: si sofferma sull’individualità, sul concetto di uomo e per questo anche sul mondo degli umili che ritrae con simpatia, sente il rapporto con la natura ed il bisogno di tornare alla campagna. È per questo un’arte con molti scorci paesaggistici ed ha come tema preferito l’amore (se non si è più coinvolti dall’ambiente esterno si attua un’introspezione al proprio interno) con gelosie, gioie e dolori.
I generi letterari della poesia restano quelli tradizionali, ma sono trasformati dallo spirito di un’epoca antieroica, disincantata, razionalista.
COMMEDIA:
• ANTICA: Era una commedia politica ed i temi erano quelli della città, dunque: pace, guerra, personaggi di spicco (Socrate e Euripide per Aristofane).
• NUOVA: È una commedia borghese, che tratta temi borghesi.
EPICA:
• ANTICA: Era un epos di lunghissime dimensioni (l’opera di Omero era costituita da 24 libri).
• NUOVA: Nasce l’Epidillio che è un carme di piccole dimensioni caratterizzato dalla brevitas; ha come personaggi quelli del mito, anche se viene presentata la loro parte umana ed il mito in sé è trattato con grande libertà.
TRAGEDIA:
Continua sul modello di Euripide. Gli eroi provano sentimenti umani, Giasone, nelle Argonautiche, ha dei difetti; si attribuiscono agli eroi i sentimenti dell’uomo. C’è un contrasto tra il privato e la dimensione pubblica del mito classico, all’Ellenismo piacciono questi contrasti. Si dà origine ad una poesia diversissima rispetto a quella antica.

ELEGIA:
Sembra non aver nulla anche fare con quella antica. Questa è un’elegia narrativa. Gli alessandrini volevano collegare la loro opera con quella di Mimnermo, i Namnatio Namnoi (per la donna amata), e la Lide di Antimaco di Colofone. Infatti questi erano stati tutti poeti d’amore. Le elegie precedenti, eccetto Mimnermo, erano o politiche, come quelle di Solone, o guerriere, come quelle di Callino.
L’amore è trattato facendo ricorso a miti rari o a leggende poco conosciute. Le storie d’amore si preferivano molto patetiche con un amore rovinoso e fatale.
• Particolare tipo di elegia è l’ELEGIA EZIOLOGICA dove viene spiegata l’ vvvvvv di un mito. La passione per l’erudizione infatti fa crescere la passione per collegare un mito ad un’etimologia, ad un uso o ad una festa locale. Il suo rappresentante più famoso è Callimaco che scrive un componimento in distici elegiaci chiamato : ci sono molte leggende ed una cornice che le lega ad un unico filo conduttore. Infatti la storia ha come protagonista il poeta stesso che finge di parlare alle muse, le quali gli raccontano tutte le origini di miti, riti, nomi di città ecc.
EPIGRAMMA:
• ANTICO: In origine era un’iscrizione, un componimento brevissimo di due versi (distico elegiaco, esametro, pentametro). Era scritto su un ex-voto o su tombe ed era sempre legato ad un’occasione pratica e concreta.
• NUOVO: Non è più legato ad un’occasione pratica, ma diventa l’espressione di un sentimento soggettivo. Il poeta finge di scrivere per altri, ma , in realtà, ora non c’è più un’occasione pratica e concreta. È solo un genere letterario del quale il poeta si serve per esprimere i propri sentimenti. Come conclusione spesso troviamo l’ , ovvero l’effetto a sorpresa.
Esiste poi l’EPIGRAMMA LETTERARIO in cui il poeta si sfoga contro i suoi avversari o loda un’opera (come fa Catullo con la Smina, in cui esprime l’amore per la poetica dei neoterici). Diventa un modo per esprimere la poesia in senso lato, infatti, anche se si distinguono per genere (erotici, cristiani, votivi, ecc.), sono frutto della fantasia del poeta.
POESIA REALISTICA:
• MIMO: è ambientato in città e i personaggi sono i borghesi della vita quotidiana
• IDILLO: è ambientato in campagna e i personaggi sono pastori, anche se comunque appartenenti alla media borghesia.
È una poesia destinata alla lettura, una poesia libresca, solo eccezionalmente era cantata, recitata o letta in pubblico. Ciò provoca tutta una serie di conseguenze. Il poeta non è più vincolato ad un solo genere letterario, come in passato in cui si dedicava ad un solo genere specifico, ora si dedica a tutti i generi (Callimaco scrisse opere di grammatica, elegia, giambi). Aveva un’ampia produzione e vennero fatte delle critiche alla figura di un poeta di questo tipo, per esempio a Callimaco fu volta questa accusa: “scrivi di tutto”, ma lui ribatté : “un artigiano che fa vasi, fa vasi di vario genere”.
È, inoltre, una poesia che dà molta attenzione alla psicologia. I poeti infatti analizzavano con molta precisione i moti del cuore ed è proprio per questo motivo che la poesia risulta più intima e più umana, sebbene infatti perda di fantasia, acquista la particolare caratteristica di essere più vicina a noi.
È una poesia riflessa: riflette quello che c’era prima. Il poeta ellenista ha in mano una grande eredità del passato che costituisce la sua base culturale. In epoca classica, nel trattamento di un soggetto, il poeta era condizionato dal tipo di esecuzione: se si doveva scrivere un inno per Atena in occasione di una festa esso doveva avere stile, metro, ecc. della lirica corale. Il poeta ellenistico, invece, può usare vari stili ed è libero di allacciarsi ad uno o più filoni di una tradizione ricca. Si può ispirare a vari generi, non è più vincolato dalla circostanza e dall’occasione pratica in cui il componimento doveva essere svolto ora è tutto scritto. Per esempio Callimaco scrive Inni ed il lettore, che deve avere un certo spessore culturale, è invitato a confrontarli con quelli di Omero e della tradizione in generale. Apollonio Rodio vuole che il suo lettore dotto tenga presente l’esempio di Omero infatti usa espressioni di Omero e richiama in generale chi lo ha preceduto attraverso citazioni dotte e invita il lettore a comprendere da chi le ha tratte. Da un lato perde di profondità,ma acquista un carattere ludico, di divertimento, in base al quale il lettore leggendo l’opera deve riuscire a compiere dei collegamenti. È qualcosa di nuovo, pur avendo il sentore dell’antico. In base alle capacità e al grado di cultura del lettore, ci sono quindi piani di lettura diversi, solo un’elite intellettuale poteva cogliere appieno il testo.
LA LINGUA
La lingua utilizzata era una lingua molto meticolosa e non corrispondeva al linguaggio parlato. I componimenti in prosa continuavano ad essere scritti secondo la ccccc mentre in poesia continuava ad esistere la lingua specifica per ogni genere, la lingua letterale; per esempio la poesia epica continuò ad essere scritta nel dialetto di Omero. I poeti, ora, adottavano i dialetti a seconda dell’intonazione del componimento.
Nel campo della prosa filosofica nasce la diatriba, ovvero una discussione di tipo moraleggiante con carattere aggressivo.
Nacque anche la satira menippea, inventata da Menippeo di Gada, ovvero una mescolanza tra prosa e poesia. Il caso più celebre fu quello di Seneca, il quale scrisse l’,,,,,,,,,,,,,,,,(trasformazione in zucca) contro l’imperatore Claudio, dove erano presenti delle lunghe parti in prosa e altre in poesia. Anche il Satyricum di Petronio è un romanzo con parti in poesia che costituiscono delle improvvisazioni di Eumalpo, il poeta protagonista dell’opera.
CARATTERISTICHE ORIGINALI
Ci sono vari elementi che vengono a convivere nella letteratura ellenistica, ma che non sono assolutamente originali:
• Innovazioni e modificazioni del mito. Non è un elemento assolutamente originale, era già presente in Omero e in Euripide;
• Riferimenti e allusioni alle leggende. Omero l’aveva già fatto, per esempio nell’Odissea trattando il mito di Medea;
• Abbondanza di scene intimistiche e realistiche. Sono presenti nelle letteratura classica, in Euripide per esempio;
• Attenzione rivolta alle figure di donne e bambini. C’era in Euripide, sia per Medea, che per i suoi figli, che per Astianatte nelle Troiane;
• Umanizzazione degli eroi. Anche questo è presente in Euripide, basti pensare a Giasone nella Medea.
Non sono elementi assolutamente originali, ma elementi che prima erano marginali e che ora sono posti in primo piano. Non possediamo la poesia del IV sec. e per valutare quanto è nuovo ci sarebbe stato necessario conoscere questa letteratura. Di questo secolo conosciamo solo Antimaco di Colofone che Platone amava e leggeva molto. I poeti alessandrini sostengono che costui sia il loro precursore. Le opere che ci sono pervenute sono:
• Tebaide: Era costituita da 24-34 libri e narrava la vicenda della guerra dei “Sette contro Tebe”. La novità consiste nel fatto che inserisce tutta una serie di miti e di leggende e fa arrivare i personaggi a Tebe solo nell’ultimo libro. Fu amato dai dotti alessandrini per il contenuto morale di tale componimento e per la grande erudizione presente nelle digressioni di carattere geografico, nonchè per l’espressione patinata. Costui prediligeva i miti più oscuri di cui indaga l’ dddddd. Era un grammatico e curò un’edizione di Omero, poeta che aveva emulato, anche se la sua opera era molto diversa per quanto riguarda lo stile, che era solenne e prezioso ( anche in questo è precursore degli alessandrini). Anche Apollonio Rodio lo apprezzò molto e lo imitò, ma c’era una voce fuori coro: Callimaco. Costui giudicava i suoi versi “grassi e non rifiniti”, sentenza che fa pensare ad una forma enfatica e ridondante, priva di labor limae.
• Lide: Il titolo significa “donna di Lidia”. Di quest’opera possediamo solo qualche frammento in cui il poeta piange la morte della donna e da ciò prende spunto per narrare tutte le storie d’amore in cui la protagonista femminile subiva un triste destino (Arianna e Teseo, Medea e Giasone, Euridice ed Orfeo). La “Lide” fu avvicinata all’opera Natio di Mimnermo. Antimaco tratta con il distico elegiaco una materia tipica dell’epica ed inoltre trattando i punti del passato tratta la sua esperienza personale.

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