L'ellenismo

Materie:Altro
Categoria:Greco

Voto:

1.5 (2)
Download:337
Data:14.02.2007
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
ellenismo_10.zip (Dimensione: 12.62 Kb)
trucheck.it_l-ellenismo.doc     43.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

L’età ellenistica

La civiltà della scrittura
Il pubblico dei lettori e il commercio librario

Nel VI secolo, ma anche in quello precedente, il libro iniziò a diffondersi diventando, da strumento per la conservazione del testo, mezzo di fruizione delle opere letterarie. Alcune opere destinate alla recitazione o alla rappresentazione, erano scritte e circolavano per allietare chi volesse leggerle privatamente.
Le Rane di Aristofane parlano di un personaggio che legge per conto proprio l’Andromeda di Euripide, e anche in un altro passo della stessa opera si allude a lettori di testi comici.
Nell’Apologia Platone ci racconta di mercanti di libri che commerciavano vicino al teatro di Dionisio, sotto l’acropoli testi di Anassagora per pochi soldi.
Senofonte nell’Anabasi racconta che quando il contingente greco giunse in Tracia, presso Salmidesso, s’imbatté in alcune barche naufragate e saccheggiate dalla popolazione nelle quali ritrovarono casse di libri destinate all’esportazione. I collezionisti e i commercianti di libri si diffusero ben presto e, come riporta la testimonianza di Plutarco, Alessandro Magno fu tra i primi di questi.

La biblioteca di Alessandria
Al IV secolo a.C. risalgono le prime e Aristotele rilevanti biblioteche; erano quelle delle scuole filosofiche che racchiudevano testi di diversi autori, appunti di insigni maestri e autografi di opere originali.Queste biblioteche risultavano indispensabili per la ricerca e l’insegnamento, di grande rilievo culturale, tuttavia avevano dimensioni modeste a causa della difficoltà di reperire i testi e i costi elevati. Solo pochi eletti erano possessori di una biblioteca personale, come Aristotele e Platone, che poi confluì nel patrimonio della loro scuola.
Aristotele riuscì a collezionare numerosi testi, raccolte inedite, archivi e appunti grazie al suo discepolo regale, Alessandro. Dopo la morte del filosofo la biblioteca passò di mano in mano attraverso diverse peripezie e vicissitudini. Come riporta Stradone era grande l’interesse per quei libri da parte dei sovrani ellenistici: i Tolomei organizzarono la biblioteca Alessandrina sul modello di quella di Aristotele, e il re di Pergamo Eumene II cercò ripetutamente di impossessarsene. Ma dei numerosi testi appartenuti a Aristotele non si ebbe più alcuna notizia fin quando non riapparvero nel I secolo a Roma. Fu grazie a questa fortunata circostanza che oggi possiamo avere coscienza di importantissimo testi non destinati alla pubblicazione quali la Poetica.

Il papiro
Un fattore fondamentale dell’ampia diffusione del libro fu la possibilità di reperire un materiale scrittorio a basso costo così da rendere il prodotto accessibile ad un pubblico più ampio.
Questo procedimento ebbe inizio quando i Greci si impossessarono dell’Egitto e lì poterono reperire un maggior quantitativo di papiro che aveva costituito da sempre le fondamento al popolo della scrittura. Da qui venne favorita l’editoria nell’Egitto dei Tolomei e la fondazione della leggendaria biblioteca.
I libri erano pertanto costituiti da rotoli di papiro che venivano scritti in colonne affiancate orizzontalmente. Solo nella tarda antichità il papiro venne sostituito dalla pergamena, di origine animale, rilegata in fogli, prototipo dei libri attuali.

Retorica dell’oralità e retorica della scrittura
L’opera composta per essere recitata o cantata davanti a un pubblico è sicuramente lontana se non contrapposta per stile e metodo compositivo all’opera redatta per la privata lettura. Già Aristotele era piena, mente cosciente della differenza che intercorre tra queste due arti parallele.
Nel terzo libro della Retorica questo concetto è ampiamente sviluppato dal punto di vista stilistico.Il discorso è più preciso e strutturato nell’affrontare i diversi argomenti ma si dimostrerebbe fiacco se proposto a un pubblico di ascoltatori, al contrario i testi finalizzati alla lettura privata risulterebbero dilettanteschi e disadorni al lettore.Chi parla utilizza un codice comunicativo composto di parole e recitazione. Aristotele aveva presente lo stile degli oratori epidittici che, come Isocrate, componevano per un ristretto numero di lettori che come gli oratori potevano avvalersi di formule comunicative più incisive.

La sopravvivenza dell’oralità: il pubblico dei sofisti
Ricordiamo però che la pratica, l’arte, dell’improvvisazione davanti a un auditorio rimase comunque in uso anche dopo l’affermazione del libro.Essa tuttavia si trasferì dalla poesia alla prosa. Dal I secolo i nuovi rapsodi furono gli oratori che si esibivano in tournèes davanti a un pubblico non solo di intenditori ma anche di gente comune. La letteratura greca pertanto rimase incatenata all’oralità quanto alla scrittura.
Gli oratori professionisti acquisivano la loro arte attraverso lo studio e la dottrina, ma utilizzavano le stesse tecniche che avevano contraddistinto i compositori orali. La loro arte era, infatti, caratterizzata dalla ricerca di effetti speciali per catalizzare l’attenzione del pubblico, questo è il tema di un’opera complessiva: Vita dei filosofi.

L’Ellenismo
La cultura greca in un mondo che cambia
Nella primavera del 334 a.C. Alessandro partì per la spedizione a lungo progettata con un esercito di Greci e Macedoni contro la Persia. Undici anni più tardi morì a Babilonia non avendo più fatto ritorno in patria; dopo il suo tramonto l’impero persiano venne sostituito dal governo greco-macedone che si estendeva dalle rive dell’Adriatico fino all’India e alla Cina.La civiltà della polis si sgretolava e gli orizzonti greci si allargavano.La città stato, che da tempo aveva perso la sua egemonia, veniva sostituita dalle monarchie assolute che si spartivano l’impero di Alessandro. I reami greci resistettero per tutto il primo secolo fin quando anche l’Egitto, per ultimo, fu sottomesso da Roma.
Questo periodo di transizione fu chiamato Ellenismo e comprende gli anni dal 323 a.C. al 31 a.C.Questa definizione è stata data da Carl Johann Droysen che ne fu il primo storico nel XIX secolo.In questo periodo si formò una società multirazziale e cosmopolita e i Greci ne furono la classe dominante e il greco la lingua comune. Le popolazioni delle polis, ormai marginali per importanza storica, partirono per popolare il nuovo mondo che prometteva ricchezze e prosperità.Grazie ad un progetto di urbanizzazione promosso dai sovrani greci per controllare meglio i territori sottomessi nacquero città greche, con templi e palestre, dalla Mesopotamia fino all’Afghanistan.Una di queste città divenne poi la capitale culturale dei Greci, sede di arte e cultura: Alessandria d’Egitto.Ma ne sorsero tante altre come ad esempio Antiochia in Siria. Sul tutto il territorio si rispettarono le tradizioni greche e fu letto e cantato Omero; è simbolico di questa esplosione dell’Ellenismo che il re indiano Ashoka quando volle proclamare al suo popolo i principi del buddismo li fece incidere su una stele anche in greco contenente il suo famoso editto.
Dopo la morte di Alessandro Magno si ebbe quindi un Commonwealth in cui una ristretta rappresentanza della casta dominante greca si alleò con i rappresentanti delle province sottomesse che andavano ellenizzandosi. La cultura greca divenne patrimonio comune al punto che alla corte dei re persiani si recitava Euripide e i filosofi e gli storici ebrei scrivevano in greco e tra gli scrittori egiziani e mesopotamici alcuni composero la storia dei loro popoli in greco. La Grecia e la sua cultura si diffuse in modo capillare in tutta l’Asia e ci rimase a lungo tempo: Egitto e Siria ne subirono l’influenza fino alle invasioni arabe e in Asia minore fino all’epoca delle crociate. L’impero Romano d’Oriente, che permase fino al 1453, fu governato da una classe dirigente che continuava a parlare greco, leggeva Omero e Tucidide, e scriveva nella lingua attica di Platone.
In questa nuova situazione cambiò radicalmente il rapporto fra cittadino e società. All’interno della città stato la solidarietà era un valore ben consolidato fra i cittadini, e tutti partecipavano attivamente alla vita politica. Fin dall’epoca arcaica il cittadino si concepiva in primo luogo come, cittadino attento e partecipe all’organizzazione della società. Dopo l’espansione e l’ellenizzazione dei territori però, il cittadino non si sentì più microcosmo autonomo, ma un semplice suddito di un sistema sconfinato formato da diverse etnie. Individualismo e cosmopolitismo sono i due atteggiamenti di base in questo periodo che emergono perfettamente dalle filosofie ellenistiche, tutte proiettate a formare il saggio capace di bastare a se stesso.Inoltre nell’epoca ellenistica da un punto di vista antropologico si sviluppò un avvicinamento tra le diverse etnie che convivevano nelle stesse megalopoli.Quindi mentre il mondo orientale si ellenicizzò, il mondo greco subì inevitabilmente influenze asiatiche. Il pluralismo si dimostrò un carattere di base dell’ellenismo e si manifestò, ad esempio, nell’ambito religioso dove presero piede le religioni orientali a discapito delle religioni politiche.
Dal punto di vista letterario si può affermare che l’ellenismo è una diretta eredità dell’epoca moderna più di quanto non lo sia dell’epoca arcaica e dell’epoca classica. Nell’epoca precedente la letteratura non era solo un prodotto artistico ma anche un mezzo con il quale tramandare i valori fondamentali della società, interpretando la cultura del tempo e trasmettendola ad un pubblico compartecipe, uscendo dall’ottica circoscritta d’essere solo un lirico o un tragico. Il poeta comunicava con il pubblico principalmente attraverso la parola non solo per scelta stilistica, ma soprattutto perché la comunità cittadina potesse partecipare alla performance. L’ellenismo cambiò anche questa prospettiva e il poeta divenne un artista dedito alla sua arte, non più un interprete della cultura contemporanea.In questo stesso periodo nasce l’idea del“ l’arte per l’arte”e il disdegno per il volgo illetterato e ignorante. Nell’ellenismo, ancora, si scisse la letteratura colta, depositaria dei valori della società, e destinata ad un elite, dalla letteratura destinata all’intrattenimento delle masse. Così, se Eschilo interpretava a suo modo la cultura e la rappresentava alla cittadinanza ateniese, poeti ellenistici quali Callimaco e Teocrito si rivolgono ad una ristretta elite, adottando linguaggi incomprensibili e facendo proprio di questa caratteristica il segno distintivo della propria arte.
La poesia rimase quella d’occasione ma la committenza non arrivava più da ampi strati della popolazione, ma solamente dai grandi monarchi, come succedeva presso i Tolomei ad Alessandria. Generalmente i sovrani ellenistici sono mecenati alle cui corti si radunano poeti ed intellettuali per una precisa finalità politica, come controllare la cultura e mantenere attraverso di essa la supremazia della classe dominante. La poesia, la letteratura, l’arte e la filosofia sono gli strumenti che mantengono un universo multirazziale e contraddistinguono la supremazia Greca sopra gli altri popoli. In questo sistema la tradizione orale perde di significato perché il pubblico è internazionale e viene a conoscenza delle opere principalmente attraverso la lettura. Quindi, in questo panorama internazionale, il libro assume una posizione fondamentale attraverso il quale si può giungere alla conoscenza; per questo motivo sorsero numerose biblioteche pubbliche che permettevano l’accesso ai libri anche a persone di modeste possibilità economiche.
Con l’ellenismo si conclude il passaggio dalla tradizione aurale alla cultura del libro, che da allora in poi divenne lo strumento principale della comunicazione culturale.Questo fenomeno scaturisce l’erudizione e la perfezione stilistica, diametralmente opposta all’immediatezza e all’emotività che trascinava l’auditorio durante i primi racconti.In ambito Alessandrino si svilupparono precocemente i canoni di questa nuova concezione culturale. Callimaco rappresenta l’apogeo di questa cultura e, in quanto tale, disprezzava profondamente la poesia di massa e si riferiva ad un’elite con un’arte raffinata ed esclusiva.Dopo di lui, infatti, fu proprio questo il carattere che contraddistinse l’Ellenismo letterario. Come vuole la tradizione il carme, raccontato per intero, è il mito. Callimaco, comunque, evita i temi logori e preferisce una saga rara e marginale: quella del tessalo Erisittone che, avendo tagliato un albero dal bosco sacro alla dea viene punito con la fame perenne. È il resoconto di un’empietà punita con il contrappasso: Erisittone, affamato, divora tutto ciò che possedeva mandando n rovina la sua casa. Le parti estreme dell’opera riguardano lo svolgersi del rito, mentre la parte centrale è dedicata al mito che evidenzia la sapienza Callimachea del patrimonio tradizionale che qui si rivela in una trattazione umoristica. Erisittone non è un gran peccatore cui viene inflitta una pena esemplare, ma uno scapestrato cui viene imposta una pena ridicola quanto esemplare. Callimaco mette l’accento più che sul culto e sulla tradizione sulle scene del quotidiano, come quella del banchetto in cui venti cuochi cucinano, venti servi versano vino eppure tutto finisce subito divorato dall’eterno ghiottone come in una commedia Aristofanesca. Quest’unione tra solennità del rito e burla del quotidiano mostra appieno l’arte Callimache ed ellenistica in generale.

Inni
L’inno inizia con l’esortazione a partecipare al rito in onore della dea Demetra e da informazioni per quanto concerne il suo svolgimento: tutti sono invitati seguire scalzi e a capo scoperto il canestro portato sul carro trainato da cavalli bianchi e tutti devono guardare il canestro dal basso.
Si ricorda il suo pellegrinare doloroso e faticoso in cerca della figlia e subito, per non rattristare la dea con brutti ricordi, si passa a trattare del mito.Si racconta che Erisittone incosciente, tagliò un albero del bosco sacro e la dea lo punì con la fame eterna. Erisittone mangiò tutto il suo gregge e non smise mai di banchettare, ma più mangiava e più fame aveva così che morì di fame consumandosi sopra le sue stesse ossa.

Per il bagno di Pallade
L’inno è celebrato in Argo per una festa femminile durante la quale la statua di Pallade Atena veniva trasportata fino al fiume, lavata e riportata in città. Anche questa composizione non si sa se fosse stata scritta per l’inno sotto committenza o sia una finzione letteraria in onore della sua madrepatria. Callimaco, come suo solito, rivisita anche questo tema e lo infittisce di novità e variazioni stilistiche: la più evidente fra queste è che l’intero inno è versificato in distici elegiaci anziché in esametri come vuole la tradizione.
Il mito, come negli altri inni viene narrato nella parte centrale dell’opera, abbracciato dai riti dell’evento e si collega collegato ad un altro bagno della dea in ambiente bucolico in cui la dea fa il bagno assieme alla sua ninfa più cara. Qui il mito affronta l’argomento del tabù violato: era, infatti, vietato che una figura maschile interrompesse o facesse parte del corteo perché non poteva vedere la dea nella sua nudità, per tale motivo Tiresia, dopo aver contemplato la dea nuda, viene accecato. Anche in questo mito Callimaco ci propone la variante meno utilizzata e la stessa figura di Tiresia non ci viene presentata come quella del mediatore della voce divina, ma come un giovinetto che soddisfa le sue curiosità e va incontro alla punizione inconsapevolmente. Callimaco, inoltre, toglie alla narrazione ogni accento sentimentale ponendo ai suoi versi i toni medi delle situazioni familiari..

Il racconto inizia con l’ammonimento e il divieto di vedere la dea nuda e con il ricordo della ninfa a lei più cara si coglie l’occasione per narrare la vicenda di un giovinetto attirato all’acqua dalla sete e senza volere, vide la dea nella sua nudità. Il ragazzo fu punito con la cecità nonostante fosse figlio dell’amica.

Epigrammi

L’antologia Palatina riporta circa sessanta epigrammi attribuiti a Callimaco. L’ambiente del simposio richiama i dibattiti intellettuali e le vicende amorose; altri componimenti sono di natura funeraria composti sotto commissione e altri ancora sono di contenuto epidittico. Gli epigrammi, per la loro brevità, risultano congeniali a Callimaco ed esprime poetiche particolarmente efficaci. Anche in questo genere Callimaco porta la sua originalità e il suo stile di mescolanza tra i generi e i diversi registri linguistici. L’arte degli Epigrammi appare lucida e sorvegliatissima che nella sua concisione mostra richiami, allusioni e una moltitudine di diverse emozioni.

Epitaffio
L’epitaffio è un’iscrizione su una lapide che parla al viandante, e oltre alla presentazione del defunto stesso è presente una polemica letteraria contro gli avversari di Callimaco. A parlare è Batto, padre di Callimaco e figlio di un Callimaco comandante della flotta di Cirene in quegli anni.

La metà dell’anima
Il tema dell’anima fuggitiva è tipico della poesia erotica dell’ellenismo: come ad esempio Orazio. In questo breve epitafio si celebra metà dell’anima che insegue l’innamorato nella sua pazzia d’amore e lo schiavo fuggitivo che tenta di sottrarsi ad un padrone spietato.

La ferita d’amore

Attraverso la ferita d’amore Callimaco coglie l’occasione di trattare le passioni struggenti del cuore e attraverso il vino, inibitore che priva dell’autocontrollo, si abbandona al racconto della sua “malattia”.

Il giuramento violato
In pochi versi, Callimaco, racconta la storia di due giovani che si erano giurati amore eterno ed eterna fedeltà ma, dopo poco tempo, il ragazzo bruciava d’amore per un altro giovane e della giovane sposa non gli importa più niente. Questo perché le promesse degli innamorati, ci spiega Callimaco, non giungono alle orecchie degli dei.

Le voglie di Arato
L’epigramma era destinato ad accompagnare una copia dei poeti di Arato. Il tema richiama le notti dell’autore intento a limare le proprie opere e ricorda che lo stile e i temi sono gli stessi di Esiodo, mentre la poesia epica è me meglio raccontata dell’amico di Soli e, solo alla fine, è detta Benvenuta la sottile arte fatica di Arato.

Il poema del ciclo

Questi brevi versi esprimono tutto il disprezzo per tutto ciò di volgare e dozzinale, infatti, si ricordi che Callimaco in tutta la sua poesia ha sempre evitato tutto ciò che era gia stato usato da altri. A metà componimento però il tema cambia improvvisamente versando sul tema erotico non senza un sottile umorismo.

La bella crudele
E’ un esempio di canto sotto la porta, di serenata nella quale l’innamorato prega la bella crudele di non farlo dormire nel portico gelato, e le fa notare che tutti i vicini ne hanno compassione tranne lei. Il canto si riferisce agli innamorati infelici che aspettano le grazie delle loro predilette. Nella conclusione però. Come suo solito, Callimaco rovescia le sorti del componimento e ammonisce la bella crudele facendole presente che ora lei disprezza il giovane, ma quando sarà invecchiata rimpiangerà quelle attenzioni che ora disprezza.

Il cacciatore
Callimaco con un analogia spiega che il suo amore è come la caccia dei cacciatori dei boschi: è pronto a combattere e a soffrire per chi fugge ma trascura chi non si fa desiderare.Il componimento è di estrema raffinatezza e il tema viene sviluppato in modo arguto e sorprendente poiché il lettore è portato alla scena finale con un’analogia finissima. L’epigramma è stato successivamente tradotto in latino da Orazio.

Leporem venator ut alta
In nive sectetur,positum sic tangere nolit
Cantat ed adponit meum amor est huic similis nam
Transvolat in medio posita et fulgentia captat

Esempio