Ellenismo e relativi autori del periodo

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Testo

L’ETÀ ELLENISTICA: 323 A.C.-31 A.C
LA CIVILTA’ ELLENISTICA
In un passo della retorica Aristotele adopera il verbo IIIIIIIIIIIIparlare correttamente il greco) ed  proprietà di linguaggio nel servirsi del greco). Questi sono da tenere presenti se si vuole comprendere il senso del termine moderno ELLENISMO: con questo termine si designa il periodo della civiltà greca che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la fine della battaglia di Azio (31 a.C.), nella quale la sconfitta di Cleopatra, ultima dei Tolomei, consegna l’Egitto ai romani e determina la scomparsa dell’ultimo regno ellenistico.
Il questa accezione il brano venne usato per la prima volta da Droysen; tuttavia esso è già presente in diversi autori antichi. Merito di Droysen fu quello di aver esteso l’impiego del termine dal piano meramente linguistico a quello storico culturale.
QUADRO STORICO POLITICO
Dopo aver portato a termine l’opera di conquista e unificazione della Grecia e aver posto così termine alle secolari lotte fra le polis, Alessandro concepì il disegno audace di attaccare sul proprio territorio la potenza persiana: questa impresa la realizzò fra il 334 e il 324 a.C. conquistando un territorio vastissimo che si estendeva dall’Egitto all’Asia Minore , alla Mesopotamia, alla Persia, fino all’India. Partendo da questo enorme territorio Alessandro concepì il progetto di unire Oriente e Occidente in un impero universale: sposò una nobile fanciulla persiana e pretese che i suoi ufficiali facessero altrettanto, allo scopo di mescolare il popolo greco-macedone con quelli assoggettati. Secondo gli usi locali egli si attribuì onori quasi divini e tentò di imporre ai riluttanti macedoni il rituale delle poskunesis, l’omaggio che si rendeva al sovrano prosternandosi alla sua presenza. Frutto di calcolo politico fu anche l’incoraggiamento dato al sincretismo religioso, che si tradusse in una fusione del pantheon olimpico con quelli orientali con quelli orientali, dando origine non solo alla creazione di ibridi teologici ma addirittura alla nascita di nuove divinità.
La prematura morte di Ale impedì la stabile attuazione politica di questo disegno universalistico, scatenando un lungo periodo di lotte fra i suoi generali( Diadochi) e poi fra i loro discendenti. Poiché però nessuno di essi riuscì ad avere il sopravvento sugli altri, l’impero si divise definitivamente tra i vari stati. Intorno al 250 a.C. i maggiori regni greco-orientali erano 4:
- Siria > I sovrano Seleuco i Nicatore > dinastia seleucidi
- Egitto >I sovrano Tolomeo I Soter > dinastia Tolomei
- Macedonia > I sovr. Antigono Gonata > dinastia Antigonidi
- Pergamo > I sovr. Attalo I Soter > dinastia Attalidi
A queste grandi monarchie si aggiungevano alcuni piccoli stati anatomici come la Bitania, il Ponto, la Plafagonia e la Cappadocia, mentre la Grecia, Sparta a parte, ricadde sotto i macedoni.
Tutti questi stati ellenistici cadranno man mano nelle mani dei Romani.
I LUOGHI DI PRODUZIONE DELLA CULTURA
La civiltà ellenistica segna il definitivo trapasso dalla cultura orale-aurale a quella della scrittura, identificando nel libro il veicolo privilegiato di trasmissione del sapere e nella biblioteca il luogo della sua tesaurizzazione. È alla struttura del Peripato aristotelico che si ispirano le grandi istituzioni culturali create dalla munificenza dei sovrani in greco-orientali, primi fra tutti i Tolomei d'Egitto. Fino a quel momento infatti il centro della cultura era stato Atene, dove però nella civiltà ellenistica rimase solo la filosofia.
I massicci stanziamenti economici operati dai monarchi ellenistici ebbero un ruolo determinante nel profondo mutamento che caratterizza il ruolo dell'intellettuale e la funzione stessa della cultura: se prima erano legate tra di loro con una finalità di carattere sociale adesso il mecenatismo dei successori di Alessandro favorisce la creazione di veri e propri laboratori culturali che gravitano intorno alle corti.
Ciò rese la classe intellettuale sempre più organica al potere politico e fece sì che la cultura assumesse connotati marcatamente elitari, circoscritta ai cenacoli e alle accademie create dalla volontà dei sovrani.
ALESSANDRIA
ad Alessandria, la più grande e ricca delle città ellenistiche confluirono diversi poeti, letterati, grammatici. Determinante per il ruolo culturale che Alessandria assunse fu soprattutto la venuta di alcuni prestigiosi esponenti del Peripato: stratone di lampsaco e Demetrio falereo, costretto all'esilio da Demetrio poliorcete. Proprio al Falereo si deve il progetto di istituire la biblioteca e il museo di Alessandria. Tolomeo I volle infatti fin da subito circondarsi di letterati e i filosofi rendendosi benefattore dell'arte e della cultura.
Il museo era organizzato sul modello del peripato, sorgeva nell'area degli edifici circostanti alla reggia. Il sesso alloggiavano, studiavano e tenevano lezioni numerosi gruppi che potevano anche usufruire delle strutture contigue. Annesso al museo era pure la grande biblioteca al quale se ne dovette poi aggiungere una più piccola nel Serapeo.
A capo del museo che era un sovrintendente( rrrrrrrrrrrche ne dirigeva l'attività con le stesse funzioni esercitate dallo scolarca del peptato . Più prestigiosa ed era la carica del direttore (ccccccccccc della biblioteca, di nomina reggia, che venga ricoperta per la prima volta da Zenodoto e poi da Apollonia Rodio. Sotto la guida del direttore un gruppo di grammatici e di filologi si dedicava a emendare e annotare il testo delle varie opere che venivano catalogate e collocate nei diversi scomparti della biblioteca in vere e proprie edizioni critiche.
Ad Alessandria si chiedeva ad ogni nave che entrava nel porto se avevano dei libri da donare alla biblioteca. Questa raggiunse il suo massimo splendore verso gli inizi del primo secolo a.C.(circa 700.000 volumi) ma subì un colpo irreparabile in seguito all'incendio scoppiato nel 47 a.C. durante la campagna Cesariana contro Tolomeo XIII e andò poi progressivamente in rovina.
GLI ALTRI CENTRI CULTURALI
Pergamo: in concorrenza con la biblioteca di Alessandria fu quella di Pergamo voluta da Attalo I. anch'egli risorse all'opera di un celebre erudito, Cratete, ritenuto l'inventore della carta pergamena.
Antiochia: di livello minore ed era invece la biblioteca di Antiochia fondata da Antioco I e potenziata verso la fine del terzo secolo quando venne chiamato a dirigerela Euforione,
Pella: ebbe una vita culturale e relativamente vivace solo sotto regno di Antogono Gonata, il sovrano seguace dello stoicismo.
Atene: l'ultima sua grande fioritura letteraria fu quella della commedia nuova, che coincise in parte col decennio del governo di Demetrio Falereo, ma i cui esponenti per lo più non furono ateniesi. Resta rimase la sede della filosofia: a parte l'accademia e il Peripato nacquero anche la scuola di Epicuro e quella di Zenone, fondatore dello stoicismo.. Atene serbò in questo campo un prestigio culturale che durò fino a tutta l'età romana.
CARATTERI DELLA CIVILTÀ ELLENISTICA
l'esportazione della civiltà greca in terre così lontane dalla madrepatria si risolse non solo in un secondo interscambio fra cultura greca e orientale ma diede addirittura origine a un nuovo mondo, a una grecia totalmente diversa da quella che aveva avuto per secoli il suo fulcro nella polis.
COSMOPOLITISMO E L'INDIVIDUALISMO
appunto il cosmopolitismo, ossia la dimensione universalistica, costituisce uno dei caratteri peculiari di questa nuova civiltà: l'uomo greco si trova ora proiettato in un mondo senza confini dove l'idioma ellenico, divenuto linguaggio comune in un’area geograficamente vasta quanto il mondo conosciuto, risuona in metropoli colorite popolate da gente di tutte le razze. Egli si trova ora a doversi confrontare con culture profondamente diversa dalla sua, spesso portatrici di valori antitetici e alternativi rispetto quelli in cui era stato educato.
L'uomo greco prova un misto sia di fascino che di sgomento; e se da una parte non può non sentirsi cittadino del mondo, dall'altra tende a chiudersi in se stesso e a cercare nella propria interiorità l'equilibrio perduto, sostituendo agli antichi valori collettivi, tipici della polis, quelli più legati alla sfera individuale: in tal modo cosmopolitismo e individualismo finiscono paradossalmente col coesistere in quanto manifestazioni a un tempo opposte e complementari nella stessa condizione spirituale.
L'avvento delle grandi monarchie autocratiche, politicamente modellate su quelle orientali, trasforma quasi ovunque il cittadino in suddito, privandolo della possibilità di concorrere alle decisioni riguardanti la vita dello Stato, riservate ora al sovrano e i suoi ministri. Tutto questo accentua la tendenza a cercare nel privato nuovi parametri ed esistenziali.
LA FILOSOFIA E LA SCIENZA
in campo filosofico l'ellenismo implicò un mutamento rispetto alle tendenze dell'età precedente, un mutamento allegato al testo alle nuove esigenze di una classe intellettuale sempre meno interessata e grandi sistemi metafisici elaborati da Platone e Aristotele. In un mondo dominato dall'incertezza e dalla crisi dei valori morali, la cui deità-simbolo è la mutevole tyche, l'uomo si diresse verso la ricerca di una formula che gli assicurasse la serenità su questa terra , di una ricetta della felicità che lo rendesse i impermeabile alle bufere che imperversavano nel mondo. Si diffusero così dottrine filosofico a sfondo prevalentemente etico che, come l'epicureismo e lo stoicismo, promettevano all'uomo il conseguimento del limo digrada i turbamenti e dalle passioni.
Epicuro, teorizzando la necessità del vivere nascosto, corrispose in pieno all'istanza individualistica dell'ellenismo; gli stoici invece a quella universalistica fungendo da supporto all’ideologia del principato.
La scienza conobbe una grande fioritura in tutto il mondo ellenistico e annoverò tra i suoi esponenti figure di primo piano come Archimede, Euclide ed Eratostene. Gli scienziati usufruirono di strutture adeguate e mezzi di finanziamento poste a loro disposizione dai vari sovrani, ma dal punto di vista burocratico risultarono sottoposti a un certo controllo da parte del potere politico.
LA RELIGIONE
al contrario delle classi più elevate, gli strati socialmente e culturalmente meno dotati tentarono di colmare il diffuso vuoto spirituale attraverso esperienze religiose suggestive e coinvolgenti: si tratta di culti misterici di tipo esoterico legati a divinità orientali, dotati di una forte caratterizzazione salvifica e escatologica, che esercitò particolare attrattiva sui diseredati e gli oppressi.
In tutti questi culti l'iniziato giungeva alla visione della divinità o addirittura all'unione mistica con essa. Al dio lontano della religione olimpica se ne sostituisce uno invocato come “ capace di ascoltare”(oooooooo e “ Salvatore”( , cioè in grado di sollevare il fedele dalle sue miserie e di assicurargli la felicità eterna.
Un aspetto particolare della religiosità di questo periodo è la divinizzazione del sovrano: Gli epiteti culturali degli dei vennero attribuiti ai re. D'altro canto la proskynesis voluta da Alessandro preludeva già a questo fenomeno che ebbe la sua prima sanzione ufficiale nel 283 a.C., quando il Filadelfo divini esordi propri genitori Tolomeo I e Berenice.
L'ARCHITETTURA E LE ARTI FIGURATIVE
anche la architettura e le arti figurative furono influenzate dal nuovo clima politico e culturale. L'ideologia del sovrano, visto come epifania terrena della divinità, induce una spiccata tendenza allo scenografico e al grandioso, che si manifesta nella costruzione di monumentali edifici eretti a gloria del re-dio. essi vengono inseriti in contesti urbani il cui impianto risulta organizzato secondo un preciso piano regolatore. L’agorà sopravvive solo come luogo dei commerci e le grandi metropoli ellenistiche né ebbero spesso più di una. Resta terre però ogni soluzione politica e risulta scenograficamente fiancheggiata da portici coperti o utilizzata vestibolo dell'area riservata al re e alle divinità, all'ingresso dell'Acropoli.
Nel campo della pittura e della scultura si verificò un sovrapporsi di tendenze diverse, ma ugualmente accomunate dal rifiuto dello stile “ classico”, inteso come il gusto per l'ordine e la misura, come idealizzazione del contenuto spirituale e della forma, in un’opposta ricerca dell’effetto e del contrasto e in una rappresentazione più minuta e fedele della realtà naturale. L'eclettismo greco-orientale non esitò ad assimilare elementi provenienti da culture lontanissime come quella indiana. Comunque questi caratteri non furono univoci e costanti.
LA LINGUA
alla crisi della polis e alla diffusione della cultura greca fuori dai suoi confini tradizionali è pure riconducibile il fenomeno che caratterizza con maggiore evidenza l'ellenismo: la diffusione della “ parlata comune”, di base ionico-attica, finì quasi dappertutto col soppiantare le parlate locali divenendo la lingua ufficiale delle cancellerie e della pubblica amministrazione.
La koinè non rimase però sempre uguale a se stessa: mentre la lingua scritta inclina a essere più conservativa e a resistere alla nuova tendenza, quella parlata risulta più dinamica. Le direttrici di questa linea evolutiva obbediscono a esigenze di economicità, cioè di progressiva eliminazione delle forme sentite come non strettamente necessarie al pratico impiego e poco per volta abbandonate anche in ambito letterario: scompaiono così la notazione dello spirito aspro, il duale, il perfetto e l’ottativo. Anche nell'ambito della lingua scritta alcuni di questi fenomeni sono riscontrabili come nella traduzione greca della Bibbia e del nuovo testamento, cioè in opere generalmente prive di finalità letterarie.
LA NUOVA LETTERATURA
La nuova posizione dell'intellettuale nei confronti del potere politico ha una serie di riflessi sulla produzione letteraria di questo periodo, che assume caratteri del tutto nuovi.
Mutato infatti il destinatario di tale produzione, che non è più la comunità cittadina bensì la corte o l’agiata classe media, scrittori e poeti non possono non adattarsi alla nuova situazione sociale e politica, nella quale si richiedono prodotti artistici di fattura particolarmente preziosa.
Soprattutto i poeti, che continuano a preferire le lingue letterarie della tradizione, perseguono la ricerca di un'arte sempre più affinata ed erudita, in cui importanza primaria assumono la ricercatezza dell'elaborazione formale la scelta di argomenti poco divulgati.
Così i vecchi generi letterari risultano profondamente innovati e se ne creano di nuovi come l’epillio e l’idillio, e si ricorre sempre più a tematiche erotiche, simposiache, naturalistiche, con una spiccata tendenza all'analisi psicologica dei sentimenti e degli stati d'animo, quale prodotto di quella fuga nell'interiorità seguita al tramonto dei valori collettivi. Tale inclinazione all'individualismo produce due tendenze artistiche e di diverso segno:
1. l'interesse per i temi realistici ispirati all'osservazione della vita quotidiana e spesso commisti di elementi autobiografici
2. l'evasione verso il mondo del mito, concepito come una dimensione puramente letteraria e fantastica
in questo periodo fiorirono polemiche e contese non dovute a divergenze di natura politica o morale, ma a contrastanti visioni della letteratura e dell'arte, ora considerate categoria autonoma. Si verificò infatti un crescente distacco fra cultura e società.
Ciò rivela per altro verso la modernità dell'ellenismo, in cui la letteratura comincia per la prima volta a interrogarsi su se stessa e a riflettere sulla propria ragion d'essere.

MENANDRO
DALLA COMMEDIA ANTICA ALLA COMMEDIA NUOVA
Nel IV secolo a.C. si consumo’ la definitiva caduta della civiltà della polis: la tragedia scomparve completamente e pian
piano anche la commedia, attraverso un processo di trasformazione di forme e contenuti.
Mentre nelle commedie di Aristofane il tema politico(scontro e polemica politici) aveva un considerevole peso, con il mutare delle circostanze esterne il protagonista del teatro comico prende sempre piu’ le distanze dalla polis, che finisce per scomparire completamente dalla scena. Il venir meno della tematica politica è costante nella produzione teatrale da dopo Aristofane: c’è inoltre la mancanza della parabasi (“cammino davanti”, il coro si dispone in fila e i coreuti si mettono a sfilare davanti al pubblico; cosi’ l’autore comunicaal pubblico il suo pensiero e quello che voleva dire al pubblico) e la riduzione degli intermezzi corali(dovuta alla scomparsa della figura del corego). Indichiamo il 388 a.C. (ultima rappresentazione di una commedia di Aristofane) come data di conclusione della fase Antica della commedia e il 322 a.C.(prima produzione teatrale di Menandro) come inizio di una nuova stagione.
Possiamo identificare una fase di transizione della commedia caratterizzata dalla presenza della parodia mitologica e dell’assenza della satire politica.
- commedia antica: dalle origini all’inizio del IV secolo a.C.
- commedia di mezzo: fino al 322 a.C. circa
- commedia nuova : fino alla metà del III secolo a.C.
Ciascuno dei tre periodi conserva tratti specifici del precedente o dell’antecedente.
I POETI DELLA COMMEDIA DI MEZZO
Sull’esistenza della commedia di mezzo abbiamo qualceh perplessità. Pertanto ci sono giunti i nomi di 57 poeti appartenenti a questa fase di produzione teatrale e circa un totale di 365 opere. Predominante in questo periodo è la tematica della parodia mitologica.
- Antifane: nativo di Rodi o Smirne, attivo per quasi tutto il IV secolo, ha scritto opere con titoli attinenti alla mitologia e al mondo dei mestieri.
- Alessi: operante ad Atene, visse dal 372 al 270 a.C., produsse un grandissimo numero di opere e la sua fama giunse fino a Roma; un esempio della sua comicità è dato da Odisseo Tessitore, commedia in cui Ulisse lavora al telaio di Penelope.
- Anassiride: nativo di Rodi, autore di 65 commedie si concentro’ sulla parodia mitologica.
- Eubulo: incentro’ la sua produzione sulla parodia tragica, nativo di Atene, la sua produzione culmino’ tra il 376 e il 373 a.C.
- Rintone: fiorito al tempo di Tolomeo I si concentro’ su un genere che possiamo chiamare ilarotragedia, che consiste nel genere della podia tragica messa in scena con i modi della farsa fliacica. Compose circa 38 ilarotragedie.
MENANDRO
Unico autore sopravvissuto fra quelli della Commedia Nuova, Menandro diede vita ad un teatro nuovo e diverso nei temi e nella struttura da quello antico. Messa da parte la tematica politica, il teatro viene riempito dalla rilevante presenza dell’elemento psicologico, inserito in una trama sostanzialmente ripetitiva ed esile ma vivacizzata da colpi di scena, rivelazioni ed equivoci. Ispirandosi ad Euripide che aveva posto l’intreccio della trama e i colpi di scena in una posizione di rilievo nella tragedia, Menandro incentra il suo teatro sull’uomo, un uomo qualunque, ‘anonimo’, che viene calato in una normale quotidianità, disinteressato alla vicende e ai grandi temi della vita politica. Le vicende proposte dal teatro di Menandro sono relative alla sfera privata della vita di tutti i giorni, e gli intrecci prendono vita da normali episodi di quotidianità.
Sullo sfondo delle commedie c’è una società generalmente benestante in cui le differenze di censo non hanno molto peso perché tutti i personaggi interagiscono fra di loro e intrattengono rapporti reciproci. Menandro cura con molta attenzione l’effetto di verosimiglianza e la buona sorte: essa ha un ruolo molto scoperto in questo nuovo tipo di commedia -> spesso Menandro lo esaspera realizzando un gioco di coincidenze che da l’impressione di artificiosità.
Come Menandro anche Polibio e Plutarco insistettero sull’incidenza degli elementi imponderabili nell’ambito delle vicende umane: infatti l’insistenza sul potere della sorte era un indizio della crisi di certezze che travagliavano l’uomo greco nel crepuscolo della polis che sarebbe divenuto piu’ acuto nei secoli successivi.
L’ARBITRATO
L’arbitrato appartiene al periodo piu’ alto e maturo dello sviluppo drammaturgico menandreo, perché la capacità di far vivere i personaggi e di crearli tocca il suo vertice. In questa commedia il lieto fine trae origine dal carattere dei personaggi e non dal colpo di scena che riporta tutto a posto. È infatti un processo di maturazione dei personaggi che porta Carisio a ritornare dalla moglie ad esempio perché comprende la debolezza della natura umana e mostra la tolleranza e la disponibilità verso il prossimo. Tutto cio’ si configura come messaggio di alto valore morale che rende i personaggi profondi e ricchi di sfumature psicologiche.
Abrotono è la figura piu’ sensibile ed affascinante del teatro menandreo: è un’etera(attività indecorosa) che ha tuttavia saputo conservare i suoi innati caratteri di nobiltà d’animo e di generosità. Si adopera perché un atto di violenza non sconvolga la vita di un’altra donna, cosa che è successa a lei, e sconvolga un’unione coniugale.
Abrotono agisce in tal mondo per obbedienza alla sua indole (tropos). In una società in cui il proprio interesse è posto davanti a tutto e tutti, il carattere dell’etera spicca. Alla figura di Abrotono puo’ accostarsi la figura di Carisio, he subisce ed accetta di buon grado una lezione di vita senza precedenti: quando sente la moglie che parla col padre dicendo che assolutamente rifiuta di lasciarlo egli riflette sul fatto: lei gli perdona cio’ che lui non le vuole perdonare ->qui si attua un processo di crescita interiore del personaggio.
IL TEATRO DI MENANDRO
I protagonisti delle sue commedie appartengono a una società borghese, benestante, non schiava delle differenze di censo. Spesso la commedia accenna alle situazioni di poveri e sfortunati. In questa situazione è spesso introdotto un elemento di perturbazione dell’ordine familiare, come ad esempio la presenza di un’etera. Al sorgere di un problema (cosa che avviene puntualmente nelle commedie di Menandro) il protagonista reagisce secondo le pulsioni del proprio carattere o della propria cultura. Scorrono cosi’ personaggi rappresentativi dell’intero campionario dell’indole umana che non hanno nulla di caricaturale e di stereotipo.
Visti i convulsi ed imprevedibili recenti avvenimenti storici dell’ultimo cinquantennio la gente greca perde la fiducia nelle tradizionali divinità del passato, vivendo con il presente come unica certezza, mentre il futuro rimane incerto, avvolto nella nebbia. Questo evidenzia la crisi della religione tradizionale, ed la progressiva affermazione del trionfo dell’individualismo.
Il pubblico non si aspetta piu’ grandi insegnamenti dati dalla scena, ma uno spettacolo gradevole e facile da seguire (un teatro “non impegnato”).
Lo schema delle tragedie di Menandro è ben collaudato e semplice: la vita privata di un personaggio qualsiasi viene improvvisamente scossa da un evento inatteso che rischia di disarticolare irrimediabilmente. Ogni vicenda pero’ è a lieto fine e qualunque sia la gravità degli impedimenti la vittoria del personaggio positivo c’è sempre. Il teatro di Menandro è inoltre affollato di buoni sentimenti come filantropia, amicizia, solidarietà, disponibilità.
UMANESIMO MENANDREO
Il teatro di Menandro è antropocentrico. Il suo protagonista è un uomo alle prese con avventure quotidiane e anche banali, nelle quali risaltano le sfaccettature della sua indole; i personaggi sono vivi e ben definiti, e l’acutezza con cui vengono delineati probabilmente è influenzata dai ‘Caratteri’ di Teofrasto, che pero’ erano personaggi diversi da quelli di Menandro perché destinati a rimanere medaglioni immoti e privi di vita interiore.
Nonostante sia immerso in una dimensione quotidiana, l’uomo delle commedie menandree possiede una raffinata e complessa spiritualità. Mentre l’uomo ateniese del V secolo a.C. si sentiva un ‘unicum’ perché appartenente ad una civiltà superiore, Menandro colloca l’unicità dell’uomo proprio nel suo essere uomo, non nell’appartenenza ad una determinata etnia. Per M. dunque la nobiltà vera non è data dai natali, dal censo o dalla stirpe: cio’ che l’uomo è viene determinato solo dal suo carattere, non dalla casuale rpesenza di elementi esterni. La diffusione di uesta concezione spirtuale mostra come essa non fosse piu’ un’intellettualistica emanazione dell’antropocentrismo sofistico ma un dato diffuso ed accettato: il che contribuiva a mantenere viva la funzione pedagogica del teatro nel IV sec. a.C.
TECNICA TEATRALE
Nel teatro menandreo il dato piu’ rilevante è la scomparsa del ‘protagonista unico’ e dell’eroe comico. Alla vicenda rpendono parte infatti piu’ personaggi, umani e raramente divini. Un’altra caratteristica dominante del teatro di M. è sicuramente il realismo: il commediografo si impegno’ molto infatti ad elaborare vicende movimentate negli antefatti calati in una dimensione di vita quotidiana. Si nota inoltre la forte influenza di Euripide su Menandro nella struttura dei prologhi, nell’intreccio delle trame e nelle sceneggiature.
STRUTTURA E LINGUA
La struttura del teatro menandreo è ricca di espedienti tecnici (battute ‘a parte’, monologhi, frasi indirizzate al pubblico) ma cambia il rapporto col pubblico: Aristofane aveva trasformato i cittadini spettatori in un punto di forza della sceneggiatura, mentre nella commedia nuova il pubblico è soltanto spettatore dell’opera messa in scena, la quale diventa semplicemente una parentesi raffinata di evasione. Il linguaggio di Menandro si distacca da quello di Aristofane (linguaggio che spesso diventava triviale, volgare, cosa che era il punto di forza della sua comicità) non usando insulti e parolacce, né doppi sensi attinenti alla sfera sessuale o fantasiose creazioni lessicali: nel suo linguaggio è spesso presente un toccante lirismo dei toni. È un linguaggio che esprime la misura e il buon gusto. La lingua è l’attico del IV secolo. Lo stile è semplice e quotidiano, ben variato ed adattato ai personaggi.
CALLIMACO
LA RIVOLUZIONE CALLIMACHEA
Callimaco è il poeta ellenistico per eccellenza: piu’ di ogni altro rispecchia la svolta avvenuta con l’Ellenismo della civiltà greca. Callimaco elabora una poetica di rottura totale nei confronti della tradizione precedente; è lo stesso canone letterario(che era stato stabilito dalla Poetica di Aristotele) ad essere messo in discussione per far posto ad un sistema aperto e flessibile in cui l’artista si puo’ distaccare dai modelli tradizionali modificandoli, cimentandosi in piu’ tipi di componimenti poetici e di inventarne anche di nuovi. In questo sta lo sperimentalismo callimacheo: nell’eredità di forme letterarie e nel rinnovamento di queste. Al poema epico tradizionale Callimaco oppone l’epillio: una piccola opera epica molto raffinata, dove la saga eroica è miniaturizzata.
Callimaco ritiene dunque inattuale la ripresa del poema omerico fatta da goffi imitatori, sostenendo che il rifiuto delle norme tradizionali non implica pero’ la teorizzazione di un’arte senza regole, e la cura della forma e il senso della misura(tratti caratteristici della sua poetica, il cosiddetto ‘labor limae’).

GLI AITIA(=componimenti eziologici, modello di Catullo e Ovidio)
Sono 4 libri di componimenti in metro elegiaco. Ognuno di essi attraverso la rievocazione di un mito, spiegava la leggendaria origine di un’usanza, di una cerimonia, del nome di una località, unificando la capacità poetica di Callimaco con oggetti di interesse storico-antiquario. Questo connubio tra erudizione e poesia appare particolarmente evidente in quest’opera esemplare, il cui materiale mitico è attinto a repertori meno noti e vulgati, ma non viene mai creato da poeta, che infatti afferma di scrivere solo di cio’ che ha attestato.
Il procedimento eziologico non è una novità assoluta nella letteratura greca: era infatti presente 1)nelle genealogie esiodee 2) nell’epicinio pindarico, dove assolve la funzione di stabilire un rapporto fra attualità e mito. Negli Aitia è utilizzato e risulta funzionale alla struttura complessiva dell’opera. Stesso uso ha 1)nell’Eneide di Virgilio 2)nel IV libro delle elegie di Properzio 3)nelle Metamorfosi e nei Fasti di Ovidio.
Per introdurre la narrazione eziologica Callimaco fa ricorso a vari espedienti: parla in prima persona il protagonista dell’aition, o altre volte il racconto viene inserito in una ‘cornice’ che è rappresentata da una conversazione conviviale o da un dialogo poeta-Muse. Quest’ultimo tema forse costituiva il filo conduttore del poema.
Degli Aitia possediamo consistono in 200 frammenti di varia estensione non tutti facilmente collocabili nell’opera. Fortunatamente possediamo delle diagheseis che sono riassunti di un commentatore del I/II sec d.C. contenuti in un papiro pubblicato nel 1934.
Caratteristica dell’opera è l’enorme mole di erudizione mitologica e antiquaria evidente nei frammenti. Non si nega la presenza della poesia negli Aitia che ci è dimostrato ci fosse nei frammenti di ‘Acontio e Cidippe’ e nella ‘Chioma di Berenice’.
Acontio e Cidippe-> Acontio escogita un espediente per far si’ che Cidippe, fanciulla di cui è innamorato, legga su una mela l’inciso giuramento che la impegna a non sposare nessun altro al di fuori di lui. Dopo alcune vicende che ostacolano il loro matrimonio la storia si conclude felicemente.
Chioma di Brenice-> Tolomeo III parte per una campagna militare e la moglie Berenice si recide una ciocca di capelli che pone nel tempio come dono votivo per la sua protezione, ma la ciocca sparisce. Conone astronomo di corte vede in cielo una nuova costellazione che assomiglia molto alla ciocca di Berenice e dice che l’hanno rubata gli dei. La tematica di questo frammento ha continuato a produrre cultura, dalle Metamorfosi di Ovidio(trasformazione in stella=metamorfosi) a Catullo e a Foscolo.
Il proemio è il documento piu’ rilevante della polemica che Callimaco oppose ai sostenitori delle forme letterarie tradizionali (il poema epico, da lui considerato un poema unico ed ininterrotto)cui egli contrappone un ‘’epos breve’’. I suoi avversari chiamati Telchini(dal nome dei maligni demoni sterminati da Apollo) lo accusano di essere un poeta di pochi versi ma egli ribate dimostrando che anche Mimnermo era famoso per le brevi elegie e non per i lunghi componimenti.
Tra i nomi dei Telchini troviamo: due Dionisii, Asclepiade, Posidippo, Prassifane di Mitilene, mentre manca quello di Apollonio Rodio che sappiamo essere in maggiore avversario.
La modernità del poema di Callimaco sta nel: 1) aver utilizzato parti di un’opera poetica per enunciazioni estetiche o polemiche 2) aver apportato all’opera stessa modifiche ed aggiunte.
ARGOMENTI DEGLI AITIA
I Libro: prologo di carattere programmatico in cui il poeta polemizzava con gli avversari e proponeva la sua poetica (poetica = insieme di scelte dell’autore, tutto cio’ che scrive, stile, temi,ecc): Callimaco è il primo a fare una dichiarazione della propria poetica. Parte dalle rievocazione di un sogno in cui discuteva con le Muse sull’origine di usanze e riti. Poi innalzava i suoi veri e propri aitia ordinati per sequenze. Descrive riti sacrificali, cerimonie espiatorie ed episodi e vicende.
II Libro: doveva forse contenere aitia relativi alla fondazione di certe città siciliane e le vicende di alcuni personaggi leggendari. Non possediamo diagheseis quindi la ricostruzione è difficile.
III Libro: questo libro si apriva con un proemio in cui si inseriva l’Epinicio di Berenice, un componimento encomiastico della regina. Seguivano altri componimenti relativi a feste, storie d’amore(Acontio e Cidippe) e altri miti. In alcune di queste elegie vniva usato l’espediente di far raccontare all’oggetto che ne è protagonista la vicenda(prosopopea).
IV Libro: comprendeva 16 elegie dedicate e miti sempre meno noti. Anche qui si faceva ricorso all’espediente della prosopopea, come si nota nella Chioma di Berenice (la stessa ciocca parla).
I GIAMBI
Sono in tutto 13 componimenti, scritti nelle diverse varietà del metro giambico.
La figura di Ipponatte viene utilizzata per conferire una certa unità alla raccolta, comparendo nel primo e nell'ultimo carme, secondo quella tecnica compositiva “ ad anello” già a utilizzata negli aitia. L'opera ha però solo parziali affinità contenutistiche con la tradizione giambica: gli argomenti trattati nei singoli componimenti sono i più disparati e risulta piuttosto stemperata l'aggressività caratteristica dell'invettiva di archiloco e ipponatte.
Dell'opera ci sono giunti i frammenti papiracei di varia estensione insieme alle diegeseis dei singoli componimenti.
là varietà degli argomenti trattati esclude una precisa connessione con l'antico genere lirico: i toni polemici sono stemperati con una prevalenza del tono satirico.
Il poeta rimarca il suo distacco dalla tradizione adoperando la forma giambica rivestendola però di tematiche ad essa estranee. La stessa figura di ipponatte risulta alquanto difforme da quella tradizionale, perdendo i suoi connotati aggressivi per trasformarsi nel prototipo del saggio dispensatore di precetti.
I giambi raccolgono provocatoriamente l'accusa di polyeideia, e proprio nella varietà dei temi e dei toni finiscono col trovare il loro motivo unificatore.
Opera più originale e moderna di Callimaco, essi inaugurano quel nuovo genere seriocomico da cui deriveranno, in ambito latino, sia la satura che la satira.
L’ECALE
Callimaco è l’inventore di un nuovo genere letterario: l’epillio, un “piccolo epos”, l’alternativa al poema epico di vasta estensione. Opera esemplare di questo genere è l’Ecale, un poemetto in esametri di cui ci sono pervenuti 150 frammenti oltre alle diagheseis.
L’epillio si risolve in un vero e proprio aition, che spiega l’origine del toponimo Ecale e delle feste Ecalesie in onore di Zeus.
Il poemetto rappresenta il prodotto piu’ esemplare della nuova concezione artistica di Callimaco: la brevità nell’estensione, la raffinatezza dello stile, l’erudizione antiquaria. Questi elementi peculiari dell’opera sono il frutto di scelte programmatiche precise rivolte a dimostrare che l’unico modo di salvare l’epos è il modernizzarlo radicalmente nelle forme e reinterpretarlo nei contenuti.
GLI INNI
sono in tutto 6 componimenti dedicati ad altrettante divinità. Di estensione assai varia, dal punto di vista della lingua e del metro oscillano fra ossequio formale della tradizione omerica e intenzionale violazione di essa:
• i primi quattro sono scritti in esametri epici
• gli ultimi due presentano un colorito dorico
• il quinto è addirittura scritto in distici elegiaci
vi sono continue innovazioni e reinterpretazioni del tipico genere innografico. Gli dei celebrati negli inni hanno tratti altrettanto umanizzati di quelli cantati dagli antichi aedi, e tuttavia si vede chiaramente come essi non regnino più su un universo popolato da eroe magnanimi e percorso da titaniche passioni: i loro referenti terreni sono i potenti sovrani ellenistici.
Profondamente cambiati sono il cantore e il suo pubblico:
1. il cantore: è alla ricerca di un'identità che oscilla tra un fittizio ruolo aedico e una più reale dimensione di poeta-erudito
2. il pubblico: anch’esso è in equilibrio tra la parte di devoto ascoltatore della storia sacra e di curioso lettore di favole antiche
composti in un arco di tempo abbastanza lungo, gli inni offrono talora qualche elemento per una loro approssimativa datazione. Il più antico è quello a Zeus (280 a.C.), il più tardo è quello ad Apollo(258-247a.C.).
l’innografia callimachea si muove con disinvoltura fra tradizione e innovazione, innestando sul vecchio tronco rapsodico gli spiriti nuovi dell'ellenismo: la celebrazione degli dei olimpici non è mai quasi disgiunta da quella del sovrano-Dio e trae spesso lo spunto dalle cerimonie fastose e vagamente orientaleggianti con cui i re erano onorati.
I toni borghesi e persino umoristici con cui le divinità sono talvolta descritte trovano anche qualche precedente nell'epica omerica, ma attingono qui maggiormente a quella vena giocosa, vera essenza dell'arte di Callimaco.
GLI EPIGRAMMI
ci sono giunti in una sessantina di epigrammi ma il loro numero doveva essere più elevato. I temi trattati sono i più diversi(erotici, funerari, encomiastici…), così come assai ricca è la gamma di sentimenti e di stati d'animo che essi riflettono.
Non è facile però distinguere il confine che intercorre fra esperienza di vita e topos letterario.
Assai varia anche le estensione dei singoli carmi. Non mancano esempi di uso dei metri lirici e di forme dialettali doriche, a rimarcare quella “ varietà” (poikilia) che costituisce un elemento essenziale della politica di Callimaco.
LA POETICA DI CALLIMACO
callimaco, nelle sue stesse opere, enuncia i principi della sua poetica, adoperando sempre toni piuttosto aspri nei confronti degli avversari.
Dietro l'opzione per laDDDDDDDDDD esililità) si intravede chiaramente una presa di posizione antiaristotelica, che sarà la causa principale del dissidio con Apolonnio Rodio.
La parte non secondaria che l'erudizione ha nella poesia callimachea costituisce invece il cardine di una teoria letteraria che alla imitatio come essenza dell'opera poetica aspira a contrapporre nuovi procedimenti stilistici di tipo emulativo e allusivo. Callimaco precisa che il suo rifiuto dell'imitazione non implica il ricorso alla pura invenzione, e che originalità non equivale a infondata fantasticheria: il continuo e puntiglioso richiamarsi al dato erudito costituisce l'indispensabile supporto di una poetica che aspira alla verità.
Si capisce meglio così il rifiuto callimacheo del poema unico e ininterrotto: il poeta ha deciso di tagliare i ponti con l'epica tradizionale perché ciò lo costringerebbe a rielaborare i materiali già consunti da una tradizione plurisecolare.
APOLLONIO RODIO
LA VITA
le notizie sulla vita di Apollonio, sono incerte, ma nacque quasi certamente ad Alessandria. Probabilmente l'appellativo si deve un suo lungo soggiorno nell'isola di Rodi. Il lessico Suda e due Vite, che costituiscono le nostre principali fonti biografiche, concordano nel definirlo allievo del grande poeta Callimaco. La data di nascita è posta fra il 295 e il 290 a.C. Stando a una delle biografie, egli avrebbe lasciato Alessandria per Rodi a causa delle critiche negative seguite il o una lettura del suo poema Argonautiche, poi rielaborato e edito con maggior successo; il poeta sarebbe poi tornato ad Alessandria, ottenendo la direzione della biblioteca. Lasciata la capitale, egli non mi fece verosimilmente più ritorno, e morì intorno a 215 a.C.
LE ARGONAUTICHE
la saga degli Argonauti si colloca in un tempo mitico anteriore delle vicende narrate da Omero. L'antefatto remoto come è quello di Elle e Frisso: figli di Atamante, re di Orcomeno, i due fratelli si erano sottratti ai maltrattamenti della matrigna, un fuggendo sul dorso di un magico montone dal vello d'oro; durante la traversata sul mare Elle era precipitata ( stretto chiamato poi Ellesponto), Frisso era giunto in Colchide, e aveva sposato Calciope, figlia del sovrano locale. Sacrificato l'animale egli ne aveva affidato la pelle a un drago. A questo punto inizia la storia cantata da Apollonio, che si sviluppa in quattro libri. Pretendente al trono di Iolco, e destinato a uccidere suo zio Pelia, che aveva usurpato il trono, Giasone viene incaricato dallo zio di recuperare il vello d'oro. Il vero scopo è quello realtà di sbarazzarsi del nipote, che egli pensa destinato a perire nell'impresa. Giasone con una schiera di eroi salpa dalla Grecia a bordo della nave Argo, costruita con l'aiuto di Atena.
STRUTTTURA DEL POEMA
l'opera presenta un'architettura complessa, coerentemente finalizzata alla realizzazione di un disegno ben preciso.
SPAZIO
il primo dato d'analisi è il carattere assolutamente chiuso circolare dello spazio entro cui si svolge l'azione. A differenza dei poemi omerici, un incontro di partenza e la metà del viaggio finiscono col coincidere, questo che il vero obiettivo è quello di ritornare in patria, lasciata per un'impresa per la quale nessuno si sente realmente motivato; da cui il senso frustrante di incertezza impotente, che domina buona parte del poema.
Quest'assenza di reali motivazioni spiega molte anomalie del poema rispetto al modello critico, prima tra tutte quella del protagonista il quale sembra un personaggio poco riuscito, mare e realtà solo il coerente eroe di una sagra straniante.
TEMPO
come lo spazio del cui non tende a chiudersi su se stesso, non ho il tempo risulta dall'intersezione di diversi piani temporali e cronologici, in cui gli interventi in prima persona del poeta, creano un contrasto fra il tempo degli avvenimenti narrati è quello del punto di vista di Apollonio, in cui passato presente futuro finiscono col riflettersi l'uno dell'altro. A differenza di Odissea e Eneide, Apollonio descrive in modo rigorosamente cronologico la successione dei fatti, ma nello stesso tempo la divide mediante excursus etiologici riferiti al presente, oltre che a continue retrospezioni e anticipazioni degli eventi. Il ritmo narrativo risulta sempre più accelerato.
VIOLAZIONE DEL CODICE EPICO
a questa tensione dialettica, ne corrisponde un'altra di genere formale. Meticoloso nel concentrare in un poema poco esteso tutti gli elementi caratteristici dell'epos omerico, Apollonio, è altrettanto disinvolto nello svuotarli dal loro senso originario lasciando lo spazio anche a una lettura parodistica: ad esempio Ida sembra la caricatura di Aiace.
Ma le trasgressioni del modello epico e gli allontanamenti da esso si manifestano soprattutto nel particolare uso di certe strutture formali, il quale sottolinea la lontananza del poema dal suo modello ufficiale. Non si tratta solo di un rifiuto dello stile formulare ma soprattutto di un frequente impiego dello scorso, tipico del moderno stile narrativo e ignoto alla primitiva forma morale dei poemi Omerici: Apollonio sintetizza, rimanda d'altri luoghi dell'opera, evita la ripetizione di scene già descritte o di discorsi già riferiti, che in Omero venivano spesso ripetuti.
Un discorso a parte meritano le similitudini, che Apollonio adopera con frequenza anche maggiore di Omero, ma che costituiscono un'altra occasione per distanziarsi dal modello, in quanto sono spesso scandite su toni intimi mistici, tipici dell'arte borghese d'età alessandrina.
L'allontanamento più vistoso dai canoni epici riguarda quello delle personalità, che Apollonio infrange più volte con l'uso della prima persona e la conseguente inserzione di domande, considerazioni, interventi che spezzano la narrazione e riflettono spesso il clima culturale dell'età ellenistica, caratterizzato da una riflessione metodica sul fatto artistico. Questo uso del modulo soggettivo, appare significativo dell'inizio e nella fine, dove il poeta afferma l'originalità della propria creazione ed esprime la consapevolezza del suo destino non caduco.
Il cantore omerico non esiste al di fuori del suo canto mentre Apollonio sottolinea la distinzione tra egli come artefice e la materia trattata, la tradizione che egli si è assunto il compito di rinnovare, lasciando il segno della propria personalità.
La lingua adoperata formalmente quella omerica, con l'aggiunta di neologismi di preziosissimi lessicali.
APOLLONIO TRA EPOS E DRAMMA
L'ambiguo rapporto del poeta col modello omerico, oggetto di costante imitazione, ma anche di violazione delle sue norme, ripropone il problema dello scopo prefisso dal poeta.
Quella di Apollonio non è infatti una pura e semplice operazione di rinnovamento, volta a contrastare la tesi callimachea di morte dell'epos, ma tentativo di ricreare un nuovo genere di poema eroico diverso dall'epillio, ma anche dal poema ciclico tradizionale, in cui l'archetipo omerico venisse usato come base su cui innestare moduli narrativi procedimenti stilistici propri della poesia alessandrina.
La prova più evidente sta anzitutto nelle ridotte dimensioni del poema. Il numero di libri delle Argonautiche corrisponde invece a quello delle opere di cui si componeva la tetralogia drammatica, e in questo il poeta si conforma all'esigenze espressa ad Aristotele nella sua poetica.
Le Argonautiche possibile cogliere le tracce di un ritorno ad Aristotele, ma tale recupero a come riferimento privilegiato il dramma, oggetto principale delle riflessioni contenute nella Poetica. Già la critica aveva messo il rilievo e l'influsso della tragedia attica sull'opera di Apollonio. Esso non può essere ridotto a affinità di carattere formale, alternanza dialogo- narrazione finalizzata alla ricerca di particolari effetti artistici, ma le principali affinità risiedono soprattutto nella particolare atmosfera entro la quale si svolge la saga > carattere cupo quasi allucinato.
in tal modo Apollonia dimostra di guardare non tanto poema eroico, quanto la rilettura di esso attraverso la tragedia, connotate in senso psicologico ed esistenziale. Esempio > apparizione di Apollo = deus ex machina tipico della tragedia.
I PROTAGONISTI DEL POEMA
analizzando il comportamento dei due protagonisti senza frantumare la vicenda nel particolarismo dei singoli episodi, è possibile verificarne la coerenza e con statere anzi come esso sia uno degli elementi da cui maggiormente dipende l’unità del poema.
MEDEA
Questa figura racchiude sia i lineamenti duri e implacabili dell’eroina euripidea, sia quelli fragili e teneri della figlia di Eeta, ciò può servire a spiegare sia alcuni comportamenti di Giasone sia il variare del carattere di Medea durante il corso del poema.
Dopo essere stato colpito da Giasone, il fratello di Medea, Apsirto, ha ancora le forze per macchiare del suo sangue il velo e il peplo della sorella: è quasi un rito di iniziazione in cui il forte contrasto tra i colori ( rosso e bianco) rinnova e esterna definitivamente il contrasto tra pudore e desiderio amoroso caratteristico della sua persona.
Da quel momento Medea diventerà una portatrice di morte.
Nella sua persona Medea racchiude passionalità, freddezza determinata, tenerezza e ferocia. Come nella tragedia euripidea, il terreno di scontro tra le opposte pulsioni che agitano l’animo della protagonista è uno spazio interiore che si manifesta nel monologo, così è questa la forma che anche Callimaco sceglie per dar vita ai suoi sentimenti.
nel brano “tormento notturno”, come il termine farmacon, adoperato per indicare i filtri magici ha in sé un doppio significato (rimedio e veleno) così il tremendo potere di Medea si può definire ambiguamente salvifico e rovinoso allo stesso tempo. Di Medea adolescente sono i trasalimenti e i rossori che sempre l’hanno fatta classificare come eroina romantica, di Medea maga ingannatrice sono invece la sfrontatezza e la frode con cui chiede alla sorella Calcione l’avvallo del suo tradimento con la scusa di salvare anche i suoi figli.
Quando Medea incontra l’eroe nel tempio, il poeta descrive il suo turnìbamento mediante un riecheggiamento da Saffo; ma alle parole di Giasone, il quale le ricorda la sorte di Arianna, che dopo aver salvato Teseo era andatagli in sposa, Medea risponde con accenti ironici, in cui lo smarrimento dei sensi lascia posto alla lucida consapevolezza della propria estraneità ai valori di cui l’eroe è portatore, che anticipano il conflitto civiltà/ barbarie, che è uno dei temi fondamentali del dramma euripideo.
Davanti agli avvertimenti di Giasone e alle usanze greche sugli accordi e sui patti di matrimonio, Medea risponde di non rispondere a nessuna legge se non a quella di Eros, forza irresistibile che la possiede totalmente e a cui ella si abbandona giungendo fino al tradimento del padre e all’uccisione del fratello.
GIASONE
Nell’attivismo di Medea si trova la radice dell’inerzia di Giasone, che deve compiere il suo destino, anche se ben diverso da quello degli antichi eroi omerici.
Apollonio vuole di proposito reincarnare nel suo personaggio ideali molto lontani da quelli dell’epos antico, il che è rivelato, ad esempio, nell’episodio in cui l’indovino Mopso esorta Giasone a chiedere l’aiuto di Medea, e dalla violenta reazione di Ida che si mostra scandalizzato.
Le parole di Ida mettono in contrapposizione Ares e Afrodite: questo contrasto amore/ guerra rappresenta una delle chiavi di lettura di tutto il poema e del personaggio di Giasone. Eroe moderno egli adopera soprattutto le armi dell’eloquenza e della seduzione, ed è sempre portatore di un volere collettivo che è quello del suo gruppo. Egli sente però la sua missione solo come un peso da cui liberarsi.
La figura di Giasone si presenta quindi come perfettamente coerente: egli compie una sorta di viaggio iniziatici che lo conduce a divenire esperto del mondo, ma la cui frustrante circolarità lo porta a capire il vuoto che c’è in tutte le cose e nell’esistenza umana.
Continuamente posto a contatto con un'altra realtà, egli rifiuta ogni coinvolgimento emotivo, che lo porterebbe alla crisi e all’autodistruzione, e mantiene un assoluto controllo dei propri sentimenti e delle proprie azioni. Questo può essere interpretato come freddezza ma Giasone è manifestazione di una civiltà che è quella contemporanea ala poeta, in cui i valori di fondo egli esprime in modo coerente, rifiutando di identificarsi in eroici ma superati stereotipi culturali.

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