Sensazioni di un paesaggio montano

Materie:Appunti
Categoria:Geografia

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Testo

SENSAZIONI IN UN PAESAGGIO MONTANO
1300 metri d’altezza, ore 7,30 del mattino, apro la porta ed esco: il sole non è ancora spuntato completamente ma tutto è già ben visibile: il piccolo orticello, il grande prato dove pascolano tranquille le mucche, la stalla, una trave che fa da panchina sistemata vicino al muro. Tutto mi sembra così irreale abituata come sono alla vita di città. Per un istante mi sembra di sognare; la mia mente viaggia nel tempo trasportata dal leggero scroscio del torrente in lontananza e degli striduli ma ritmati cinguettii degli uccelli. Mi pare di vivere in un’epoca passata, allo stesso modo in cui vivevano i nostri nonni quando erano piccoli, circondati dalla natura e dalla semplicità. Rimango per un po’ a fantasticare, ma i miei pensieri vengono interrotti da una piccola farfalla che mi sfiora il viso e si appoggia al mio braccio. Mi sembra strano che non abbia paura di me, ma che anzi si fidi quando mi muovo per vederla meglio; forse sono abituate, forse in questi luoghi un po’ all’antica si dà più significato alle piccole cose, anche le più indifese e queste ormai l’hanno imparato. L’esile creatura che sto osservando è stupenda, dei bellissimi colori la caratterizzano; le fragili ali sono attraversate da sfumature azzurre e viola che le danno una grande luminosità. All’improvviso vola via, io la osservo mentre si destreggia leggera tra la brezza mattutina. Questo fresco venticello mi accarezza il viso come se volesse darmi il buongiorno. E’ una sensazione bellissima. Prima di entrare in casa per prepararmi all’escursione faccio un respiro profondo e cerco di trattenere più che posso tutti gli odori e i profumi di erba, fiori, animali e qualsiasi altra cosa mi circondi. Alle 9 siamo pronti. Siamo già saliti con la macchina fino a 1500 metri e da qui il cammino prosegue a piedi con lo zaino in spalla. Inizialmente camminiamo in una stradina abbastanza larga, non asfaltata, costeggiata a destra e a sinistra da grandi distese di verde dove capre, mucche , pecore e cavalli passano le loro giornate a pascolare. All’improvviso svoltiamo a sinistra e ci inoltriamo in un piccolo sentiero roccioso bagnato da un rigoletto d’acqua arrivato da chissà dove. Durante il percorso non mi va di parlare, voglio dare tutta me stessa nell’osservare e nell’ascoltare tutto ciò che di così fiabesco e stupendo mi circonda. Tutto il sentiero è pietroso e scosceso e rende la salita molto faticosa. Basta però fermarsi un momento e osservarsi attorno ed ecco che tutto il dolore delle gambe scompare soppresso dalla sensazione di benessere che si prova alla vista di tutto ciò che ci circonda. Un respiro profondo e riparto. Mi assalgono mille profumi, uno diverso dall’altro ed è difficile distinguerli. Prevalgono però gli odori dei muschi, dei pini e della resina sui tronchi che abitualmente non riusciamo ad apprezzare. Tutto questo è reso ancora più bello dalla rugiada mattutina che depositatasi sulle foglie le fa brillare alla luce del sole ormai già alto e lucente come fossero cristalli. Mi rimetto in cammino perché la voglia di vedere cosa ci sarà alla meta è troppo grande e irresistibile. Le rocce non sono completamente grigie, ma hanno varie macchie verdognole e marroni, forse tracce di muschi che c’erano vissuti sopra in un tempo precedente, o semplicemente la natura le ha create così. Ogni tanto si intravede in lontananza qualche mucca solitaria che si abbevera con l’acqua fresca di un torrente originario chissà da quale ghiacciaio. All’improvviso mi sembra d’impazzire se non mi fermo un attimo ad osservare. Mi giro e per un istante rimango senza parole, riesco a parlare solo con la voce del cuore grazie a tutto ciò che mi provoca dentro quell’immensità che si apre davanti ai miei occhi. Abbasso per u momento lo sguardo….un’immensa vallata si spalanca sotto ai miei occhi. Ad attraversarla è un grande torrente impetuoso che sbatte violentemente l’acqua sui massi che incontra. Tutto è così piccolo visto dall’alto, ma la montagna che mi si alza di fronte no, quella no, quella è immensa, mi fa paura, sembra mi voglia schiacciare, o meglio, sembra stia cadendo addosso a tutto ciò che si trova sotto di lei. Assomiglia a uno di quei mostri dei cartoni che si muovono pesantemente verso il nemico per distruggerlo. Non è possibile, non mi sembra vero che qualcosa di così meraviglioso possa provocare anche delle sensazioni angoscianti, ma forse, vista da un’altra angolatura può provocare delle emozioni diverse. Proseguo perciò il cammino. Il cinguettio degli uccelli si è fatto intanto più raro, ora si sente solo lo scroscio intenso del torrente e il leggero fruscio del vento che sbatte dolcemente sulle nostre gambe nude. Manca poco all’arrivo, eccolo, lo vedo, è quello il rifugio, ecco la casa! Cerco di accelerare il passo, ho una tale eccitazione in corpo, un tale desiderio di arrivare in cima che non riesco a resistere un momento di più. Pochi passi, pochi tornanti ed ecco….missione compiuta, la meta della prima escursione è raggiunta. Davanti a me si erge una piccola casa con la scritta “RIFUGIO VETTA D’ITALIA 2700 METRI”. Qua e la si trova qualche chiazza di neve. Ci sono una tranquillità e un silenzio quasi irreali. Mi siedo in una roccia e mangiando un panino osservo l’orizzonte. Avevo proprio ragione, vista da un’altra posizione, o meglio, da un’altra altezza la montagna che mi si alza davanti fa un’altra impressione. Ora non mi terrorizza più, anzi, mi rassicura. A questa altezza mi sento grande, potente, ma allo stesso tempo molto fragile. In questo momento mi piacerebbe essere un’aquila, vorrei poter volare verso orizzonti infiniti, sopra queste meraviglie, magari poter guardare non più dal basso ma dall’alto la montagna. Provo una sensazione di libertà indescrivibile. Anche le nuvole mi sono più vicine e mi lasciano assaporare le loro forme, le loro sembianze a panna montata. Vorrei tuffarmi dentro per constatare se la morbidezza che provocano guardandole la provocano anche toccandole. Il mio sguardo si perde nell’immensità del cielo. Mi piacerebbe fermarmi ad osservare e fantasticare per giorni interi, ma purtroppo non posso neanche per una sola ora perché la strada del ritorno è ancora molto lunga. Do l’ultimo arrivederci a quel paradiso e parto. Non scendiamo dalla parte dove siamo saliti, ma da quella opposta. Per mezzora camminiamo tra grandi massi di pietra come se fossero scogli e poi come per magia ci troviamo nel bel mezzo di una distesa di neve candidissima. Lo stretto sentiero formatosi dai passi precedenti di qualche persona è molto faticoso, c’è sempre il pericolo di scivolare. Nelle zone più scoscese cerco di tenere l’equilibrio e per istinto appoggio la mano per terra, ma la neve fresca non mi aiuta, anzi, lascia che il mio braccio le sprofondi dentro fino alla spalla. Le goccioline poi scorrono lungo la pelle dando un senso di freschezza. Mi fermo un attimo per riposarmi e, dopo essermi presa una manciata di neve la metto in bocca. Immediatamente col tepore del mio corpo si scioglie e mi disseta. Mentre assaporo quell’acqua insipida guardo verso la vallata e il mio sguardo incontra tre stambecchi. Non li avevo mai visti fino ad ora, mi piacerebbe avvicinarmi, ma sicuramente non starebbero là ad aspettare me. Il cammino è ancora in salita, ma dopo un’ora in mezzo alla neve arriviamo al secondo rifugio chiamato “TRIDENTINA 2800 METRI”. All’interno della casa c’è il ristoro, ma non voglio perdere tempo lì dentro, voglio vivere più che posso questa bellissima avventura. Da qui comincia la discesa per il ritorno a casa. Ci sono molti gradini irregolari, è molto facile cadere ma molto difficile frenare. Sono passate due ore e purtroppo siamo già arrivati alla macchina. Sono stanca ma questo non mi pesa perché la gioia di questa giornata è talmente immensa che mi allevia il dolore e mi fa solo continuare a fantasticare. Vorrei che questo giorno non finisse mai, ma purtroppo sono già trascorsi due mesi da questa bellissima giornata.

Esempio



  


  1. michele

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