Pompei oggi

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Visita a Pompei

La Basilica è la più antica che conosciamo - risale al 130-120 a.C. - e si crede che fosse coperta da un’unica capriata.

Entrando dalla Porta Marina, si giunge nel grande complesso del Foro con i suoi quattro templi, la Basilica, il “Macellum” e l’edificio di “Eumachia”. Fu costruito in epoca sannitica e ristrutturato in età giulio-claudia, quando venne sostituita la pavimentazione in tufo con quella in travertino.

Non lontano dalla Porta Nocera, troviamo la Grande Palestra e l’Anfiteatro, il più antico degli anfiteatri che conosciamo, risalente all’80 a.C., con un’immensa arena per i combattimenti dei gladiatori e la caccia agli animali feroci. Qui risuonava il grido di “Iugula” - sgozzalo - al momento della definitiva condanna dell’avversario sconfitto.

La “Casa del Menandro”, che si affaccia sulla Via dell’Abbondanza, risale al III sec. a.C. con pitture del IV stile e un tempietto dei Lari, i geni protettori della case, nel quale venne ritrovato un immenso tesoro di 118 pezzi di argenteria e molte monete e gioielli d’oro. Questa villa, che deve il suo nome all’immagine del poeta Menandro dipinta su una parete del peristilio, si pensa sia appartenuta alla famiglia di Poppea, moglie dell’imperatore Nerone, che possedeva anche un’altra casa importante, la “Casa degli Amorini Dorati”. Accanto alla “Casa del Menandro”, c’è la “Casa degli Amanti”, famosa per un dolcissimo graffito, che dice: “Gli amanti come le api vivono una vita dolce come il miele”. Splendide sono inoltre la “Casa dell’Efebo”, con il triclinio estivo sotto una pergola, la “Casa del Criptoportico”, riccamente decorata, e la “Casa di Paquius Proculus”, magnificamente conservata nella sua struttura.

Nelle “Insulae” tra Via della Fortuna e Porta Vesuvio sono concentrate alcune tra le più sontuose dimore della città: la “Casa del Fauno” che reca sull’ingresso il saluto di benvenuto “Ave”, scritto in tessere policrome. Al centro dell’ “impluvium” si trovava la celebre statua del fauno danzante, oggi al Museo di Napoli. La casa era dotata di terme private, aveva un doppio atrio e un doppio peristilio con splendide colonne doriche e un grande “hortus”. Nella “Casa del Fauno” venne scoperto uno dei più bei mosaici dell’antichità, la “Battaglia di Alessandro Magno a Isso”. Qui si trova anche la “Casa dei Vettii”, celebre per le sue pitture che furono eseguite nella fase di ristrutturazione, dopo il terremoto del 62 d.C. Notevoli sono inoltre la “Casa del Poeta Tragico”, armoniosa nelle sue piccole dimensioni, che reca sull’atrio il mosaico con il cane legato alla catena e la scritta “Cave canem” - attenti al cane - e la “Casa del Labirinto”, dall’emblema musivo del “Teseo con il Minotauro”. Distaccata, dietro la “Casa dei Vettii”, sorge la “Casa degli Amorini Dorati”, con maschere e dischi marmorei tra una colonna e l’altra del porticato. Possedeva un sacrario dei Lari, ma anche un sacello dedicato a Iside. Tutti gli ambienti della casa erano riccamente decorati con pitture a tema mitologico.

Il Tempio di Apollo, iniziato verso il II sec. a.C., sorge su un lato del Foro, nel centro più antico di Pompei. Era il principale santuario della città.

Il Tempio di Iside, eretto tra il II e I sec. a.C., è testimone della grande diffusione del culto egizio nel mondo romano.

Il Tempio di Giove, di fronte al “Macellum”, possiede un alto podio a doppia gradinata ed ha una cella divisa in tre navate da colonnati a due ordini.

Una particolare attenzione meritano le Terme del Foro, decorate con stucchi policromi. Particolarmente interessante è il “frigidarium” - nato come “laconicum” per i bagni di aria calda e secca - che consiste in una splendida sala rotonda con quattro nicchie, occupata da una grande vasca circolare in marmo e coperta da una cupola dipinta di blu. Il “tepidarium” è decorato con stucchi bianchi e ha delle nicchie inquadrate da “telamoni” che reggono la volta a botte. Uscendo sulla Via dei Sepolcri, incontriamo la “Villa di Diomede”, spogliata dei suoi dipinti. Sotto il criptoportico vennero trovati diciotto corpi, compreso il padrone di casa, che tentavano la fuga con addosso tutti i gioielli di famiglia.

Le Terme Stabiane sono le più antiche della città, risalenti al IV sec. a.C. e più volte rimaneggiate. Le volte delle Terme sono decorate con preziosi stucchi.

Via dell’Abbondanza è la strada delle botteghe: ci sono moltissimi “thermopolia” dal lungo bancone in muratura, dove si vendevano cibi caldi, focacce e vino da consumare in piedi, ma vi erano anche vere e proprie taverne, le “cauponae”, dove si offriva un pasto completo e si affittavano stanze ai forestieri. Su entrambe i lati della Via, si trovano alcune splendide case. Sulla sinistra si incrocia il Vico del Lupanare e le bellissime Terme Stabiane, mentre sulla destra si trova il Tempio di Iside.

Ritornando verso il centro di Pompei, sulla Via di Nola, troviamo il grande complesso della “Casa del Centenario”, chiamata così in memoria della scoperta avvenuta nel 18° centenario dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. All’incrocio tra Via di Nola, Via della Fortuna e Via Stabiana, troviamo le grandi Terme Centrali, mai completate.

La “Villa di Julia Felix” presenta un grande giardino con il portico ornato da bellissimi pilastri marmorei corinzi scanalati. Julia Felix era una ricca matrona, che fu costretta, dopo il terremoto del 62 d.C., ad affittare una parte della sua villa come dimostra un’iscrizione che recita: “affittansi bagno elegante per gente per bene, botteghe con abitazione sovrastante, appartementi al primo piano”. Accanto sorge la “Casa di Venere”, che prende il suo nome dall’affresco con l’immagine della dea nuda sdraiata su una conchiglia.

La “Villa dei Misteri” è un grande complesso, continuamente ampliato e ristrutturato, che risale ai primi anni del II sec. a.C., nascendo come residenza, ma trasformandosi nel I sec. d.C. in azienda agricola, con impianti per la lavorazione di olive e uva. Da una grande esedra panoramica, fiancheggiata da due terrazze, si entra nel “tablinum” decorato con pitture egittizzanti e simboli dionisiaci, preziose miniature su fondo nero lucido. Nel “triclinium” appare il ciclo di pitture più celebre di Pompei: grandi figure dipinte su fondo rosso “pompeiano” compiono riti di iniziazione a misteri dionisiaci o orfici, tuttora di difficile e discussa interpretazione. Tra i personaggi troviamo il dio Pan, dei Sileni, Satiri, i simboli delle stagioni, le dee Semele e Ino accanto al giovane Dioniso. Nella figura centrale, contorniata da amorini alati, si è creduto di riconoscere Afrodite alla toiletta, mentre la sua rivale, la dea Era, si nasconde appartata in un angolo.

Pompei accoglie ogni anno più di 1 milione e mezzo di visitatori da tutto il mondo. La questione è: come tutelare e conservare i siti archeologici esposti all’usura del tempo e anche ai danni, magari involontari, causati dalla marea di turisti?
Tra il Sette e Ottocento, gli affreschi delle ville di Pompei, Ercolano e Stabiae vengono strappati dalle pareti e incorniciati come tanti quadri per decorare le case dei nobili e le sale dei Musei. Nel Novecento, come tecnica “moderna” di distaccamento e conservazione, si usava colare del cemento dietro gli affreschi, non accorgendosi che questo sistema poteva provocare gravi danni, come l’insorgere di muffe e crepe. Da alcuni anni si sostituiscono le colate di cemento con delle griglie in alluminio, leggere e resistenti.
Nella seconda metà dell’Ottocento l’archeologo Fiorelli inventa i calchi in gesso per conservare i cadaveri delle vittime dell’eruzione del 79 d.C. Nel 1984, sotto la direzione del Soprintendente Baldassare Conticello, si procede con una nuova tecnica: sul corpo viene realizzato prima un calco in cera, che serve per la matrice in gesso, sostituendo infine la cera con una resina epossidica che conserva la sua trasparenza.
Nel 1980, pochi giorni prima che un terremoto provocasse seri danni alle case di Pompei, si era appena conclusa - fortunatamente - una campagna fotografica a tappeto di tutta la zona archeologica: ben 18.000 fotogrammi. Con l’arrivo di sostanziosi, anche se non esaurienti, finanziamenti un’equipe di restauratori ha proceduto a diversi interventi: il consolidamento delle murature, utilizzando non più il cemento armato - causa di danni irreversibili - ma materiali usati in antichità come legno, malta e mattoni.
Per quanto riguarda le coperture degli edifici, ci si orienta verso diverse soluzioni a seconda del caso: là dove è possibile, una ricostruzione “filologica” dei tetti; dove, invece, i muri permettono di avere soltanto una vaga idea della struttura superiore originaria, viene preferito un restauro “propositivo”, che non poggia direttamente sulla muratura; infine, nel caso in cui non ci sia traccia della natura del tetto, viene costruita una copertura “a ombrello” per proteggere l’edificio dalle intemperie.
Le preziose collezioni d’arte delle città vesuviane sono conservate quasi tutte al Museo Archeologico di Napoli: le grandi raccolte risalgono ai tempi dei Borboni, eredi dei Farnese, che portarono da Roma molte opere d’arte, come l’ “Ercole e il Toro Farnese” ed i “Tirannicidi”. Intere sale sono dedicate alla statuaria proveniente dalla “Villa dei Papiri” di Ercolano, come le celebri “Danzatrici” di bronzo, i giovani “Atleti-lottatori” dagli occhi d’ambra e i busti dei filosofi, come lo “pseudo-Seneca”. Tra i mosaici troviamo la “Battaglia di Alessandro a Isso”, proveniente dalla “Casa del Fauno” di Pompei e le opere musive che rappresentano scene mitologiche, nilotiche e teatrali, staccate dai pavimenti delle Ville e delle Terme. Le pitture parietali occupano un’intera ala del Museo, dove sono rappresentati tutti gli stili di Pompei, dalle illustrazioni mitologiche ai paesaggi, dalle architetture immaginarie “trompe-l’oeil” alle nature morte.

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