Napoli

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Nаpoli
GeografiaCittа capoluogo dell'omonima provincia e della Campania, situata a 17 m sulla costa tirrenica,
nella parte piщ interna del golfo che dalla cittа prende il nome. Comune di 117,27 km2 con 1.073.
212 abitanti. L'abitato si stende ad anfiteatro su due ampie insenature falcate, separate da un
tozzo aggetto peninsulare, adagiandosi sulle pendici dei rilievi retrostanti (Campi Flegrei) e
spingendosi a NE su una fertile pianura, che si apre tra i Campi Flegrei e il Vesuvio ed и percorsa
dal f. Sebeto. Posta in uno scenario incantevole, fra i piщ belli e celebrati del Mediterraneo, la
cittа ha manifestato una poderosa tendenza agglomerativa, saldando a sй i numerosi e popolosi
centri che le fanno corona in uno dei paesaggi piщ intensamente urbanizzati d'Italia. UrbanisticaIl nucleo originario sorse probabilmente sull'isolotto di Megaride, su cui fu poi eretto Castel
dell'Ovo, e alla base della collina di Pizzofalcone, estendendosi poi, in etа greca e in etа romana
repubblicana, piщ a NE, dove l'abitato ebbe una regolare struttura a scacchiera con lunghe strade
ortogonali, ricalcate ora dai tracciati delle vie San Biagio dei Librai, dei Tribunali e della
Sapienza. L'abitato si estese giа in etа romana imperiale oltre l'originaria cinta muraria,
espandendosi ulteriormente in epoca medievale e perdendo la regolaritа dello schema
urbanistico romano anche per la necessitа di adattamento alla topografia della zona. Divenuta la
cittа capitale di un vasto regno, sotto gli Angioini e gli Aragonesi ebbe luogo una cospicua
espansione edilizia, che interessт successivamente le aree intorno al nucleo romano. All'epoca
del vicerй Pietro di Toledo, si svilupparono nella zona a SW della cinta muraria, fra la costa di
Santa Lucia e la base del colle di Sant'Elmo, i cosiddetti quartieri spagnoli, con struttura regolare
e strette vie chiuse da alti fabbricati. A quell'epoca risale pure l'apertura dell'ampia via Toledo
(ora via Roma), che divenne ben presto la maggior arteria cittadina, sostituendo in questa
funzione l'odierna via dei Tribunali, cioи l'antico decumanus maximus della cittа romana. Nel
sec. XVIII l'abitato si estese ancora ampiamente alla base della collina di Capodimonte intorno
all'Albergo dei Poveri e sulle pendici del colle di Capodichino. Venivano intanto costruite le regge
di Capodimonte e di Portici e il Teatro San Carlo e aperte nuove arterie, quali gli odierni corso
Garibaldi e via del Duomo. Un vasto rinnovamento urbanistico ed edilizio ebbe luogo
all'indomani dell'epidemia colerica del 1884: buona parte dei quartieri piщ antichi fu abbattuta o
sventrata, dando origine a nuove importanti direttrici urbane, quale specialmente l'ampio corso
Umberto I con le sue diramazioni delle vie Sanfelice e Depretis. Con l'inizio del sec. XX,
migliorate le condizioni igienico-sanitarie e potenziate le attivitа industriali e portuali, lo sviluppo
demografico e urbanistico assunse un ritmo piщ veloce; l'abitato si estese rapidamente in pochi
decenni sul ripiano del Vomero e sulle pendici collinari da Posillipo a Capodichino, mentre a SW
sorgeva il quartiere di Fuorigrotta, collegato al centro urbano dalla metropolitana e da tre gallerie
sotto la collina di Posillipo. Nel 1925 il comune di N. incorporт il territorio dei soppressi comuni
di San Pietro a Patierno, Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, nel 1926 aggregт il territorio
dei comuni di Secondigliano, Chiaiano e Uniti, Pianura e Soccavo, e l'anno successivo l'isola di
Nisida, staccata dal comune di Pozzuoli. Lo sviluppo edilizio piщ recente si и attuato in varie
direzioni, specialmente a W da Fuorigrotta verso Bagnoli e Pozzuoli, a NNE verso i centri di
Pianura, di Chiaiano e di Guantai, a NE nell'area di espansione industriale di Secondigliano-
Casoria, a E e a SE con l'ampliamento di Ponticelli e dei quartieri industriali di Barra e di San
Giovanni a Teduccio. Dal punto di vista urbanistico, appaiono purtroppo evidenti gli effetti
dell'assenza di un piano regolatore proprio nella fase di maggiore dinamismo, tradottosi
largamente negli eccessi di un'edilizia privata sottratta a ogni controllo e comunque in interventi
non coordinati dal punto di vista sia funzionale, sia territoriale. Invero, nel 1962, era stata istituita
una commissione per il piano regolatore, che aveva correttamente impostato il lavoro in un'ottica
comprensoriale, individuando un insieme di ben 96 comuni (addirittura oltre l'intera provincia)
interessati dallo sviluppo dell'area metropolitana. In effetti, N. andava giа allora esercitando
un'attrazione di tipo monopolare, concentrando in sй le attivitа economiche e trasformando i
comuni del suo hinterland in "dormitori" svuotati di ogni identitа urbana. Ciт determinava
problemi gestionali (a cominciare dal traffico) e sociali di enorme portata, destinati ad aggravarsi
fino all'esito attuale, purtroppo ben noto. Solo nel 1972 veniva approvato lo strumento urbanistico
generale, preceduto da due varianti relative alla grande viabilitа e alla localizzazione di un
centro direzionale nella zona di Poggioreale, mediante la riconversione di aree industriali
dismesse. La pratica attuazione di questi orientamenti doveva ricevere impulso da eventi
calamitosi quali quelli dei terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981, che, facendo
precipitare la giа esistente situazione di degrado del patrimonio architettonico nel centro storico,
dettero l'avvio a un processo di ristrutturazione sostenuto da ingenti risorse pubbliche. Pur
interpretato, ancora una volta, in senso piщ edilizio che urbanistico, tale processo ha accelerato
la tendenza al decentramento, soprattutto verso i quartieri e i comuni della "cintura" occidentale e
settentrionale (Pianura e Piscinola-Secondigliano; Quarto e Marano).
Sono poi nelle previsioni o in fase di realizzazione altri progetti, specie infrastrutturali: il citato
centro direzionale di Poggioreale, la metropolitana collinare, le aree di parcheggio, la
valorizzazione delle preesistenze ambientali. Nel 1995 l'UNESCO ha inserito il centro storico di
N. nell'elenco dei monumenti da salvare. All'indomani delle elezioni amministrative del dicembre 1993, il neo-eletto sindaco A. Bassolino e
la sua giunta si sono impegnati a fondo per tradurre in realtа le promesse fatte durante la
campagna elettorale anche in materia di urbanistica. И stata scelta la strada dell'approvazione di
una serie di varianti al piano regolatore della cittа, di volta in volta definite sulla base delle
esigenze ritenute piщ impellenti. I primi obiettivi individuati sono stati la cosiddetta variante di
salvaguardia, il progetto Bagnoli (variante per la zona occidentale), la proposta di variante per la
zona orientale e la proposta di variante per il centro storico. I diversi progetti sono stati
inquadrati in un testo di riferimento generale, cui и stato dato il nome di Indirizzi per la
pianificazione urbanistica, che di fatto costituisce la sintesi della filosofia urbanistica scelta
dall'amministrazione municipale della cittа partenopea e che ha ottenuto il parere favorevole
della giunta e del consiglio comunale nel 1994. Nel frattempo l'organizzazione a N. di un evento
di grande rilevanza politica internazionale quale и stato il vertice dei Sette Grandi (luglio 1994),
ha portato alla realizzazione di una prima serie di interventi, mirati a una riqualificazione di
alcune delle aree piщ significative del centro storico (valga per tutti l'esempio della Piazza del
Plebiscito, restaurata, pedonalizzata e di fatto restituita alla fruizione degli abitanti e dei visitatori
di N.). Per quanto riguarda il complesso delle varianti, il progetto piщ importante и quello che
interessa l'ex area industriale di Bagnoli, dove l'Italsider aveva creato un grande polo
siderurgico che chiuse definitivamente la sua attivitа nel 1993. La variante per Bagnoli и stata
approvata in via definitiva nel 1996 (gennaio): essa interessa complessivamente un'area di 1300
ha - da Fuorigrotta ad Agnano -, nella quale vivono circa 55 mila persone. Lo scopo principale del
progetto и quello di recuperare la valenza ambientale e naturalistica dell'ex area industriale (gli
impianti si svilupparono in una piana che si affaccia sul golfo di Pozzuoli, sotto la collina di
Posillipo e di fronte all'isola di Nisida), garantendone la tutela e la salvaguardia. Si tratta, in
totale, di circa 330 ettari che verranno per la maggior parte destinati a verde pubblico e privato,
dando vita al grande parco del settore orientale della cittа. Alla base del progetto c'и l'intenzione
di recuperare il rapporto con il mare, liberando la spiaggia dalle molte costruzioni che la
occupano, ed и in questa prospettiva che и stata approvata la costruzione di strutture per attivitа
turistiche e di un approdo per 700 posti barca, nonchй la riapertura dell'istmo artificiale che
collega Nisida alla terraferma. Il piщ grande dei pontili industriali esistenti non verrа abbattuto e
diventerа una passeggiata a mare. Una parte dell'area di Bagnoli и stata inoltre riservata alla
creazione di una Cittа della Scienza, la cui prima sezione и stata inaugurata nell'ottobre 1996. A
conferma dell'intenzione di recuperare Bagnoli come parte viva del tessuto urbanistico della cittа
sta infine la decisione di organizzare nell'ex area industriale un grande raduno musicale (una
sorta di Woodstock all'ombra del Vesuvio), che si и svolto per la prima volta nel 1997 e che
dovrebbe mantenere cadenza annuale.PopolazioneAll'atto dell'unitа d'Italia (1861), N. risultava la maggiore cittа del Paese, con ca. 440.000 ab.;
nell'ultima parte del secolo, tuttavia, la popolazione cresceva in misura (25%, per 547.000 ab. al
censimento del 1901) nettamente inferiore ad altre grandi cittа (p. es., Milano: +155%, ovvero da
192.000 a 490.000 ab., nello stesso periodo). Ciт si doveva, sostanzialmente, all'inevitabile
difficoltа di competere con centri giа economicamente piщ avanzati, ma soprattutto situati in
posizione ben diversamente favorevole rispetto al "cuore" europeo della rivoluzione industriale.
Le misure adottate, all'inizio del Novecento, in favore delle attivitа produttive napoletane e le
nuove tendenze dei movimenti migratori (per cui N. diveniva meta intermedia o finale di ingenti
flussi provenienti dalla Campania e dall'intero Mezzogiorno) manifestavano i loro effetti
attraverso incrementi di popolazione ben piщ rapidi: +22% al 1911 (668.000 ab.) e ancora +15% al
1921 (770.000 ab.). Le restrizioni degli spostamenti interni, nel periodo fascista, frenavano
nuovamente la crescita fino agli anni Trenta (865.000 ab. nel 1936), ma nel secondo dopoguerra
essa riesplodeva, facendo toccare all'unitа comunale, ormai per larga parte occupata
dall'agglomerato edilizio compatto, prima il traguardo del milione di ab. (1951) e poi la punta
massima di 1.227.000 ab. (1971). La limitata disponibilitа di spazio aveva determinato una
fortissima intensificazione della densitа abitativa, che nel centro storico (ovvero la cittа
ottocentesca) raggiungeva punte di 50.000 ab./km2. E se questa parte centrale dell'area urbana
aveva cominciato a perdere popolazione giа dagli anni Cinquanta, dimezzando la propria
incidenza demografica (dal 50% al 26% del totale comunale) nel periodo 1951-81, dagli anni
Settanta era l'intero aggregato a manifestare sintomi sempre piщ marcati di decentramento
residenziale: -1,2% nel decennio in questione, ma ben -12,8% nel successivo, per cui, al
censimento del 1991, la popolazione del comune era tornata quasi ai livelli del 1951. N. и da
tempo molto urbanizzato e respinge abitanti dal degradato centro storico: cosм la popolazione,
secondo una stima del 1995, и scesa a 1 053 737 ab., proseguendo nel decremento lento e
costante registrato giа a partire dagli anni Ottanta.
Anche la popolazione della provincia (3 095 077 ab.) registra un leggero calo, ma la dinamica
demografica non и uguale per tutti i comuni: infatti, mentre i centri delle zone piщ interne vedono
diminuire ancora il numero degli abitanti, quelli della fronte costiera presentano aumenti di
popolazione ed estesa urbanizzazione. La zona partenopea, in particolare, rimane un'area di
forte addensamento umano, come testimonia il valore della densitа della prov. di N. (2643 ab./
km2), con tutti i problemi connessi, primo fra tutti quello del traffico, che и forse piщ grave rispetto
a qualunque altra parte d'Italia.Economia: industrializzazione e commercioL'avvio di un moderno processo di industrializzazione si ebbe, a N., giа nel secolo scorso, in
particolare nei settori tessile, meccanico e cantieristico; con l'unificazione d'Italia e l'abolizione
delle barriere doganali protezionistiche tuttavia, esso si trovт drasticamente frenato dalla
concorrenza della piщ solida e agguerrita industria dell'Italia settentrionale. In seguito poi agli
interventi diretti o indiretti dello Stato, che ebbero inizio nei primi anni del nostro secolo e si
intensificarono dopo la II guerra mondiale, l'economia napoletana fu notevolmente potenziata e
arricchita con numerosi impianti industriali, dalle dimensioni grandi e medie, operanti nei settori
siderurgico (Bagnoli), chimico, metalmeccanico, alimentare, tessile, dell'abbigliamento, del vetro
e dei materiali da costruzione. Ai margini della metropoli si venivano cosм a formare tre grandi
aree di espansione delle attivitа industriali: la prima in ordine di tempo и quella di Bagnoli-
Coroglio; la seconda comprende i sobborghi di San Giovanni a Teduccio, Barra e Poggioreale; la
piщ recente interessa i sobborghi di Miano, Capodichino e Secondigliano. Il settore manifatturiero,
nel quale coesistevano le grandi imprese pubbliche e le piccole unitа produttive artigianali,
disperse nel tessuto abitativo, mostrava sintomi di crisi giа negli anni Settanta, quando perdeva
ca. 12.000 dei suoi 70.000 posti di lavoro, non del tutto compensati dalla crescita di un terziario
che pure si attestava sulle 230.000 unitа lavorative. Di queste ultime, peraltro, poco meno della
metа erano addette al commercio e ai trasporti, ca. il 10% alla pubblica amministrazione e oltre il
20% a servizi personali in gran parte "banali", mentre solo poco piщ del 10% operavano nei rami
del quaternario, ovvero nelle attivitа direzionali, finanziarie, di ricerca e sviluppo. Gli anni
Ottanta, segnati dalle gravi conseguenze del terremoto, hanno visto consolidarsi la tendenza alla
deindustrializzazione, culminata nella chiusura (1990) dello stabilimento siderurgico di Bagnoli,
da tempo coinvolto nella crisi di sovrapproduzione a scala nazionale e comunitaria, e per di piщ
alquanto obsoleto. Il processo di terziarizzazione, invece, ha ricevuto nuovi impulsi dall'avviata
realizzazione del "centro direzionale" di Poggioreale, ma soprattutto и venuto assumendo un
respiro metropolitano, con i programmi di decentramento di alcune funzioni commerciali e
trasportistiche fondamentali: la "cittа annonaria" a Volla (a NE), l'interporto a Nola-Marigliano, lo
scalo ferroviario a Maddaloni. Fulcro delle attivitа economiche di N. и stato a lungo il porto, di
origine angioina, progressivamente attrezzato e ampliato fino a occupare tutto l'arco litoraneo fra
il centro storico e San Giovanni a Teduccio. Nei primi anni Cinquanta, esso si collocava al
secondo posto per movimento di merci (con ca. 6,5 milioni di t annue) dopo quello di Genova,
mentre fin da allora deteneva largamente il primato per numero di passeggeri (1,7 milioni),
dovuto invero, per la massima parte, ai collegamenti con le isole antistanti. Successivamente,
pur venendo superato o affiancato da una decina di altri porti italiani, industriali o commerciali,
faceva registrare una crescita assoluta dei traffici (12 milioni di t e 3,5 milioni di passeggeri nei
primi anni Settanta; 16 milioni di t e 6 milioni di passeggeri alla fine degli anni Ottanta, cui si
aggiungevano i 4 milioni di t del terminale siderurgico di Bagnoli) che ne determinava la
progressiva saturazione, non essendosi frattanto realizzato l'obiettivo della costituzione di un
sistema portuale campano in grado di specializzare le proprie funzioni e di sottrarre - da parte
degli altri scali del golfo di N. e del porto di Salerno - al capoluogo i flussi divenuti ormai
incompatibili con la congestione del traffico terrestre. Una simile situazione ha indubbiamente
nuociuto allo sviluppo economico della cittа, frenando anche il movimento turistico, che un tempo
ne faceva meta privilegiata di visitatori italiani e stranieri. Anche l'aeroporto (Capodichino), ormai
raggiunto dall'espansione urbana, attende una nuova localizzazione. Le intense attivitа
commerciali sono affiancate da manifestazioni fieristiche, ospitate dal vasto (675.000 m2)
complesso della Mostra d'Oltremare. N. ha conservato, peraltro, un notevole prestigio culturale,
come sede di istituzioni museali e teatrali, di un'antica universitа (recentemente sdoppiata) e di
altri centri, pure a livello universitario, specializzati in particolari branche di studi (orientalistici,
marittimi). Importante l'osservatorio astronomico, situato a Capodimonte. Un notevole rilancio la
cittа l'ha avuto anche grazie al vertice dei Sette Grandi (G 7) che vi si и tenuto nel luglio 1994. In
quest'occasione, infatti, N. ha subito una profonda risistemazione che ne ha rivalutato le notevoli
bellezze artistiche, rilanciandone il flusso turistico. Sede arcivescovile.
StoriaNeapolis (in gr. Cittа nuova) sarebbe stata preceduta da una Paleopolis (Cittа vecchia) e da una
Parthenope, fondazioni di Greci, presenti sul golfo fin dal sec. VII a. C., ma il problema, di natura
archeologica, rimane aperto. Certo concorsero alla formazione della cittа esuli da Cuma, occupata
dai Sanniti nel sec. V a. C. Di origine comunque greca, N. entrт nell'orbita romana nella seconda
metа del sec. IV a. C. e rimase fedele a Roma contro Pirro e contro Annibale. Eretta a municipio
(90 a. C.), fu coinvolta nelle guerre civili del sec. I a. C. e ne riportт gravi danni. In etа imperiale,
fu largamente favorita dagli imperatori e sviluppт le sue risorse di importante scalo marittimo, di
sbocco di un ampio retroterra e di centro culturale. Odoacre vi confinт l'ultimo imperatore
d'Occidente, Romolo Augustolo, nella sontuosa villa di Lucullo. Conquistata dagli Ostrogoti (493),
solo alla fine della guerra greco-gotica passт dopo gravi sofferenze all'amministrazione
bizantina (553) come capitale di un ducato largamente autonomo. Durante l'etа bizantina (553-
1137), sotto i duchi, alcuni al tempo stesso vescovi, N. riuscм a salvaguardare la propria libertа
piщ volte seriamente minacciata, oltre che da sporadici interventi diretti dei sovrani nominali di
Bisanzio, dai Longobardi, dai Franchi, dagli Arabi e dal Papato, con una politica duttile e tortuosa
di alleanze e con un'intensa operositа. Attaccata da Roberto il Guiscardo (1077), non sostenne la
successiva spinta dei Normanni e Ruggero II d'Altavilla, divenuto re di Sicilia, l'annesse dopo
una lunga lotta al regno (1139). La cittа si adattт lentamente alla perdita dell'indipendenza di cui
di fatto aveva sempre goduto e a essere posposta a Palermo, capitale del regno, come capoluogo
del principato di Capua; apprezzт tuttavia alcune temperate libertа concesse da Guglielmo II il
Buono, e quando l'ereditа normanna passт a Enrico VI di Svevia sostenne contro di lui il
normanno Tancredi di Lecce, e si arrese allo Svevo solo dopo una dura resistenza, che pagт a
caro prezzo (1194). Il governo illuminato di Federico II non valse a riconciliare del tutto N. con la
nuova dinastia, che le anteponeva sempre Palermo, e l'assoggettava a un pesante regime
fiscale. Dopo la scomparsa di Federico II, nonostante la tutela papale, finм col cedere a Manfredi
(1256), che s'adoprт per accattivarsene la popolazione. Ma sotto l'egida papale Carlo I d'Angiт
instaurт un nuovo regime sulla rovina degli ultimi Svevi (Manfredi vinto e ucciso nella battaglia
di Benevento, 1266; Corradino vinto a Tagliacozzo e decapitato a Napoli, 1268), e quando con la
rivolta dei Vespri perdette la Sicilia, fece di N. la capitale del regno. E capitale di regno la cittа
rimase fino al 1860. Grazie a questo ruolo essa acquistт prestigio, divenne un centro politico ed
economico internazionale, un polo d'attrazione della cultura, soprattutto al tempo di Roberto il
Saggio; ma pagт con sacrifici gravissimi questa sua crescita, oppressa da un fiscalismo
implacabile e segnata da un sempre piщ profondo squilibrio sociale tra un'esigua minoranza
privilegiata e una massa crescente di popolo economicamente e socialmente di livello
umilissimo, con una classe media esigua e per di piщ costituita soprattutto di forestieri (fiorentini,
veneziani, provenzali, fiamminghi, ecc.). L'amministrazione cittadina (con i cosiddetti "seggi",
rappresentanze dei quartieri) aveva, nei confronti della corte, autonomia e mezzi molto limitati
per andare incontro ai bisogni della popolazione, spesso anche colpita da calamitа naturali. La
cittа tuttavia godeva di fama e ammirazione universali (testimone G. Boccaccio). Agli Angioini,
che dopo Roberto volsero in una decadenza spesso tragica, subentrт per conquista Alfonso V
d'Aragona dopo un lungo assedio (1442). Benchй politicamente e culturalmente all'avanguardia
nell'Italia dell'Umanesimo e del Rinascimento, la dinastia aragonese fu non meno impopolare di
quella angioina, soprattutto per l'invadenza di elementi catalani in tutti i settori piщ importanti
della vita cittadina, nй valse a conquistarle il popolo la sua magnificenza. La sua fine ingloriosa,
dapprima all'arrivo di Carlo VIII di Francia, che vi entrт senza colpo ferire come rivendicatore dei
diritti degli Angioini (1495), e infine all'ingresso di Consalvo di Cordova, che prese possesso
della cittа in nome di Ferdinando il Cattolico (1503), dando inizio alla dominazione spagnola, non
fu per nulla ostacolata dalla popolazione, divenuta politicamente indifferente, ancorchй sempre
sensibilissima alle suggestioni della regalitа. La cittа ebbe da allora una notevole espansione,
soprattutto a seguito dell'immigrazione di genti dalle campagne, ma vide anche momenti assai
tristi: l'assedio del visconte di Lautrec, Odet de Foix (1528), l'insurrezione di Masaniello contro il
vicerй Ponce de Lйon (1647), il diffondersi di una pestilenza (1656) che dimezzт la popolazione,
la congiura del principe di Macchia (1701). Nel corso della guerra di successione spagnola, il
vicereame di N. passт agli Austriaci (1707-34) nella persona di Carlo VI d'Austria ma nel 1734
Carlo III di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, cacciт gli Austriaci da N. e la cittа, di nuovo
capitale di un regno apparentemente autonomo, ebbe un periodo di straordinario splendore, si
arricchм di monumenti, vide fiorire le lettere e le arti e potй godere della politica riformistica e
illuminata di Carlo III e del suo successore Ferdinando IV e della loro alleanza con la nobiltа
locale. Venne riformata l'universitа, istituita la cattedra di economia politica e fondata l'Accademia
Ercolanense. Furono costituiti la Biblioteca detta poi nazionale e il Museo, l'Accademia delle
Scienze, l'officina dei papiri e il Collegio Militare. Dappertutto furono attuate audaci riforme
politico-sociali. Gli avvenimenti legati alla Rivoluzione francese ebbero vasta ripercussione
anche nel Regno di N.: Ferdinando IV partecipт alla coalizione antifrancese del 1798 e mandт un
suo esercito al comando dell'austriaco Mack contro Championnet: le truppe francesi ebbero perт
la meglio e il 24 gennaio 1799 fu costituita la Repubblica Napoletana (v. napoletano) o
Partenopea che resistette solo cinque mesi e fu abbattuta dalle truppe del cardinale Ruffo.
Il 16 febbraio 1806 la Francia reagм agli atteggiamenti antifrancesi di Ferdinando IV con
l'occupazione di N.: il re dovette riparare in Sicilia e a N. si insediarono Giuseppe Bonaparte
prima e Gioacchino Murat poi (1808), che realizzarono molte e radicali riforme (abolizione della
feudalitа, introduzione dei codici napoleonici, ecc.) e si assicurarono la collaborazione preziosa e
convinta di numerosi uomini politici come Cuoco, Gallo, Delfico e altri. Nel 1815, con la caduta di
Napoleone e il Congresso di Vienna, Ferdinando IV rientrт in N. assumendo poco dopo (22
dicembre 1816) il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie. Sconvolta dalla rivoluzione carbonara
del 1820-21 N. ottenne da Ferdinando II, succeduto a Francesco I (1830), la Costituzione.
Malgrado la politica retriva dei suoi governanti, la cittа vide un continuo progresso nel campo
delle arti, delle lettere e della tecnica (da N. salpт infatti il primo battello italiano a vapore e a N.
fu inaugurata nel 1839 la prima ferrovia della penisola, la N.-Portici). I moti del 1848, in seguito ai
quali la Costituzione fu revocata, prepararono la liquidazione dei Borbone: il 7 settembre 1860
Garibaldi entrт in N. e un plebiscito popolare sancм l'annessione della cittа al Regno sabaudo.
Ulteriore prova di eroismo diede la popolazione napoletana nel corso della II guerra mondiale
quando, dopo piщ di centoventi bombardamenti aerei, durante le "quattro giornate di Napoli" (28
settembre-1є ottobre 1943), costrinse il presidio tedesco alla capitolazione. Archeologia e arteL'impianto ortogonale dell'antica cittа si conserva chiaramente nel tessuto urbano dell'attuale
centro storico, lungo l'asse principale di via Tribunali. A parte qualche tratto delle mura greche i
monumenti finora identificati sono di etа romana. Cosм i due teatri, oggi inglobati in edifici
moderni, il tempio dei Dioscuri sotto S. Paolo maggiore, la Curia con l'Erario sotto S. Lorenzo
Maggiore, le Terme. Del periodo paleocristiano rimangono la catacomba di S. Gennaro (sec. II); la
chiesa di S. Gennaro extra moenia (sec. V); l'abside di S. Giorgio Maggiore (sec. IV); resti della
basilica di S. Restituta (sec. IV), attualmente incorporata nel duomo, e soprattutto il battistero di
Giovanni in Fonte (sec. V), pure annesso al duomo, quadrato, con frammenti di mosaici nella
cupola. Poco o nulla sopravvive delle epoche altomedievale e romanica (Castel dell'Ovo, sec.
XII). Dopo la conquista angioina (1266) N. divenne la capitale del regno e il piщ importante centro
artistico dell'Italia meridionale. Maestranze francesi vi importarono lo stile gotico della Francia
meridionale, diffuso ben presto anche dagli architetti locali (S. Lorenzo Maggiore, iniziata nel
1267, con nave unica e abside con cappelle radiali; il duomo, dedicato a S. Gennaro, 1294-99, a
tre navate con cappelle laterali; S. Chiara, 1310-24, con atrio e aula unica; S. Maria Donnaregina,
1314-20, ad aula unica con abside poligonale; S. Pietro a Maiella, 1313-16). Nella prima metа del
Trecento lavorarono a N. pittori romani e toscani: Cavallini (affreschi in S. Maria Donnaregina),
Simone Martini (S. Ludovico da Tolosa incorona Roberto d'Angiт, giа in S. Lorenzo e ora alla
Galleria di Capodimonte), Giotto (affreschi perduti in S. Chiara e in Castel Nuovo). Anche nella
scultura dominarono i toscani (monumenti sepolcrali di Tino di Camaino e di G. e P. Bertini in S.
Lorenzo, S. Chiara, S. Maria Donnaregina, ecc.). Nel Quattrocento si diffusero in architettura forme
gotiche catalane (pilastri ottagonali, archi scemi, finestre quadripartite), evidenti soprattutto
nell'architettura civile (palazzo Penna, 1407). Forma gotica ha il Castel Nuovo, ricostruito nel
1447-55 dal catalano G. Sagrera per Alfonso I d'Aragona; l'ingresso del castello perт, in forma di
arco trionfale (1453-58), forse su disegno di Francesco Laurana, и rinascimentale. Giа per tempo,
del resto, le forme rinascimentali erano state introdotte a N. dagli scultori toscani (sepolcro del
cardinale Brancaccio in S. Angelo a Nilo, di Donatello e Michelozzo). Tuttavia il Rinascimento si
affermт definitivamente a N. solo intorno al 1480, con l'arrivo di artisti come Giuliano da Maiano
(distrutta villa di Poggioreale; Porta Capuana, ca. 1485; Cappella Pontano, 1498), Benedetto da
Maiano, Fra' Giocondo, F. di Giorgio Martini, A. Rossellino. Un vero museo della scultura
rinascimentale dell'ultimo Quattrocento и la chiesa di S. Anna dei Lombardi (o di Monteoliveto).
Nello stesso periodo sorsero palazzi signorili di tipo toscano, con facciata a bugnato e cortili a
portici (palazzi Cuomo, Santangelo, Sanseverino). La pittura napoletana del Quattrocento и di
derivazione fiamminga diretta e indiretta, attraverso esempi provenzali, catalani e spagnoli (A. de
Baena, Bermejo). La prima metа del sec. XVI fu il periodo delle grandi imprese urbanistiche del
vicerй spagnolo don Pedro de Toledo (via Toledo). Nel secondo Cinquecento si affermт il
classicismo tardo-manieristico, che dominт fino al 1620 ca. (G. A. Dosio: certosa di S. Martino,
1580-1623, e chiesa dei Girolamini, 1592-1619; Domenico Fontana: Palazzo Reale, 1600-02; G. C.
Fontana: Palazzo degli Studi, ora sede del Museo Archeologico Nazionale, 1586; F. Grimaldi: S.
Paolo Maggiore, 1591-1603). Seguм la grande stagione del barocco napoletano, di cui fu
protagonista il lombardo Cosimo Fanzago, autore del chiostro della certosa di S. Martino, della
guglia di S. Gennaro e della chiesa di S. Teresa a Chiaia. Suo contemporaneo и F. A. Picchiatti
(guglia di S. Domenico, 1658), mentre F. Solimena (S. Nicola della Caritа), F. Sanfelice
(Nunziatella) e D. A. Vaccaro (chiostro di S. Chiara) segnarono il passaggio al rococт. Sotto Carlo
III di Borbone N., tornata capitale autonoma, si arricchм di grandiosi edifici pubblici: l'albergo dei
Poveri, del Fuga (dal 1751); la reggia di Capodimonte, di G. A. Medrano (dal 1738); il Foro Carolino
(1757) del Vanvitelli.
Nel 1738 fu fondata a N. dallo stesso re un'arazzeria che lavorт fino al 1798, realizzando alcune
serie notevoli. La produzione fu esemplata dapprima su arazzi della fabbrica medicea (p. es. gli
Elementi), poi su modelli francesi, come per la serie di Don Chisciotte (1758-79), composta di
numerosissimi pezzi, destinata a Caserta e ora divisa tra il Quirinale e il Museo di Capodimonte.
Nella Storia di Psiche (1783-86) la composizione risente giа del gusto neoclassico. In pittura,
dopo un debole avvio manieristico, i modelli di Caravaggio (a N. nel 1607 e nel 1609) e dei
bolognesi (Reni, Domenichino e Lanfranco nella cappella di S. Gennaro in duomo e alla certosa di
S. Martino) furono le premesse della fiorente scuola pittorica napoletana (v. napoletano),
destinata ad avere una lunga e feconda stagione. Per quel che riguarda la scultura, dopo un
lungo periodo di dipendenza dal manierismo fiorentino (Pietro Bernini, il Naccherino) si affermт
l'eclettismo di Cosimo Fanzago. Molto piщ tardo (1749-66) и il celebre complesso della
decorazione scultorea della cappella Sansevero, cui collaborarono F. Queirolo, G. Sammartino, P.
Persico, F. Celebrano, A. Corradini. In questo clima rococт si colloca la nota produzione delle
ceramiche e delle porcellane di Capodimonte. A tale proposito va ricordato che N. fu un
importante centro ceramico attivo fin dal sec. XIII. Notevoli furono le manifatture di maioliche
fiorite nel Seicento (di P. Brandi) e nel Settecento (dei Carpaccio, dei Nigritta). Tipiche della
produzione le mattonelle smaltate per decorazione pavimentale, i cui temi esornativi sono
ispirati alle nature morte della tradizione pittorica napoletana (chiostro di S. Chiara). Caratteristica
del Settecento napoletano и anche la produzione delle statuine da presepe. Con la Restaurazione
sorsero a N. notevoli architetture neoclassiche (S. Francesco di Paola, di P. Bianchi, 1817-46;
Teatro San Carlo, 1816, e la villa Floridiana, 1817-19, di A. Niccolini), ma un nuovo periodo di
intensa attivitа edilizia, sia pure in forme eclettiche, si ebbe solo dopo il colera del 1884. A N. si
registrano inoltre, agli inizi del nuovo secolo, interessanti episodi liberty (Galleria Umberto I, di
E. Rocco; albergo S. Lucia, di L. Comencini), soprattutto per opera di artisti settentrionali.
MuseiIl Palazzo Reale di Capodimonte, eretto nel parco di Capodimonte su disegno di G. A. Medrano a
iniziare dal 1738, ospitт dal 1759 fino agli inizi dell'Ottocento le raccolte di arte e di antichitа
lasciate in ereditа a Carlo III dalla madre Elisabetta Farnese. In seguito le raccolte furono
trasferite nel Palazzo degli Studi (la prima sede dell'Universitа di N. e attuale Museo
Archeologico Nazionale) dove rimasero fino all'ultimo dopoguerra, quando fu attuata una nuova
sistemazione (1948-57): le antichitа restarono nel Palazzo degli Studi, la pinacoteca e le altre
raccolte (Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte) tornarono nella sede originaria,
modernamente attrezzata. Il Museo Archeologico Nazionale, fondato dai Borbone nel 1822, и tra i
piщ ricchi d'Europa e raccoglie sia i materiali delle antiche collezioni Borgia e Farnese, sia i
reperti di duecento anni di scavi a Pompei ed Ercolano. Oltre a celebri sculture greco-romane (
Eracle e Toro Farnese, stele Borgia, i Tirannicidi, rilievo di Orfeo, ecc.) e alla ricca collezione di
vasi greci e italioti, spiccano per importanza le statue e i busti di bronzo della Villa dei Papiri di
Ercolano e la serie di pitture e mosaici delle cittа vesuviane (Pompei, Ercolano, Stabia), tra cui il
grande mosaico policromo con La battaglia di Alessandro, dalla casa del Fauno a Pompei. La
Galleria Nazionale comprende un gruppo di dipinti del Tre-Quattrocento, non ricchissimo ma di
qualitа eccezionale, formato in prevalenza da acquisizioni ottocentesche (le requisizioni
napoleoniche, l'acquisto del Museo Borgia di Velletri, ecc.) o recenti. Vi sono rappresentati con
dipinti fondamentali Simone Martini (S. Ludovico da Tolosa), Bernardo Daddi, Colantonio,
Masaccio (Crocifissione), Masolino, Mantegna, Giovanni Bellini (Trasfigurazione), Filippino Lippi,
Botticelli, Konrad Witz. Eccezionale и il complesso dei dipinti del Cinquecento, soprattutto per
quanto riguarda le scuole veneta ed emiliana e i manieristi. Si ricordano soprattutto il gruppo dei
Tiziano (Carlo V, Filippo II, Paolo III, Paolo III con i nipoti, Danae, Lavinia), il gruppo dei
Parmigianino (Antea, Galeazzo Sanvitale, Lucrezia, Sacra Famiglia) e i dipinti di L. Lotto,
Correggio (Matrimonio mistico di S. Caterina), Palma il Vecchio, Sebastiano del Piombo, Rosso
Fiorentino, Giulio Romano, El Greco. Di Michelangelo e Raffaello si conservano due cartoni
preparatori, rispettivamente, del gruppo dei soldati nella Crocifissione di S. Pietro della Cappella
Paolina e del Mosи davanti al roveto ardente nella Stanza di Eliodoro. Nel settore della pittura
nordica del Cinquecento spiccano la Parabola dei ciechi e il Misantropo di Pieter Bruegel il
Vecchio. Per la pittura del Seicento le scuole meglio rappresentate sono quella bolognese
(Carracci, Reni, Domenichino) e, naturalmente, quella napoletana (C. Saraceni, A. Vaccaro, C.
Fracanzano, A. Gentileschi, G. B. Caracciolo, B. Cavallino, A. Falcone, J. de Ribera, M. Stanzione,
F. Guarino, Micco Spadaro, M. Preti, S. Rosa, P. Porpora, A. Bruegel, G. Recco, Ruoppolo, L.
Giordano), che prevale anche per quanto riguarda il Settecento (Solimena, De Mura, Gaspare
Traversi, Giaquinto).
Acquisizioni del periodo borbonico sono i ritratti borbonici di Goya, A. Kaufmann, E. Vigйe Lebrun,
Mengs, F. Gйrard. La Galleria dell'Ottocento comprende dipinti di Gigante, Pitloo, De Nittis,
Palizzi, Morelli, Mancini, Michetti, Toma, De Gregorio e inoltre M. Bianchi, L. Nono, Ciardi,
Boldini, Fattori, Fragiacomo, Induno, Signorini, ecc. Il Museo conserva numerose e interessanti
raccolte, comprendenti bronzi del Pollaiolo, di P. J. Alari Bonacolsi, G. Del Duca, Giambologna;
medaglie e placchette del Rinascimento; disegni e stampe; avori, bronzi, smalti, argenti
medievali e rinascimentali; armi e armature delle armerie dei Farnese e dei Borbone; arazzi (tra
cui la bellissima serie della Battaglia di Pavia, da B. van Orley), maioliche e porcellane della
fabbrica reale di Capodimonte: famoso и il Salottino di porcellana fatto eseguire (1757-59) da
Carlo di Borbone per la regina Maria Amalia di Sassonia e composto di oltre 3000 pezzi di
porcellana. Due sale sono dedicate alla collezione De Ciccio (donata nel 1958), comprendente
ceramiche e porcellane di ogni epoca e Paese, argenti, vetri, tessuti, sculture, ecc. § N. и sede
inoltre della Galleria d'Arte Moderna, situata nel palazzo dell'Accademia di Belle Arti (scuola
napoletana dell'Ottocento; francesi dell'Ottocento); del Museo Civico Filangieri (sculture, armi,
ceramiche e porcellane, tessuti, dipinti di scuola napoletana del Seicento, ecc.); del Museo
Nazionale della Ceramica Duca di Martina, nella villa Floridiana; e infine del Museo
Nazionale di S. Martino alla certosa di S. Martino, che и diviso in una sezione storica (carrozze;
statuette di presepe del Sette-Ottocento; documenti storici), una sezione artistica (pittori
napoletani dal sec. XV al XIX e documenti relativi alla certosa) e una sezione monumentale,
comprendente la chiesa e il convento, vero museo dell'arte a N. nel periodo barocco.BibliotecheLa Biblioteca Nazionale, fondata da Carlo di Borbone col fondo farnesiano proveniente da Parma,
fu aperta al pubblico nel 1804 da Ferdinando IV; nel 1922 vi furono annesse le altre biblioteche
pubbliche napoletane (S. Giacomo, Brancacciana, ecc.). Й la piщ importante biblioteca per la storia
del Mezzogiorno e comprende oltre 1 milione e mezzo di volumi, 4500 incunaboli, ca. 13.000
manoscritti; eccezionale la raccolta di papiri ercolanesi e di manoscritti del sec. V. Sono inoltre
da ricordare la dispersa Biblioteca Aragonese; la Biblioteca Oratoriana dei Gerolamini, aperta al
pubblico nel 1585 (comprendente tra l'altro la collezione privata di letteratura antica, filosofia e
storia appartenuta a Giuseppe Valletta); la Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Maiella,
fondata da S. Mattei nel 1791 (ca. 300.000 volumi e 17.000 manoscritti); la Biblioteca della
Fondazione Benedetto Croce, costituita originariamente dalla biblioteca privata del filosofo (ca.
70.000 volumi); la Biblioteca della Societа Napoletana di Storia Patria, fondata nel 1875 (ca. 270.
000 volumi); la Biblioteca Universitaria, che trae origine da quella fondata nel 1224 da Federico II
per lo Studio napoletano, ricostituita nel 1615 e definitivamente destinata all'universitа nel 1816,
dopo che le era stata annessa anche la biblioteca di Gioacchino Murat (ca. 800.000 volumi e 118
manoscritti); la Biblioteca di Storia dell'Arte "Bruno Molajoli", inaugurata nel 1993, con l'annessa
fototeca (ca. 50.000 volumi e 150.000 negativi). L'Archivio di Stato (denominazione assunta nel
1875) nella sua forma moderna fu istituito da Murat. Diviso in 5 sezioni principali (Diplomatica
con atti a partire dagli Angioini; Politica, amministrativa e finanziaria; Giustizia, con atti a partire
dagli Aragonesi; Guerra e Marina), ha subito nel corso della II guerra mondiale la distruzione dei
suoi fondi piщ antichi e preziosi a opera delle truppe naziste. SpettacoloIn epoca romana esistevano due teatri (dove si esibм Nerone e Claudio fece rappresentare un suo
testo). In seguito la vita teatrale napoletana fu quasi inesistente per oltre un millennio, sino
all'avvento della dinastia aragonese che, dalla fine del sec. XV, applaudм feste e trionfi, ma anche
elaborati spettacoli su testi del Sannazaro e le farse in dialetto di A. Caracciolo, mentre a corte e
nei palazzi nobiliari attori dilettanti recitavano le commedie erudite di Della Porta e di altri autori.
Nel 1575 si costituм la prima compagnia locale di comici dell'arte, che dal 1592 potй disporre di
un teatro permanente, la Stanza della Commedia. A essa altre se ne aggiunsero nel sec. XVII, tra
cui particolarmente importanti la Stanza di San Giovanni dei Fiorentini (1618) e quella di San
Bartolomeo (1621). Vi agivano le compagnie dell'arte e vi si esibivano spesso attori provenienti
dalla Spagna. Nel Settecento, il Fiorentini e il Nuovo (aperto nel 1723) ospitarono l'opera buffa, in
piena fioritura, e l'opera seria trovт la sua sede ufficiale al San Carlo (inaugurato nel 1737 e
ricostruito dopo un incendio nel 1816), anche se A. Scarlatti e Pergolesi venivano soprattutto
rappresentati al San Bartolomeo. Nel 1770 iniziт la sua attivitа il nuovo San Carlino, destinato a
essere, sino al 1884, la "casa di Pulcinella" e il piщ popolare teatro partenopeo. Nel secolo
successivo acquistт importanza il San Carlo, grazie soprattutto all'impresario Barbaja (che
scritturт Rossini e Donizetti), affiancato dal Teatro del Fondo (1779), poi Mercadante, per l'opera
comica, e dal Nuovo per l'opera buffa in dialetto. Per la prosa il teatro piщ prestigioso fu il
Fiorentini, che ebbe a lungo una compagnia stabile d'alto livello, mentre per il pubblico popolare
c'erano il San Carlino con Pulcinella e, dal 1880, il San Ferdinando (inaugurato nel 1790) con i
drammoni popolari della compagnia di Federico Stella.
Queste le sale piщ importanti, ma il panorama della scena partenopea agli albori del Novecento
deve essere completato da altri teatri di prosa (il Politeama e il Sannazaro), dagli innumerevoli
teatrini di terzo ordine che ospitavano gruppi dialettali, operette, spettacoli di varietа,
sceneggiate, e dai numerosi cafй-chantants, tra i quali prestigiosi l'Eden e il Salone Margherita.
Molti di questi teatri andarono distrutti durante la II guerra mondiale. Alcuni sono stati ricostruiti
(tra essi il San Ferdinando, fatto riedificare da Eduardo De Filippo nel 1954), ma la cittа non ha
riacquistato il prestigio di un tempo. § Attualmente l'attivitа musicale si svolge soprattutto intorno
alle sedi del Teatro San Carlo, dell'Associazione Scarlatti e dell'Orchestra Alessandro Scarlatti
della RAI. Teatro dialettaleIl teatro napoletano non ha fino al Cinquecento una storia scritta, pur risalendo a tempo
immemorabile le farse degli istrioni nelle piazze e nelle taverne. La prima data certa и il 1514,
quando Antonio Caracciolo fece rappresentare la Farsa de lo cito alla corte aragonese.
Pressappoco contemporanee sono le cosiddette: "farse cavaiole (probabilmente d'origine
salernitana), che vennero raccolte e rielaborate verso la fine del secolo da Vincenzo Braca. Nel
1575 si formт la prima compagnia di comici dell'arte napoletani e nel 1632 comparve per la prima
volta in un documento scritto la maschera di Pulcinella (interpretata da Silvio Fiorillo, famoso
anche come Capitan Matamoros), che ebbe numerosi concorrenti nella stessa area napoletana.
Fra Cinque e Seicento nascono le commedie erudite di Giambattista Della Porta, fitte di
personaggi che si esprimono in vernacolo, e del 1695 и La nascita del verbo umanato di Andrea
Perrucci, una pastorale sacra tuttora rappresentata in occasione del Natale col titolo La cantata
dei pastori, in cui alcuni personaggi si esprimono in napoletano. Il secolo d'oro del teatro
napoletano fu perт il Settecento, con i librettisti che inventarono l'opera buffa, inizialmente in
dialetto poi in lingua;con un notevole commediografo, Pietro Trinchera, autore di La gnoccolara e
di La monaca fauzza; con i popolarissimi copioni di Francesco Cerlone e, soprattutto, con
l'apertura (1770) del nuovo teatro San Carlino che per 114 anni fu al centro della scena dialettale
cittadina. Qui dominт Pulcinella, reimportato da Roma e divenuto la tipica maschera napoletana,
e qui ebbe inizio la tradizione degli autori-attori che caratterizzт questo teatro per oltre due
secoli: la dinastia dei Cammarano e poi Pasquale Altavilla, Salvatore Petito e, piщ grande di tutti,
suo figlio Antonio, creatori di farse che finirono man mano per assumere significati piщ profondi e
per diventare espressione delle miserie e delle speranze della plebe partenopea. Antonio Petito
morм nel 1876 e nei favori del pubblico gli succedette un altro attore-autore, Eduardo Scarpetta,
che adattт ai gusti e al linguaggio della piccola borghesia locale farse e vaudevilles francesi (ma
firmт almeno un testo originale, Miseria e nobiltа, tutt'altro che trascurabile) accentrandoli sul
personaggio di Don Felice Sciosciammocca giа utilizzato da Petito. Il suo enorme successo
suscitт reazioni di vario genere: dai drammoni lacrimosi recitati dalla compagnia di Federico
Stella ai vari tentativi di "teatro d'arte" patrocinati in genere dall'attore Gennaro Pantalena con
copioni di Salvatore Di Giacomo (Assunta Spina, Mese Mariano), Diego Petriccione ('O quatto 'e
maggio), Libero Bovio (So' ddiece anne), Roberto Bracco (Uocchie cunzacrate), Ernesto Murolo (O
Giovannino o la morte), ecc. La fine del secolo fu anche il periodo di maggior affermazione della
canzone napoletana (sovente opera di poeti e musicisti di rilievo) e del cafй-chantant con le
canzoni di Pasquariello e della Fougez e le macchiette di Maldacea e di Raffaele Viviani.
Quest'ultimo, passato poi alla prosa, continuт la tradizione degli attori-autori con una serie di
copioni del tutto avulsi dagli schemi della drammaturgia borghese che, passando senza
soluzione di continutа dal tragico al grottesco, offrono un quadro multiforme della realtа
napoletana, con risultati spesso di grande suggestione poetica. Un posto di primo piano
occupano infine i De Filippo: Eduardo, Peppino e Titina. Figli naturali di Scarpetta, cominciarono
la carriera nei varietа di periferia e formarono negli anni Trenta una compagnia del Teatro
Umoristico, imponendosi subito come attori straordinari a una critica che catalogт generalmente
come meri pretesti commedie quali Chi и piщ felice di me? e Natale in casa Cupiello di Eduardo o
Un povero ragazzo di Peppino. Si separarono nel 1945, Peppino per affrontare un repertorio tutto
farsesco (ma tra queste farse и notevole Quelle giornate in collaborazione con Maria Scarpetta)
con occasionali incursioni nel repertorio classico (Moliиre e Machiavelli), Eduardo per imporsi
definitivamente come autore di primissimo piano e come accorato testimone di un'endemica crisi
dei valori. L'insieme delle sue opere (da Napoli milionaria, 1945, a Gli esami non finiscono mai,
1974) costituisce il piщ significante corpus drammaturgico del nostro dopoguerra. Il panorama puт
essere completato dai numerosi attori napoletani che illustrarono l'epoca migliore del varietа e
della rivista italiana, da Totт ai De Rege e a Nino Taranto (poi alla testa di una compagnia di
prosa che presentт un notevole testo di Giuseppe Marotta, Il califfo Esposito), e da un genere
popolaresco, la sceneggiata, nata verso la fine dell'Ottocento, che partendo da una canzone di
successo racconta movimentati scontri tra la virtщ e il vizio, con finali invariabilmente consolatori.
La provincia di NapoliLa provincia di N. (92 comuni; 1171 km2; 3.023.366 ab.), la meno estesa, ma anche la piщ
popolosa e la piщ densamente abitata fra quelle campane (per densitа demografica и, anzi, di
gran lunga la prima fra le province italiane), con 2560 ab./km2, si affaccia a W e a SW al Mar
Tirreno ed и limitata all'interno dalle province di Caserta, Benevento, Avellino e Salerno.
Fanno parte del territorio provinciale: l'apparato vulcanico del Vesuvio; la regione pure vulcanica
dei Campi Flegrei con le antistanti isole di Ischia e Procida; una serie di contrafforti calcarei
dell'Appennino Campano; la sezione nord-occid. dei monti Lattari, costituiti da rocce calcaree e
dolomitiche del Giurassico e del Cretaceo; l'isola di Capri, che rappresenta la diretta
prosecuzione morfologica e litologica della Penisola Sorrentina; ampi tratti della pianura fertile e
ben coltivata, che si stendono intorno al Vesuvio e alle spalle dei Campi Flegrei. I principali corsi
d'acqua sono il Sarno, che interessa il territorio provinciale solo con il tratto terminale del suo
corso, e il Sebeto, che scola nel territorio tra il Vesuvio e i Campi Flegrei. Dei bacini lacustri i
principali sono i piccoli laghi di Patria, Fusaro e d'Averno. Il clima и tipicamente mediterraneo,
con modeste escursioni termiche, inverni miti e piovosi ed estati ventilate e non troppo calde.
Variazioni climatiche presentano i rilievi piщ elevati, che hanno temperature piщ basse e piщ
abbondanti precipitazioni atmosferiche. Il territorio - come detto - и fittamente popolato: l'area
dove maggiore и l'addensamento demografico и la fascia costiera tra Pozzuoli e Castellammare
di Stabia; le zone meno densamente abitate, ma pur sempre con densitа superiori ai 150 ab./
km2, sono quelle alla periferia del Piano Campano e sul versante occid. dei monti Lattari. Il tasso
di accrescimento della popolazione, pari all'1,5% annuo fra il 1936 (quando la provincia contava 1.
735.000 ab.) e il 1951, pur avendo dovuto scontare gli eventi bellici, si и mantenuto
sostanzialmente inalterato fino a tutti gli anni Sessanta, per effetto della forte natalitа e
nonostante un saldo migratorio in cui i trasferimenti verso le regioni settentrionali italiane o
l'estero avevano finito per eccedere i flussi provenienti soprattutto dalle altre province campane.
Dagli anni Settanta, il ritmo di crescita и rallentato (0,9% annuo), per gli evidenti effetti di
congestione dell'area metropolitana di N., in pratica estesa all'intera provincia, fino ad annullarsi
quasi nel decennio successivo (0,2% annuo). La concentrazione demografica, eccessiva per le
locali risorse economiche ha comunque creato grossi problemi d'ordine sociale, che и sempre
piщ difficile risolvere e che il sisma del 1980-81 ha ulteriormente aggravato. I centri principali,
dopo il capoluogo, sono Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Portici, Ercolano, Torre del Greco,
Torre Annunziata, Castellammare di Stabia, Vico Equense, Sorrento e Massa Lubrense, lungo la
costa; Giugliano in Campania, Marano di Napoli, Caivano, Acerra, Afragola, Casoria, Pomigliano
d'Arco, Nola, Somma Vesuviana, Palma Campania, Ottaviano, Boscotrecase, Pompei e Gragnano,
all'interno; Ischia, Procida e Capri, nelle isole omonime. Nel secondo dopoguerra l'espansione
dell'industria, favorita anche dai notevoli investimenti delle aziende a partecipazione statale e di
quelle private nonchй dalla politica creditizia di alcuni enti di finanziamento, tra cui in primo
piano la Cassa per il Mezzogiorno, ha limitato l'importanza, nel quadro dell'economia
provinciale, dell'agricoltura, che rimane comunque una delle risorse fondamentali, specialmente
per i comuni meno industrializzati dell'interno nonostante la superficie a essa destinata diventi
sempre piщ scarsa e frazionata. Si producono in prevalenza frutta, ortaggi e cereali. L'industria,
la cui area di maggior concentrazione corrisponde alla periferia di N. e alla fascia costiera tra
Pozzuoli e Castellammare di Stabia, и attiva con numerosi impianti che operano nei settori
meccanico, automobilistico, cantieristico, petrolchimico, chimico, farmaceutico, alimentare,
conserviero, tessile, dell'abbigliamento, del tabacco, delle pelletterie e dei materiali da
costruzione. Rilevanti sono le attivitа commerciali e portuali mentre lo sviluppo turistico - pure
notevole - ha risentito negativamente di un'ormai cronica inadeguatezza delle attrezzature
ricettive. I centri di maggiore richiamo sono comunque, oltre N., Pozzuoli, Pompei, Ercolano,
Sorrento, Vico Equense, Capri, Ischia, Lacco Ameno e Casamicciola Terme. Buona la rete delle
comunicazioni autostradali, impostata sui nodi di N. e di Nola.Ducato di NapoliFu istituito nel 638 dall'esarca Eleuterio che per ristabilire il dominio di Bisanzio accentrт i poteri
civili e militari in un duca, sottoposto al patrizio o stratego di Sicilia. Il ducato comprendeva agli
inizi del sec. IX: N., Cuma, Pozzuoli e Salerno. Sin dalla sua istituzione fu coinvolto in una lunga
serie di guerre causate dalla continua pressione dei Longobardi di Benevento, dei pontefici, degli
imperatori bizantini e dei corsari saraceni, la cui prima comparsa, dell'812, ebbe come
conseguenza la devastazione di Ponza e Ischia. I Longobardi di Benevento, da parte loro,
cinsero N. d'assedio per ben cinque volte (822, 831, 832, 835, 836); dopo la seconda, essi
portarono nella loro cittа quale trofeo il corpo di San Gennaro. Ma nell'836, a seguito di un
intervento saraceno invocato dai Napoletani, furono costretti alla pace. Con Sergio I, conte di
Cuma, il ducato che in un primo tempo era stato elettivo divenne ereditario. Gli succedette il figlio
Gregorio III (864-870), al cui fratello Atanasio, vescovo della cittа, si deve se questa non fu
distrutta dall'imperatore Ludovico II, quando scese nell'Italia merid. contro i Saraceni. Sergio II
(870-877) parteggiт per i Longobardi e i Saraceni, cosм che il fratello Atanasio II, vescovo di N.,
per istigazione del papa Giovanni VIII, lo accecт mandandolo poi prigioniero a Roma. Ma
divenuto duca lo stesso Atanasio, per timore dei Bizantini, si alleт con i Saraceni e fu perciт
scomunicato.
Riconciliatosi poi col papa e con l'aiuto dei Longobardi, riuscм a ridurre i musulmani sulle rive del
Liri e del Garigliano. Di qui furono poi scacciati da Gregorio IV (898-915), che si avvalse dell'aiuto
dei Capuani, dei Bizantini e degli Amalfitani. Con i duchi successivi iniziт la decadenza: a
Giovanni II (915-919) e Marino I (919-928) succedette Giovanni III (928-968) che acquisм
benemerenze culturali, ma nel 955 si sottomise alle forze bizantine inviate ad assediare la cittа.
Marino II (968-977) fu insignito dall'imperatore bizantino del titolo di "imperiale antipato e
patrizio": ma Sergio III (977-999) nel 981 fu costretto ad aprire la cittа a Ottone II di Sassonia;
Sergio IV (1003-34), incautamente intervenuto nelle vicende del principato di Capua, fu costretto
ad abbandonare la cittа a Pandolfo IV di Capua, favorito forse dagli stessi Napoletani malcontenti
di lui. Ma, grazie al favore dell'imperatore Corrado II e alla banda di mercenari normanni di
Rainulfo Drengot, recuperт il ducato (1030); i Napoletani tuttavia gli imposero, come condizione
della sua restaurazione, un importante pactum (1030), che garantiva a tutti i cittadini: proprietа,
libertа personale, libero commercio, rispettodegli stranieri, rinuncia a fare guerra, pace e
alleanze "senza il consiglio della maggior parte dei nobili napoletani". Rainulfo Drengot fu
compensato con la cessione del feudo di Aversa, che divenne in breve una ben munita fortezza. I
successivi duchi furono impegnati soprattutto a difendersi dai Normanni, che trovarono proprio in
Aversa una testa di ponte per la successiva immigrazione degli Altavilla, i conquistatori di tutto il
Mezzogiorno. Attaccata da Roberto il Guiscardo, N. conservт la sua indipendenza fino all'avvento
di Ruggero II al regno di Sicilia, al quale il duca Sergio VII (ca. 1121-37), dopo aver resistito a due
assedi, nel 1137 dovette cedere; gli fu poi leale vassallo fino alla morte. Il ducato entrт allora a
far parte della monarchia normanna. I Napoletani dovettero consegnare al re le chiavi della cittа
(1139) che potй tuttavia conservare i suoi antichi privilegi come soggetta all'alta sovranitа
dell'imperatore bizantino.Regno di NapoliLa vittoria ottenuta nel 1266 da Carlo I d'Angiт contro Manfredi segnт, col passaggio dell'Italia
merid. agli Angioini, l'avvio di quel processo di distacco della Sicilia dal continente che nel 1282
si concretizzт nei Vespri Siciliani e nella successiva separazione dell'isola dal regno angioino
. Oltre che capitale, N. divenne cosм il centro di gran lunga piщ importante della nuova entitа
statale, nell'ambito della cui storia la fase angioina si protrae dal 1266 al 1442. Morto Carlo I nel
1285, gli succedette il figlio Carlo II, ma costui potй prendere possesso del regno solo nel 1288,
allorchй gli Aragonesi, che lo avevano fatto prigioniero, lo liberarono in seguito alla stipulazione
del Trattato di Camporeale. Proseguite fino al 1302, le ostilitа tra regno napoletano e Aragonesi
per il possesso della Sicilia si chiusero con la costituzione in Sicilia di un regno di Trinacria in
mano agli Aragonesi. Nel corso di queste vicende gli interessi degli Aragonesi furono piщ o meno
apertamente difesi dai pontefici Martino IV, Onorio IV, Niccolт IV e Bonifacio VIII e ciт ebbe come
conseguenza, nel periodo successivo, un allineamento del regno napoletano sulle posizioni
papali. Simili orientamenti trovarono la loro piщ ampia concretizzazione nel lungo regno di
Roberto (1309-43), che si oppose, non solo nell'Italia merid., agli interessi imperiali e, nel nome
della piщ assoluta fedeltа al soglio pontificio, favorм ovunque le correnti piщ intransigenti del
guelfismo. Morto Roberto, la corona passт alla nipote Giovanna I (1343-81), sotto il cui regno
esplose il conflitto per la successione tra i seguaci di Carlo III di Durazzo e quelli di Luigi, duca
d'Angiт. Proseguita dai figli dei contendenti, questa lotta portт al trono Ladislao di Durazzo (1386-
1414), che si rifece alla politica di Roberto. Al regno di Giovanna II (1414-35), ultima sovrana del
ramo Angiт-Durazzo, seguм, dopo un nuovo periodo di lotte, Alfonso I d'Aragona (1442-58), che
assunse per la prima volta il titolo di "re delle Due Sicilie" e con cui ebbe inizio una successiva
fase, quella aragonese appunto, della storia del regno. Nonostante le sue ambizioni di conquista
nell'Italia sett., Alfonso operт per rilanciare economicamente e culturalmente il regno dissanguato
dalle precedenti guerre e fece gravitare su N. il resto dei suoi domini: Sicilia, Sardegna, Aragona
e Baleari. Le complesse vicende politiche della penisola attrassero perт nel regno di N. il
sovrano francese Carlo VIII, che, terminata nel febbraio 1495 la conquista dello Stato merid., fu
costretto a risalire la penisola lasciando N. a un successore di Alfonso, Ferdinando II. Occupato
nel 1500 da Francesi e Spagnoli, il regno fu nuovamenteoggetto di contese tra le due potenze che
non riuscirono a trovare un accordo, situazione di cui si giovт la Spagna, che riuscм a estendere il
proprio potere all'intero territorio. A caratterizzare la fase spagnola (1504-1707) contribuirono
fattori politicamente ed economicamente negativi quali la sclerotizzazione di classi parassitarie
legate all'occupante, ma pronte a tributare ad altri i propri favori pur di mantenere inalterato il
proprio potere. A scuotere l'immobilismo politico e la cristallizzazione degli squilibri sociali di
questo periodo non valsero le celebri insurrezioni di N. (rivolta di Masaniello, 1647) e di Messina
(1674).
Tra il 1707 e il 1734 il regno fu dominato dagli Asburgo d'Austria, che videro nel 1713 rafforzato il
proprio potere in seguito alla stipulazione del Trattato di Utrecht, che, ponendo fine alla guerra di
successione spagnola, rafforzт l'influenza austriaca in Italia. Nel 1735 re Carlo III di Borbone
ebbe, in seguito alla stipulazione del Trattato di Vienna, che pose fine alla guerra di successione
polacca, il diritto, per sй e per i propri successori, di esercitare il potere della dinastia borbonica
sul regno napoletano. Il periodo che va dal 1734 al 1860 costituisce dunque, con le eccezioni
della Repubblica Napoletana e del periodo dell'influenza francese, la fase borbonica del regno.
Caratterizzato all'inizio da spinte progressiste, questo periodo vide in seguito stemperarsi
progressivamente le tensioni al rinnovamento, parallelamente al delinearsi di
un'amministrazione sorda a qualsiasi istanza popolare e, per contro, disponibile a far di tutto per
perpetuare quell'immobilismo politico, economico e sociale, che giа al tempo del dominio
spagnolo tanto aveva nuociuto alla causa dello sviluppo dello Stato. Nel 1759 Carlo III di Borbone
ebbe il regno di Spagna e questa eventualitа, prevista dal Trattato di Aquisgrana del 1748,
avrebbe dovuto, in base a quegli accordi, provocare l'ascesa al trono di N. di suo fratello Filippo.
Carlo eluse perт le clausole accettate undici anni prima e riuscм a lasciare al figlio Ferdinando la
corona dell'Italia meridionale. Salito al trono come Ferdinando IV di N. e III di Sicilia, questi
proseguм la politica moderatamente illuministica avviata dal suo predecessore su suggerimento
del proprio consigliere Bernardo Tanucci, che l'aveva seguito da Parma a Napoli. Particolarmente
nei confronti dei privilegi ecclesiastici Tanucci, che rafforzт ulteriormente la propria influenza
sulle decisioni della corona sotto il regno di Ferdinando, agм con decisione espellendo p. es. i
gesuiti e requisendone i beni. La politica filospagnola caldeggiata da Tanucci irritт perт gli
Asburgo, che aspiravano a estendere ulteriormente l'influenza politica di Vienna sulla penisola.
Maria Carolina d'Austria riuscм a ottenere nel 1776 l'allontanamento dello scomodo ministro e
l'allineamento di N. su posizioni filoasburgiche. Conseguenza di ciт fu la fine del riformismo in
politica interna e l'aperta conversione della corona a quei criteri immobilistici e conservatori che,
come s'и detto, caratterizzarono, in una visione d'insieme, il dominio borbonico sull'Italia
meridionale. All'effimera parentesi della Repubblica Napoletana (1799) seguм quella dell'influenza
francese, che si articolт in una fase di semplice condizionamento politico napoleonico (1800-06),
nel regno di Giuseppe Bonaparte (1806-08), e in quello di Gioacchino Murat (1808-15). Rientrato a
N. nel 1815, Ferdinando riebbe il proprio potere parallelamente al definitivo declino delle fortune
napoleoniche e l'anno seguente unificт anche formalmente Sicilia e Regno di N. dando vita al
Regno delle Due Sicilie (181660), alla testa del quale si pose assumendo la denominazione di
Ferdinando I. Turbata dai moti popolari del 1820-21, l'ultima parte del regno di Ferdinando fu
caratterizzata dall'adozione di drastiche misure repressiv

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