L' Asia

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ASIA

Il più esteso continente della Terra. Includendo le acque interne, l'Asia ha una superficie di circa 44.472.097 km2: rappresenta quindi un terzo delle terre emerse di tutto il pianeta. I tre quinti della popolazione mondiale vivono in Asia; nei primi anni Novanta il continente contava oltre 3,4 miliardi di abitanti.
Situata quasi interamente nell'emisfero boreale, l'Asia è delimitata a nord dal mar Glaciale Artico, a est dallo stretto di Bering e dall'oceano Pacifico, a sud dall'oceano Indiano e a sud-ovest dal mar Rosso e dal mar Mediterraneo. A ovest il confine convenzionale fra Europa e Asia è costituito dai monti Urali, che strutturalmente costituiscono l'elemento di saldatura con l'Europa: in realtà non c'è soluzione di continuità tra Europa e Asia, e ciò giustifica il termine Eurasia, che si dà al grande insieme continentale. Dall'estremità meridionale della catena degli Urali il confine è segnato in direzione sud dal fiume Ural fino al mar Caspio, e quindi prosegue in direzione ovest con i monti del Caucaso fino al mar Nero.
La terraferma continentale si estende in senso nord-sud da capo Celjuskin, in Siberia, fino all'estremità meridionale della penisola malese. L'estrema punta occidentale è capo Baba, nella Turchia nordoccidentale, mentre l'estremità orientale è costituita da capo De"nev, nella Siberia nordorientale. L'ampiezza massima del continente da est a ovest è di circa 8500 km. In Asia si trovano sia la massima depressione sia la massima altitudine della superficie terrestre: la prima è costituita dal litorale del mar Morto, che si trova a 395 m sotto il livello del mare, mentre la seconda è il monte Everest, che raggiunge gli 8872 m sopra il livello del mare.
La parte sudorientale del continente è costituita da un vasto insieme di arcipelaghi e di grandi isole, che comprendono le isole dell'Indonesia e delle Filippine, con Sumatra, Giava, Celebes (Sulawesi), Borneo e Nuova Guinea. Altri gruppi insulari sono situati a nord, dove si trovano Taiwan, le isole del Giappone e Sahalin. Lo Sri Lanka e i gruppi di isole più piccole quali le Maldive, le Andamane e le Nicobare sono situate nell'oceano Indiano.
A causa della sua vasta dimensione e della varietà delle sue condizioni geografiche e storico-politiche, l'Asia può essere convenzionalmente suddivisa in cinque grandi regioni: la vasta area corrispondente all'ex Unione Sovietica, comprendente la Siberia, l'Asia centroccidentale e il Caucaso; l'Asia orientale, comprendente Cina, Tibet, Mongolia, Corea del Nord e del Sud e Giappone; il Sud-Est asiatico, comprendente Myanmar, Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam, Malaysia, Singapore, Repubblica dell'Indonesia, Brunei e Filippine; l'Asia meridionale, comprendente India, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Nepal e Bhutan; infine, l'Asia sudoccidentale, comprendente Afghanistan e paesi della regione nota comunemente con il nome di Medio Oriente: Iran, Iraq, Turchia, Siria, Libano, Israele, Giordania, Kuwait e Arabia Saudita, con gli altri stati della penisola arabica. Da un punto di vista culturale il continente può essere suddiviso in alcune vaste aree: l'Asia orientale, che accoglie i popoli di cultura cinese e che ha influenzato anche i paesi del Sud-Est; l'Asia centrale dominata dai popoli di cultura turca (o turanica) e, a sud, da quelli di cultura indiana; il Sud-Ovest dominato dalle culture iraniche e arabe unificate dall'Islam; infine, la fascia siberiana dove le culture arcaiche dei cacciatori subirono l'influsso slavo dei russi.

L'ambiente naturale
Fisicamente l'Asia è strutturata in modo complesso. Tutta la sua sezione settentrionale è rigida, piatta, unitaria e presenta una successione di altipiani, di depressioni e di antiche catene montuose, di monotone superfici. La sezione meridionale è più movimentata, frammentata in blocchi peninsulari ed è separata da quella settentrionale da fasci di catene montuose che iniziano nell'Asia Minore e proseguono verso est sino a includere il Karakoram e l'Himalaya, vertici del gigantesco sistema di rilievi che attraversa il continente. Verso est i rilievi si attenuano, si spengono nelle vaste, stabili ed uniformi superfici della regione cinese. Il sud del continente infine esprime una condizione di instabilità, di giovinezza geologica: l'immagine tipica è quella dei vulcani che si elevano sopra il mare.
Storia geologica
Secondo la teoria della tettonica a zolle, la crosta superficiale della Terra è costituita da alcune vaste placche continentali oltre che da placche oceaniche, per gran parte in continuo movimento. La più grande è la placca continentale eurasiatica, in gran parte formata da alcune fra le rocce più antiche della Terra, risalenti al Precambriano (da 4,65 miliardi a 570 milioni di anni or sono) e oggi affioranti nella piattaforma dell'Angara, nella Siberia orientale, in gran parte della penisola arabica e in India, a sud della piana indogangetica.
Durante gran parte del Paleozoico e del Mesozoico (da 570 a 65 milioni di anni or sono), un vasto mare, che i geologi hanno chiamato Tetide, ricopriva gran parte delle regioni interne dell'Eurasia. Gli spessi sedimenti lasciati da questo mare col passar del tempo si trasformarono in formazioni metamorfiche. All'incirca 30 milioni di anni or sono, il subcontinente indiano, che si era staccato dall'Africa sudorientale andando alla deriva in direzione nord-est, esercitò una pressione sulla placca continentale euroasiatica, creando un enorme "abisso" in seguito colmato da sedimenti che formarono la piana indogangetica. Successivamente le stesse spinte provocarono il corrugamento degli strati depositati negli abissi della Tetide; in tal modo si ebbe la formazione delle catene che attraversano l'intero continente da est a ovest e che culminano nell'Himalaya e nel Karakoram. I sistemi montuosi che dominano la sezione meridionale del continente sono di origine terziaria e contrastano dal punto di vista geologico con le superfici che stanno a nord, formate da zolle antiche e da morfologie tabulari (anche se non mancano i rilievi). Le superfici che stanno a sud sono formate da penisole, arcipelaghi, e morfologie tormentate (frequente è il vulcanismo). Diverse Asie quindi, una stabile, rigida, orizzontale, dai grandi orizzonti, a nord dei paesi montuosi, e una giovane, articolata, peninsulare. In questa, tuttavia, la sezione che forma la penisola indiana è costituita da un antico frammento continentale (si parla infatti di subcontinente indiano). Ciò vale anche per la penisola arabica, mentre l'arcipelago indonesiano è una terra tuttora in formazione, come rivela la frammentazione insulare degli arcipelaghi oltre che l'attività vulcanica e l'instabilità tettonica dell'intero Sud-Est asiatico. Nell'Asia orientale la forza che ha dato forma ai lineamenti continentali è stata l'urto della placca pacifica, in moto verso occidente, contro la placca continentale euroasiatica. Il Giappone, Taiwan, le isole Curili, le isole Ryukyu e le Filippine sono il prodotto di queste spinte. Nel Sud-Est asiatico la situazione è complicata dai reciproci movimenti delle placche oceaniche pacifica e indiana, e tali movimenti contribuiscono a spiegare l'orientameno meridiano degli altipiani del Sud-Est asiatico continentale e l'attività vulcanica che caratterizza l'arcipelago dell'Indonesia.
Regioni geografiche
La struttura fisica dell'Asia, con il suo sistema di catene montuose, sembra imperniata sul nodo orografico del Pamir, una sorta di altopiano (ma è più esatto parlare di acrocoro, in quanto formato da un insieme di rilievi elevati, di altitudine superiore ai 6000 m), conosciuto come il "Tetto del Mondo", situato là dove convergono i confini di India, Cina, Tagikistan, Pakistan e Afghanistan. Dal Pamir si diparte a forma di spirale in direzione ovest l'Hindukush, con le sue propaggini che attraversano l'Iran settentrionale, ovvero la catena dei monti Elburz. Al di là di questi ultimi s'innalzano le catene del Caucaso, fra il mar Caspio e il mar Nero, e i monti del Ponto, che costeggiano la sponda meridionale del mar Nero, in Turchia. Verso sud-est si dipartono dal Pamir le catene del Karakoram e dell'Himalaya, accostate a nord e a sud da catene montuose parallele più basse ma pur sempre molto elevate. L'insieme di queste catene forma un imponente arco orientato da est a ovest, lungo circa 2500 km, in cui spiccano alcune cime (una decina) di altitudine superiore agli 8000 m. Verso est si diparte la catena dei Kunlun Shan e una diramazione montuosa, gli Altun Shan. Questa linea di rilievi continua ulteriormente verso est, seppure ad altitudini meno elevate, con i monti Nan Ling e i Qin Ling, che costituiscono il principale spartiacque climatico fra Cina settentrionale e meridionale. Tra il sistema himalayano e la catena dei Kunlun si trova l'altopiano tibetano, che presenta altitudini medie che vanno da 3660 a 4570 m. A nord-est del Pamir si dipartono infine i grandi rilievi montuosi del Tian Shan, con cime che s'innalzano oltre i 6000 m ma che digradano all'avvicinarsi dei confini con la Mongolia Esterna. A nord-est del Tian Shan si elevano i monti Altaj, che orlano a nord gli altipiani della Mongolia e, più oltre, i monti Saian, Jablonovy e Stanovoj, nella Siberia orientale, rilievi questi che restano estranei alle catene di origine recente del sistema Pamir-Himalaya.
Diverse importanti depressioni strutturali sono situate a nord del nucleo centrale di montagne. Più a nord, fra i Tian Shan e i monti Altai, si trova la regione cinese della Zungaria. A sud di questo bacino, fra i Tian Shan e i rilievi del Karakoram e dei Kunlun, si estende la vasta depressione costituita dal bacino del Tarim, in cui è situato uno dei maggiori deserti di media latitudine, il Taklimakan. Infine, circondata dai Kunlun e dagli Altun Shan, compare la profonda depressione di Tsaidam.
Anche i tipi di suolo sono estremamente vari. La Siberia è ricoperta dai suoli acidi caratteristici della tundra e della taiga; vi domina il permafrost (permagelo), il suolo caratteristico delle alte latitudini, che rimane ghiacciato per tutti i mesi dell'anno. Questi suoli si fondono con le terre brune, la steppa e i suoli desertici in una vasta fascia che si estende dalla Cina settentrionale al mar Nero e all'Asia sudoccidentale. Le terre nere della steppa, fra le più fertili dell'Asia, si trovano nella Cina centrosettentrionale e nella Siberia sudoccidentale. Nell'Asia orientale e meridionale i suoli più adatti all'agricoltura sono quelli alluvionali delle valli dei grandi fiumi, soprattutto l'Indo e il Gange. Questi suoli costituiscono gran parte dei terreni agricoli a sfruttamento intensivo dell'Asia. Nelle regioni di latitudine inferiore si trovano suoli tropicali maturi, in generale a bassa fertilità. Questi terreni maturi si trasformano verso nord in suoli con più elevato contenuto di humus, che sono relativamente più fertili.
Idrografia
I monti e gli altipiani nel cuore dell'Asia possono essere considerati come il mozzo di una colossale ruota i cui raggi sono costituiti dai grandi fiumi che scorrono in tutte le direzioni. Sette di questi corsi d'acqua sono fra i dodici fiumi più lunghi del mondo. A nord, dai margini settentrionali e dalle propaggini nordorientali del cuore montuoso del continente, scorrono verso il mar Glaciale Artico i fiumi Lena, Jenisej e Ob. Questi corsi d'acqua solcano vaste pianure alluvionali il cui suolo è costituito da permafrost. A ovest, dalle pendici dei Tian Shan e dello stesso Pamir scendono diversi fiumi quali l'Ili, il Syrdarja e l'Amudarja, che irrigano le aride pianure centrasiatiche e sfociano in mari interni, il lago Balhaš nel caso dell'Ili; il lago d'Aral nel caso degli altri due. Insieme allo Zerav Balhašan e ai fiumi minori del Tibet settentrionale, della Cina orientale, e della Mongolia meridionale, questi fiumi formano il più grande bacino idrografico interno dell'Asia con una superficie di circa 10 milioni di km2.
A sud, sud-est ed est i grandi fiumi scorrono attraverso vasti bassipiani. Tra questi si ricordano l'Indo, il Gange, il Brahmaputra, il Salween, il Mekong, il Chang Jiang (Fiume Azzurro), lo Huang He (Fiume Giallo) e l'Amur, tutti alimentati da nevai e ghiacciai e con le sorgenti situate all'interno o ai margini del nodo orografico del continente.
Clima
Il clima dell'Asia è vario sia a causa della sua estensione latitudinale sia per la diversità della sua esposizione ai mari e per il diverso grado di continentalità, sia infine a causa della sua morfologia, delle sue depressioni e delle sua alte catene montuose. Vi si verificano le condizioni estreme: si passa infatti dalla foresta pluviale equatoriale alla tundra artica. La parte settentrionale dell'Asia è per lo più dominata dal movimento di masse d'aria continentali di tipo polare che si spostano dalla Siberia occidentale al Pacifico settentrionale. Gli inverni sono lunghi e rigidi, le estati brevi e fresche, mentre le precipitazioni annue sono esigue. Un clima analogo è caratteristico dell'altopiano del Tibet e di altri altipiani. Le regioni interne presentano climi tipici dei deserti di media latitudine o delle zone semidesertiche, con inverni rigidi ed estati caldo-torride; la piovosità media annua è inferiore a 230 mm. Le regioni a clima arido attraversano per intero il continente, a partire dalla Mongolia sino alla penisola arabica: rappresentano un po' il cuore del continente, un cuore morto però (un Death Heart, come dicono certi geografi) popolato soltanto da nomadi.
I margini orientali e meridionali del continente sono invece caratterizzati da flussi d'aria monsonica (vedi Monsone), che soffiano dalle zone interne continentali, aride e fredde, verso sud-est nei mesi invernali e in direzione opposta, cioè dal mare, apportando umidità e aria calda, nei mesi estivi. Il regime monsonico interessa, nella sua duplice influenza, la parte esterna, meridionale, del continente, le cui regioni periferiche (dall'India alla Cina meridionale) presentano inverni freschi oppure freddi e secchi, mentre le estati sono caldo-umide, con una forte concentrazione delle precipitazioni nei mesi estivi. Nelle zone più meridionali, più prossime alla fascia equatoriale (come in Indonesia) la piovosità tende a distribuirsi uniformemente per tutto l'anno. Nelle regioni che si trovano al riparo delle montagne, come sui versanti meridionali dell'Himalaya, oltre che nelle montagne del Vietnam, della Malaysia e di parti dell'India meridionale, l'influsso del monsone marittimo si fa sentire in modi eccezionali, tanto che qui si registrano le massime piovosità dell'Asia (il primato è registrato a Chittagong, in Bangladesh, dove cadono sino a 11.000 mm di pioggia all'anno!). Anche le aree costiere dell'Asia orientale sono soggette a tifoni devastanti che traggono origine dal Pacifico occidentale e dalla parte settentrionale del mar Cinese Meridionale.
L'Asia sudoccidentale presenta un diverso regime climatico, estraneo generalmente agli influssi marittimi, a causa dei movimenti particolari dei monsoni che si muovono dall'oceano Indiano. È dominata da zone di alta pressione formate da masse d'aria secche e relativamente stabili che si muovono lentamente da ovest a est e portano limitate piogge invernali. La piovosità media annua è bassa e il clima prevalente è quello delle steppe semiaride e del deserto. Questo regime climatico si estende sino alla pianura dell'Indo.
Flora
In Asia la vegetazione è estremamente varia, così come sono vari i suoli e i climi. Nelle estreme propaggini settentrionali del continente, in Siberia, predomina la vegetazione della tundra (prevalentemente muschi e licheni), e della taiga (costituita da foreste di conifere, con larici, pini e abeti). A sud della taiga si estendono vaste regioni di praterie, orientate da est a ovest, che più a sud sfumano nella fascia arida, dove allignano solo radi arbusti di tamerici o ciuffi di graminacee, come nei bacini intermontani che formano il cuore orografico del continente e nelle zone adiacenti nonché di gran parte dell'Asia sudoccidentale.
Nell'Asia meridionale, in quella orientale e nel Sud-Est asiatico, investiti dagli influssi equatoriali, prevale, alle latitudini inferiori, caratterizzate da forti precipitazioni lungo l'arco dell'anno, la foresta pluviale equatoriale. La lussureggiante foresta pluviale sempreverde si contraddistingue per le diverse specie arboree ed essenze: teak, albero del pane, eucalipto, e numerose varietà di bambù e palma. Più a nord dell'equatore si trova una foresta tropicale meno fitta, condizionata dal clima a regime monsonico. A sua volta questa si fonde a nord con la foresta subtropicale sempreverde, come nella Cina meridionale e in Giappone. Alle medie latitudini predominano le foreste miste di piante decidue e conifere; ancora più a nord si passa alle regioni contraddistinte dalle foreste di conifere.
Fauna
Le specie faunistiche dell'Asia sono varie quanto i climi, i suoli e la vegetazione. Nelle regioni settentrionali vivono in gran numero animali da pelliccia (orso bruno, lontra, lince, zibellino, ermellino e lupo) e uccelli di diverse specie. Nella steppa e nelle regioni semiaride vivono l'antilope e diverse specie di roditori, quali la lepre e il topo di campagna. Pesci d'acqua dolce sono presenti dovunque nel continente; il lago Bajkal è famoso per la sua fauna caratteristica, sebbene il grave inquinamento industriale, avvenuto in tempi recenti, minacci la sopravvivenza di molte specie. Le pecore e le capre selvatiche pascolano sugli altipiani, mentre nel Tibet vive lo yak selvatico. La vita animale è più limitata nelle torride regioni desertiche dell'Asia sudoccidentale, dove il più famoso animale indigeno, il leone asiatico, è ormai prossimo all'estinzione; in queste regioni, comunque, si trovano comunemente sciacalli e iene. La fauna selvatica delle regioni umide dell'Asia orientale e sudorientale si va via via impoverendo, in parte a causa delle attività venatorie e in parte per il generale degrado dell'habitat naturale, sempre più condizionato dalle attività umane. Nelle aree meridionali la scimmia è assai frequente, mentre la tigre indiana ancora sopravvive, seppure in un numero di esemplari assai esiguo, che fa temere una sua prossima estinzione, nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico. L'avifauna e i rettili abbondano; varie specie di coccodrillo sono ampiamente distribuite sul territorio. Nel Sud-Est asiatico sono diffuse alcune scimmie come il gibbone e pochi esemplari di oranghi. Molte specie di cervo (vedi Cervidi) e di antilope vivono in aree meno densamente popolate come il Borneo, dove si trovano in gran numero scoiattoli volanti e ratti arboricoli (genere Capromyss e Plagiodon). Fra gli animali di eccezionale interesse si annoverano il raro rinoceronte del Sud-Est asiatico, l'elefante indiano, il tapiro, il formichiere e il bufalo selvatico dell'India e del Sud-Est asiatico.

La popolazione
La popolazione dell'Asia è caratterizzata da una grande varietà etnica e di condizioni demografiche. L'Asia meridionale e orientale presentano le maggiori densità, non solo del continente ma anche del pianeta. Le regioni settentrionali e interne, al contrario, presentano valori estremamente bassi: la Mongolia, ad esempio, con meno di due abitanti per chilometro quadrato, detiene il primato della densità più bassa del mondo. Nelle regioni aride dell'interno gli abitanti vivono per lo più nelle oasi fluviali, come quella di Taškent. In Siberia gli insediamenti sono situati nelle zone minerarie e soprattutto lungo la ferrovia Transiberiana e le sue diramazioni. Nell'Asia orientale, nel Sud-Est asiatico e in gran parte dell'Asia meridionale la popolazione si affolla lungo i corsi fluviali, dove la densità può superare i 4000 abitanti per km2. Singapore è il paese più densamente popolato del mondo, con una media di oltre 4400 abitanti per km2. In Cina il 90% della popolazione (oltre un miliardo di abitanti) si concentra in un terzo del territorio del paese, nelle regioni orientali. Anche in Giappone, paese altamente industrializzato, gran parte della popolazione vive in ristrette zone costiere, dove si trovano le città più grandi.
Etnologia e lingue
I popoli mongolidi predominano nell'Asia orientale e nel Sud-Est asiatico continentale, mentre i malesi prevalgono negli arcipelaghi di quest'ultima regione. Nell'Asia meridionale circa due terzi della popolazione sono costituiti da razze caucasoidi, simili ai popoli del Medio Oriente: le etnie caucasoidi sono predominanti anche nell'Asia sudoccidentale e in gran parte dell'Asia centrale. L'India meridionale è dominio dei popoli dalla pelle scura di lingua dravidica, ai quali si sono sovrapposti i popoli di origine centroasiatica (indo-ari), che nella loro diaspora hanno raggiunto, verso est, anche l'Europa. I popoli mongolidi vivono nella regione himalayana e tibetana e giungono, attraverso la Mongolia, sino alla Siberia orientale. Il principale gruppo etnico della Siberia è di tipo caucasoide, di origini europee.
La cultura cinese e le culture che, pur esprimendosi con propri idiomi, ne sono state influenzate, sono tipiche dell'Asia orientale; esse sono rappresentate dai popoli cinese, tibetano, mongolo, coreano e giapponese. Il Sud-Est asiatico è molto diversificato, ma la sua parte peninsulare e gli arcipelaghi sono di cultura malese. Le regioni continentali del Sud-Est asiatico sono abitate da birmani, thai, vietnamiti e khmer, oltre che da numerosi altri gruppi etnici. Nell'Asia meridionale i popoli del nord parlano una varietà di hindi imparentato con le lingue indoeuropee; ma nel sud hanno maggior rilievo le lingue dravidiche delle popolazioni indigene della penisola indiana. Nell'Asia sudoccidentale le lingue principali, che si identificano con i gruppi etnici, sono il persiano (farsi), l'arabo, il turco e l'ebraico. Le lingue altaiche sono diffuse nell'Asia centrale e nella Cina occidentale, ma oggi il russo è la lingua dominante in Siberia. Vedi anche Lingue indo-iraniche; Lingue maleopolinesiane; Lingue semitiche; Lingue sinotibetane; Lingue slave.
Demografia
La popolazione del continente supera i 3,4 miliardi (1994). L'Asia orientale e il Sud-Est asiatico accolgono più della metà del totale. La densità media della popolazione è di 77 abitanti per km2, anche se questo è un valore non particolarmente significativo, poiché la popolazione è distribuita in modo fortemente ineguale.
La maggioranza della popolazione asiatica vive nelle campagne, ma negli ultimi decenni si è assistito a un rapido processo di urbanizzazione. La popolazione urbana è dominante in Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Giordania, Siria, Israele, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait e negli Emirati Arabi Uniti. L'Asia meridionale e il Sud-Est asiatico sono disseminati di grandi città, gran parte delle quali hanno assunto l'importanza attuale in conseguenza del dominio economico e politico europeo; fra queste metropoli si segnalano Karachi, Bombay, Colombo, Madras, Calcutta, Rangoon (Yangon), George Town (Pinang), Kuala Lumpur, Singapore, Giacarta, Surabaya, Manila, Ho Chi Minh (già Saigon), Phnom Penh e Hanoi. Bangkok non è sorta come un centro coloniale, ma è simile alle altre città per molti aspetti. Anche in Cina molte delle maggiori città costiere furono fortemente influenzate dal contatto con gli europei. In Giappone oltre il 75% della popolazione vive attualmente in città. Nell'Asia sudoccidentale e centrale le antiche tradizioni urbane vennero consolidate dalla cultura islamica e sorsero così città quali Teheran, Baghdad, Damasco, Gerusalemme e Istanbul. L'urbanizzazione recente si riflette in città quali Tel Aviv-Giaffa, Beirut e Ankara. Ciò nonostante, in alcuni paesi dell'Asia sudoccidentale e centrale la popolazione urbana rappresenta una piccola percentuale del totale. In ogni caso l'Asia conta oltre la metà della popolazione urbana mondiale, e questo valore è destinato ad aumentare in futuro, poiché le città asiatiche stanno crescendo a un ritmo doppio rispetto a quello della popolazione in generale.
La crescita urbana riflette sia i fenomeni migratori sia l'incremento demografico nella maggior parte dei paesi. Il tasso annuo di crescita demografica dell'intero continente è di circa l,8%. Numerosi paesi presentano tassi di crescita significativamente inferiori, fra cui il Giappone, la Cina, Taiwan e Singapore. Le previsioni demografiche indicano, per il prossimo futuro, un notevole e rapido incremento della popolazione in Asia, nonostante il calo dei tassi di crescita in Cina, nelle Filippine e in India.
Religione
L'Asia è la culla di tutte le religioni del mondo. Ebraismo, cristianesimo e Islam ebbero origine nell'Asia sudoccidentale; buddhismo e induismo in India; il confucianesimo e il taoismo in Cina. Per quanto grande sia stato il suo influsso storico, sia diretto sia indiretto, il cristianesimo è oggi diffuso nelle Filippine e in Corea del Sud e poco praticato altrove. Il buddhismo è oggi una religione minoritaria nel suo paese d'origine, l'India, ma è diffuso, in forme abbastanza differenti, nelle regioni interne dell'Asia e nel Sud-Est asiatico, dove è la religione principale (nella forma Theravada) in Myanmar, Thailandia, Cambogia e Laos. Il buddhismo Mahayana ha un ruolo significativo in Giappone, Vietnam e Cina. L'Islam è la religione dominante nell'Asia sudoccidentale e centrale; ha grande rilievo nell'Asia meridionale, dove sia il Pakistan sia il Bangladesh sono paesi prevalentemente musulmani. Anche in Indonesia la stragrande maggioranza della popolazione è musulmana. Diverse città dell'Asia sudoccidentale sono importanti mete di pellegrinaggi religiosi, e fra esse le più eminenti sono La Mecca, Medina e Gerusalemme.

Modelli di sviluppo economico
La maggioranza della popolazione del continente è occupata nell'agricoltura, ma l'attività agricola è caratterizzata da una produzione relativamente scarsa oltre che da una bassa produttività del lavoro. Solo una minoranza è impiegata in attività industriali, e spesso i centri urbani, con le loro industrie, non sono ben integrati sotto il profilo economico con il settore agricolo. I sistemi di trasporto, sia all'interno dei singoli paesi sia fra gli stati, sono ancora scarsamente sviluppati in molte aree, anche se recentemente sono notevolmente migliorati rispetto al passato.
Vi sono però alcuni paesi asiatici che costituiscono delle eccezioni rispetto alla tendenza generale descritta sopra, e che hanno oggi un settore industriale particolarmente sviluppato. Il Giappone, ad esempio, ha modernizzato con successo la propria economia, al pari di Israele, Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong e, in misura minore, Indonesia, Malaysia, Thailandia, Turchia e altri stati produttori di petrolio della penisola arabica. In generale, queste economie hanno presentato tassi di crescita di oltre il 5% annuo, ben superiori ai tassi di incremento demografico. Ma, nonostante i risultati positivi ottenuti dagli stati ricchi di petrolio dell'Asia sudoccidentale, la distribuzione del reddito è rimasta concentrata più che in altri paesi. Grazie agli investimenti esteri su larga scala, alla privatizzazione accelerata e all'industrializzazione, la Repubblica Popolare Cinese ha conseguito il primato fra i paesi asiatici sotto il profilo della crescita economica nei primi anni Novanta. Nel 1992 l'economia cinese cresceva, secondo le stime effettuate, del 12%, a fronte di un reddito pro capite che restava a livelli relativamente modesti. Anche il Vietnam e il Laos, due fra i paesi asiatici più poveri, stanno imboccando la via di una crescita economica significativa e attirano cospicui investimenti dall'estero.
Agricoltura
La maggior parte delle terre dell'Asia è inadatta all'agricoltura e meno di un terzo dei suoli viene coltivato. Le aree più produttive però, consentono un'assorbimento elevato di manodopera. In generale, l'unità produttiva di base è il villaggio tradizionale anziché la fattoria. Nell'Asia meridionale, orientale e nel Sud-Est l'agricoltura è caratterizzata da piccoli appezzamenti nelle pianure alluvionali, dall'eccesso di popolazione rurale rispetto ad estensioni di terreno esigue, da una produzione perlopiù di sussistenza, dalle elevate percentuali di fittavoli, dalla forte dipendenza dalle colture cerealicole o destinate all'alimentazione, dalle tecnologie premoderne. Il riso è il prodotto più importante (e il cibo principale) dell'Asia meridionale, orientale e del Sud-Est, ed è una coltura irrigua. Nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico la produzione è relativamente modesta, i sistemi di irrigazione hanno uno sviluppo irregolare e raramente si semina due volte all'anno. Tuttavia, in India e Pakistan, l'estensione dei progetti di irrigazione e l'introduzione di varietà di semi altamente produttivi a partire dagli anni Settanta hanno contribuito a stabilizzare la produzione e a un suo significativo aumento generale; oggi il Pakistan è un paese esportatore di riso. Il Giappone ha mostrato in quale straordinaria misura sia possibile aumentare i raccolti e la produzione di riso delle coltivazioni irrigue grazie all'introduzione di varietà molto produttive, all'oculato governo delle acque, all'uso di fertilizzanti e all'eliminazione del latifondismo in un sistema agricolo ancora basato su piccole proprietà.
Nuove varietà altamente produttive di riso da destinare alle colture irrigue sono state distribuite in molte parti del Sud-Est asiatico, oltre che in India e Pakistan, a partire dagli anni Sessanta (la cosiddetta "rivoluzione verde"), e la produzione è aumentata, anche se non nella misura sperata. La quantità media di riso prodotto in India, Thailandia e Myanmar è soltanto un terzo di quella giapponese. In India, l'introduzione di varietà molto produttive di frumento, provenienti dal Messico, ha influito considerevolmente sui raccolti in certe aree; il frumento è al secondo posto per importanza fra le colture del paese.
Le proprietà su larga scala che si trovano a latitudini inferiori sono in netto contrasto con la prevalente produzione di sussistenza delle aree circostanti. Queste proprietà forniscono redditizi prodotti agricoli destinati all'esportazione quali caucciù, olio di palma, cocco, tè, ananas e fibra di abacá (Musa textilis). Questi latifondi si costituirono nel periodo coloniale nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico e molti ancora ne sopravvivono, posseduti da stranieri e sotto il loro controllo. Gran parte dei prodotti agricoli destinati al mercato è coltivata anche nelle piccole proprietà in quantità notevoli.
L'agricoltura dell'Asia orientale si basa sulla risicoltura fino a circa 35° di latitudine nord in Cina e a 40° di latitudine nord negli altri paesi produttori. A paragone del Sud-Est asiatico, i raccolti sono assai abbondanti e si effettuano comunemente due volte l'anno, il sistema irriguo è ben gestito e l'apporto dei fertilizzanti è estremamente elevato, soprattutto in Giappone. A nord del fiume Huai He in Cina, il riso lascia il posto al frumento e poi ai cereali tipici delle terre aride, quali il sorgo e il mais, tutti coltivati intensivamente secondo le caratteristiche proprie dell'agricoltura cinese. Sia a nord sia a sud della regione si allevano, dove possibile, maiali, pollame e pesce (in bacini artificiali), mentre soltanto in Giappone e Corea è comune l'allevamento dei bovini da carne e da latte.
Nelle regioni interne più aride dell'Asia, si coltivano cereali adatti a quei terreni, ma l'attività prevalente è la pastorizia; si allevano bovini, ovini ed equini. L'agricoltura irrigua tipica delle oasi si trova in località privilegiate dell'Asia centrale. La coltivazione di cereali adatti ai terreni aridi, la pastorizia nomade e le colture irrigue tipiche delle oasi sono pure caratteristiche dell'Asia sudoccidentale, ma i livelli di produttività sono per lo più bassi.
Silvicoltura e pesca
L'industria del legno occupa un posto significativo in quasi tutti i paesi del Sud-Est asiatico, in particolare in Indonesia, Malaysia, Filippine e Thailandia (in quest'ultimo stato il teak è il prodotto più importante). La raccolta della legna e la coltivazione itinerante nelle zone boscose interfluviali sono attività di rilievo nel Sud-Est asiatico e nelle regioni umide più remote dell'Asia e della Cina meridionali. In India e in Cina, tuttavia, il manto boscoso originario è stato da molto tempo eliminato nelle aree a maggiore densità di popolazione. Notevole importanza ha l'industria del legno in Giappone, dove vaste aree di rimboschimento (soprattutto conifere) hanno rimpiazzato gran parte della vegetazione originaria. Le riserve di legname in Siberia sono enormi e finora sono state relativamente poco sfruttate, in parte a causa delle difficoltà dovute alla rigidità del clima e in parte per il fatto che la pianta predominante è il larice, meno attraente sotto il profilo commerciale di altre specie.
In Asia l'industria della pesca è un'attività estremamente importante. Il Giappone è al primo posto nel mondo in questo settore e la Cina non è molto lontana. Quest'attività ha notevole rilievo anche in Russia, Thailandia, Indonesia e Filippine, al pari della piscicoltura (allevamento del pesce in bacini artificiali), soprattutto in Cina. Benché nei paesi poveri la pesca sia per lo più associata al consumo domestico, un crescente risalto è stato dato all'esportazione di pesce essiccato, surgelato e in scatola.
Risorse minerarie
L'attività estrattiva è importante in gran parte dei paesi asiatici e alimenta l'esportazione. L'Asia è estremamente ricca di minerali e gran parte del continente – il Tibet, ad esempio – deve essere ancora esplorato sotto il profilo geologico. In Siberia, nella Cina settentrionale e nell'India nordorientale esistono enormi giacimenti di carbone, ma depositi di questo minerale sono presenti un po' dappertutto, seppure in quantità inferiori. Anche i giacimenti di petrolio e gas naturale sono distribuiti in tutto il continente, ma le maggiori concentrazioni si trovano lungo le coste del golfo Persico in alcune regioni indonesiane, nella Cina settentrionale e interna, lungo i litorali del mar Caspio e nei bassipiani della Siberia occidentale. Grandi riserve sono presenti al largo delle coste della Cina, dell'Indonesia, della Malaysia e dell'India occidentale. I minerali metallici sono relativamente limitati nell'Asia sudoccidentale, fatta eccezione per la Turchia, che è uno dei principali produttori di cromo. Giacimenti di metalli di vario genere sono distribuiti un po' ovunque; Cina e Siberia ne sono particolarmente ben provviste. Malaysia, Thailandia e Indonesia sono estremamente ricche di stagno, mentre l'India abbonda di minerali ferrosi e di manganese. Fra gli altri minerali importanti del continente si annoverano: oro, argento, uranio, rame, piombo e zinco; in Siberia si trovano alcuni tipi di pietre preziose, in particolare diamanti, che sono presenti, insieme a zaffiri e rubini, anche nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico.
Industria
Questo settore in generale è relativamente poco sviluppato, fatta eccezione per il Giappone. Al secondo posto nell'economia mondiale, il Giappone presenta un'industria estremamente diversificata, che occupa circa il 25% della forza lavoro del paese. A parte il Giappone, i principali paesi industriali in Asia sono la Cina, l'India e le cosiddette "tigri asiatiche": Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud. In Cina l'industria era un tempo concentrata nelle regioni nordorientali (in Manciuria), nei porti di Shanghai, Tientsin, Tsingtao e Wuhan e in alcune province interne ricche di materie prime. Oggi crescenti investimenti prendono la via delle province meridionali. La produzione di acciaio della Cina è paragonabile a quella della Gran Bretagna, ma il prodotto pro capite rimane pur sempre basso. In India le attività industriali sono fortemente concentrate a Calcutta e nelle zone circostanti, nell'area di Bombay, al centro della penisola e in numerose città di altre aree ricche di risorse. In Siberia le attività industriali si raccolgono in prossimità dei monti Urali, vicino alle principali aree urbane lungo la Transiberiana, ad esempio a Novosibirsk, e intorno a centri isolati dell'estremo oriente russo. Oggi l'India è un'importante potenza industriale, ma in questo settore è occupato soltanto il 10% della popolazione attiva, mentre in Cina è addetto all'industria il 15% della forza lavoro. A partire dagli anni Sessanta l'industria si è rapidamente sviluppata a Singapore, a Taiwan, in Corea del Sud e a Hong Kong. Anche Thailandia, Malaysia, Indonesia e Filippine hanno conosciuto una grande crescita dell'industria. In altri paesi l'attività industriale tende a essere associata alla trasformazione dei prodotti agricoli locali, dei minerali e del legno; l'industria leggera è destinata ai mercati interni, mentre si montano in loco macchine e veicoli importati da altri paesi. La tendenza prevalente in molti paesi asiatici è quella di installare industrie di beni destinati all'esportazione, approfittando della forza lavoro relativamente a basso costo e localizzando le attività in zone dove sono applicati incentivi fiscali per invogliare gli investitori. Fra i settori industriali di prodotti destinati all'esportazione particolare sviluppo hanno avuto quelli dell'elettronica e dell'abbigliamento in Corea del Sud e a Taiwan.
Energia
Benché la produzione complessiva di energia sia enormemente aumentata a partire dagli anni Sessanta, il consumo energetico pro capite resta estremamente basso in gran parte dei paesi asiatici; fra questi, i più sviluppati economicamente presentano consumi da modesti a elevati e comprendono le repubbliche russe, Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Malaysia, Kuwait, Turchia, Israele e Arabia Saudita. Le fonti energetiche in molte regioni dipendono dalle risorse locali, in particolare la legna da ardere. Nell'Asia sudoccidentale la principale fonte di energia è il petrolio. L'India ha un potenziale idroelettrico enorme e oltre la metà dell'elettricità prodotta nel subcontinente indiano proviene da centrali idroelettriche. Ciò nonostante, la maggior parte della domanda energetica nell'India rurale continua a essere soddisfatta mediante la combustione di legna da ardere, carbone e altri materiali. Nel Sud-Est asiatico la produzione petrolifera è cospicua in alcuni paesi (Indonesia e Brunei), ma l'energia idraulica e la legna da ardere sono le principali e più comuni fonti energetiche. Sia la Cina sia il Giappone hanno centrali idroelettriche di piccole dimensioni, che sono in grado di fornire energia ai piccoli centri nelle aree rurali. Secondo i dati noti, la Cina possiede circa 90.000 centrali idroelettriche in funzione (grazie ai corsi d'acqua, senza uso di bacini e dighe), soprattutto nelle province meridionali, oltre a una ventina di grandi centrali. Tuttavia, in Cina il carbone resta la principale fonte energetica. In Giappone il petrolio è la maggiore fonte di energia e quasi tutti i prodotti petroliferi vengono importati. La Siberia presenta un enorme potenziale idroelettrico che solo di recente ha cominciato a essere sfruttato.
Trasporti
In gran parte dell'Asia i sistemi di trasporto sono scarsamente sviluppati. Non esiste una rete internazionale di trasporti via terra. Sono poche le ferrovie che attraversano i confini internazionali e, quando ve ne sono, ad esempio fra la Cina e le repubbliche russe, sono scarsamente utilizzate. Lo stesso vale per le strade e, nella maggior parte dei casi, per i fiumi navigabili; l'Amur, fra la Cina e la Russia, è l'unica eccezione. In Asia gran parte dei collegamenti internazionali avviene per mare o per via aerea. Tutti i principali porti asiatici sono collegati mediante navi di linea o mercantili. Gli impianti portuali sono numerosi, ma pochi sono i porti, eccetto quelli della Cina, dell'India, del Giappone, di Hong Kong e di Singapore, che sono in grado di accogliere le navi mercantili più grandi. Singapore e Hong Kong sono centri particolarmente importanti per il deposito delle merci: a questi porti, infatti, provenienti dalle zone interne e trasportati da piccoli battelli giungono i carichi che saranno poi imbarcati per l'estero. Tutte le principali città sono collegate per via aerea. Tokyo è il più importante nodo aeroportuale dell'Asia, seguita da Bangkok in virtù della sua posizione di crocevia nel Sud-Est asiatico.
Anche la rete di trasporti interni è tendenzialmente limitata. Spesso gli insediamenti rurali sono scarsamente collegati fra loro e con i centri più grandi. Le autostrade sono in numero esiguo e le strade di campagna sono solitamente non asfaltate. Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Malaysia, Israele, Turchia e gran parte delle Filippine costituiscono le principali eccezioni. Se sono navigabili, i fiumi sono spesso le più importanti vie di comunicazione per gli scambi commerciali, ma non tutti i paesi ne sono provvisti. In Cina il Chang Jiang per molto tempo è stato un'importante via di comunicazione sulla direttrice est-ovest; il fiume è collegato mediante canali alla pianura della Cina settentrionale. Nel Sud-Est asiatico i fiumi Mekong, Menam e Irrawaddy hanno tutti svolto una funzione di integrazione all'interno dei rispettivi territori nazionali. In India, invece, i corsi d'acqua non hanno mai avuto una grande importanza come vie di comunicazione.
Il principale mezzo di trasporto continentale è la ferrovia. Il Giappone dispone di una fitta rete ferroviaria. La Cina, le cui ferrovie sono al sesto posto nel mondo quanto a lunghezza, intorno alla metà degli anni Settanta aveva collegato tutti i suoi più importanti centri industriali e i capoluoghi di provincia mediante una vasta rete ferroviaria. Oggi sono in corso di esecuzione o di progettazione importanti ampliamenti della rete. Anche la Corea e Taiwan dispongono di un buon servizio ferroviario. I paesi del Sud-Est asiatico, a eccezione della Thailandia e della Malaysia, e quelli dell'Asia sudoccidentale, dispongono di linee ferroviarie brevi e spesso interrotte. Nell'Asia meridionale il sistema ferroviario integrato, in origine costruito dagli inglesi, è stato suddiviso a causa della separazione politica dell'India dal Pakistan e dal Bangladesh. Le ferrovie transcaspiana e turcosiberiana sono le linee più importanti nell'Asia centrale, mentre la Transiberiana, con le sue diramazioni (ad esempio la linea Bajkal-Amur), costituisce il principale sistema di trasporto della Siberia russa.
Commercio
Nel complesso il continente asiatico svolge un ruolo importante nell'ambito del commercio mondiale. Un'altissima percentuale degli scambi commerciali avviene con paesi di altri continenti. Si segnalano però importanti eccezioni: il flusso di petrolio fra golfo Persico e Giappone e quello, minore, fra Indonesia e Brunei; il commercio cinese con il Giappone e il Sud-Est asiatico; e, soprattutto, gli scambi di materie prime tra il Giappone e il Sud-Est asiatico. Il Giappone è ai primi posti nel mondo per volume di scambi internazionali, che però riguardano soltanto per un terzo i paesi asiatici. Anche in Cina e in India il volume degli scambi con l'estero è notevole, ma soprattutto con paesi di altri continenti. La Malaysia e l'Indonesia sono importanti esportatori di materie prime. Ma in termini di valore pro capite, fatta eccezione per Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Malaysia, Singapore, Hong Kong, i principali esportatori di petrolio dell'Asia sudoccidentale e alcune repubbliche russe, tutti gli altri paesi sono agli ultimi posti nella graduatoria mondiale degli scambi internazionali.

Storia
Mentre l'Africa viene generalmente considerata il luogo di nascita del genere umano, poiché vi sono stati trovati i resti dei primi ominidi, l'Asia è ritenuta la culla della civiltà o, per meglio dire, delle civiltà. Il continente asiatico infatti, con la sua vastità, diede origine a numerose culture, differenti fra loro e con caratteristiche originali. Vedi anche Asia Minore; Assiria; Babilonia; Civiltà della valle dell'Indo; Medio Oriente; Persia; Siberia; Sumeri.
Le antiche civiltà
Le più antiche civiltà dell'Asia sorsero nelle grandi vallate fluviali delle regioni sudoccidentali, nell'India nordoccidentale e nella Cina settentrionale; esse, nonostante le differenze, presentano alcuni tratti comuni. Si trattava di società basate sull'agricoltura, che avevano bisogno di strutture politiche e sociali avanzate per mantenere i sistemi di irrigazione e di irreggimentazione delle acque indispensabili per la loro economia. Le incursioni dei pastori nomadi dell'Asia centrale indussero le popolazioni di coltivatori a costruire città fortificate e ad affidare la propria sicurezza al ceto aristocratico. L'invenzione dell'aratro, intorno al 3000 ridusse la necessità di braccia nelle campagne, liberando forza lavoro per l'artigianato. L'aumento della produzione agricola e il lavoro degli artigiani a loro volta fornirono merci per il commercio, che favorì gli scambi fra le diverse civiltà.
Mesopotamia
La regione della valle del Tigri e dell'Eufrate, che favorì il sorgere della cultura sumero-accadica – ovverossia la Mesopotamia – viene generalmente considerata il luogo in cui è nata la civiltà. Fin dal 3000 a.C., i sumeri irrigavano i campi per mezzo di canali tracciati con grande precisione, facevano uso di utensili di bronzo e di pietra, producevano tessuti e vasellame, costruivano templi e palazzi, viaggiavano su carri dotati di ruote e su imbarcazioni a vela. Il loro calendario misurava le stagioni, mentre la loro scrittura cuneiforme fu utilizzata, anche fuori dalla regione, fino al IV secolo a.C. I sumeri adoravano una divinità solare e la loro vita era regolata da leggi scritte.
Anche dopo la decadenza del regno sumero-accadico, la Mesopotamia rimase il centro della civiltà asiatica occidentale fino al VI secolo a.C. I più importanti fra i successivi dominatori della regione furono i babilonesi, il cui regno durò dal 1900 al 600 a.C., gli assiri (secoli IX-VII a.C.) e i caldei (secoli VII-VI a.C.). Al sovrano caldeo Nabucodonosor si dovette la distruzione di Gerusalemme e la deportazione degli ebrei (già allora l'ebraismo era una delle principali religioni). Intorno al 1600 a.C. popoli invasori provenienti dall'Asia sudoccidentale e dall'Anatolia dilagarono nella Mezzaluna fertile, portando inizialmente distruzione ma in seguito facendo progredire la civiltà fondata dai sumeri.
La civiltà indiana
Intorno al 2300 a.C., nella valle dell'Indo (attualmente in Pakistan), esisteva una civiltà progredita, dedita al commercio del cotone e dei tessuti con la Mesopotamia. Come in Mesopotamia, l'abbondanza di acqua e gli efficaci sistemi di irrigazione favorivano un'agricoltura estremamente produttiva, per la cui gestione si rese necessario un sistema politico e sociale avanzato. Le due principali città, Mohenjo-Daro e Harappa, erano caratterizzate da vie diritte fiancheggiate da grandi case a due piani, dotate di impianti idraulici. I popoli dell'Indo conoscevano la scrittura, facevano uso di carri con le ruote e mostravano un elevato livello di creatività nell'arte e nella gioielleria.
Fra il 1500 e il 1200 a.C. ondate di popoli di origine indoeuropea, che provenivano dall'Asia centrale e usavano carri trainati da cavalli, distrussero le città della valle dell'Indo, per poi stabilirsi nella valle del Gange, nell'India nordorientale. Le forme più arcaiche della lingua di questi popoli – un idioma indiano antico – sono a noi pervenute nei Veda (circa 1500-200 a.C.), scritture di tema religioso redatte in sanscrito (vedi Letteratura sanscrita; Vedanta). Fra il 900 e il 500 a.C. questi popoli si stabilirono in città-stato rette da monarchi assoluti; praticavano l'agricoltura irrigua, in particolare la risicoltura. La loro religione era l'induismo nella sua fase più antica, quella dei Veda.

Le origini della civiltà cinese
Anche la civiltà cinese ha le sue radici in seno a un grande bacino fluviale. Fra il 3000 e il 1600 a.C., la piana dello Huang He (Fiume Giallo) dava sostentamento a popolose comunità di contadini che allevavano bachi da seta e ne tessevano il prezioso filo; le stoffe prodotte venivano commerciate lungo le vie carovaniere dell'Asia centrale. Le prime testimonianze scritte risalgono al XVI secolo a.C., all'epoca della dinastia Shang, che organizzò la società secondo una struttura feudale.
Agli Shang seguì la dinastia Chou. Sotto i Chou Orientali (770-256 a.C.), la Cina compì notevoli progressi nella vita politica, economica e sociale. Il territorio della Cina si espanse notevolmente, abbracciando la Manciuria meridionale e il bacino del Chang Jiang, e la popolazione aumentò come in nessun'altra parte del mondo a quell'epoca. I Chou facevano uso di armi in ferro, svilupparono un efficiente sistema di irrigazione e costruirono strade e canali per migliorare le comunicazioni e il commercio. Sotto la loro dinastia presero forma le tre correnti principali del pensiero cinese: confucianesimo, taoismo e legismo (vedi Filosofia cinese).
I principali stati dell'antichità
I secoli che vanno dal 500 a.C. al 600 d.C. videro l'espansione delle civiltà di cui si è parlato fino ad ora. Sovrani espansionisti come Alessandro Magno favorirono gli scambi tra le diverse culture. Gli aggressivi nomadi della Manciuria, con le loro invasioni, provocarono movimenti di popolazioni e tribù, che ebbero come conseguenza i contatti fra le varie civiltà. Nel V secolo d.C. le principali religioni e filosofie del mondo, a eccezione dell'Islam, si erano spinte ben oltre i loro luoghi d'origine.
Interazioni culturali
Fra i primi a nutrire mire espansionistiche, Ciro il Grande unificò i popoli di stirpe iranica nel regno di Persia. Creò poi l'impero persiano achemenide (nel 550-330 a.C.), che diffuse la civiltà persiana dal Mediterraneo al fiume Indo. Il terzo sovrano achemenide, Dario I, centralizzò il governo dell'impero e sostenne il culto zoroastriano di Ahura-Mazda, dio della luce (vedi Zoroastrismo).
Nel 330 a.C. l'impero persiano era stato conquistato da Alessandro Magno, che sognava di fondere le civiltà orientale e occidentale. Sebbene la morte precoce di Alessandro ne interrompesse i progetti, i suoi generali nutrirono di cultura greca tre regni che sorsero dall'impero del macedone (vedi Epoca ellenistica). I Seleucidi regnarono sulle regioni asiatiche, che presto si smembrarono in diversi stati. Di questi, la Battriana era al crocevia delle rotte commerciali est-ovest e nord-sud, attraverso le quali la seta cinese e il cotone indiano venivano scambiati in Grecia e a Roma con vetro, manufatti e oro. Elementi della civiltà greca presero così, tramite la Battriana, la via dell'Asia. Anche dopo la conquista della Battriana da parte di tribù nomadi dell'Asia centrale, l'influsso della cultura ellenistica prevalse, tanto che i nuovi sovrani Kushan la assimilarono. Nel I secolo d.C., il greco era la lingua internazionale degli affari e della diplomazia. In questo periodo i romani ellenizzati si erano stabiliti nell'Asia occidentale, dove sarebbe sorto in seguito l'impero romano d'Oriente.
L'influsso greco permase a lungo, anche dopo il declino dei Seleucidi, quando gran parte dell'Asia sudoccidentale e centrale e l'India settentrionale furono dominate dapprima dai Parti (vedi Partia) sotto la grande dinastia degli arsacidi (dal 250 a.C. - al 226 d.C.) e poi dai persiani sasanidi (226-651 d.C.), che diffusero la cultura persiana in queste regioni. Vesti e cosmetici femminili, ad esempio, furono imitati in tutta l'Asia, mentre gli influssi dell'architettura, dell'arte e della religione persiane si spingevano verso oriente e verso occidente. Sia gli arsacidi sia i sasanidi dominarono il commercio transcontinentale, la cui destinazione finale era l'impero romano d'Oriente, che in seguito divenne l'impero bizantino.
L'espansionismo indiano
Anche l'India settentrionale venne conquistata dai persiani, invasa da Alessandro Magno e dominata da sovrani ellenici e dai popoli invasori provenienti dall'Asia centrale. All'intensificarsi dei contatti tra le varie culture, gli elementi della civiltà indiana si diffusero ampiamente. Sia l'induismo sia il buddhismo influenzarono i filosofi greci. Gli indiani, d'altra parte, furono molto sensibili agli influssi stranieri, come appare chiaramente dalle statue del Buddha del Gandhara, in stile ellenizzante, risalenti al periodo kushan. Dopo la conquista dell'India settentrionale, nel I secolo d.C., i kushan si indianizzarono, si convertirono al buddhismo e ne favorirono la diffusione nelle città-stato dell'Asia centrale e in Cina.
Benché l'India settentrionale sia stata dominata dagli stranieri per lunghi periodi, due dinastie locali acquisirono il rango imperiale – la dinastia Maurya (322-185 a.C.), il cui sovrano più importante, Aßoka, inviò dei missionari buddhisti nelle regioni dell'India e dell'Asia, e la dinastia Gupta (320-535 d.C.), sotto la quale l'arte, l'architettura e la civiltà indiane raggiunsero l'apogeo.
L'India centrale e meridionale fu dominata da piccoli regni autonomi. I popoli tamil del sud furono i primi colonizzatori del Sud-Est asiatico nei primi secoli dell'era cristiana. Da queste colonie sorsero i regni indianizzati di Champa (regione centrale del Vietnam attuale) e di Funan (l'odierna Cambogia), oltre a stati minori in Thailandia, Birmania, Malesia e nelle isole indonesiane.
Diffusione della civiltà cinese
Gli ambiziosi sovrani della dinastia Han (dal 206 a.C. al 220 d.C.) estesero l'egemonia cinese verso ovest attraverso il vasto bacino del Tarim. Essi eressero degli avamposti militari lungo la Grande Muraglia e ai margini del deserto per proteggere le carovane di mercanti dalle razzie delle tribù nomadi. I mercanti persiani, arabi e indiani frequentavano la capitale Han, ed è probabile che gli Han orientali avessero contatti diretti con Roma.
Nel 105 a.C., gli Han colonizzarono la Corea del Nord, e la cultura cinese permeò i regni di Koguryo, Silla, Pakche e Kaya. A sud i cinesi sottoposero a un processo di assimilazione il Vietnam, che venne da essi direttamente governato per circa un millennio.
Gli Han svilupparono una cultura raffinata, raggiungendo alti livelli in letteratura (in particolar modo dopo la scoperta della carta), nell'arte della ceramica, nella pittura, nella scultura e nella musica. I loro ingegneri costruivano strade e canali paragonabili a quelli che venivano realizzati a Roma; la fiorente società urbana cercava di vivere secondo gli ideali morali confuciani.
Alla decadenza degli Han, i popoli nomadi lungo le frontiere ricominciarono a compiere incursioni. Nei primi secoli dopo Cristo, ondate di invasori turcomanni, mongoli e unni provocarono massicce migrazioni tribali che si spinsero attraverso l'Asia centrale fino all'Europa (vedi Unni) e, infine, alla stessa Roma. Il buddhismo e il taoismo erano allora le religioni dominanti. L'influsso dei cinesi restò molto forte in Corea anche dopo la fine del loro dominio, nel periodo dei tre regni (IV-VII secolo d.C.). I coreani si convertirono al buddhismo e adottarono i caratteri cinesi nella scrittura e il sistema confuciano di governo.
La cultura cinese si diffuse dalla Corea al regno isolato del Giappone, dominato dal clan Yamato, le cui origini erano tradizionalmente fatte risalire alla leggendaria divinità solare Amaterasu. Seguendo un nuovo impulso espansionista, i giapponesi conquistarono parte della Corea nel IV secolo, ma vennero scacciati due secoli dopo. La conversione al buddhismo dei nipponici sembra risalire a quell'epoca.
L'ascesa dei musulmani e dei mongoli
Dal secolo VII al XV gli eventi storici dominanti in Asia furono la diffusione dell'Islam e l'espansione dei mongoli, che conquistarono gran parte del continente asiatico, giungendo fino a minacciare l'Europa.

Nascita e diffusione dell'Islam
Secondo la tradizione le origini dell'Islam risalgono a Maometto (in arabo Muhammad), a cui, nel VI-VII secolo d.C., nella penisola arabica, Allah (Dio) rivelò, tramite l'arcangelo Gabriele, i principi di questa grande religione monoteista, in seguito raccolti nel Corano, uno dei più importanti testi religiosi del mondo. Insieme con i Hadith, i detti e gli insegnamenti del profeta, il Corano dava anche precise direttive su come governare le società islamiche. Uno dei principali dettami dell'Islam fu la spinta a conquistare e a convertire i popoli alla nuova religione. Maometto e i suoi successori, i califfi omayyadi, e gli abbasidi, diffusero l'Islam e nel contempo realizzarono un vasto impero, i cui confini si estendevano dall'India settentrionale fino all'Africa settentrionale e alla Spagna. Un impero che univa paesi di culture diverse sotto il segno della religione islamica, della lingua araba e delle intense comunicazioni commerciali.
La minaccia dei selgiuchidi, provenienti dall'Asia centrale, che incombeva sulla Bisanzio cristiana, insieme alla chiusura dei luoghi santi in Palestina, fu all'origine delle Crociate, una serie di guerre (durate dall'XI al XIII secolo) nel corso delle quali gli eserciti europei tentarono di riconquistare la Terrasanta, dominio dei musulmani. I crociati, spinti da motivi religiosi, ma anche da intenti di espansione economica e politica, non riuscirono a scacciare i musulmani; riportarono però in Europa molti elementi della cultura arabo-islamica.
Quando i mongoli conquistarono Baghdad nel 1258, ponendo fine alla dinastia abbaside, l'Islam era già diffuso e consolidato in India, dove era stato introdotto nell'VIII secolo. I turchi e gli afghani musulmani invasero ripetutamente l'India, distruggendo i centri induisti e buddhisti, fino alla fondazione del sultanato di Delhi, che proseguì l'opera di espansione musulmana in India.
I mercanti e i missionari indiani diffusero tuttavia sia il buddhismo sia l'induismo in tutto il Sud-Est asiatico. In questa regione, il regno di Champa combatteva sia i vietnamiti sinizzati a nord, sia i khmer indianizzati di Angkor (l'attuale Cambogia; vedi Regni khmer) a ovest. La sviluppata civiltà di Angkor, con i suoi grandi templi in pietra, era destinata a essere assoggettata ai thai, che i mongoli avevano cacciato dalla Cina meridionale.
In Malesia e nelle isole orientali dell'India il regno buddhista di Srivijaya a Sumatra era in conflitto con i Sailendra di Giava, che erano induisti. Essi furono seguiti dal regno di Singosari e dal regno di Majapahit, i cui traffici commerciali, nel XV secolo, erano dominati da mercanti musulmani indiani. La Malesia e le isole divennero così musulmane, ma il buddhismo perdurò in Birmania, Thailandia e Cambogia.

La sfera d'influenza cinese e l'ascesa dei mongoli
I paesi sottomessi alla Cina non si convertirono all'Islam: i cinesi stavano infatti vivendo un periodo di rinascita culturale sotto la dinastia Tang (618-906). L'influenza della Cina dell'epoca Tang si estendeva dal Giappone al bacino del Tarim, dove i cinesi arrestarono la diffusione dell'Islam. I Tang favorirono il confucianesimo ma il buddhismo conobbe comunque una notevole fioritura, dando origine a nuove scuole, come quella Ch'an (Zen), che si diffuse in Giappone. La successiva dinastia Song (960-1279) fu minacciata, a nord dalle tribù dei khitan e degli jurchen, e a sud dai mongoli.
Frattanto in Corea, il regno unito di Silla (660-935), che era alleato con i Tang, continuava ad assimilare la cultura e la religione dei cinesi. La successiva dinastia Koryo (935-1392), al pari della dinastia Song, fu attaccata dai khitan e dagli jurchen prima di cadere sotto il dominio dei mongoli. Quando la potenza dei mongoli giunse al tramonto, il potere passò nelle mani della dinastia Yi (1392-1910).
La rinascita cinese influenzò anche i giapponesi, che intensificarono la loro opera di assimilazione della cultura cinese. Gli editti Taika (VII secolo) e Taiho (VIII secolo) adottarono le concezioni cinesi a proposito del governo, della società e dell'economia. La corte imitò i riti e le usanze cinesi e il buddhismo diffuse le idee cinesi in tutto il paese. Quando la nobiltà cominciò a diventare più potente, la famiglia dei Fujiwara prese il sopravvento. Durante il loro regno, il cosiddetto periodo Heian (794-1185), la corte giapponese raggiunse un alto grado di raffinatezza: poesia, musica, danza, pittura e giardinaggio divennero le principali attività dei cortigiani. La famiglia dei Minamoto impose in seguito una dittatura militare guidata dai cosiddetti shogun (la cui capitale fu Kamakura) mentre gli imperatori a cui era stato tolto il potere si rifugiarono a Kyoto (1185-1333). Lo sforzo di contrastare due invasioni mongole indebolì a tal punto Kamakura che il potere fu conquistato dagli Ashikaga; in seguito il Giappone precipitò nell'anarchia feudale.
I mongoli che dominarono l'Asia per due secoli provenivano dalle vaste steppe dell'interno del continente. Giunsero al potere sotto Gengis Khan (in mongolo Cingiz Qan), che usò abilmente lo spionaggio, l'inganno e il terrore e uomini valorosi per conquistare la Cina occidentale e settentrionale e parti dell'Asia centrale. Il figlio e il nipote espansero l'impero mongolo nel Turkestan occidentale e meridionale, in Iran e in Russia. Dopo la conquista della Cina e della Corea, Kublai Khan s'impadronì delle regioni meridionali, dove pose fine al regno Sung e proclamò la dinastia Yuan (1279-1368).
Le spedizioni mongole contro il Sud-Est asiatico e gli attacchi navali contro Giava e il Giappone fallirono, in parte a causa delle difficili condizioni climatiche tropicali. L'impiego di funzionari stranieri, la corruzione, le forti tasse, le inondazioni, la carestia e il brigantaggio furono elementi che concorsero alla cacciata dei mongoli da parte della dinastia Ming (1368-1644). Nel periodo della loro ascesa i mongoli accelerarono gli scambi culturali, sostenendo vivaci rapporti commerciali tra Asia ed Europa (non si dimentichi che il viaggio di Marco Polo fu sostenuto dalla corte mongola della Cina).
L'ascesa del colonialismo
Con il crollo dei mongoli, gli imperi asiatici rivali si contesero il potere: gli ottomani, gli iraniani, i moghul dell'India e i cinesi delle dinastie Ming e Manciù. La disintegrazione politica pose fine agli scambi commerciali attraverso le vie di comunicazione di terra. In quel periodo, quando i nuovi stati nazionali d'Europa facevano il loro ingresso in un'era di esplorazioni e colonialismo, gli ottomani costituivano l'estremo blocco occidentale della rotta marittima verso oriente. La competizione internazionale relativa ai commerci espose l'Asia all'invasione europea.
Gli ottomani di fede islamica conquistarono quanto rimaneva degli imperi selgiuchide e bizantino e avanzarono a settentrione verso l'Europa, fino a conquistare Costantinopoli, la Siria e le città sante dell'Islam, La Mecca e Medina. Ma, dopo il 1566 gli ottomani si avviarono verso il tramonto, e il loro impero divenne oggetto di contesa tra le potenze europee.
L'Iran conobbe una rinascita sotto la dinastia safavide (1502-1736). La dinastia Kajar, che successe ai Safavidi, (1794-1925) fu una semplice pedina all'interno dei conflitti tra le potenze europee.
L'India musulmana, al pari della Turchia e dell'Iran, conobbe un'iniziale rinascita sotto la dinastia moghul (1526-1858), il cui fondatore, Babur, si proclamava discendente di Tamerlano e di Gengis Khan. La tolleranza religiosa e l'unità politica contraddistinsero il lungo regno del terzo imperatore, Akbar. In seguito a Delhi regnarono imperatori deboli e l'India fu coinvolta in diverse guerre contro gli stati musulmani, indù e sikh. In questo vuoto di potere si inserirono gli imperialisti europei.
L'espansione coloniale
Alla metà del XIX secolo, le potenze coloniali dominanti in Asia erano la Gran Bretagna e la Russia. Gli olandesi controllavano le Indie Orientali (l'attuale Indonesia) e il lucroso commercio delle spezie, che avevano strappato ai portoghesi; la Spagna dominava le Filippine e la Francia aveva messo piede in Indocina. I portoghesi, che erano stati i primi ad aggirare i turchi circumnavigando l'Africa, avevano perduto gran parte delle loro roccaforti asiatiche. L'Asia era lacerata dalle rivalità fra le grandi potenze. In India, ad esempio, durante le guerre anglo-francesi del XVIII secolo, entrambe le parti fecero ricorso a soldati indiani (sepoy).
Dopo aver sconfitto la Francia alla fine del secolo XVIII, i britannici si espansero in India, annettendosi alcuni stati, offrendo protezione ad altri, finché, dopo il 1850, giunsero a controllare l'intero subcontinente. Lo scontento indiano nei confronti del dominio britannico fece esplodere la rivolta dei sepoy del 1857. Pur soppressa nel sangue, la rivolta provocò l'istituzione di alcune riforme che perpetuarono il dominio britannico per quasi un altro secolo.
Dall'India i britannici avanzarono verso la Birmania e la Malesia. Due guerre anglo-birmane (1824-1826 e 1852) costarono alla Birmania la perdita delle coste. I britannici estesero la propria protezione sugli stati musulmani della penisola malese e si impadronirono direttamente degli importanti centri mercantili di Singapore e di Malacca. Benché la Gran Bretagna minacciasse anche il Siam, il regno Thai barattò le proprie rivendicazioni su diversi stati malesi con il mantenimento della propria indipendenza.
La Francia perse i propri territori in India, ma aumentò la propria influenza in Indocina. Dopo il 1400, il Vietnam si era diviso in due stati, ma ritrovò l'unità nel XIX secolo con la dinastia dei Nguyen, che si avvalse dell'assistenza militare francese. I Nguyen avanzarono verso la Cambogia e il Laos, ma la loro persecuzione dei cristiani indusse i francesi ad annettersi le regioni meridionali e a estendere la loro protezione alla Cambogia.
L'espansione russa in Asia superò di gran lunga quella dei britannici nel continente e giunse a compimento molto prima. Fin dal 1632 mercanti russi e cosacchi avevano raggiunto il Pacifico, e furono seguiti da soldati e funzionari che provvidero alla costruzione di fortificazioni e alla riscossione di tributi dalle popolazioni locali. La Russia avanzò nel Turkestan nel 1750 e si assicurò dei diritti sul Caucaso nel 1828.
L'abbattimento delle porte
L'esperienza della Cina con gli europei in questo periodo fu del tutto diversa. Scambi commerciali crescenti fra Europa e Cina caratterizzarono le epoche delle dinastie Ming e Qing. I primi Ming aumentarono il novero degli stati tributari e inviarono flotte fino all'Africa, mostrando la propria superiorità nei confronti delle nazioni europee, ma poi si ritirarono a risolvere questioni interne, lasciando che i pirati invadessero le coste cinesi.
Durante questa crisi, una tribù della Manciuria sinizzata s'impadronì di Pechino e proclamò la dinastia Qing. Il grande imperatore di questa dinastia, Kangxi, promosse una politica espansionistica: si incontrò con missionari ed eruditi e favorì l'ampliamento dei commerci che si svilupparono nonostante l'opposizione dei cinesi i quali, contrari alla penetrazione di stranieri nel paese, tendevano a confinarli a Canton e a Macao. L'oppio divenne il prodotto principale degli scambi commerciali a Canton, dove dominavano i britannici; alla metà del XIX secolo, le discordie circa la vendita dell'oppio provocarono scontri armati fra cinesi e stranieri, guidati dai britannici. I cinesi perdettero le cosiddette guerre dell'oppio e furono costretti ad aprire altri porti, a cedere Hong Kong ai britannici e la provincia dell'Amur alla Russia, ad accettare la parità con gli occidentali e ad accordare altre concessioni commerciali e diplomatiche.
L'impatto del commercio e dell'espansionismo occidentali portò il Giappone a concludere l'esperienza anarchica dello sciogunato di Ashikaga, cui pose termine un triumvirato militare nel 1573. Toyotomi Hideyoshi, il generale del gruppo, completò la riunificazione del paese nel 1587 con l'aiuto delle armi e dei consigli militari dei portoghesi. Egli poi inviò le sue forze in Corea, ma venne respinto da una coalizione armata di cinesi e coreani. Sotto il dominio della dinastia Tokugawa, che successe allo sciogunato, i giapponesi affrontarono pienamente l'impatto con gli stranieri, che essi vedevano con timore e sospetto.
Per primi giunsero in Giappone spagnoli e portoghesi, accompagnati da missionari che diffusero il cristianesimo nelle isole. Temendo che i missionari fossero precursori degli invasori stranieri, gli shogun misero al bando il cristianesimo. Gli scambi commerciali con gli occidentali cessarono, eccetto che con gli olandesi, che evitarono ogni attività di evangelizzazione e collaborarono a schiacciare una rivolta cristiana. Nel corso di due secoli pacifici, gli olandesi costituirono l'unico legame del Giappone con l'Occidente.
Gli stranieri tentarono vanamente di allacciare rapporti col Giappone fino al 1854, anno in cui la missione americana guidata da Matthew Calbraith Perry siglò un trattato che consentiva l'apertura di relazioni consolari. Nel 1858, il primo console, Townsend Harris, concluse un trattato commerciale. La successiva restaurazione Meiji (1868) diede avvio a una rapida modernizzazione. Anche la dinastia coreana Yi bloccò il commercio con l'Occidente e perseguitò i cristiani.
Espansione imperiale e modernizzazione
Il colonialismo e l'imperialismo determinarono nuovi problemi per gli asiatici, che già avevano assorbito successive ondate di invasori per via terrestre. Gli europei venivano dal mare, inizialmente con l'intento di commerciare. Ma quando la loro superiorità tecnica e militare aumentò, essi andarono alla ricerca del dominio politico ed economico.
Nello stabilire la propria supremazia, i colonialisti europei adottarono un approccio graduale. Alle richieste di scambi commerciali seguivano domande volte a ottenere fortificazioni e territori per difendere i commerci nonché concessioni per lo sfruttamento delle risorse locali. Consiglieri governativi e militari andavano poi a incalzare i governanti locali. Ai più deboli di costoro veniva offerta protezione, che con il passar del tempo si trasformava in dominio. A volte, come nel caso delle Indie Occidentali, si richiedeva un tributo, pagabile in merci. In paesi quali l'Iran e la Cina, le potenze rivali si scavavano delle nicchie di interesse. Il risultato finale, fatta eccezione per il Siam e il Giappone, fu l'annessione e il dominio diretto.
Gli imperialisti costruirono ferrovie, strade, canali e scuole, e investirono anche in piantagioni, pozzi petroliferi e altre imprese collegate con l'economia mondiale. Gran parte dei profitti era però destinata all'estero.
Eccetto che in Giappone e nel Siam, le istituzioni asiatiche tradizionali furono troppo lente nell'assimilare le tecniche o le ideologie occidentali per impedire il dominio straniero. Con la seconda guerra mondiale, presso le élite autoctone educate in Occidente si erano diffusi il nazionalismo e il socialismo, e dovunque emersero movimenti per l'autogoverno e l'indipendenza. I governi coloniali, tuttavia, di solito rispondevano troppo lentamente alle crescenti aspettative che traevano origine da questi movimenti.
Reazioni all'imperialismo
L'addestramento degli eserciti autoctoni e l'educazione di un'élite locale da parte delle potenze coloniali portò alla decadenza delle dinastie, sollecitando riforme e modernizzazione. Nell'impero ottomano e in Iran, ad esempio, furono degli ufficiali addestrati all'estero a prendere il potere. Essi destarono il nazionalismo e promossero spietatamente la modernizzazione.
La partecipazione dei nativi al governo coloniale dell'India si estese gradualmente, ma sempre in misura inferiore alle aspirazioni indiane. Le scuole dell'India, che educavano alle idee liberali, produssero più diplomati che posti di lavoro. Il crescente malcontento trovò espressione nel 1889 nel Congresso nazionale indiano, e, nel 1905, nella Lega musulmana. L'incapacità dei britannici di corrispondere all'attesa concessione dello status di dominion dopo la prima guerra mondiale diede impulso a un movimento indipendentista indù guidato da Mohandas Gandhi; nel 1940, la Lega musulmana, sotto la direzione di Muhammad Ali Jinnah, chiese la formazione di uno stato musulmano separato.
Nazionalismo e dissenso crebbero anche nel Sud-Est asiatico. In Birmania (oggi Myanmar), annessa a pieno titolo nel 1881, l'impiego di forza lavoro proveniente dall'India per sfruttare le risorse del paese fece scoppiare agitazioni locali guidate da monaci buddhisti e studenti. Nelle isole Filippine, annesse dagli Stati Uniti nel 1898, le attività di tipo nazionalistico portarono gradualmente verso l'autogoverno. La Francia aveva portato a compimento le annessioni o stabilito i protettorati sull'Indocina nel 1885. Il Laos e la Cambogia accettarono il dominio francese, mentre il Vietnam sollecitava l'indipendenza.
Allorché la Cina patì lo sfruttamento straniero oltre alle rivoluzioni e ai disastri naturali, molti cinesi credettero che i Qing avessero perduto il mandato del Cielo (Tian) per governare. Ma dubitavano anche che qualsiasi dinastia potesse far fronte alla tecnologia e alle ideologie occidentali senza modificare o eliminare il sistema confuciano dell'impero. La sconfitta cinese a opera del Giappone nel 1894 rese ancora più evidente la sua impotenza e stimolò il dissenso. Una rivoluzione nel 1911 pose fine alla dinastia Qing, ma dirigenti repubblicani idealisti come Sun Yat-sen furono messi da parte dai generali. Durante la prima guerra mondiale la Cina si disintegrò sotto il dominio dei signori della guerra.
Il cattivo trattamento subito dalla Cina alla conferenza di pace risvegliò i giovani istruiti: alcuni divennero nazionalisti repubblicani, mentre altri guardarono con favore ai comunisti e alla nuova Unione Sovietica. Ne seguì una lunga guerra civile fra i nazionalisti del Kuomintang (Guomindang) guidato da Chiang Kai-shek e i comunisti guidati da Mao Zedong.

La conservazione dell'indipendenza
Il Siam conservò l'indipendenza grazie a due sovrani illuminati, Mongkut e Chulalongkorn. Nel 1932 fu istituita la monarchia costituzionale, ma un successivo colpo di stato portò con sé la dittatura militare e un nuovo nome, Thailandia, simbolo nazionalistico.
Il Giappone prevenne l'invasione grazie a una rapida modernizzazione. La coscrizione obbligatoria pose fine al monopolio militare dei samurai, e nel nuovo esercito anche i contadini poterono diventare ufficiali. La costituzione Meiji del 1889 istituì il suffragio universale per gli uomini, costringendo i capi politici a cercare sostenitori.
La vittoria giapponese sulla Russia nel 1904-1905 (vedi Guerra russo-giapponese) accrebbe il prestigio internazionale del Giappone e preparò il paese a un futuro di potenza coloniale, destino che si compì con l'annessione della Corea nel 1910. La prima guerra mondiale bloccò le esportazioni europee, consentendo al Giappone di espandere i suoi mercati d'esportazione, ma la grande crisi degli anni Trenta indusse i giovani ufficiali a spingere per l'adozione di una politica ultranazionalista. Ebbe allora inizio una forte militarizzazione, che portò alla conquista della Manciuria, all'invasione della Cina e del Sud-Est asiatico e, nel 1940, all'alleanza con Adolf Hitler e Benito Mussolini.
Indipendenza e conflitto
La seconda guerra mondiale catapultò l'Asia alla ribalta mondiale quando le rapide conquiste del Giappone rivelarono la vulnerabilità delle potenze occidentali. L'India divenne una base degli Alleati che nell'Asia sudoccidentale occuparono aree strategiche per proteggere le vie di rifornimento. La vittoria finale alleata stimolò ulteriormente le aspettative di indipendenza e modernizzazione dell'Asia.
Gli sviluppi del nazionalismo
Alla fine degli anni Cinquanta, numerosi movimenti indipendentisti militanti, alimentati dal crescente nazionalismo, avevano quasi ovunque posto fine al dominio coloniale in Asia. Ma sussistevano le principali divergenze. Nel subcontinente indiano il separatismo religioso portò alla formazione sia del Pakistan musulmano sia dell'Unione Indiana. Nel 1971, il Pakistan si divise ulteriormente quando la regione orientale si staccò prendendo il nome di Bangladesh. Conflitti di confine avvelenarono le relazioni indo-pakistane allorché in Pakistan salirono al governo i militari, mentre l'India si conservava una democrazia parlamentare.
Nell'Asia sudoccidentale, il nazionalismo religioso e territoriale portava alla costituzione dello stato ebraico di Israele. Le ostilità fra Israele e i suoi vicini arabi – Egitto, Siria, Iraq e Giordania – crearono scompiglio nel commercio mondiale con la chiusura del canale di Suez (1956-1957, 1967-1975), mentre Israele occupava ampi tratti di territorio arabo. I rifugiati arabo-palestinesi provenienti da Israele diedero vita alla Organizzazione per la liberazione della Palestina, chiedendo di tornare in patria. I tentativi di pace condussero a un trattato israelo-egiziano nel 1979, ma la soluzione delle divergenze arabo-israeliane restava inafferrabile. A seguito della guerra del Golfo, nel golfo Persico (1991), Israele e altri paesi mediorientali si incontrarono a Madrid, in Spagna nel mese di novembre. Per quanto i colloqui iniziali qui e a Washington, D.C., nel 1992 non siano riusciti a risolvere le questioni principali, per molti paesi questi incontri rappresentavano i loro primi contatti diretti con Israele.
Il Medio Oriente venne diviso in numerosi stati, ciascuno soggetto a tensioni interne. L'Iran, a esempio, conobbe una ventata di nazionalismo negli anni Cinquanta, all'epoca del primo ministro Mohammed Mossadegh, il quale nazionalizzò l'industria petrolifera. Venticinque anni dopo, un'ondata di stampo religioso e nazionalistico abbatté Muhammad Reza Pahlavi, sostenuto dagli USA. Poiché il governo conservatore islamico era in stato di agitazione, alcuni militanti si impadronirono dell'ambasciata americana, dando avvio a una lunga crisi internazionale, mentre l'Iraq colse l'occasione per scatenare una guerra di confine sanguinosa, costosa e in definitiva inutile. L'Iraq occupò il Kuwait nel 1990, ma con la guerra del Golfo del 1991 il Kuwait riacquistò l'indipendenza.
Lo scontro ideologico
La rivalità postbellica fra le ideologie comunista e liberista è stata all'origine del conflitto fra Unione Sovietica e Stati Uniti, manifestatosi nella cosiddetta Guerra Fredda, che si è protratta fino ai primi anni Novanta. I momenti fondamentali dell'affermazione del comunismo in Asia furono la fondazione della Repubblica popolare cinese, sostenuta dall'URSS, nel 1949 e la ritirata dei nazionalisti appoggiati dagli USA a Taiwan. Sotto la guida di Mao Zedong i comunisti cinesi (fino al 1960 spalleggiati dall'Unione Sovietica) sperimentarono programmi socialisti radicali, che si conclusero con la rovinosa Rivoluzione culturale del 1966-1969. Quando le divergenze sino-sovietiche aumentarono, gli Stati Uniti diedero avvio a contatti diplomatici. Alla Repubblica Popolare fu assegnato il seggio della Repubblica di Cina all'Onu nel 1971, e nel 1979 gli Stati Uniti la riconobbero quale unico governo della Cina.
Nel 1975 anche in Vietnam prevalsero le forze comuniste nazionaliste, quando la Repubblica democratica del Vietnam del Nord, appoggiata da URSS e Cina, sconfisse la Repubblica del Vietnam del Sud, militarmente sostenuta dagli USA (vedi Guerra del Vietnam). Conseguenza della vittoria comunista in Laos oltre che in Vietnam e del regime di Pol Pot in Cambogia fu una migrazione di massa di rifugiati in altri paesi dell'Asia, dell'Europa e dell'America settentrionale (vedi Khmer rossi).
In altre parti dell'Asia le forze comuniste furono sconfitte. Il governo di recente indipendenza delle Filippine annientò i comunisti Hukbalahaps (Huks), e la Malesia con il sostegno militare britannico bloccò la guerriglia comunista. Il Partito comunista indonesiano, che prosperò sotto il suo dirigente indipendentista Sukarno, fu soppresso nel 1965. Il massacro che ne risultò rimanda a un insieme di motivazioni ideologiche e nazionalistiche, poiché molti comunisti indonesiani erano, sotto il profilo etnico, cinesi.
Nella Corea, che era stata divisa dalle forze di occupazione sovietiche e americane, il Nord comunista invase il Sud nel 1950. Quando truppe dell'ONU respinsero i nordcoreani, l'intervento della Cina comunista provocò uno stallo e una tregua armata (vedi Guerra di Corea).
La posizione strategica e le risorse del Medio Oriente asiatico sospinsero l'area nel conflitto ideologico. Un primo tentativo sovietico di occupare l'Iran fallì, ma in seguito l'URSS acquisì una certa influenza su Iraq, Siria e Yemen; inoltre, il sostegno di Israele da parte degli USA indusse molti nazionalisti arabi a preferire l'Unione Sovietica. Dal 1979 al 1989, le truppe sovietiche occuparono l'Afghanistan, costringendo 3 milioni di abitanti a rifugiarsi in Pakistan.

L'espansione economica
L'espansione economico-industriale di alcuni paesi asiatici li ha collocati ai primi posti nel mondo sotto il profilo della ricchezza e della produzione industriale. Durante gli anni Settanta il Giappone superò gli USA nei settori dell'auto, dell'acciaio e dell'elettronica, mentre l'espansione industriale e delle esportazioni faceva fiorire le economie della Corea del Sud e di Taiwan.
Nell'Asia sudoccidentale le esportazioni di petrolio produssero enormi ricchezze. Immensi capitali gestiti da privati vennero in parte destinati a finanziare programmi sociali e di modernizzazione. Moltissimi studenti che avevano studiato all'estero fecero ritorno in patria chiedendo rapidi cambiamenti che i governi o le istituzioni religiose conservatrici non erano in grado di offrire. Un clima di questo tipo precedette la rivoluzione iraniana del 1979.
Anche il petrolio divenne un'arma politica micidiale. Nel corso della guerra del Kippur del 1973, i produttori arabi imposero un embargo petrolifero contro i paesi che sostenevano Israele. Così facendo, le nazioni esportatrici di petrolio fecero aumentare i prezzi del greggio alla metà degli anni Settanta, inducendo una grave inflazione e una profonda recessione nelle economie dei paesi importatori e accelerando una crisi di bilancio in molti paesi sviluppati. La guerra Iran-Iraq degli anni Ottanta, che inizialmente parve minacciare la produzione petrolifera, in effetti portò a una riduzione dei prezzi del petrolio, perché favorì la discordia fra i paesi produttori del Medio Oriente. Anche l'invasione irachena del Kuwait nel 1990 colpì la produzione petrolifera poiché molti pozzi kuwaitiani vennero incendiati dalle forze irachene durante la loro ritirata nella successiva guerra del Golfo (1991). Inoltre, la guerra sottolineò la fragilità della situazione politica mediorientale.
Come il conflitto della guerra del Golfo portò lo scompiglio nelle economie dei paesi del Medio Oriente, così il Vietnam conobbe una lunga guerra fra Nord e Sud, al pari di Laos e Cambogia a causa di sollevazioni interne. La Cina fece dei passi indietro a causa della rottura con l'URSS e della Rivoluzione culturale; ma dagli anni Ottanta è stato dato risalto allo sviluppo economico e, in misura sempre maggiore, alla riduzione dell'intervento statale in economia nonché al sostegno offerto all'iniziativa privata. Il potere politico è comunque rimasto nelle sole mani del Partito comunista.
Nonostante i conflitti delle ambizioni e delle ideologie e i problemi locali, negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, ampi settori dell'Asia hanno beneficiato dello sviluppo economico, di maggiore democrazia e di un miglior tenore di vita.

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