Iraq: ieri ed oggi

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Categoria:Geografia

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Testo

Vanessa Zanella
Valentina Zussino
L’Iraq

INTRODUZIONE:
clima
Affacciato sulla parte più interna del golfo Persico, l’ Iraq confina a est con l’ Iran, a sud con l’ Arabia Saudita e con il Kuwait, a ovest con la Giordania e la Siria e a nord con la Turchia.
I fiumi più importanti sono il Tigri e l’Eufrate. Il clima a sud è prevalentemente arido caldo e con scarse precipitazioni. Il territorio è costituito per la maggior parte dalla Mesopotamia, che è attraversata dai fiumi principali che sono navigabili. A sud, nell'area presso il golfo Persico, sono state registrate alcune delle temperature più elevate del mondo, unite a un alto tasso di umidità.
Nella zona occidentale del paese si trova una pianura desertica e al contrario a oriente si trovano i monti Zagros, ove il clima è arido caldo e con scarsa piovosità.
La vegetazione dell'Iraq è limitata alle palme da dattero che crescono lungo i fiumi e i canali di irrigazione. La fauna selvatica include la gazzella, l’antilope, il leone, la iena, il lupo, lo sciacallo, il cinghiale, piccoli roditori, numerosi rapaci e la pernice. Diffuse sono anche varie specie di rettili.
problemi ambientali
Due guerre devastanti e anni di isolamento economico hanno prodotto gravi danni anche all'ambiente dell'Iraq. La guerra Iran–Iraq (1980-1988) e la guerra del Golfo (1991) hanno distrutto l'habitat faunistico e inquinato il suolo e l'acqua. In questo clima sono state sostanzialmente trascurate le iniziative di conservazione ambientale; la produttività del terreno coltivabile dell'Iraq è in calo a causa della salinizzazione del suolo,
L'ONU stima che in Iraq siano tuttora sepolte 10 milioni di mine terrestri. Le mine rappresentano una minaccia continua per la popolazione umana e animale del paese. L'Iraq ha ratificato la Convenzione sul Diritto del mare e un accordo sull’abolizione dei test nucleari.
situazione sociale
Il paese ha una popolazione perlopiù concentrata nelle aree centrali, presso i sistemi fluviali. L'80% della popolazione è composto da arabi, mentre i curdi, che occupano le terre settentrionali, ne costituiscono il 15%; tra gli altri gruppi etnici si citano caldei, turkmeni, assiri e iraniani. Nelle aree rurali, la vita si svolge ancora all'interno di comunità tribali nomadi o seminomadi, e dedite in prevalenza alla pastorizia e all'allevamento di cammelli, cavalli e pecore. La lingua ufficiale è l'arabo, mentre il curdo e altri dialetti sono diffusi tra le minoranze.
Più del 95% degli iracheni è musulmano, diviso in sciiti (più del 60%), presenti perlopiù nelle zone centrali e meridionali, e sunniti, che popolano soprattutto il nord.
Nonostante l'istruzione primaria sia gratuita e obbligatoria, gran parte della popolazione insediata nelle aree rurali non frequenta la scuola e il tasso di alfabetizzazione è basso.
Il sistema ferroviario statale consiste fornisce collegamenti con la Turchia e l'Europa, attraverso la Siria; la maggior parte delle infrastrutture di trasporto si trovano, tuttavia, ancora in cattivo stato a causa della guerra. Baghdad e Bassora possiedono un aeroporto internazionale, mentre i principali porti per navi destinate alla navigazione marittima si trovano a Bassora; il Tigri è navigabile, verso l'interno, fino alla capitale.
economia
Quasi interamente sotto il controllo statale, la moderna economia dell'Iraq è fondamentalmente basata sul petrolio e la maggior parte delle industrie è a esso correlata. L'agricoltura è la principale fonte di sostentamento della popolazione e i datteri sono il prodotto agricolo più esportato. Tutti i settori, tuttavia, soffrono sia per gli effetti della guerra contro l'Iran, che ha lasciato il paese con un altissimo debito con l'estero (soprattutto con Kuwait e Arabia Saudita), sia a causa dell'embargo commerciale imposto ONU dopo la guerra del Golfo.
La maggior parte dei raccolti viene prodotta nella regione del Tigri e dell'Eufrate la quale, già molto fertile, è stata altresì oggetto di progetti di irrigazione e di controllo delle inondazioni. Le colture principali sono cereali (grano, orzo e riso), datteri (di cui il paese è il maggior esportatore mondiale), olive e frutta (mele, fichi, uva, arance, pere). L'allevamento è importante per le tribù nomadi e seminomadi, e si basa perlopiù su ovini, bovini e caprini. La pesca ha scarso rilievo, se non per le popolazioni che vivono lungo i corsi d'acqua.
La risorsa naturale più importante dell'Iraq è il petrolio. Sono stati rinvenuti, inoltre, piccoli depositi di altri minerali, principalmente di ferro, oro, piombo, rame, argento, platino e zinco, fosfati, carbone, zolfo, sale e gesso.
lo stato
L'Iraq si regge su una Costituzione adottata nel 1970 e in seguito più volte emendata. Il principale organo esecutivo è il Consiglio del comando della rivoluzione (CCR), guidato da un presidente che svolge anche le funzioni di capo dello stato e di primo ministro, concentrando così tutto il potere nelle proprie mani.
La formazione di gran lunga dominante – l'unica legale fino al 1991 – è il Baath (o Partito socialista della rinascita araba), la cui ideologia è basata su principi socialisti e panarabisti.
I governatorati iracheni dopo la guerra del Golfo, sotto la protezione dell'ONU, hanno istituito un governo comune, che però è rimasto a lungo inattivo a causa delle lotte tra i vari gruppi.
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Baath: Movimento d'opinione, in seguito partito politico influente tra le comunità arabe del Medio Oriente, specialmente in Siria e in Iraq. Fautore del nazionalismo arabo (in arabo la parola baath significa "resurrezione", "rinascita"), aveva come parole d'ordine "unità, libertà e socialismo".
Panarabismo: Movimento politico e ideologico che persegue la “rinascita” della grandezza araba contro la supremazia occidentale e l’unità del mondo arabo, di cui si sottolinea la comunanza di lingua, cultura e storia. Ha le sue origini nelle correnti anticolonialistiche e nazionalistiche, sviluppatesi nell’impero ottomano a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Più volte, dopo la decolonizzazione, nel mondo arabo vi furono dei tentativi di dare espressione alle idee panarabe attraverso l’unificazione tra stati. La Lega araba, fondata al Cairo nel 1945, costituisce tuttora il maggior risultato della cooperazione sviluppatasi all’interno del mondo arabo in seguito alla diffusione dell’ideologia panaraba.
LA STORIA
riepilogo
Nel 539 a.C. Ciro il Grande di Persia assunse il controllo della regione, che rimase sotto il governo persiano sino alla conquista da parte di Alessandro Magno, nel 331 a.C.
Sotto la guida del genero di Maometto, Alì, alla morte di questi, avvenuta nel 661, l’Iraq passò sotto gli Omayyadi.
Nei decenni successivi l’Iraq fu teatro di numerose rivolte sciite e kharigite contro il dominio omayyade.
Nel 747 lo scoppio di una nuova rivolta consentì agli Abbasidi di rovesciare gli Omayyadi e di proclamare, nel 750, il loro primo califfato di cui Baghdad, fondata nel 762, divenne capitale politica, religiosa e culturale. Con il declino della potenza abbaside, a partire dalla seconda metà del IX secolo si moltiplicarono le rivolte politico-religiose e le regioni periferiche dell’impero si affrancarono dal controllo di Baghdad; questa nel 945 cadde sotto il dominio della dinastia persiana e sciita dei Buwayhidi.
L’Iraq entrò poi a far parte dello stato mongolo degli Ilkhan e fu diviso in province soggette a potentati locali, ma esposte ai continui attacchi turchi e persiani. Baghdad conobbe un inarrestabile declino, culminato nei due saccheggi (1393 e 1401) cui fu sottoposta da Tamerlano.
Poi fu incorporata, intorno al 1534, nell'impero ottomano.
L'amministrazione ottomana riportò una certa stabilità nella regione, che continuò tuttavia a essere percorsa da frequenti ribellioni, lotte tra potentati locali, nonché tentativi di conquista.
Nel 1707 gli ottomani affidarono ai mamelucchi l’amministrazione dell’Iraq, ma nel 1832 Mahmud II riportò la provincia – divisa nei tre distretti di Baghdad, Mosul e Bassora – sotto il diretto controllo dell’impero. La politica centralista ottomana e, soprattutto, l’imposizione di pesanti tasse alimentarono un forte risentimento tra la popolazione irachena urbana, al cui interno si manifestarono i primi focolai di un movimento nazionalista.
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Tamerlano: conquistatore mongolo, sovrano di un impero che si estendeva dall'India al mar Mediterraneo.
il colonialismo
Verso la metà del XIX secolo tra la Gran Bretagna, la Germania e, in minore misura, la Francia iniziò la gara per l'acquisizione dell'egemonia commerciale nell'area mesopotamica. Nel 1861 i britannici fondarono una compagnia di navigazione sul Tigri. La Germania avviò invece un progetto di costruzione di una linea ferroviaria Berlino-Baghdad, ottenendo dal governo ottomano i permessi per estenderla fino al golfo Persico. Nonostante gli stretti legami tra tedeschi e ottomani, negli anni che precedettero la prima guerra mondiale furono i britannici a prevalere nella corsa coloniale. Concludendo accordi diretti con i capi dei clan, Londra riuscì infatti a consolidare la propria strategia nel Golfo, incontrando tuttavia forti resistenze da parte delle autorità religiose sciite; furono queste infatti a surrogare la mancanza di un forte movimento nazionalista, facendosi portavoce della lotta anticolonialista.
Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, che vide l’impero ottomano schierato accanto agli Imperi Centrali, le truppe britanniche invasero il sud della Mesopotamia nel novembre del 1914, raggiungendo Baghdad nel marzo del 1917.
Nel gennaio 1916 il governo inglese aveva promesso il proprio sostegno alle popolazioni arabe che si fossero ribellate al dominio ottomano, prospettando loro la possibilità di costituirsi in seguito in nazioni indipendenti. La rivolta araba, scoppiata nel giugno del 1916 sotto la guida dello sceicco Faisal al-Hussein (il futuro Faisal I, primo re dell'Iraq) e del colonnello inglese Thomas Edward Lawrence, ottenne notevoli successi. In Iraq, tuttavia, i britannici non trovarono lo stesso sostegno, anzi gli sciiti incitarono la popolazione a combatterli e a difendere lo “stato musulmano”.
La promessa dell’indipendenza fatta agli arabi dal governo di Londra non fu mantenuta. Nel maggio del 1916, pochi mesi dopo l’accordo arabo-britannico, i governi di Londra e Parigi avevano infatti deciso, con l’accordo segreto Sykes-Picot, la spartizione del Medio Oriente in due zone di influenza, una francese e l’altra inglese.
Agli inizi del 1920 la Società delle Nazioni conferì il mandato coloniale sulla Siria alla Francia e quello sull’Iraq alla Gran Bretagna. In luglio in Iraq scoppiò un'insurrezione armata contro la dominazione inglese (la cosiddetta “rivoluzione del 1920”), che fu repressa nel sangue dalle truppe di Londra.
La Gran Bretagna nel 1921 instaurò sul trono iracheno Faisal I, un hashimita.
il monarchia hashimita
La sconfitta degli sciiti fu sancita con l’esilio forzato dell’ayatollah Mahdi al-Khalisi (1923), la massima autorità religiosa sciita irachena, ma soprattutto con la spartizione da parte dei sunniti di tutte le cariche più importanti della nuova amministrazione statale. A far parte della nuova elite vennero infatti chiamati i membri dei clan e delle grandi famiglie urbane sunnite. Nel 1925 il fallimento del progetto dello stato curdo portò la Società delle Nazioni a unire all’Iraq la provincia di Mosul; in questo modo, alla questione sciita si aggiunse quella curda, non meno esplosiva. Gli anni successivi videro infatti lo scoppio di rivolte indipendentiste sciite e curde, sia nel sud sia nel nord del paese. Inoltre, le frontiere del nuovo stato vennero contestate dall’Arabia Saudita e dalla Turchia.
Nel 1932, scaduto il mandato britannico, l'Iraq entrò a far parte della Società delle Nazioni come stato sovrano. Ma l’indipendenza del paese fu solo formale; di fatto, la Gran Bretagna conservò il controllo sia sullo stato iracheno (con un trattato che prevedeva, tra l’altro, il dispiegamento di forze britanniche sul territorio iracheno per 25 anni), sia sulle sue risorse. Nel 1927 il governo iracheno aveva infatti accordato una prima concessione per lo sfruttamento petrolifero della regione di Baghdad all’Iraq Petroleum Company, una compagnia petrolifera a partecipazione anglo-francese.
Nel 1936 Ghazi, figlio di Faisal I, firmò un trattato di non aggressione con l'Arabia Saudita, la Turchia e l’Iran, ponendo fine a una controversia territoriale iniziata con la fondazione dello stato. Ghazi morì in un incidente stradale nell'aprile 1939; il trono iracheno, formalmente passato al figlio Faisal II, di soli quattro anni, cadde, di fatto, sotto la tutela militare.
la seconda guerra mondiale e lotte regionali
In base al trattato d'alleanza con la Gran Bretagna, allo scoppio della seconda guerra mondiale l'Iraq ruppe le relazioni diplomatiche con la Germania. Nel marzo 1941 un colpo di stato portò improvvisamente al potere il leader nazionalista Rashid Alì al-Gailani, fautore di una politica di non cooperazione con gli inglesi. Londra reagì immediatamente e, dopo un breve conflitto, nel maggio del 1941 abbatté Rashid e lo sostituì con Nuri al-Said, un politico moderato e filoccidentale.
Il 17 gennaio del 1943 l'Iraq entrò ufficialmente in guerra contro le potenze dell'Asse. Dopo la fine della guerra, le regioni nordorientali del paese furono sconvolte da una serie di rivolte curde, sostenute dall'Unione Sovietica. Per scongiurare l’eventualità che i giacimenti di petrolio cadessero sotto il controllo di Mosca, gli inglesi aumentarono la propria presenza militare in Iraq, causando però il rafforzarsi, sia tra gli iracheni sia tra i curdi, di posizioni nazionaliste e comuniste.
Nel 1947 l’Iraq e la Transgiordania firmarono un trattato di amicizia che prevedeva un mutuo sostegno diplomatico e militare. L’anno successivo, alla proclamazione della nascita di Israele, avvenuta in maggio, le armate iracheno-giordane attaccarono il nuovo stato ma vennero sconfitte; i due paesi firmarono l’armistizio con Israele nel 1949.
anni ‘50
L’umiliante sconfitta rafforzò ulteriormente i settori nazionalisti, che chiesero di rompere i legami politici ed economici con la Gran Bretagna. Il governo iracheno tentò di sedare il malcontento popolare avviando un piano di sviluppo economico che prevedeva la creazione di un Consiglio per lo sviluppo nazionale; ma per realizzare il suo piano, il governo doveva assicurare al paese maggiori introiti per le concessioni petrolifere. Dopo difficili trattative, nel 1952 l’Iraq riuscì a ottenere dalla Iraq Petroleum Company una partecipazione agli utili delle vendite del petrolio iracheno.
Nel contempo l’Iraq rinsaldò i suoi legami con l’Occidente e in particolare con gli Stati Uniti. Il 24 febbraio del 1955 Baghdad concluse un patto di mutua sicurezza con la Turchia, proponendolo, subito dopo, quale nucleo originario di un sistema di difesa integrato del Medio Oriente. La Gran Bretagna si unì al patto di Baghdad in aprile, il Pakistan in settembre e l'Iran in novembre.
La crisi di Suez del 1956 determinò la definitiva crisi del ruolo britannico in Iraq, di cui si avvantaggiarono gli Stati Uniti. A conferma del proprio orientamento filoccidentale, il governo iracheno annunciò nel gennaio 1957 la piena adesione alla dottrina Eisenhower appena formulata. Un anno dopo, il 14 febbraio 1958, una conferenza tra Faisal e Hussein I si concluse con la proclamazione dell'Unione araba di Iraq e Giordania, costituita in contrapposizione alla Repubblica araba unita (RAU) che aveva federato Egitto e Siria.
Durante gli anni Cinquanta si andarono rafforzando le ideologie nazionaliste e panarabe, favorite anche dalla creazione, nel 1955, della sezione irachena del partito Baath. Sottoposto alle critiche interne e agli attacchi dei vicini paesi arabi, il regime iracheno diventò sempre più debole. Il 14 luglio 1958, con un improvviso colpo di stato guidato dal generale Abd al-Karim Kassem e appoggiato da nazionalisti di varia ispirazione, da nasseriani e da comunisti, nel paese fu proclamata la repubblica. Faisal venne giustiziato, insieme con parte della famiglia reale e con il premier as-Said. Il giorno seguente il nuovo esecutivo annunciò lo scioglimento dell'Unione araba e l'avvicinamento politico-militare dell’Iraq alla RAU.
Nel 1959 l'Iraq si ritirò dal patto di Baghdad; nel giugno del 1960 reclamò il possesso del Kuwait, sul quale era cessato il mandato britannico.
Gli esordi della repubblica furono segnati da instabilità e da un violento conflitto che oppose Kassem (alleato per l’occasione con i comunisti, i curdi e una parte degli sciiti) alla galassia nazionalista araba che premeva per l’unione con la RAU. Il potere di Kassem si fece sempre più dispotico. Nel 1961 ripresero i moti indipendentisti curdi nel nord del paese.
il regime baathista
Nel 1964 Arif proclamò l’Iraq “repubblica democratica e socialista”.
Nel 1967, durante la guerra dei Sei giorni, forze aeree e di terra irachene furono impiegate per sostenere la difesa giordana e Baghdad interruppe i rifornimenti di petrolio ai paesi occidentali.
Tra gli esponenti più in vista del “clan dei tikriti” vi era Saddam Hussein, che dopo la sconfitta baathista del 1963 aveva avuto un ruolo di rilievo nella riorganizzazione del partito, seguendone la preparazione militare.
Il nuovo regime iracheno andò via via radicalizzandosi, rinserrando i legami con l’Unione Sovietica con la quale, nel 1972, firmò un trattato d’amicizia. Questo corso trovò espressione anche all’interno della Lega araba. Nel 1971 l'Iraq chiuse infatti i confini con la Giordania, chiedendo che questa venisse espulsa dalla Lega araba, poiché il governo di Amman aveva mantenuto una politica di decisa ostilità nei confronti dei movimenti palestinesi che operavano sul suo territorio.
Tra il 1972 e il 1975 Baghdad procedette inoltre alla nazionalizzazione di tutte le compagnie petrolifere straniere operanti entro i propri confini, a cominciare dalla Iraq Petroleum Company. Nel 1973, in occasione della guerra del Kippur, il paese fornì un consistente aiuto militare alla Siria; in seguito criticò severamente i termini del cessate il fuoco che pose fine al conflitto e i successivi accordi di pace stipulati da Egitto e Siria con Israele (1974-75).
All'inizio del 1974 scoppiarono violente rivolte sciite a Karbala, mentre nelle regioni settentrionali ripresero gli scontri tra le forze governative e i nazionalisti curdi, sostenuti dall’Iran, che ritenevano inadeguate e insoddisfacenti le forme di autonomia ottenute nel 1970. Nel 1975 Baghdad e Teheran conclusero un accordo ad Algeri, con il quale l’Iraq accordava importanti concessioni territoriali sullo Shatt al-Arab all’Iran in cambio della cessazione del sostegno da questo fornito ai curdi. Nello stesso anno le truppe irachene soffocarono nel sangue la rivolta curda e costrinsero decine di migliaia di persone ad abbandonare città e villaggi, che vennero rasi al suolo.
guerra con l'Iran
Dopo aver assunto il controllo del partito, dei servizi di sicurezza e dell’esercito, nell'estate del 1979 Saddam Hussein spodestò definitivamente al-Bakr concentrando nelle sue mani, con tutte le più importanti cariche, un enorme potere.
Hussein impose rapidamente al paese un controllo ancor più totalitario e dispotico, procedendo a una violenta purga contro i comunisti e contro lo stesso Baath, e distribuendo le cariche più importanti e delicate dello stato e dell’esercito tra i membri della sua famiglia e del “clan tikrita”. Contemporaneamente riannodò le relazioni con le monarchie del Golfo e con i paesi occidentali, e in particolare con gli Stati Uniti. Nel settembre del 1980 Saddam Hussein denunciò l’accordo stipulato nel 1975 con Teheran e reclamò il controllo sull'intero estuario dello Shatt al-Arab, lanciando nel contempo il suo esercito alla conquista dell’Iran.
Dopo alcuni successi iniziali il conflitto si trasformò in un'estenuante guerra di posizione, cui si accompagnò una durissima battaglia sulle rotte del golfo Persico. Pur dichiarando la propria neutralità, nel 1984 il governo degli Stati Uniti annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con il regime di Saddam, garantendo altresì aiuti economici e militari a riconoscimento dell'azione di contenimento operata sul regime di Teheran. La cruentissima guerra con l’Iran non interruppe la repressione degli sciiti e soprattutto dei curdi, che nel 1987 vennero attaccati con armi chimiche dalle truppe irachene, pagando un altissimo tributo di sangue.
Il conflitto Iran-Iraq si concluse senza vinti né vincitori, con un cessate il fuoco, il 20 agosto del 1988. I due paesi erano entrambi allo stremo, ma grazie al sostegno dei paesi dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti, il regime iracheno fu presto in grado di ricostruire il proprio apparato militare.
la Guerra del Golfo
Nel 1990 l'Iraq riaprì l'annosa disputa territoriale con il Kuwait (suo alleato nella lunga guerra contro l'Iran). Il 2 agosto le truppe di Baghdad varcarono quindi i confini e rapidamente invasero l'intero paese, dichiarandolo “diciannovesima provincia irachena”. Dopo una serie di risoluzioni di condanna, il Consiglio di sicurezza dell'ONU intimò il ritiro incondizionato degli occupanti entro il 15 gennaio 1991; scaduto l'ultimatum, una vasta coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti di George Bush, con una serie di violentissimi bombardamenti su Baghdad e altri obiettivi strategici, economici e militari, obbligò Saddam Hussein a evacuare precipitosamente il Kuwait. Nel 1990 l'Iraq riaprì l'annosa disputa territoriale con il Kuwait (suo alleato nella lunga guerra contro l'Iran). Il 2 agosto le truppe di Baghdad varcarono quindi i confini e rapidamente invasero l'intero paese, dichiarandolo “diciannovesima provincia irachena”. Dopo una serie di risoluzioni di condanna, il Consiglio di sicurezza dell'ONU intimò il ritiro incondizionato degli occupanti entro il 15 gennaio 1991; scaduto l'ultimatum, una vasta coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti di George Bush, con una serie di violentissimi bombardamenti su Baghdad e altri obiettivi strategici, economici e militari, obbligò Saddam Hussein a evacuare precipitosamente il Kuwait.
Terminate le operazioni di guerra (il cessate il fuoco fu firmato in aprile) senza che il loro esito disastroso intaccasse la stabilità del regime, Saddam utilizzò le residue forze militari per schiacciare l'opposizione curda a nord e sciita a sud che, accogliendo un appello degli Stati Uniti, nelle ultime fasi della guerra si era sollevata contro il regime di Baghdad. La repressione causò migliaia di vittime e la fuga in Iran e Turchia di centinaia di migliaia di profughi. Per impedire alle forze irachene di proseguire nella campagna repressiva, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna imposero a Baghdad un’area di esclusione aerea (no-fly zone) nel nord e nel sud del paese, assumendone il controllo.
la nuova guerra
Oltre all’imposizione della no-fly zone, il regime di Baghdad venne costretto a concedere un’ampia autonomia ai distretti curdi e a riconoscere un oneroso tracciato dei confini con il Kuwait. A ciò si aggiunsero misure di disarmo e restrizioni nella vendita di petrolio, una cospicua parte della quale venne destinata a ripagare gli ingenti danni inflitti al Kuwait.
Nel 1992 il rifiuto di concedere l’accesso agli ispettori dell’UNSCOM causò la proclamazione da parte dell’ONU di un rigido embargo economico, i cui effetti si rivelarono devastanti soprattutto per la popolazione civile. L'economia nazionale irachena, già pesantemente segnata dai due ultimi conflitti, giunse infatti quasi al collasso, mentre fiorì un florido mercato nero strettamente controllato dal regime.
Nell'ottobre 1994 un nuovo spostamento di truppe irachene al confine con il Kuwait spinse gli Stati Uniti a inviare nella regione un proprio contingente militare. Il regime di Baghdad annunciò il ritiro dall'area e riconobbe ufficialmente la sovranità del Kuwait il 10 novembre dello stesso anno, in conformità alle risoluzioni dell'ONU. Ciò non fu ritenuto sufficiente dagli Stati Uniti per rimuovere l'embargo, nonostante il parere favorevole di altri paesi occidentali.
Di fronte ai gravissimi problemi umanitari causati dall’embargo, nel 1995 l'ONU attenuò le sanzioni, avviando il programma “Oil for Food” (“petrolio in cambio di cibo”), che autorizzava l'Iraq a esportare due miliardi di dollari di greggio al semestre per l'acquisto di viveri e medicinali. Temendo che il regime iracheno potesse usare il programma per approvvigionarsi di materiale di uso bellico, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna frapposero tuttavia molti ostacoli alla sua applicazione.
Nonostante l'isolamento internazionale, Saddam Hussein riuscì a rimanere saldamente in sella e nell'ottobre del 1995 un “plebiscito” gli conferì un nuovo mandato presidenziale di sette anni. All’interno del regime e della stessa famiglia di Hussein si verificarono tuttavia contrasti e defezioni, affrontati dal dittatore con metodi spicci e brutali. Il caso più clamoroso fu la fuga in Giordania del generale Kamel Hassan al-Majid e di suo fratello, entrambi generi di Hussein; inspiegabilmente tornati in patria, vennero assassinati pochi giorni dopo il rientro.
Una nuova crisi con gli Stati Uniti, che minacciarono di ricorrere nuovamente alla forza contro il regime iracheno, fu risolta in extremis nel dicembre 1998 dall’intervento personale del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Nonostante quest’ultimo accordo, la questione rimase irrisolta.
La nuova missione istituita dall’ONU, UNMOVIC, non ottenne infatti l’autorizzazione del governo iracheno, che chiese prioritariamente la rimozione degli ostacoli frapposti dalle autorità statunitensi e britanniche al funzionamento del programma “Oil for Food”.
Nel febbraio del 2001 la tensione tornò improvvisamente a salire in seguito all’attacco compiuto da 24 bombardieri statunitensi e britannici contro alcune postazioni radar alla periferia di Baghdad. L’attacco sollevò le proteste della maggioranza dei paesi arabi e fu criticato anche da numerosi esponenti dei governi europei, in particolare in Francia e in Germania.
Dopo l’attacco terroristico subito dagli Stati Uniti l’11 settembre 2001 e la successiva campagna militare “Enduring Freedom” che abbatté il regime afghano dei taliban, l’Iraq tornò nel mirino degli Stati Uniti; il governo di Washington accusò infatti il regime iracheno di produrre armi di distruzione di massa, violando le risoluzioni dell’ONU. Le aviazioni statunitense e britannica ripresero gli attacchi aerei contro obbiettivi strategici e militari iracheni, preparando il terreno per un nuovo intervento militare. Nel luglio 2002, nel tentativo di scongiurare il conflitto, si svolse a Vienna un incontro tra il ministro degli Esteri iracheno e il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per discutere la ripresa dei controlli dell’UNMOVIC, senza tuttavia pervenire a un accordo. In seguito all’intensificarsi degli attacchi aerei e all’esplicita minaccia degli Stati Uniti di scatenare una nuova guerra, a settembre l’Iraq accettò il ritorno degli ispettori ONU. Il presidente statunitense George W. Bush, scettico nei confronti dell’accordo, chiese una nuova risoluzione dell’ONU che autorizzasse un nuovo intervento militare contro il regime di Saddam Hussein; la richiesta di Washington fu tuttavia accolta solo da pochi paesi e da un solo altro membro del Consiglio di sicurezza dell’ONU, la Gran Bretagna. Il 1° ottobre l’Iraq firmò l’accordo per la ripresa delle ispezioni, aperta incondizionatamente a tutto il territorio nazionale iracheno.
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Unscom: Commissione speciale delle Nazioni Unite
Unmovic: Commissione per il monitoraggio, la verifica e l’ispezione degli armamenti iracheni
sviluppi recenti
Nell’autunno 2002 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna iniziano ad ammassare forze in Kuwait, mentre diverse portaerei prendono posizione nel Golfo Persico, nel Mar Rosso e nel Mediterraneo orientale. Accogliendo le richieste statunitensi, l’8 novembre il Consiglio di sicurezza promulga la risoluzione che richiama il governo iracheno al rispetto degli impegni di disarmo sottoscritti con il cessate il fuoco del 1991 e delle successive risoluzioni dell’ONU; per l’opposizione di Francia, Russia e Cina la risoluzione tuttavia non autorizza il ricorso automatico della forza, limitandosi a minacciare “serie conseguenze” qualora l’Iraq si ostini a non soddisfare le richieste.
Nonostante i primi risultati ottenuti dai sopralluoghi degli ispettori dell’ONU e la ripresa della distruzione degli arsenali iracheni, gli Stati Uniti sollecitano una nuova risoluzione che autorizzi l’uso della forza contro l’Iraq. La richiesta viene sostenuta dalla sola Gran Bretagna tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza.
Dopo un’aspra e infruttuosa battaglia diplomatica, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, privi di autorizzazione dell’ONU e contro il parere degli altri membri del Consiglio, delle principali autorità religiose internazionali, della gran parte degli stati, lanciano l’attacco contro l’Iraq il 19 marzo. A sostenere l’attacco sono 45 paesi, tra cui la Spagna, l’Australia, la Danimarca, i Paesi Bassi, l’Italia. Tra quelli contrari, la Francia, la Germania, la Russia, la Cina, il Canada, la Nuova Zelanda, il Messico e il Brasile.

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