economia del sud america

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Categoria:Geografia

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Testo

ECONOMIA DEL SUD AMERICA
Introduzione
L’economia dei paesi del Sud America è stata caratterizzata da una forte dipendenza dai paesi stranieri, e prima di tutto dagli Stati Uniti d’America, e da una permanente debolezza nei confronti dei paesi industrializzati. Queste condizioni, unite ad una distribuzione ineguale di una ricchezza che privilegia una piccola minoranza lasciando nella miseria la stragrande maggioranza della popolazione, hanno creato una situazione politica e sociale assai instabile.
Tra gli anni ’30 e la fine della seconda Guerra Mondiale, apparvero nel continente alcuni governi, che si ispiravano a programmi che postulavano ampie riforme economiche o sociali e che furono definiti “populisti”.
Finita la seconda Guerra Mondiale gli USA, usando il pretesto della “minaccia comunista”, decisero di cambiare questa situazione a loro sfavorevole.
Negli anni ’60 comparvero in Sud America tendenze neoprogressiste che intendevano mutare sia il rapporto di dipendenza dagli Stati Uniti, sia le tradizionali forme di potere all’interno dei singoli paesi. Al culmine di questo periodo, molti paesi si diedero governi progressisti. Tutto ciò provocò un’immediata reazione degli Stati Uniti,che considerarono ciò come una minaccia diretta, e organizzarono numerosissimi colpi di stato per abbattere i governi democratici e instaurare dittature militari di tipo fascista.
L’ economia (parte generale)
Settore primario:
In Sud America l’agricoltura e l’allevamento sono ancora attività economiche importanti: si va dal 12% della popolazione attiva impiegata nel settore primario in Argentina, al 68% di Haiti, ma in media, in tutti paesi il lavoro del contadino è ancora molto praticato, ed è un lavoro duro, perché la meccanizzazione non è molto diffusa mentre continua lo sfruttamento da parte dei grandi proprietari terrieri. I terreni destinati alle colture di piantagione rappresentano solo l’1,5% delle proprietà terriere, ma coprono più della metà del territorio agricolo e occupano sempre le terre migliori.
I braccianti che lavorano questa terra, che appartiene a multinazionali straniere o a latifondisti locali, ricevono salari bassissimi, ma non stanno molto meglio i contadini delle piccole proprietà, i minifundios, ossia fazzoletti di terra ai quali rimangono attaccati da secoli i più poveri agricoltori del Sud America.
Un altro tipo di piccola proprietà, di formazione più recente, è quello creato dalle riforme agrarie attuato da paesi come il Venezuela, il Cile e il Perù. In genere queste riforme sono fallite, perché dopo aver dato la terra ai contadini i governi non hanno più fornito gli aiuti necessari per praticare l’agricoltura in modo moderno.
Le miserevoli condizioni delle campagne sono una delle cause principali della crescita abnorme delle città sud americane: il flusso migratorio dai centri rurali a quelli urbani è in continua crescita.
Nelle piccole proprietà si coltivano i prodotti per la sussistenza, dal mais ai fagioli, dalla manioica alle patate.
L’agricoltura di piantagione, detta anche monocultura, praticata soprattutto in Brasile, consiste nello sfruttare intensamente un territorio adibito alla coltura di un solo prodotto;essa può provocare tre problemi:
-ambientale: la coltivazione dello stesso prodotto innesta sul territorio un processo di desertificazione (arachidi).
-economico: il prodotto può subire un improvviso crollo sul mercato oppure una catastrofe ambientale che comporta un fortissimo danno all’ economia, che si basa soprattutto su questo.
-sociale: la popolazione stessa ne risente poiché i prodotti coltivati (come caffè, canna da zucchero, cacao, cotone, frutti tropicali, agrumi, tabacco, fagioli, e patate) sono destinati all’ esportazione e non sufficienti al fabbisogno della popolazione, che in questo modo muore di fame.
L’ allevamento, ancora assai diffuso, è principalmente di bovini, suino, ovini, cammelli, muli e asini. Al contrario la pesca non ha particolare importanza.
Non mancano importanti risorse minerarie come il petrolio, l’ oro, l’ argento e le pietre preziose; si estraggono anche ferro, magnese, nichel,uranio, bauxite, rame, zinco, stagno, mentre la produzione di carbone è modesta.
Settore secondario:
Le principali industrie del Sud America ruotano intorno al settore petrolchimico, meccanico, automobilistico, elettrico, chimico e della gomma.
Tuttavia i prezzi delle materie prime, agricole minerario, hanno subito nel corso degli anni ottanta una forte erosione che ha portato a un continuo peggioramento dei conti con l’ estero dei paesi Latino-Americani e il loro enorme indebitamento con i paesi sviluppati. Le multinazionali hanno grande potere nell’ industria, soprattutto nei
settori a tecnologia avanzata.
Le principali aree industriali coincidono con le più importanti aree urbane e si trovano quindi lungo la fascia costiera.
Settore terziario:
Nel settore terziario sta assumendo un’ importanza crescente il turismo, in particolare nei Carabi, dove la situazione economica è leggermente migliore grazie alle entrate in valuta pregiata e alle opportunità di lavoro offerte dal settore turistico, che vanno a sanare, al meno in parte, il drammatico problema della disoccupazione; inoltre abbiamo lo sviluppo di grandi banche e società finanziarie.
Tuttavia anche questo settore è dominato da imprenditori stranieri.
L’ economia dei Paesi dell’ America Del Sud

Economia dell’ Argentina
agricoltura, allevamento, risorse
Più del 50% del territorio argentino viene utilizzato per il pascolo di ovini e bovini, circa il 10% è coltivato, mentre boschi e foreste occupano il 12,7% del territorio. L'Argentina è uno dei principali produttori mondiali di grano (12,4 milioni di tonnellate nel 2003). Altre colture di rilievo sono il mais, l'avena e l'orzo. L'area da cui proviene quasi tutto il frumento prodotto dal paese è la Pampa. Lungo le rive del Rio Negro, in aree ben irrigate, sono presenti colture intensive di alberi da frutta, di canna da zucchero e di viti.
La maggiore industria argentina è quella legata alla macellazione del bestiame, alla conservazione delle carni e alla lavorazione del latte. Un altro settore importante è quello della produzione di lana (56.000 tonnellate nel 2003). Quasi il 40% degli ovini viene allevato in Patagonia. Un'importante voce dell'allevamento è quella equina: i cavalli argentini sono molto apprezzati a livello internazionale per le corse e per il gioco del polo. Nonostante le flessioni del mercato negli anni Ottanta, l'esportazione di carni riveste ancora un ruolo primario negli scambi con l'estero.

Risorse forestali e pesca
Le foreste coprono il 12,7% del territorio argentino; la maggior parte di esse non viene tuttavia sfruttata. I tipi di legname più utilizzati per la produzione della cellulosa sono l'olmo e il salice; il quebracho bianco viene invece usato come legna da ardere, quello rosso per la conciatura del cuoio e il cedro per la produzione di mobili. Altri legnami importanti per l'economia argentina sono il pino, il cipresso, la quercia e l'araucaria.
La pesca, che offre grandi potenzialità, non è ancora pienamente sfruttata, nonostante la crescita costante che ha avuto negli ultimi decenni del XX secolo. La produzione, nel 2001, è stata di 608.003 tonnellate. Tra le specie più pescate ci sono le acciughe e il nasello.

Risorse energetiche e minerarie
Gran parte del fabbisogno energetico del paese è coperto dalla produzione di energia idroelettrica e dall'estrazione di combustibile fossile. Nonostante la varietà di giacimenti di petrolio, di carbone e di diversi altri minerali, l'attività mineraria del paese non occupa un posto rilevante nell'economia argentina. Recentemente, tuttavia, la produzione di petrolio e di carbone, in particolare, ha registrato un notevole incremento. Il principale prodotto minerario è il petrolio (304 milioni di barili nel 2001), la cui produzione è in crescita per lo sfruttamento dei giacimenti off-shore. Il paese produce anche quantitativi significativi di gas naturale. Le miniere di oro, argento, rame, piombo e zinco, ferro, stagno e tungsteno e mica presenti nel territorio vengono sfruttate in maniera minore.Benché la maggior parte dei fiumi con potenziale energetico sia situata lontano dai centri industriali, lo sfruttamento delle risorse idroelettriche è in continua espansione. Alcuni grandi progetti idroelettrici sono stati realizzati negli anni Settanta e Ottanta nella Patagonia settentrionale, con la costruzione di numerose dighe sui fiumi Paraná e Uruguay (queste ultime realizzate in cooperazione con l'Uruguay). La quantità di elettricità prodotta fu, nel 2001, di 97,2 miliardi di kWh, dei quali il 40,8% prodotto da centrali idroelettriche.

Industria
L'Argentina dispone di risorse considerevoli. Le impressionanti riserve idroenergetiche rappresentate dal fiumi provenienti dal Brasile, che si è cominciato a imbrigliare con le dighe in costruzione sull'Uruguay (Salto Grande, Garabí, Rocandor) e sul Paraná (Corpus Posadas, Apipé-Yaciretá, Pati, Chapetó), vanno ad aggiungersi agli sbarramenti per l'irrigazione e la produzione di energia idroelettrica su tutti i fiumi che scendono dalle Ande. Il paese e dotato anche di ricchi giacimenti di uranio e di petrolio (circa 24 milioni di t all'anno), che, a partire dagli anni Cinquanta, copre circa il 95% del fabbisogno interno. Considerevole anche la produzione di gas naturale. Ma il vero e proprio decollo industriale del paese ha avuto luogo con l'apertura alle multinazionali che, a partire dal 1958, hanno trasferito in Argentina i propri stabilimenti di produzione. Tutti i campi sono stati interessati, dalla siderurgia all'elettronica, passando per l'industria tessile, chimica, petrolchimica, alimentare, ecc.; l'industria automobilistica ha costituito il settore pilota.
Trasporti
L'Argentina possiede una rete ferroviaria, interamente gestita dallo Stato, di 36.185 km, che si prolunga in linee Internazionali dirette verso il Paraguay, la Bolivia e il Cile (v. TRANSANDINA), e una rete stradale di 212.305 km (il 26% pavimentato); possiede una flotta mercante statale di 530 navi (di 100 e oltre t di stazza lorda). È notevolmente sviluppato il trasporto aereo, che dispone di una decina di aeroporti internazionali e di numerosi scali regionali.
Commercio
L'Argentina esporta (soprattutto nell'ex Unione Sovietica (CSI), Stati Uniti, Paesi Bassi, Cina, Giappone, Italia) cereali, frutta e verdura fresche, carni e loro derivati, petrolio e derivati, pelli e cuoio, tabacco; importa (soprattutto da Stati Uniti, Brasile e Germania Occidentale) prodotti chimici, macchinari, attrezzature elettriche, materie plastiche, metalli e manufatti metallici, materiale per i trasporti.
Il Paese, in recessione dal 1998, sta attraversando una congiuntura economica particolarmente difficile: il debito pubblico ha raggiunto i 130 miliardi di dollari (oltre 260 mila miliardi di lire). Tra le cause della crisi, la parità del peso con il dollaro, che frenò l'inflazione, ma ha anche indebolito le esportazioni.
Per superare la crisi, il governo nominò l'exministro menemista Domingo Cavallo, affidandogli il dicastero dell'Economia. Lo scorso luglio 2001, il nuovo esecutivo varò un pacchetto di misure per il "deficit zero": il pareggio tra gli incassi e le spese dello Stato. Le misure compressero tagli a stipendi e pensioni. Nonostante questi provvedimenti e data la insostenibile situazione economica, il governo argentino fu costretto nei primi giorni del 2002 a permettere la svalutazione del peso argentino con una perdita immediata del 70% rispetto al dollaro.
Economia della Colombia
Fino pochi anni fa fondamentale per l'economia colombiana era la coltura del caffè : essa occupava 945.000 (poco meno di un quinto dell'intera superficie coltivata) ettari di tierras templadas. La coltivazione comunque è ancora molto accurata e produce caffè di ottima qualità, il cosiddetto caffè soave, che entra in tutte le miscele. La produzione complessiva supera le 70.000 tonnellate all'anno, il che pone la Colombia al secondo posto, dopo il Brasile, nella produzione mondiale.
Hanno avuto grande sviluppo e assunto notevole importanza anche la coltura della canna da zucchero per la produzione industriale dello zucchero e le piantagioni di banane, tabacco e cacao. L'allevamento bovino (quasi 22 milioni di capi) ha un'antica tradizione che risale ai primi anni dell'epoca coloniale e tuttora è praticato estensivamente per il cuoio e la carne.
Le immense risorse minerarie dei paese sono, invece, ancora oggi sfruttate solo in misura relativa: oltre agli smeraldi, di cui la Colombia da sola fornisce un terzo della produzione mondiale, si estraggono specialmente oro. di cui la Colombia è il secondo produttore, dopo il Brasile, tra i paesi dell'America del Sud, platino, argento, un pò di ferro; in aumento la produzione di carbone e ancora di più il petrolio.
Le industrie di base, oltre alla raffinazione del petrolio, sono poche, ma in via di sviluppo: sia il settore della siderurgia, sia quelli della metallurgia, della chimica e della gomma. Fiorenti sono anche le industrie alimentari, fra le quali primeggia quella della raffinazione dello zucchero.
Il quadro dell'economia colombiana non è però completo senza un cenno alla cosiddetta economia parallela cioè, del traffico e del contrabbando di cocaina e marijuana, i cui proventi sono stimati il doppio di quelli dell'esportazione di caffè.
Economia dell’ Equador
L'agricoltura impiega ancora circa un terzo della popolazione attiva, ma il suo contributo alla formazione del prodotto nazionale lordo è sceso sotto il 14%. Nella Sierra prevale la policoltura tradizionale (mais, frumento, patate, ecc.) ed è qui che è anche concentrato l'allevamento, che dispone di un patrimonio di 3.378.000 bovini, 4.230.000 suini, 2.086.000 ovini e 43.000.000 di volatili. Nella Costa prevalgono invece le colture destinate all'esportazione di prodotti come cacao, caffè e banane. Vi si produce inoltre una considerevole quantità di frutta (agrumi e frutti tropicali) e di riso (423.000 t), destinato soprattutto al consumo interno. Notevole importanza ha anche la pesca, con 867.496 t di pescato.
Ma la principale ricchezza dell'Ecuador è rappresentata dal petrolio (oltre 14 milioni di t): grazie infatti al petrolio e al potenziale idroelettrico rappresentato dai fiumi andini, l'Ecuador dispone di buone fonti energetiche. Si calcola che nel Golfo di Guayaquil c'è una riserva di gas di 3000 milioni di metri cubici.
Esistono anche prodotti non tradizionali d'esportazione come certe speci di frutti e verdure che poco a poco stanno guadagnando terreno sul mercato internazionale. L'attuale legislazione ecuadoriana cerca di fomentare lo sviluppo delle industrie tramite la Legge di Fomento Industriale, principalmente per quelle società che offrono benifici per il paese. Da notare la produzione artigianale molto ricca soprattutto nel campo tessile.
L'industria manifatturiera contribuisce alla formazione del prodotto nazionale lordo per circa il 19% e impiega circa il 12% della popolazione attiva. Predominano le attività di trasformazione dei prodotti dell'agricoltura (industrie alimentari e tessili, manifatture di tabacco), dello sfruttamento forestale e dell'industria estrattiva (raffinazione del petrolio e derivati).
Negli ultimi anni l'Ecuador ha dovuto affrontare una grave crisi economica che ha portato il governo nell'anno 2000 alla dolarizzazione dell'economia. Il Fondo Monetario Internazionale pronosticò che se l'Ecuador mantiene il suo programma di riforme l'economia crescerà di un 3.5% per il 2003.
Economia del Venezuela
La dipendenza dal petrolio dell'economia venezuelana è sempre stata notevole: il 75% delle entrate dello Stato proviene da lì, anche se il settore impiega soltanto il 3% della popolazione, ed è proprio questo uno dei principali motivi della scarsa partecipazione dei Venezuelani alla ricchezza nazionale.
I profitti del petrolio erano cosi facili in passato che non sono state sviluppate altre fonti di benessere. Negli ultimi decenni, in conseguenza alla crisi petrolifera mondiale, anche in Venezuela si è iniziato a sfruttare maggiormente le risorse minerarie come ferro, bauxite e carbonio, presenti in ingenti quantità nel sottosuolo del paese. Le rocciose montagne venezuelane nascono inoltre discrete quantità di oro e diamanti. La favorevole posizione geografica e la presenza di fiumi navigabili aperti sul mare ha reso possibile lo sviluppo delle transazioni commerciali con il resto del continente.
I comparti industriali producono prevalentemente cemento, vetro e carta e negli ultimi anni sono entrati a far parte del secondario anche stabilimenti per il montaggio di automobili e veicoli commerciali. Nel settore tessile trova rilevanza la lavorazione del cotone, mentre in quello alimentare prevalgono gli zuccherifici.
L'economia di mercato del Venezuela risulta molto aperta e favorevole agli investimenti stranieri. In questo paese viene registrato il consumo medio pro-capite più alto del Sud-America (2.124 dollari). La pressione fiscale in Venezuela è bassa, in quanto si colloca nella fascia inferiore al 6% sul PIL.
Economia del Cile
Nella prima metà del XX secolo l'economia cilena si basava fondamentalmente sull'estrazione del rame; l'industria, favorita dall'intervento dello stato, era però già attiva, soprattutto nel settore tessile e navale. Il periodo di massimo sviluppo dell'industria cilena si svolse sotto il controllo di multinazionali e gruppi finanziari stranieri, ridimensionato durante la breve parentesi del governo di Salvador Allende. Sotto la dittatura di Augusto Pinochet il Cile diventò un terreno di sperimentazione per le teorie neoliberiste dei cosiddetti "Chicago boys"; il radicale mutamento portò a un imponente sviluppo nel corso degli anni Settanta, ridimensionatosi tuttavia in seguito, ma anche a una sempre maggiore concentrazione delle risorse. Grazie al contenuto costo della manodopera, negli ultimi due decenni il paese ha attirato molti capitali stranieri e ha visto un ulteriore sviluppo dell'industria manifatturiera, i cui prodotti sono in gran parte destinati all'esportazione. Oggi l'economia cilena è una delle più forti dell'America latina e il paese resta uno dei leader nel settore estrattivo. Nel 2002 il prodotto interno lordo ammontava a 64.153 milioni di dollari USA, pari a un PIL pro capite di 4.120 dollari. Il tasso di disoccupazione del paese, pari al 7,8% (2002), è uno dei più bassi dell’America meridionale.
Agricoltura e allevameto
A causa delle caratteristiche del territorio, in gran parte montagnoso e arido, solo il 3,1% della superficie del paese
Barbabietola da zucchero
è coltivata; tuttavia, i moderni metodi di coltivazione negli ultimi decenni hanno permesso di accrescere enormemente la produttività. L’agricoltura è concentrata nella Valle Centrale, mentre l’allevamento è diffuso soprattutto nel Sud del paese, che
Esemplare di alpaca
registra anche la maggior concentrazione di foreste. Il settore agricolo cileno è stato a lungo ignorato. Ostacolata per
decenni dai latifondisti e dai settori politici conservatori, una riforma agraria rivolta a ridurre la dipendenza alimentare del paese venne avviata solo negli anni Sessanta e
portata a compimento agli inizi degli anni Settanta dal governo socialista di Allende. A tutt'oggi il settore impegna una parte esigua di manodopera e concorre per l’8,8% circa alla composizione del PIL.
Di discreto rilievo sono le colture di cereali (mais, orzo e avena), patate, barbabietole da zucchero, riso e pomodori. Di notevole importanza la frutticoltura che include uva, meloni, mele, pesche, albicocche, prugne e ciliege. La viticoltura è un settore particolarmente attivo. Per 88quanto concerne l'allevamento si segnalano in particolar modo quello dei bovini, degli ovinie dei caratteristici alpaca, prevalenti soprattutto nella Terra del Fuoco e nelle regioni centrali; dalle pecore si ricava la pregiata lana merinos.
Risorse forestali e pesca
Le foreste (perlopiù di conifere) coprono il 20,8% del territorio del paese e offrono ingenti quantità di legname, impiegato soprattutto per la produzione di carta e di materiale da costruzione. Il Cile possiede inoltre una delle più rilevanti industrie ittiche del Sud America: il pescato annuo, soprattutto di sardine, acciughe, aragoste e astici, si attesta intorno ai 4,4 milioni di tonnellate (2001).
Risorse energetiche e minerarie
Il Cile possiede ricchissimi giacimenti di rame, del quale è uno dei maggiori produttori mondiali (4,6 milioni di tonnellate nel 2002). Il rame fornisce inoltre il 40,7% del valore delle esportazioni. Nella Terra del Fuoco e nello stretto di Magellano si trovano giacimenti di petrolio e di gas naturale. Nel paese sono inoltre presenti giacimenti di ferro, nitrato, zolfo, carbone, oltre ad argento, oro, manganese e molibdeno. Il 51,5% della produzione elettrica del paese è di origine idrica.
Industria
L'industria concorre nella misura del 34,3% alla composizione del PIL e occupa il 24% della forza lavoro; l'attività è fondata sostanzialmente sulla lavorazione e la trasformazione delle risorse minerarie, agricole e forestali. All'imponente settore dell'industria pesante – che produce consistenti quantità di acciaio, ghisa, rame grezzo e raffinato – si affiancano le manifatture tessili, calzaturiere e conciarie, nonché quelle cartarie, alimentari, chimiche e farmaceutiche. La maggior parte delle strutture industriali si concentra nelle immediate vicinanze di Santiago, Valparaíso e Concepción.
Commercio e finanza
Oltre ai metalli (soprattutto rame) e ai minerali, il paese esporta frutta e ortaggi, carni e pesce, carta e prodotti chimici. Le importazioni riguardano macchinari, mezzi di trasporto, materiale elettrico e derrate alimentari. Nel 2001 il paese ha esportato merci e servizi per un totale di 18.745 milioni di $ USA, a fronte di iimportazioni per 15.383 milioni di $ USA. I maggiori partner commerciali del Cile sono Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Argentina e Brasile. Il Cile è membro associato del Mercosur.
L'unità monetaria del Cile è il peso (introdotto nel 1975 in sostituzione dell'escudo) la cui emissione spetta alla Banca centrale del Cile (1925).
Economia del Perù
Nel 2002 il prodotto interno lordo del Perù ammontava a 56.517 milioni di dollari USA, pari a un PIL pro capite di 2.110 dollari. Nel 2002, il tasso di disoccupazione era dell’8,7%. Nonostante i settori minerario e ittico abbiano registrato un forte incremento, l’agricoltura rappresenta la principale risorsa economica del paese.

Agricoltura e allevamento
Solo il 3,3% della superficie territoriale viene coltivato e la percentuale della popolazione attiva impiegata nel settore agricolo è pari al 9% (2001). Il raccolto prodotto nelle aree costiere è prevalentemente destinato all'esportazione, mentre nell'interno si pratica sostanzialmente un'agricoltura di sussistenza. Le coltivazioni principali includono canna da zucchero, mais, patate, riso, cotone, caffè, orzo, agrumi e frutta tropicale. Il Perù è inoltre produttore di coca. Molto importante è l'allevamento, soprattutto bovino, ovino e caprino. Lama, pecore e alpaca forniscono, oltre alla lana, cuoio e pellami. Agricoltura e allevamento forniscono il 7,9% del PIL (2002).

Risorse forestali e pesca
Le foreste, che coprono il 51% (2000) della superficie del paese, sono suscettibili di maggior sfruttamento. I principali prodotti forestali, oltre al cedro, al mogano, al palissandro e al caucciù, annoverano una notevole varietà di piante
Albero della China
medicinali, tra le quali la più nota è sicuramente la china (Chinchona officinalis), da cui si ricava il chinino. Il settore ittico rappresenta una delle maggiori ricchezze del paese e costituisce una delle voci più significative dell'esportazione peruviana.
Risorse energetiche e minerarie
Le risorse estrattive hanno un grande rilievo nel quadro economico peruviano e in particolar modo il settore minerario è uno dei pilastri dell’economia nazionale. Il primo posto spetta al rame, seguito dall'argento, dal piombo e dal ferro. Di rilievo anche i giacimenti d'oro, mentre in progressivo aumento sono la produzione di petrolio e gas naturale. Tutt’altro che trascurabile l’estrazione dal sottosuolo di molibdeno, bismuto, mercurio, antimonio e stagno. L'elevato potenziale energetico è generato soprattutto da impianti idroelettrici.
Industria
Le attività principali sono rappresentate dalle industrie metallurgica, tessile (soprattutto cotoniera) e alimentare. Di rilievo le attività di raffinazione e lavorazione dei minerali, l’industria chimica e petrolchimica, mentre la meccanica è limitata all'assemblaggio degli autoveicoli d'importazione. Gran parte del settore manifatturiero è costituito da piccole imprese, tuttavia a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo sulla fascia costiera sono sorti moderni e attrezzati impianti industriali. Gran parte delle industrie è concentrata attorno alla capitale e alla vicina Callao. Il 18% della popolazione attiva è impiegato nel comparto industriale, che fornisce il 27,8% del PIL (2002).
Commercio e finanza
Le esportazioni, assai diversificate rispetto alla maggior parte di quelle degli altri paesi dell’America del Sud, includono caffè, cotone, farina di pesce, zucchero, petrolio grezzo, rame, zinco, argento e minerali ferrosi. Tra le importazioni prevalgono apparecchiature elettriche ed elettroniche, componenti meccanici, nonché prodotti chimici e alimentari. Nel 2002 il valore totale delle esportazioni fu di 7,49 miliardi di dollari USA, a fronte di importazioni per 7,49 miliardi di dollari. I principali partner commerciali sono Stati Uniti, Giappone, Germania, Belgio, Argentina e Brasile. L'unità monetaria del paese è il nuevo sol, suddiviso in 100 céntimos, emesso e controllato dal Banco Central de Reserva del Perù.
Economia del Brasile
La colonia portoghese, soggetta al regime del patto coloniale, fu aperta all'immigrazione degli stranieri solo all'inizio del XIX secolo. Paese nuovo, il Brasile divenne per l'Europa, e in seguito per l'America del Nord, un fornitore di derrate tropicali e un acquirente di prodotti manufatti.
Dopo la prima guerra mondiale si verificò tuttavia un cambiamento dovuto al rapido progresso dell'industrializzione e all'inizio degli anni Settanta si è assistito al cosiddetto miracolo economico brasiliano.
Purtroppo si è anche trattato di un fenomeno più apparente che reale, cui ha fatto seguito un su e giù dell'economia che non favorisce la diffusione a tutta la popolazione dell'agognato benessere.
Agricoltura e allevamento
Solo una porzione relativamente modesta del territorio viene sfruttata in modo adeguato. Il settore agricolo del paese è basato sui prodotti da piantagione: circa un quarto della produzione mondiale di caffè, destinata in gran parte alle esportazioni, proviene dai distretti di São Paulo, Paraná, Espírito Santo e Minas Gerais. Il Brasile è inoltre uno dei primi produttori mondiali di canna da zucchero, da cui si ricavano zucchero raffinato e alcol per combustibili, e di cacao di cui il Brasile è il secondo produttore mondiale, è concentrata essenzialmente negli Stati di Bahia (Ilhéus) e di Espirito Santo. Altre colture di rilievo sono il mais, terzo posto nella produzione mondiale, le oleaginose, quali soia, riso, semi di lino, ricino e palme da olio, e frutta, quali banane, arance, ananas, noci di cocco, acerola, cajú, maracuja, papaia e mango.
L'allevamento viene praticato in quasi tutte le regioni del paese, soprattutto nelle zone interne. Cospicuo è il patrimonio di bovini, più modesto, ma ugualmente diffuso, quello di cavalli, suini e volatili da cortile. Dalle fitte foreste del Brasile si ricavano caucciù, cera di carnauba, piante medicinali, oli vegetali e resine, oltre a diversi tipi di legno da costruzione, legni pregiati quali il cedro, il palissandro e il pino del Paraná. L'industria della pesca (gamberi, sardine e aragoste), nonostante le difficoltà dovute alla carenza di capitali e di strutture per la conservazione, rappresenta un settore di considerevole importanza.
Industria
Nel settore industriale il progresso fu decisamente più equilibrato grazie allo sviluppo delle industrie produttrici di beni strumentali: con la scoperta dei giacimenti amazzonici (bauxite del rio Trombetas, minerale di ferro della Serra dos Carajás), e con gli investimenti stranieri, esse fiorirono a ritmo sostenuto. Si è andato quindi generalizzando il sistema delle società a capitale misto, per cui le società straniere sostengono tutte le spese delle infrastrutture e si rivolgono poi su una parte della produzione senza mai controllare finanziariamente le società brasiliane. La siderurgia è ormai poderosa.
Il ferro è una delle più importanti ma non certo l'unica risorsa mineraria del Brasile, che, al contrario, dispone in questo settore di immense ricchezze: bauxite, columbite, berillo, manganese e magnesite, oltre a considerevoli quantità d'oro, rame, cromite, nichel, zirconio, tungsteno, uranio, diamanti, gemme varie (ametiste, topazi, ecc.), cristallo di rocca, mica, ecc. È stato invece nel settore energetico che più si è manifestato il dinamismo brasiliano. Alla trascurabile importanza del carbone fa riscontro il poderoso potenziale idroelettrico. La gamma delle industrie di trasformazione è assai varia: prevalgono comunque le industrie siderurgiche e quelle tessili e automobilistiche. Ben sviluppata è anche l'industria che sfrutta le immense risorse forestali del paese (legname, cellulosa, carta). Importante, in particolare, lo sviluppo del settore metallurgico con produzione di ghisa, acciaio, piombo e alluminio.
Il Brasile è il dodicesimo produttore mondiale di automobili e, fra altre imprese, sono presenti nel paese: Audi, Chrysler, Fiat, Ford, Generai Motors, Honda, Mercedes, Peugeot-Citroen, Renault, Scania, Toyota, Volkswagen e Volvo. In termini di prodotti manufatturati, il secondo fabbricante mondiale di rivestimenti di ceramica e compressori per refrigerazione; il quarto, di birra, il quinto, di benzina e radio, il sesto, di sigarette e CDs; e il settimo di frigoriferi, tessili e confezioni, e l'ottavo di cartone ondulato, prodotti chimici e alimenti preparati.
L'inventore dell'aereo è stato un brasiliano, Santos Dumont. La EMBRAER, impresa aeronautica brasiliana, ha venduto, in 27 anni, 4.959 aerei. Il Brasile è il terzo fabbricante mondiale di aerei per voli regionali e di addestramento. e la EMBRAER vende aerei a reazione e turboelica a paesi del Primo Mondo come USA, Francia, Italia, Svizzera, Portogallo, Spagna, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Regno Unito, Cina e Svezia. La EMBRAER è il quarto fabbricante mondiale di aerei commerciali.
Per quanto riguarda el settore informatico, il numero di computer è balzato da 5,1 milioni nel 1997 a 9,2 milioni nel 2000. Il Brasile è il settimo paese del mondo in numero di computer e il maggiore mercato mondiale di informatica. È il nono paese del mondo in numero di navigatori (17,3 milioni), seguito, nell'America Latina, da Messico (2,2 milioni) e Argentina (1,3 milioni). Il Brasile è il secondo paese nel mondo con la maggiore crescita in Internet. Il numero di server (hosts) -ossia, computer che forniscono informazioni a Internet- il Brasile occupa l'ottavo posto con 877 mila, seguito, nell'America Latina, da Messico (306 mila) e Argentina (181 mila). Più di 2.500.000 brasiliani hanno inviato, nel 1998, la dichiarazione dei redditi via Internet e nell'ultimo anno il 95% dei brasiliani hanno inviato la loro dichiarazione di imposta sul reddito via Internet. Il Brasile occupa il primo posto fra i paesi con il maggior numero di utenti di "Internet banking", superando Canada, USA e Giappone, secondo una indagine dell'"America Online"?

Le multinazionali
Le multinazionali sono imprese che possiedono altre imprese dislocate in varie parti del mondo per ragioni di convenienza economica.
L'insieme di tutte le imprese che appartengono a una stessa multinazionale formano un gruppo multinazionale, che nel caso sia di dimensioni molto grandi, diventa un conglomerato. Si tratta in genere di imprese di grosse dimensioni (la loro potenza economica supera spesso quella degli Stati in cui operano) e non di rado operano sul mercato in posizione dominante. Le forme di produzione di queste imprese ed i modelli di consumo che esse diffondono, si rivelano sostanzialmente inadatti, e spesso dannosi, per le economie dei Paesi del Terzo Mondo. La localizzazione di impianti produttivi in questi Paesi consente il rifornimento di materie prime, di cui in molti casi essi sono ricchi, e di manodopera a bassi costi, consentendo alle aziende di presentare prodotti molto competitivi sul mercato. La maggior parte della produzione è diretta ai Paesi più sviluppati dove l’alto grado di benessere permette l’assorbimento di grandi quantitativi di merce.
Le imprese multinazionali possono essere di diverso tipo : un esempio interessante del tipo di attività delle multinazionali, è quello legato alla commercializzazione di uno dei prodotti più tipici di alcuni dei paesi del sud del mondo, il caffè: Il 40% di questo prodotto che arriva sul mercato internazionale è acquistato da multinazionali così dette commerciali perché si limitano a svolgere una funzione di intermediazione fra esportatori e piccoli importatori. L'altro 60% è comprato da multinazionali cosiddette di trasformazione perché il loro obiettivo principale è di vendere il caffè direttamente ai consumatori dopo averlo torrefatto ed impacchettato.
Le multinazionali più cattive del mondo:
Nestlé-Alimentari
La campagna di boicottaggio della Nestlé è nata soprattutto dalla politica della società nella vendita del latte in polvere (qui l'azienda controlla più del % del mercato mondiale). La multinazionale avrebbe provocato la morte di 1,5 milioni di bambini per malnutrizione. La Nestlè incoraggia e pubblicizza l'alimentazione dal biberon fornendo informazioni distorte sull'opportunità dell'allattamento artificiale e dando campioni gratuiti di latte agli ospedali (in particolare negli ospedali del Terzo mondo), o "dimenticando" di riscuotere i pagamenti.
Oltre a questo la Nestlè è considerata una delle multinazionali più potenti e più pericolose del mondo. E' criticata per frodi e illeciti finanziari, abusi di potere, inciuci politici, appoggio e sostegno di regimi dittatoriali. Ultimamente è stata presa di mira per l'utilizzo di organismi geneticamente modificati nella pasta (Buitoni), nei latticini, dolci e merendine.Intere aree di foresta vengono distrutte per far posto alle sue piantagioni di cacao e di caffè, dove si utilizzano pesticidi molto pericolosi (alcuni proibiti nei paesi industrializzati).

Philip Morris Sigarette e alimentari
E' la maggior industria del tabacco del mondo. Si stima che solo le Marlboro uccidano più di 75mila americani all'anno. In america è famosa per essere una delle maggiori finanziatrici di politici che intraprendono battaglie per l'abolizione dei limiti e divieti di fumo. Fino al 1998 finanziava gli scienziati perché effettuassero studi da cui risultava che il fumo passivo non era nocivo. Solo nel 1999 ha ammesso che il fumo fa male. Nel 1997 ha accettato, insieme ad altre multinazionale del tabacco di pagare 206 milioni di dollari (in 25 anni) per risarcire lo stato delle spese sostenute per curare i malati "di fumo".
La Kraft è stata segnalata perché usa organismi geneticamente modificati nei suoi prodotti.

Chiquita-Alimentari
E' coinvolta in tutto. Intrighi internazionali, scioperi repressi nel sangue, corruzione, scandali e colpi di stato. Utilizza massicce quantità di pesticidi, erbicidi e insetticidi. Approfitta della sua posizione di potere per imporre prezzi molto bassi delle aziende agricole da cui si rifornisce.
Nel 1994 il sindacato SITRAP ha denunciato l'esistenza di squadre armate all'interno delle piantagioni in Centro America e in Ecuador. I lavoratori sono sottopagati, senza alcuna assistenza medica. Le attività sindacali sono represse talvolta con la forza.
BurgerKing
In Gran Bretagna è stata al centro dell'attenzione perché stipulava contratti denominati "a zero-ore". I dipendenti non venivano pagati quando ad esempio il negozio era vuoto e quindi non stavano facendo niente.
Kodak
Nel 1990 è stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di dollari per essere una delle 10 maggiori produttrici di sostanze inquinanti e cancerogene (è il maggior "emettitore" di metilene cloride degli USA).

CocaCola
Recentemente alcune associazioni di difesa dei lavoratori colombiani hanno deciso di intentare una causa contro la Coca cola per l'omicidio di alcuni sindacalisti. Secondo i portavoce delle associazioni la multinazionale usa vere e proprie squadre della morte per "minacciare" i dirigenti sindacali che intraprendono battaglie per i diritti dei lavoratori. Nei primi sei mesi del 2001 sarebbero stati uccisi 50 dirigenti sindacali, 128 lo scorso anno, piu' di 1500 negli ultimi dieci anni.

Walt Disney
Ad Haiti possiede una delle maggiori industrie del mondo di abbigliamento. Migliaia di lavoratori poco più che quindicenni, pagati 450 lire all'ora. Lavorano dalle 10 alle 12 ore al giorno. Il rumore all'interno degli stabilimenti è assordante, non si può andare in bagno più di due volte al giorno e la pausa pranzo dura 10 minuti. Si calcola che per guadagnare la cifra che l'amministratore delegato della Disney guadagna in un ora, un'operaia haitiana dovrebbe lavorare 101 anni, per 10 ore tutti i giorni!
Danone
Per aumentare gli utili dell'anno 2000 la Danone, uno dei maggiori produttori e distributori di acque minerali del mondo, decise di licenziare 1800 persone. A Calais 500 famiglie si unirono in una campagna di boicottaggio. Grazie all'intervento di alcune associazioni per la tutela dei consumatori la campagna ha superato le Alpi arrivando anche in Italia (dove la Danone distribuisce con i marchi Saiwa, Galbani e Ferrarelle).
Benetton
In Patagonia tutte le terre di Rio Negro sono di proprietà Benetton. Le molte popolazioni tribali che le abitavano sono state segregate in piccole strisce di terra e vengono utilizzati come manodopera. Sotto pagati (200 dollari al mese), ritmi di lavoro estenuanti (10-12 ore), nessuna assistenza medica, nessuna possibilità di riunirsi in sindacati. In estate, alle popolazioni locali è vietato attingere dai fiumi (in alcuni tratti per impedire l'accesso utilizzano il filo spinato e la corrente elettrica), per molti unica risorsa di vita.
Che cosa c'è di sbagliato in McDonald's?
McDonald's spende ogni anno oltre 1,8 miliardi di dollari in tutto il mondo in pubblicità e promozioni provando così a costruirsi l'immagine di una compagnia "verde" e "attenta" che è anche un posto divertente dove mangiare.
I bambini vengono attirati dentro (trascinandosi i genitori dietro di loro) con la promessa di giocattoli ed altri aggeggi. Ma dietro il sorriso sulla faccia di Ronald McDonald (il clown testimonial della McDonald's) si nasconde la verità - l'unico interesse di McDonald's è il denaro, trarre profitto da chiunque e dovunque si riesca a farlo, così come è per tutte le compagnie multinazionali.
Il Rapporto Annuale di McDonald's parla di "Dominazione Globale" - aspirano ad aprire negozi su negozi, sempre di più, in ogni angolo del mondo - ma la loro espansione su tutto il globo significa più uniformità, minore scelta e l'indebolimento delle comunità e delle culture locali.
Reclamizza cibo non salutare
McDonald's reclamizza il proprio cibo come "nutriente", ma la verità è che si tratta di cibo~truffa - ricco di grassi, zuccheri e sale, e povero di fibre e vitamine. Un'alimentazione di questo tipo è legata ad un alto rischio di malattie del cuore, cancro, diabete ed altre malattie. Il loro cibo contiene anche molti adittivi chimici, alcuni dei quali possono causare stati febbrili, ed iperattività nei bambini. Non dimenticare mai che la carne è la causa maggiore di tutti gli avvelenamenti da cibo. Nel 1991 McDonald's è stato responsabile di una serie di avvelenamenti da cibo in Gran Bretagna, nei quali la gente colpita soffri di gravi insufficienze renali. Con i moderni metodi di allevamento intensivo, altre malattie - legate ai residui chimici o a pratiche non naturali - sono diventati un pericolo per tutti/e (come ad esempio la BSE - "la mucca pazza").
Espropria i lavoratori
I lavoratori dell'industria del fast food hanno paghe molto basse. McDonald's non paga straordinari anche quando i lavoratori ne fanno diverse ore. La pressione per realizzare sempre maggiori profitti fa si che siano assunti meno addetti di quelli necessari cosicchè quelli che ci sono devono lavorare sempe più velocemente e sempre più duramente. Come conseguenza, gli incidenti (particolarmente le ustioni) sono molto comuni. La maggior parte dei lavoratori/trici di McDonald's sono persone che hanno poche possibilità di trovare lavoro e sono costretti ad accettare questo tipo di sfruttamento, e oltretutto sono anche obbligati e obbligate a "sorridere"! Non è quindi una sorpresa che il ricambio del personale da McDonald's sia molto alto, questo fa si che si virtualmente impossibile sindacalizzarsi e lottare per migliori condizioni di lavoro, in più McDonald's si è sempre opposto ovunque alle organizzazioni dei lavoratori.
Deruba i poveri
Grandi aree di terra nei paesi poveri vengono deforestate per vendere il legno o per dare spazio agli allevamenti di bestiame o per coltivare i foraggi per nutrire gli animali che verranno mangiati nell'Occidente. Tutto questo viene fatto a danno delle risorse alimentari di questi paesi, tenuti in ostaggio tramite il debito dalla Banca Mondiale e dalle multinazionali. McDonald's pubblicizza e impone continuamente prodotti a base di carne (manzo, pollo etc.), spingendo la gente a mangiare carne troppo spesso, questo fa si che vengano distrutte enormi risorse per l'alimentazione mondiale. 7 milioni di tonellate di cereali producono solo 1 milione di tonnellate di carne e derivati. Con una alimentazione basata sui vegetali e con razionale utilizzo delle terre, ogni regione potrebbe essere autosufficiente per l'alimentazione.
Danneggia l'ambiente
Le foreste di tutto il mondo - sono vitali per tutte le specie di vita - vengono distrutte ad un ritmo spaventoso dalle società multinazionali. McDonald's alla fine è stato costretto ad ammettere di usare bovini allevati su terre dove erano state disboscate foreste pluviali, compromettendo la rigenerazione di queste. Considera anche che l'utilizzo di allevamenti da parte delle multinazionali spinge gli abitanti di quelle zone ad andarsene in altre aree e a tagliare ulteriori alberi. McDonald's è il più grande consumatore mondiale di carne bovina. Il metano emesso dagli allevamenti bovini per l'industria della carne è una delle maggiori cause del problema del "surriscaldamento della Terra". La moderna agricoltura intensiva si basa su un utilizzo pesante di prodotti chimici che stanno danneggiando l'ambiente. Ogni anno McDonald'susa centinaia di tonnellate di inutili confezioni di vari tipi, molte delle quali finiscono come sporcizia per strada o inquinano or polluting the land buried in landfill sites.
Assassina gli animali
Il menù delle catene di rivenditori di hamburger si basa sulla tortura e l'uccisione di milioni di animali. La maggior parte provengono da alllevamenti intensivi, senza mai andare all'aria aperta ed al sole e senza libertà di movimento. Le loro morti sono barbare - "la macellazione senza agonie" è un mito. Noi abbiamo la possibilità di sceglier se mangiare o meno carne, ma i miliardi di animali uccisi ogni anno per l'industria del cibo e degli hamburger non hanno alcun tipo di scelta.
Censura e processo McLibel (McQuerela)
Le critiche a McDonald's sono arrivate da un gran numero di persone e ddi organizzazioni su diverse problematiche. A metà degli anni ottanta, London Greenpeace mise insieme molte di queste questioni e convocò una Giornata Mondiale di Azione contro McDonald's. Questa si tiene ogni 16 ottobre con picchettaggi e dimostrazioni che si tengono in tutto il mondo. McDonald's che spende una fortuna ogni anno in pubblicità, ha provato a zittire le critiche che arrivavano da tutto il mondo iniziando delle azioni legali contro chi protesta. Molti sono stati costretti a fare retromarcia perchè non avevano i soldi per sostenere una causa legale di questo tipo. Ma Helen Steel e Dave Morris, due militanti di London Greenpeace, stanno sostenendo una causa, il più lungo processo per calunnia mai svoltosi in alta corte in Gran Bretagna. Non era disponibile la difesa d'ufficio così si sono difesi da soli. McDonald's messo alle corde in corte ha rifiutato di rivelare una grande quantità di documenti. Ai due ecologisti imputati è invece stato negato il diritto ad avere una giuria. A dispetto di tutte le carte accumulate contro di loro, Helen e Dave hanno rovesciato il tavolo esponendo la verità e portando al processo lo sporco business di McDonald's. Intanto continuano a crescere le proteste contro questo gigante del fast-food da 30 miliardi di dollari di fatturato ogni anno. E' importantissimo ribellarsi contro ogni intimidazione e difendere la libertà di parola.
Che cosa puoi fare
Insieme possiamo combattere contro le istituzioni e le persone ai posti di comando che dominano le nostre vite ed il nostro pianeta, e insieme possiamo creare una società senza sfruttati/e e senza sfruttamento. I lavoratori possono e debbono organizzarsi insieme per combattere per i loro diritti e la loro dignità.
La gente pone sempre più attenzione sull'alimentazione, nostra e dei bambini. Le popolazioni dei paesi poveri iniziano ad organizzarsi contro le banche e le multinazionali che dominano l'economia mondiale. Le proteste ambientaliste e le campagne per i diritti degli animali stanno nascendo e sviluppandosi dappertutto. Perchè non partecipare alla lotta per un mondo migliore. Parla con gli amici, le amiche, vicini e compagni di lavoro di questo problema.
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La globalizzazione
Tendenza all’intensificazione dei flussi che uniscono il sistema-mondo, cementandolo innanzitutto in unico grande mercato economico, la cui realizzazione è favorita dal progredire dei sistemi di informazione, di comunicazione e dei trasporti.
La globalizzazione è cominciata nel Cinquecento, quando con l’apertura delle grandi rotte oceaniche, cominciò a essere stabilmente interconnesso; i processi di globalizzazione tuttavia hanno sicuramente ricevuto un impilso dal crollo dell’Unione Sovietica, dalla fine delle grandi ideologie del Novecento e dallo sviluppo planetario del decentramento produttivo. Causa e conseguenza del processo di globalizzazione è la graduale disgregazione del potere degli stati, via via sostituiti da entità transnazionali di natura molto diversa, quali le organizzazioni internazionali (come l’ONU), le aggregazioni sopranazionali (quali l’Unione Europea), le grandi aziende multinazionali e anche le organizzazioni criminali internazionali. Molti ritengono che la globalizzazione debba portare a una omogeneizzazione culturale generalizzata e cioè, semplificando, a un mondo dove tutti parlino inglese e consumino gli stessi prodotti. E’ invece molto dubbio che questo stia realmente verificandosi, non solo perché vaste regioni del Terzo Mondo sono largamente escluse dai progressi culturali e economici, ma soprattutto perché all’intensificarsi dei legami planetari corrisponde un rinsaldarsi delle culture locali e dei fattori di autonomia locale.
La globalizzazione e la romanizzazione
In questa nostra epoca di globalizzazione l'impero romano, esteso per migliaia di chilometri con più fusi orari, è stato un grande esempio non solo di "romanizzazione" ma anche di globalizzazione, non solo perchè tutti parlavano la stessa lingua ma soprattutto perchè tutti avevano accettato il modello di vita romano.
Dall'Ingliterra alla Siria, dalla Tunisia alla Baviera e alla Romania il modello romano si era esteso ovunque realizzando l'auspicio espresso da Plinio il Vecchio: "tante nazioni, una sola patria".
Gli elementi della civitas romana erano presenti in ogni provincia: in primo luogo la lingua, poi l'urbanistica. Un ipotetico viaggiatore dell'epoca attraversando l'impero non solo poteva comunicare in latino con le popolazioni locali ma trovava ovunque i fori, il teatro l'anfiteatro e le terme, luoghi che in provincia come nella capitale svolgevano anche una funzione sociale dove i cittadini si riunivano per chiacchierare o concludere affari, affari che ovviamente dovevano svolgersi nel rispetto di un'unica legge, la lex, imposta da Roma, a cui tutti i cittadini e non dovevano sottostare.
Ma, oltre al diritto, le popolazioni annesse all'Impero, dai Galli ai Cartaginesi, dai Daci agli Egiziani, acquisivano un nuovo culto con l'obbligo di offrire sacrifici all'imperatore e a Roma imperiale.
A questo proposito tuttavia sarebbe sbagliato dire che i romani imponessero la loro religione: uno degli aspetti più intelligenti della colonizzazione romana era il sottile l'approccio ai culti e alle credenze locali.
Le popolazioni conquistate potevano mantenere tutte le loro antiche pratiche religiose purchè non mancassero di offrire sacrifici anche all'imperatore e alle divinità ufficiali dello stato. Così avveniva che gli dei locali, col tempo, spesso finissero per assumere il nome di una divinità romana. In Nord Africa, ad esempio, dove le popolazioni adoravano gli antichi dei punici, Saturno impersonava il dio Bal; allo stesso modo Tanit, la crudele dea della fertilità moglie di Bal, divenne la dea Giunione.
In genere le popolazioni accettavano di buon grado la dominazione romana anche perchè chi si sottometteva all'impero godeva di grandi vantaggi. Una caratteristica dell'impero romano era l'accondiscendenza a introdurre le popolazioni delle province nelle strutture del potere. Al contrario di questo accadeva nei sistemi imperialisti dell'era moderna, come l'impero britannico o il colonialismo francese, dalla periferia dell'impero romano le elites locali convergevano a Roma dove diventavano soldati, funzionari, magistrati, senatori, persino imperatori.
Un esempio della progressiva assimilazione culturale delle province è data dalle iscrizioni sulle rovine di Dugan, nell'odierna Tunisia, che mostrano come le grandi famiglie locali gradualmente abbandonassero i nomi africani in favore dei nomi romani.
E dove non può il potere può il denaro: la strategia di Roma per conquistarsi il favore delle popolazioni consisteva essenzialmente nel creare nuova ricchezza. La rete stradale costruita all'inizio prevalentemente per ragioni militari si rivelava poi preziosa per lo sviluppo economico dei territori conquistati favorendo gli scambi commerciali e dando origine ad una nuova classe di mercanti che arrivavano ad accumulare anche grandi ricchezze.
L'ottimo sistema viario e la presenza dell'esercito che garantiva la sicurezza dei trasporti, resero possibile la diffusione in tutte le province, anche le più lontane, degli elementi base dell'alimentazione romana; per cui il nostro ipotetico viaggiatore, ovunque andasse, oltre alla statua dell'imperatore trovava altri simboli di Roma imperiale: il grano dell'Egitto, il vino della Grecia e della Gallia, l'olio di oliva di Spagna e d'Italia. Naturalmente tutte queste merci si acquistavano in sesterzi in ogni punto dell'impero e talvolta perfino anche oltre i suoi confini: in India o nelle lontane steppe russe, i mercanti di ogni paese o etnia mercanti di ogni paese usavano per i loro scambi le monete romane. La moneta romana circolava ovunque nell'impero ed era per così dire l'euro del tempo.
Ma siamo davvero sicuri che questa epoca romana si sia completamente estinta? In fondo i romani non ci hanno solo lasciato solo degli archi, delle statue, dei bellissimi monumenti ma anche un vero e proprio software che regola la nostra vita di tutti i giorni:
1. l'alfabeto che utilizziamo per scrivere, anche su internet, è romano;
2. la nostra lingua deriva dal latino come buona parte del francese, dell'inglese, del portoghese, dello spagnolo; il sistema giuridico occidentale deriva da quello romano;
3. il sistema stradale, dell'arte ,dell'architettura non sarebbero gli stessi senza i romani;
4. il nostro sistema di vita occidentale è in buona parte l'evoluzione moderna del sistema di vita romano.
Progresso o privilegio???
Il progresso occupa, nella nostra cultura, una posizione sempre più centrale: esso si presenta come un idolo da adorare, come un obiettivo nobile cui elevare sacrifici talvolta anche notevoli. Chi non si dimostra dedito al raggiungimento del progresso, viene qualificato come un arretrato, un superato, come un primitivo legato ancora all’età della pietra, al lume di candela.
Certo il progresso non ha una sola dimensione negativa: a fronte di numerosi difetti e costi, esistono altrettanti pregi che ne denotano la positività di fondo. L’importante è, allora, stimolare una riflessione che permetta di discernere meriti e limiti delle diverse forme di progresso.
Progresso scientifico (delle conoscenze). Non esistono particolari obiezioni per questo tipo di progresso poiché, sebbene talvolta le ricerche si orientino verso orizzonti contestabili (v. armamenti, biogenetica…), l’ampliamento delle conoscenze a disposizione dell’umanità risulta essere un fenomeno positivo. Si consideri poi che le conoscenze fanno parte di quei beni "immateriali" che non solo non si consumano mentre vengono utilizzate, ma, inoltre, consentono di essere usufruite da più persone (se esiste, alla base, un’uguaglianza di opportunità di accesso a tali conoscenze).
Progresso tecnologico (per le applicazioni delle conoscenze). Ripresenta, in maniera maggiore, il problema appena accennato per la diffusione delle conoscenze: esso, infatti, non può diffondersi allo stesso modo ovunque, ma si deve considerare il costo delle attrezzature necessarie, la disponibilità di mano d’opera specializzata, le capacità tecniche, ecc.
Progresso economico (sviluppo e benessere materiale). Anch’esso non presenta sempre, automaticamente valenze positive. Certo il progresso economico ha permesso il diffondersi di molte comodità, ma ci si è accorti che non è possibile che queste comodità vengano usufruite da tutti, liberamente. Si pensi agli ingorghi di macchine: in quel momento sarebbero molte le persone che preferirebbero qualcosa di meno progredito ma decisamente più mobile come, ad esempio, una bicicletta.
Progresso sociale (ridistribuzione del reddito, sicurezza sociale); etc.
A fronte di queste precisazioni, è opportuno, dunque, stabilire un criterio di valutazione che ci permetta di stabilire l’efficacia e la positività del progresso. Esso, affinché lo si continui a chiamare progresso, deve essere estendibile a chiunque e non esclusivamente a determinate categorie di persone (che nella stragrande maggioranza risultano essere persone ricche): se ciò avvenisse, si dovrebbe parlare di privilegio visto che riguarda una fascia ristretta di persone.
Il riferimento alla realtà dei rapporti fra Nord e Sud del mondo sembra essere lampante, visto che circa il 20% della popolazione vive consumando circa l’80% delle risorse.
In conclusione è evidente come il progresso sia da ricercare soprattutto nella sfera dei beni immateriali i quali, meglio di altri, permettono l’accesso a fasce sempre più ampie delle popolazioni, senza, per questo, venire distrutti.

Santiago de Chile, 11 de septiembre de 1973
Discorso del Presidente Allende alla radio, 11 settembre 1973
7.55, Radio Corporaciòn
Parla il Presidente della Repubblica dal palazzo della Moneda.
"Viene segnalato da informazioni certe che un settore della marina avrebbe isolato Valparaiso e che la città sarebbe stata occupata. Ciò rappresenta una sollevazione contro il Governo, Governo legittimamente costituito, Governo sostenuto dalla legge e dalla volontà del cittadino. In queste circostanze, mi rivolgo a tutti i lavoratori. Occupate i vostri posti di lavoro, recatevi nelle vostre fabbriche, mantenete la calma e la serenità.
Fino ad ora a Santiago non ha avuto luogo nessun movimento straordinario di truppe e, secondo quanto mi è stato comunicato dal capo della Guarnigione, la situazione nelle caserme di Santiago sarebbe normale.
In ogni caso io sono qui, nel Palazzo del Governo, e ci resterò per difendere il Governo che rappresento per volontà del Popolo. Ciò che desidero, essenzialmente, è che i lavoratori stiano attenti, vigili, e che evitino provocazioni. Come prima tappa dobbiamo attendere la risposta, che spero sia positiva, dei soldati della Patria, che hanno giurato di difendere il regime costituito, espressione della volontà cittadina, e che terranno fede alla dottrina che diede prestigio al Cile, prestigio che continua a dargli la professionalità delle Forze Armate. In queste circostanze, nutro la certezza che i soldati sapranno tener fede ai loro obblighi."
Comunque, il popolo e i lavoratori, fondamentalmente, devono rimanere pronti alla mobilitazione, ma nei loro posti di lavoro, ascoltando l’appello e le istruzioni che potrà lanciare loro il compagno Presidente della Repubblica.
8:15 A.M.
Lavoratori del Cile:
Vi parla il Presidente della Repubblica. Le notizie che ci sono giunte fino ad ora ci rivelano l’esistenza di un’insurrezione della Marina nella Provincia di Valparaiso.
Ho dato ordine alle truppe dell’Esercito di dirigersi a Valparaiso per soffocare il tentativo golpista.
Devono aspettare le istruzioni emanate dalla Presidenza.
State sicuri che il Presidente rimarrà nel Palazzo della Moneta per difendere il Governo dei Lavoratori.
State certi che farò rispettare la volontà del popolo che mi ha affidato il comando della nazione fino al 4 novembre 1976.
Dovete rimanere vigili nei vostri posti di lavoro in attesa di mie informazioni.
Le forze leali rispettose del giuramento fatto alle autorità, insieme ai lavoratori organizzati, schiacceranno il golpe fascista che minaccia la Patria.
8:45 A.M.
Compagni in ascolto:
La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate.
In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia.
Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato.
Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo.
Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato.
Non ho alternative.
Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo.
Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.
Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.
Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente.
Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.
Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro.
Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita.
9:30 A.M. RADIO MAGALLANES
In questi momenti passano gli aerei.
Potrebbero mitragliarci.
Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi.
Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell’incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche.
In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede.
La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine.
Questa è una tappa che sarà superata.
Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino.
Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori.
L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore.
Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria.
Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data e ha rotto la dottrina delle Forze Armate.
Il popolo deve stare in allerta e vigile.
Non deve lasciarsi provocare, né deve lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le proprie conquiste.
Deve difendere il diritto a costruire con il proprio sforzo una vita degna e migliore.
9:10 A.M.
Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.
La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes.
Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno.
Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri.
Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo.
E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente.
Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza.
La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece.
In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini.
Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta.
Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere.
Erano d’accordo.
La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più.
Non importa.
Continuerete a sentirla.
Starò sempre insieme a voi.
Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi.
Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino.
Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi.
Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.
Santiago del Cile, 11 Settembre 1973.
I 1.000 giorni di Allende
CAMPAGNA ELETTORALE Propaganda di Unidad Popular per le strade di Santiago
Cile, 5 settembre 1970: per soli 39.175 preferenze, alle elezioni presidenziali si afferma il cartello delle sinistre di Unidad Popular, che ottiene la maggioranza relativa. Il socialista Salvador Allende diventa il nuovo presidente della repubblica. In mente ha un ambizioso progetto; portare la rivoluzione nel paese senza uscire dai binari della legalità costituzionale. Ben presto, però, la fragilità della maggioranza e la crisi economica provocata dall'ostruzionismo degli Stati Uniti minano le basi del suo governo, che viene anche abbandonato dalla classe media. Dopo tre anni di lotte, nazionalizzazioni e scioperi, sarà l'esercito a far svanire il sogno cileno, con il colpo di stato di Augusto Pinochet. Gli stadi diventeranno lager e la tortura una pratica quotidiana
POPOLO Santiago: al termine della campagna elettorale, i militanti di Unidad Popular scendono nelle strade per sostenere il blocco delle sinistre.
Alle 2.50 del 5 settembre 1970 un terremoto politico investe l'America latina. Lo spoglio delle schede è finito: Salvador Allende, medico, socialista, candidato di Unidad Popular, al suo quarto tentativo, ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni presidenziali cilene. Su quello strano paese, lungo più di 4 mila chilometri ma largo non più di 200, si accendono i riflettori del mondo. Per la prima volta un marxista può diventare capo di un governo nell'emisfero Ovest grazie a una vittoria elettorale e non a una insurrezione armata. Da Roma e da Parigi, capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago del Cile legioni di giornalisti, analisti politici, semplici militanti ansiosi di capire come reagirà il laboratorio all'inedita formula cilena.
E l'attenzione è tanto più giustificata se si guarda alle ambizioni di Salvador Allende Gossens, 61 anni, marxista e massone, figlio di un avvocato, dal '52 ostinatamente impegnato a cercare una "via cilena" al socialismo democratica e pacifica, ma non per questo meno radicale. "Caro Allende, tu con altri mezzi cerchi di ottenere la stessa cosa" gli ha scritto Che Guevara, dedicandogli una copia del suo libro "La guerra di guerriglia". E il Che ha ragione: anche Allende vuole la rivoluzione, la sovversione degli equilibri economici esistenti, la socializzazione dei mezzi di produzione, ma promette di realizzare queste trasformazioni nel rispetto della costituzione e della legalità. Non è cosa da poco e lui ne è cosciente al punto di dire che "il nostro esperimento non sarà meno importante della rivoluzione russa". Fantasie? Forse, ma ci credono in molti, anche a Washington.
Dieci giorni dopo il voto cileno, il 15 settembre, alla Casa Bianca si tiene una riunione a cui partecipano il presidente Richard Nixon e il direttore della Cia, Richard Helms. " Una possibilità su dieci - avrebbe detto il presidente secondo gli appunti di Helms ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; nessun contatto con l'ambasciata (Nixon era fuori di sé perché i dispacci da Santiago avevano dato per sicura l'affermazione delle destre, n. d. r); dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno per i nostri agenti migliori; una strategia: strozzare l'economia; tempo 48 ore per pianificare l'azione". Un documento, reso pubblico a dicembre '98 dall'amministrazione Clinton, conferma l'autenticità degli appunti. "Il capo - si legge nel promemoria ha sottolineato che il progetto deve essere pronto per il 18 perché Henry Kissinger in persona vuole avere tutti i particolari della missione CIA".
L'azione degli Stati Uniti è certamente una delle cause che hanno portato alla fine tragica dell'esperienza cilena dopo mille giorni di governo. Ma questa considerazione non deve far trascurare il fatto che il sogno rivoluzionario di Allende nasce già debole in un paese diviso, sia da un punto di vista politico sia da quello delle condizioni sociali ed economiche. E questa fragilità accompagnerà sempre l'esperimento Allende.
Tanto per cominciare il candidato delle sinistre non dispone della maggioranza assoluta. Per Allende, nel 1970, ha votato poco più di un milione di cittadini (1.070.334 voti), il 36,2% dell'elettorato, contro gli 821. 501 suffragi" (il 27,4 %) raccolti da Rodomiro Tomic, il candidato della Democrazia Cristiana che si è presentato agli elettori con un programma radicale che prevede espropri a vantaggio degli agricoltori e la nazionalizzazione delle miniere di rame. Soprattutto, però, l'alleanza delle sinistre (comunisti, socialisti, radicali e socialdemocratici) ha battuto di misura Jorge Alessandri, ex primo ministro sostituito nel '64 dal democristiano Eduardo Frei candidato dalla destra, che ha raccolto 1.031.159 voti, ovvero 39.175 in meno di Unidad Popular. Allende è in testa, insomma, ma di poco. E molti attribuiscono il sorpasso ai danni di Alessandri all'infelice conferenza tv del candidato di destra, apparso tanto vecchio da rasentare il rimbambimento ("Vedete che le mie mani non tremano!" disse lo stesso Alessandri davanti alle telecamere il giorno del voto, cercando con poco successo di rimediare alla magra figura). La grande rivoluzione nasce quindi da una vittoria elettorale risicata, tutt'altro che trionfale a un'analisi approfondita perché le sinistre oltre tutto non sono nemmeno in ascesa. Nelle elezioni del '70 le sinistre avevano ottenuto infatti, una percentuale di voti inferiore a quella raggiunta nel '64 (quando Allende ottenne il 38% abbondante nonostante i massicci aiuti della CIA al candidato democristiano) tra i nuovi elettori, nel '70, Unidad Popular ottiene solo il 13,3 % dei voti. La frana della democrazia cristiana, dopo le delusioni della rivoluzione nella libertà di Edoardo Frei, aveva portato quindi più consensi alla destra che non alla sinistra radicale. Nella stessa Democrazia cristiana, poi, buona parte dell'elettorato e del partito erano senz'altro a destra delle posizioni espresse da Tomic.
INTERNAZIONALISMO Salvador Allende (1908 - 1973 al centro). Nel breve periodo in cui è stato al potere cercò di diffondere il marxismo negli altri paesi latino americani.

Unidad Popular, insomma, non rappresentava la maggioranza nel paese. Non solo: il presidente avrebbe dovuto scendere a patti con il parlamento, cui spettava il potere di ricusare il capo dello stato e i ministri, controllato dai democristiani e dalla destra. Ad Allende, infine, sfuggiva il controllo della Contraleria General de la Republica, cui spettava la supervisione sugli atti amministrativi dell'esecutivo, e della magistratura. Minoritario nel paese e nel parlamento, Allende non poteva contare nemmeno sulla compattezza di UNIDAD POPULAR .La via pacifica e parlamentare al socialismo era apertamente osteggiata a sinistra dal Mir; il Movimiento de Izquieerda Revolucionaria, convinto del primato della violenza; e il Mir, pur non facendo parte di UNIDAD POPULAR esercitava un forte richiamo. La stessa direzione del partito socialista, guidata da Carlos Altamirano, non escludeva la "via violenta" mentre Aniceto Rodrìguez, leader dell'ala riformista era in minoranza. L'alleato più fidato era il partito comunista di Luis Corvalàn, che sosteneva con decisione la "via cilena" di Allende, considerata l'unica strategia possibile in quel momento. Ma Corvalàn nutriva forti perplessità sulle qualità politiche del presidente: "dimostra un certo ristagno - disse durante la campagna elettorale - . Tende a ripetersi, cade nei luoghi comuni e in frasi fatte".

CORTEO I sostenitori di Allende sfilano nel 1972 per le vie della capitale Santiago. Il paese si sta però dividendo in due: da una parte la classe borghese, colpita dalla grave crisi economica, dall'altra i ceti popolari che ancora appoggiano il governo di sinistra di Unidad Popular.
Anche il panorama economico non è dei più favorevoli. L'avvio della nazionalizzazione delle miniere di rame non ha portato i frutti sperati con i debiti del Cile che sono saliti oltre il livello di guardia, al punto che metà dell'export serve a pagare gli interessi. L'indipendenza economitaca, inoltre, resta un sogno, visto che il 60% dell'import è legato agli Stati Uniti, mentre la moderata crescita dei consumi della metà degli anni '60, la chiave del riformismo di Frei, si è tradotta in un esplosione inflazionistica. Intanto la violenza è già entrata di prepotenza nella vita politica cilena. Nel giugno '69 i servizi di sicurezza avevano scoperto un centro di addestramento alla guerriglia nei pressi di Santiago, in cui si trovano armi e munizioni del Mir. a Melipilla, non lontano dalla capitale, i contadini occupano 44 haciendas agricole e Alessandri, il candidato della destra, non riesce a raggiungere il sud del paese perché i minatori sbarrano la ferrovia al suo passaggio. Anche la destra fa le prime prove di saldatura tra gli interessi della grande borghesia e i ceti medi, ma la vera, ben più inquietante, novità è il maggiore attivismo di un nuovo protagonista, fino ad allora eccezione nel panorama latino-americano, assente dalla scena politica: l'esercito. Il 29 settembre 1969, un anno prima dell'elezione di Allende il reggimento di Yungai, punti di diamante dell'esercito, arriva in ritardo al Te Deum in onore del presidente della Repubblica. È un atto di insubordinazione (che costa il posto a sei ufficiali) presto imitato il generale Viaux, comandante del primo corpo d'armata, occupa una caserma di Santiago per protesta contro le paghe basse dell'esercito. Una rivendicazione sindacale destinata a rientrare, ma anche una inquietante spia d'allarme. È questo il Paese che Allende dovrà governare. Ma prima, poiché nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta, spetterà al congresso scegliere tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di suffragi.

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