Cambiamento climatico nel mediterraneo

Materie:Tesina
Categoria:Geografia

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Testo

CAMBIAMENTO CLIMATICO NEL MEDITERRANEO

INDICE
• INTRODUZIONE AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
• CAUSE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
• CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
• TROPICALIZZAZIONE
• DESERTIFICAZIONE
• INQUINAMENTO
• COME COMBATTERE L’INQUINAMENTO PER PREVENIRE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

INTRODUZIONE AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

L’attenzione di alcuni scienziati del Gooddard Istitute è da tempo caduta sul cambiamento climatico che sta avvenendo sulle sponde del Mediterraneo .
Confrontando i risultati dei principali modelli climatici i ricercatori hanno delineato i possibili impatti sul raddoppio dell’anidride carbonica(CO2).
La regione che si affaccia sulle sponde mediterranee,e quindi risente della macchia mediterranea(0),è caratterizzata da stagioni miti e non estremizzate ;qui si produce il 60% dell’ olio d’oliva ,il 45% dell’ uva, il 20% di agrumi e il 12% dei cereali ma tutto ciò potrebbe cambiare perché il bacino potrebbe essere colpito da condizioni climatiche tropicali, e il regime delle piogge trasformarsi , con periodi di siccità alternati a periodi di piogge intense e tempeste , le quali scaricheranno enormi quantità d’acqua in pochissimo tempo, il terreno non riuscirà ad assorbirle.
E sconvolgendo questo ciclo, circa il 30% del territorio italiano rischia di trasformarsi in deserto e come esso anche tutte le coste del sud europeo e del nord Africa.
L’ aumento del livello del Mediterraneo sarà di almeno 20 centimetri investendo in Italia Venezia, il delta del Po, le coste basse dell’ Adriatico ,della Toscana e del Lazio: migliaia di chilometri di coste italiane diventeranno sempre più vulnerabili a burrasche e tempeste.
Mentre per quanto riguarda le culture di ulivo e limone si sposteranno più al nord, e i cereali subiranno effetti negativi su larga scala per colpa del mutato ciclo idrico.
Per quanto riguarda il cambiamento degli ecosistemi dipenderà dalla velocità con cui tutto ciò accadrà.
Quanto all’ umanità ci si attende che si proponga un ulteriore divario tra le popolazioni del sud del mondo e quelle del nord del mondo. I paesi industrializzati troveranno i modi per far fronte a questi cambiamenti, mentre i paesi più poveri pagheranno a caro prezzo questo stravolgimento e poco cambierà se “l’impronta umana”(cioè come influisce l’uomo sull’ambiente da lui insediato) è stata individuata oppure no perché le loro condizioni potranno solo peggiorare.
CAUSE CAMBIAMENTO CLIMATICO
Oggi è chiaro che i cambiamenti climatici, e dunque il riscaldamento globale, stanno minacciando interi ecosistemi(1), mettendo a repentaglio anche la nostra vita a causa dell'aumento dell'intensità e della frequenza dei cosiddetti "eventi estremi" (uragani, alluvioni)e l’uso spropositato di combustibili fossili ha portato a un aumento dell’anidride carbonica(CO2)
In più abbiamo altre cause del cambiamento climatico:
Inquinamento industriale:vengono liberati nell’aria anidride solforosa, piombo, ossidi di azoto, zolfo e tantissime altre sostanze tutte fortemente nocive per le piante, gli animali e l’uomo stesso;
Inquinamento da autoveicoli(smog):vengono liberati nell’aria ossido di carbonio , ossido di azoto , piombo e idrocarburi non completamente bruciati. L’ossido di carbonio in dosi elevate è mortale, l’ossido di azoto provoca bronchiti e contribuisce alla formazione delle piogge acide, il piombo causa seri danni ai vari organi vitali e gli idrocarburi sono altamente cancerogeni(questo inquinamento interessa principalmente le citta dove è stanziato l’87% della popolazione);
Inquinamento da impianti di riscaldamento:vengono liberati nell’aria anidride solforosa, fumo e altre sostanze tossiche che contribuiscono alla formazione delle piogge acide.
Tutte queste sostanze rallentano il fenomeno della fotosintesi clorofiliana, reazione biochimica effettuata dai vegetali, con questa reazione le piante di giorno assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno, mentre di notte il contrario oltre a ciò le foreste incamerano anidride carbonica invece di lasciarla libera nell’ atmosfera così immagazzinano ogni anno metà della CO2 mondiale più o meno 3,000,000,000 di tonnellate ecco perche il disboscamento è un fenomeno cosi distruttivo per l’ ambiente..
CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Le conseguenze del cambiamento climatico sono: l’anticipo di fioriture e anomalie nelle migrazioni degli uccelli, spostamento degli ecosistemi verso il nord , riscaldamento superficiale e diminuzione delle precipitazioni soprattutto in estate, con aumento della siccità delle inondazioni la natura non riesce ad adattarsi a cambiamento cosi repentini. Il drammatico aumento delle concentrazioni di anidride carbonica nella composizione chimica dell’atmosfera provoca cambiamenti significativi ed improvvisi nell’ecosistema mediterraneo .
La progressiva tropicalizzazione dell’ambiente marino causa modificazioni le cui conseguenze non ci sono ancora note. Affrontare l'emergenza planetaria vuol dire mettere in moto iniziative in tutti i campi che vanno dai comportamenti dei singoli cittadini, alle politiche nazionali(protocollo di Kyoto). Bisogna mantenere la biodiversità(2)degli ambienti nel Mediterraneo.
Alcune valutazioni dei potenziali impatti del cambiamento del clima nella regione mediterranea basate su una casistica varia sono state condotte da UNEP/PAM (associazioni internazionali per la difesa dell’ ambiente)e includono siccità, inondazioni,modifiche dei processi di erosione del suolo e desertificazione, tempeste, erosione della costa, temperatura dell’acqua marina e correnti di salinità insieme con innalzamento del livello del mare e riduzione della biodiversità
Principali impatti potenziali identificati negli studi UNEP/PAM
Delta dell’Ebro, Spagna aumento dell’erosione costiera; rimodellamento della linea costiera; perdita e inondazione di terreni paludosi; calo di resa dell’industria della pesca.
Delta del Rodano, Francia erosione di parti instabili o minacciate della costa; riduzione dei terreni paludosi e del terreno agricolo; aumento dell’impatto delle onde; aumento di salinizzazione(3) dei laghi costieri; destabilizzazione delle dune; aumento del turismo.
Delta del Po, Italia aumento dei fenomeni di inondazione e di acqua alta; aumento dell’erosione costiera; ritiro delle dune; danno alle infrastrutture litoranee; salinizzazione dei terreni; alterazione
dei regimi stagionali di scarico dell’acqua; riduzione di miscelazione dell’acqua e
produzione primaria in prossimità della costa; aumento di enossia delle acque di fondo.
Delta del Nilo, Egitto aumento dell’erosione delle coste; scavalcamento delle difese costiere e aumento delle inondazioni; danni alle infrastrutture portuali e urbane; ritiro della barriera di dune;
riduzione di umidità del terreno; aumento di salinità del suolo e delle acque lagunari;
riduzione della produzione ittica.
Ichkeul-Bizerte, Tunisia aumento di evapotraspirazione(4) con conseguente riduzione di umidità del terreno, riduzione di fertilità del lago e aumento della salinità; aumento di salinità dei laghi e
spostamento verso una fauna ittica marina; riduzione di estensione dei terreni paludosi e
perdita di habitat per gli uccelli acquatici.
Golfo di Thermaikos, inondazione delle terre basse costiere; penetrazione di acqua salina nei fiumi;
Grecia allagamento dei terreni acquitrinosi; aumento di stratificazione dell’acqua marina e
anossia del fondo; scorrimento più difficile dei fiumi; salinizzazione delle acque freatiche;
riduzione della fertilità del terreno; danni alle strutture protettive costiere; estensione
della stagione turistica.
Isola di Rodi, Grecia aumento di erosione delle coste; salinizzazione degli acquiferi; aumento di erosione del suolo.
Isole maltesi, Malta salinizzazione degli acquiferi; aumento di erosione del suolo; perdita di habitat delle acque dolci; aumento del rischio di patogeni e parassiti per la salute umana, gli allevamenti e le coltivazioni.
Baia di Kaštela, Croazia inondazione della fonte di Pantana e dell’estuario di Zrnovica; aumento di salinizzazione degli estuari e delle acque freatiche; impatto negativo sui servizi e le infrastrutture
costiere; deterioramento accelerato di edifici storici; aumento della richiesta di acqua per
usi domestici, industriali e agricoli.
Costa siriana, Siria aumento di erosione del suolo; modifica del manto di vegetazione in conseguenza di un aumento dell’aridità; maggior salinizzazione degli acquiferi; erosione di spiagge e danni alle strutture costiere e agli insediamenti umani in conseguenza di tempeste eccezionali.
Cres-Lošinj, Croazia aumento di salinizzazione del lago di Vrana; estensione della stagione turistica; aumento del rischio di incendi boschivi.
Costa albanese, Albania salinizzazione degli acquiferi costieri e riduzione di acqua potabile di qualità adeguata; erosione (fisica) del suolo; estensione della siccità estiva; estensione della stagione
turistica.
Fuka-Matrouh, Egitto aumento di evapotraspirazione e diminuzione delle precipitazioni; estensione dell’aridità estiva; aumento di erosione della costa; inondazione nella parte orientale; riduzione di
fertilità del suolo.
Area costiera di Sfax, salinizzazione delle acque freatiche; aumento delle precipitazioni; possibilità di Tunisia inondazioni.

-Tropicalizzazione
Per tropicalizzazione si intende il processo di insediamento nel Mediterraneo di specie provenienti da aree tropicali o sub-tropicali, spesso dominanti ed in grado di soppiantare le specie autoctone preesistenti nell'area.
Il Mediterraneo è caratterizzato da un punto di vista ittico da un basso endemismo(5): la maggior parte delle specie vengono in prevalenza da oceano Atlantico(sardine ,pesce spada…), mar Nero(orate,sogliole…) e più di recente mar Rosso. Il Mediterraneo deriva da un oceano poco profondo dove vivevano molte specie diverse fino a quando la glaciazione dopo il triassico fece scomparire la fauna e la flora che non si erano adattate; ora sta succedendo il contrario molti pesci provenienti dal mar Rosso colonizzano le coste del Mar Nostrum e ciò lascia ipotizzare che sia in corso un processo di tropicalizzazione anche a causa dell’aumento di mezzo grado della temperatura delle acque.
Ciò perché il canale di Suez dà la possibilità ai pesci tropicali di invadere il Mediterraneo, infatti nel 1902 è stato catturato il primo pesce colone. Da allora sono sempre più frequenti gli incontri con specie non originarie del Mediterraneo; questo fenomeno è stato denominato “migrazione lessespiana” dal nome della società che costruì il canale. Ormai sono numerose le nuove specie (circa 40 ) che hanno raggiunto una notevole importanza in termini di bio-massa (cioè la massa dei corpi che sono bio-degradabili), però l’ aspetto maggiormente pericoloso è l’impatto che potrebbero avere queste specie sull’ ecosistema mediterraneo.
Queste specie si sono inserite nella catena alimentare entrando in competizione con le specie indigene ,una competizione che porterà ad un nuovo equilibrio.
Negli ultimi anni l’entrata di nuove razze è sempre più frequente oltre che dal canale di Suez anche dallo stretto di Gibilterra ,cosa avvenuta anche già in passato in occasione di grandi mutamenti geologici, anche se è difficile stabilire le specie atlantiche di recente immigrazione.
L’inserirsi di queste specie potrebbe causare la scomparsa parziale o totale delle specie endemiche e non garantire a molte un futuro nel Mediterraneo, oppure una coesistenza e una vita in “simbiosi”(6)le une con le altre.
Le Cause
Uno dei fattori che hanno favorito la tropicalizzazione delle coste del Mediterraneo è stata la costruzione della diga di Assuan nel 1965 che riducendo la portata d’acqua del Nilo ha abbattuto la soglia di bassa salinità che costituiva una barriera per le specie tropicali .
Infatti l’alta temperatura e la salinità hanno provocato un impoverimento del Mediterraneo orientale aprendo la strada ai nuovi “coloni” all’ interno del suo bacino.
Anche il Mediterraneo occidentale sta mostrando segni di immigrazione; questo dovuto a un globale aumento della temperatura, e al cambiamento delle stagioni,questo processo accade a causa dell’inquinamento:le fabbriche emettono nell’atmosfera e nei fiumi elementi nocivi e le macchine che producono smog bruciando ossigeno e aumentando cosi l’anidride carbonica.

-Desertificazione
La desertificazione è un fenomeno complesso, con cause e manifestazioni differenziate si traduce nella “riduzione o distruzione del potenziale biologico del terreno con l’instaurarsi di condizioni analoghe a quelle di un deserto naturale”; in altri termini nella incapacità dei suoli di sostenere vita vegetale ed animale. I paesi del bacino del Mediterraneo sono stati interessati negli ultimi anni da una notevole riduzione delle precipitazioni. La scarsità di risorse idriche ha determinato una crescente sensibilità verso i problemi legati ai fenomeni siccitosi che risultano particolarmente gravi nelle regioni a clima arido o semi-arido .
Il Mediterraneo ha tre dei suoi lati in contatto con aree dove l’umanità si è dovuta confrontare con il fenomeno dell’aridità, ha isole completamente prive di acque sotterranee e superficiali che sono stati luoghi di sviluppo di elaborate civiltà e, anche nelle sue aree più settentrionali, presenta stagioni e luoghi dall’andamento climatico alterno e catastrofico. Crisi dei centri storici tradizionali e desertificazione e degrado dei suoli mediterranei l'equilibrio tra risorse e loro uso produttivo, faticosamente mantenuto nei secoli, si interrompe, l'ecosistema urbano collassa innescando il degrado di intere aree territoriali. Nel bacino mediterraneo, nelle sue isole e penisole, in Siria, Libano, Mesopotamia, Palestina, Arabia e Nordafrica, i luoghi delle più antiche civiltà, risultano ora abbandonati e seppelliti dalle sabbie. Infatti il processo di desertificazione ha avuto una costante progressione a partire da 3000 anni fa; si è accentuato con l'era industriale e ha raggiunto dimensioni catastrofiche negli ultimi 50 anni causando disagi incalcolalibi. Il continuo degrado ambientale non è dovuto quindi a cause naturali e climatiche, ma alla pressione indiscriminata operata sulle risorse naturali ed è questo il degrado operato indiscriminatamente dall’ uomo che influisce sul clima e ambiente stravolgendo e mutando esso. I modelli di esistenza, di produzione e di consumo, che hanno sostituito gli assetti tradizionali nei paesi avanzati, determinano l'esaurimento totale delle risorse locali alimentando la crescita ipertrofica delle aree sviluppate tramite il ricorso massiccio a energie convogliate esternamente, prima dall'hinterland, poi da zone sempre più lontane. Si allarga così la distruzione del patrimonio vegetale e paesaggistico e si interrompe la catena millenaria di trasmissione attraverso le generazioni di conoscenze appropriate all'ambiente
La loro scomparsa provoca la fine delle capacità di manutenzione e di governo dello spazio a cui dobbiamo l'assetto equilibrato e armonioso di territori esemplari come paesaggi creati dal lavoro e dalla cultura. All'urbanizzazione di nuove aree corrisponde l'abbandono e l'esodo dai centri antichi con la scomparsa di presidi territoriali capaci di una corretta gestione dell'ambiente.Si determina un processo di desertificazione fisico e sociale. Il degrado architettonico, l'erosione dei sistemi di pendio, la salinizzazione dei suoli costieri determinano il depauperamento delle risorse umane. L'emigrazione, la perdita di identità, la caduta dei valori sono aspetti socio culturali della desertificazione causata dalla scomparsa del sistema di sapere tradizionale. Nelle società moderne i beni necessari alla sussistenza sono forniti dal commercio mondiale e dalla globalizzazione(6). L'emigrazione, la perdita di identità, la caduta dei valori sono aspetti socio-culturali della desertificazione causata dalla scomparsa del sistema di sapere tradizionale. Nelle società moderne i beni necessari alla sussistenza sono forniti dal commercio mondiale e dalla globalizzazione. Sia le merci pregiate che i beni di consumo e spesso lo stesso cibo arrivano da molto lontano. Anche nelle società a piccola scala si attua lo scambio di cibo e di materiali, ma le risorse che permettono l'esistenza, la massima parte dei prodotti della caccia o delle coltivazioni sono tratte dall'ambiente più prossimo. Si tratta di società basate sulla sussistenza locale. La crisi di questo modello ha fatto in modo che gli insediamenti umani da custodi dell'ambiente ne siano diventati i distruttori. Le moderne aree urbane contribuiscono al processo di desertificazione in modo diretto e indiretto: direttamente perché si può dire che la stessa urbanizzazione massiccia è desertificazione a causa della cementificazione di vaste superfici naturali; indirettamente attraverso l'assorbimento e la distruzione nelle aree di forte concentrazione demografica di risorse naturali dal territorio.
Tale rapporto stretto tra urbanizzazione e desertificazione è riscontrabile sia nei Paesi non industrializzati che in quelli sviluppati.
INQUINAMENTO
“Oh mare nero, mare nero, mare nero,
tu eri chiaro e trasparente...”
Ora Lucio Battisti non potrebbe più elogiare la limpidezza del nostro mare che è diventato il bacino marino più inquinato da idrocarburi del globo.
Raccoglie infatti il 25% del traffico del greggio mondiale pur rappresentando lo 0,7% delle acque mondiali. In un momento qualsiasi vi si possono contare circa 300 navi petroliere che trasportano qualcosa come 350 milioni di tonnellate di petrolio all'anno, il 20% del greggio trasportato in totale nel mondo. Si è calcolato che la densità del catrame presente nelle sue acque si aggira al 38mg/cm3Al traffico marittimo petrolifero si deve poi aggiungere quello della flotta mercantile delle navi chimichiere, che trasportano sostanze ancora più nocive e pericolose degli stessi idrocarburi, come il benzene, la soda caustica, l'acido solforico e via discorrendo.
Le acque dei lavaggi delle cisterne di queste ultime vengono scaricate in mare, come consentito dalla normativa internazionale, contribuendo ad inquinare gravemente l'ambiente marino.
Dalla pulizia delle cisterne del carico delle petroliere, vietata dai regolamenti marittimi internazionali, che classificano il Mediterraneo come "Area speciale", si forma sulla superficie marina una pellicola di catrame da idrocarburi, che raggiunta la costa, distrugge ogni forma di vita acquatica e terrestre. L'olio, inoltre, rende difficile l'ossigenazione delle acque e, nello stesso tempo, consuma ossigeno per la degradazione dello stesso combustibile.Dalle navi chimichiere, invece, vengono scaricate in mare sostanze tossiche non visibili a occhio nudo che si depositano sul fondo marino distruggendo totalmente tutta la fauna.Gli idrocarburi e le sostanze chimiche scaricate in mare esercitano effetti tossici sul plancton, primo anello della catena alimentare marina. Le conseguenze sono devastanti: degrado dell'ambiente marino, danni irreversibili alle risorse biologiche e al settore della pesca, gravissimi pericoli per la salute umana. Eppure le navi chimiche inquinano a norma di legge. La normativa Marpol, di cui l'Italia è uno dei paesi firmatari, indica tutti i parametri da rispettare per la pulizia delle cisterne dal carico dei prodotti chimici. Questa va effettuata durante la navigazione, ad una distanza dalla costa più vicina non inferiore alle 12 miglia, a una profondità minima di 25 metri, con la nave in rotta alla velocità di almeno 7 nodi. A queste condizioni è possibile inquinare, e i comandanti sono legittimati a pieno titolo a distruggere l'habitat marino. Queste operazioni vengono riportate su un apposito Registro di carico e scarico delle merci pericolose. Quando una nave chimichiera arriva in porto, tale registro viene visionato dalla Capitaneria di porto, controllato, vistato e approvato.Nel canale di Sicilia passa circa il 50% del traffico marittimo mediterraneo, e le coste siciliane sono al centro delle rotte di navigazione. I porti petrolchimici di Gela, Augusta e Milazzo sono i terminali degli stabilimenti industriali che importano prodotti chimici per essere raffinati ed esportati. Perle dell'economia regionale, o cattedrali nel deserto che siano, portano ad intensi movimenti commerciali lungo le nostre coste con gravissime conseguenze ambientali.L'estrema punta occidentale della Sicilia, al largo delle coste trapanesi, è zona di passaggio di molte delle suddette navi da carico, soprattutto nelle fasi di lavaggio delle cisterne, e al largo di Marettimo, limite nord della Riserva Marina delle Egadi, le sostanze chimiche scaricate in mare provocano danni irreversibili.
Di conseguenza il nostro mare è sempre meno pescoso, ed i pescatori conoscono bene le zone in cui, stranamente, non ci sono più pesci. Addirittura, al largo di Punta Troia(7), a nord di Marettimo, a detta di qualche vecchio lupo di mare, ci sarebbe una zona in cui non si pesca proprio nulla, eppure fino a qualche decennio fa, nelle reti che venivano tirate a bordo, abbondava ogni tipo di pescato.Strane coincidenze o quel tratto di mare nasconde qualche mistero?Di certo, più passa il tempo, più navi transitano e meno si pesca.La stessa tonnara si va spostando di anno in anno sempre più a Nord. I tonni, per trovare acque meno inquinate e più fresche, scapolano le coste trapanesi di qualche miglio sempre più al largo, e ne è prova il fatto che la Tonnara di Bonagia cala le reti sempre più a Tramontana, mentre quella di Favignana, benché operante in una zona interdetta al traffico marittimo commerciale, si va spostando sempre più verso Mezzogiorno, seguendo l'asse Nord-Ovest, Sud-Est.
Strane coincidenze anche queste?La normativa internazionale vieta poi alle petroliere di scaricare le acque dei lavaggi in mare. Queste, raccolte a bordo in cisterne di decantazione (dette "Slops"), dovrebbero essere depositate a terra. Ma, poiché tale procedimento incide notevolmente sui costi di gestione dell'Armatore, gran parte delle acque reflue viene gettata in mare prima di arrivare in porto, al fine di risparmiare quanto possibile. Ad esempio, se negli Slops ci sono 1.500 tonnellate di acque di lavaggio, se ne scaricano a terra solo 500 tonnellate, tanto per fare bella figura. Gli altri 1.000 che fine hanno fatto? Chiedetelo ai pesci…
Sulle coste del Mediterraneo,in particolare le isole Baleari il mar Ligure il mar Ionio e il mar Egeo dove si presume ci siano rotte petrolifere di grande importanza, troppo spesso si vedono macchie nere per mare o addirittura intere coste attaccate dal catrame.
La scorsa estate a Bonagia, in provincia di Trapani, una bella mattinata, i villeggianti si sono svegliati con una bella sorpresa: gli scogli completamente impregnati di catrame, una nauseante puzza di olio ed il mare pieno di chiazze scure,e in più una distruzione degli ecosistemi marini che hanno già un fragile livello di stabilità a causa dell’uomo e dei suoi cambiamenti sul suolo. Un bagnino del posto, sentite le lamentele dei turisti, ha segnalato la situazione alla Guardia Costiera che prontamente è intervenuta, verificando la drammatica situazione e prendendo dei campioni d'acqua. Sarà stato un caso, ma la sera prima, intorno alle sette, una petroliera al largo degli Asinelli dava visibili segnali di fumo a prua. Vuoi o non vuoi, il nostro mare è sempre più inquinato, e il pesce che compriamo al mercato è sempre meno commestibile. L'inquinamento dei prodotti petrolchimici è ormai ad uno stadio talmente avanzato che, secondo uno studio della UNESCO, per un totale ricambio delle acque del Mediterraneo ci vorrebbero almeno 400 anni, senza inquinare più si intende. Del resto anche questo è globalizzazione. Le normative internazionali, la politica di salvaguardia delle risorse terrestri, restano, allo stato attuale, soltanto impegni presi e scritti su carta. A bordo delle navi di tutto il mondo, si continua ad inquinare, dietro le logiche aziendali degli Armatori che, invece di scaricare le acque reflue dei lavaggi delle cisterne a terra, come prescritto dalla legge (metodo troppo dispendioso a quanto pare),preferiscono massacrare l'habitat marino.
Loro risparmiano e madre natura paga!

COME COMBATTERE L’INQUINAMENTO PER PREVENIRE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Nel 1975 a Barcellona è stato firmato da 21 nazioni, le cui coste sono bagnate dal “Mare Nostrum”, un protocollo allo scopo di ridurre l'inquinamento nella zona del Mare Mediterraneo. Con questa Convenzione le parti contraenti si impegnano a prendere ogni misura necessaria per proteggere e migliorare l'ambiente marino nella zona del Mare Mediterraneo. Per prevenire, diminuire e combattere l'inquinamento del nostro mare, occorre tenere sotto controllo:
• l'inquinamento dovuto agli scarichi di navi e di aerei;
• l'inquinamento derivante dall'esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo marino e degli strati sottostanti;
• l'inquinamento di origine tellurica.
Il protocollo vieta lo scarico di certi tipi di rifiuti o di certe sostanze come per esempio composti organici tossici, mercurio, cadmio, plastiche e petrolio greggio.
Inoltre è previsto un Piano di Azione per il Mediterraneo (MAP) che prevede obiettivi non limitati alla sola lotta all'inquinamento, ma che comprendono anche:
• la gestione durevole delle risorse naturali, marine e terrestri;
• la protezione dell'ambiente marino e delle zone costiere riducendo e se possibile eliminando gli apporti di inquinanti di qualsiasi natura;
• la salvaguardia e la valorizzazione dei siti e dei paesaggi d'interesse ecologico o culturale;
• la solidarietà tra gli Stati del Mediterraneo nel gestire il loro patrimonio comune e le loro risorse a vantaggio delle generazioni presenti e future.
I 21 Paesi hanno sottoscritto una dichiarazione con la quale si sono impegnati, tra l'altro, a vietare l'accesso delle petroliere a singolo scafo al Mediterraneo. Circa trecento petroliere solcano ogni giorno il Mar Mediterraneo, rilasciando tonnellate di greggio.
I Paesi hanno deciso inoltre di dotare i principali porti di adeguate strutture per la raccolta dei rifiuti generati sulle navi, incluse le acque di zavorra; di rafforzare i controlli nei confronti dei trasgressori che scaricano in mare illegalmente e di istituire una rete regionale per il monitoraggio(8) di questi scarichi illeciti. Dalla conferenza sono scaturiti altri obiettivi ed impegni: l'individuazione di luoghi idonei al rifugio per navi in difficoltà; l'attuazione di piani d'emergenza per una pronta risposta all'inquinamento e l'adozione di linee guida sui sistemi di rimorchiaggio(9).
Per combattere il cambiamento climatico non solo a livello mediterraneo bisogna cercare in ogni modo di ristabilire inteligenze e risorse necessarie per rovesciare la tendenza in atto e ristabilire l’equilibrio dell’ atmosfera terrestre, perché con le emissioni attuali che solo per i cittadini italiani ammontano a 10 tonnellate pro capite all’ anno la situazione è seriamente a rischio e le previsioni future sono molto pessimistiche.
BIBLIOGRAFIA
http://www.comeallacorte.unina.it/materiali/ott2004/Articolo_Mangoni.doc
http://www.vivereilmare.it/argomenti/glossario/a306.html
http://www.marevivo.it/approfondimenti/approfondimenti03.php
http://unimondo.oneworld.net/article/view/98462/1/2106
http://www.arpa.emr.it/ia_siccita/sedemed.htm
Adalberto Vallega, Itinerari geografici, Le Monnier, Firenze, 2002
NOTE
1) MACCHIA MEDITERRANEA:territorio sulle sponde del Mediterraneo influenzato da un clima molto ventilato e caratterizzato da una bassa e aspra vegetazione.
2) BIODIVERSITA’:diversità fra gli organismi presenti in un ecosistema
3) SALINIZZAZIONE:aumento della percentuale salina nell’ acqua dolce o salmastra.
4) EVAPO TRASPIRAZIONE:
5) ENDEMISMO:fenomeno per cui un varietà,razza , specie di organismo rimane circoscritta in un ‘area geografica limitata.
6) SIMBIOSI:associazioni tra individui di specie diversa che vivono in stretta relazione .
7) GLOBALIZZAZIONE:tendenza di mercati o imprese ad assumere una dimensione mondiale superando i confini regionali o nazionali.
8) PUNTA TROIA.:capo all’ estremo ovest della Sicilia (isoleEgadi)
9) CHIMICHIERE:imbarcazioni che trasportano sostanze chimiche.
10) MONITORAGGIO:controllo frequente dell’andamento di fenomeni biologici,ambientali,chimici e sim.
11) RIMORCHIAGGIO:L’azione di rimorchio svolta da imbarcazioni.

Esempio