Il Signore degli Anelli

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Testo

- Il Signore degli anelli -
di Tolkien

Tre anelli al re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.

Trama

La scena si apre nella Contea, una terra di pace in cui vivono gli hobbit, i mezzouomini, il giorno del compleanno di Bilbo e Frodo Baggins. Bilbo, di cui Frodo è il nipote adottivo, prepara una festa grandiosa con l’aiuto di un vecchio amico stregone, Gandalf, e, sempre con l’aiuto dell’amico, scompare e parte. Dietro al mistero della sua improvvisa scomparsa c’è la vicenda di un anello, trovato molti anni prima, che ha il potere di rendere invisibili. A fatica lo stregone convince Bilbo a lasciare a Frodo l’eredità del prezioso gioiello, poi entrambi partono per destinazioni diverse. Lo straordinario attaccamento del vecchio hobbit verso il gioiello, mette in allarme Gandalf che comincia ad indagare e scopre che in realtà Frodo e la Contea sono in pericolo come il resto dei territori: l’anello è stato forgiato da Sauron, sovrano rovesciato del Male, ed è proprio quello leggendario che conferisce potere all’Oscuro Sire. Non solo Sauron è alla ricerca del suo tesoro perduto, ma l’Anello stesso potrebbe essere un pericolo per Frodo a causa dell’irresistibile tentazione che esercita e del fatto che, se indossato a lungo, divora mente e corpo del Portatore, fino a tramutarlo in un’ombra al servizio del Male. Gandalf, in possesso di queste preziose informazioni, torna nella Contea e convince Frodo a partire, con una scusa, accompagnato da tre suoi amici: Sam, Pipino e Merry, cui però non dovrà dire il vero scopo della sua missione. Il viaggio, camuffato da visita di cortesia ad una lontana parente, potrebbe avere come destinazione il Monte Fato –nel cuore della terra di Sauron –per gettare nel fuoco del vulcano l’Anello.
Il signore degli anelliAl momento di partire, Gandalf non è ancora tornato e così Frodo e i suoi tre accompagnatori decidono di partire ugualmente. Poco dopo la loro partenza da Casa Baggins, si presenta loro un misterioso e inquietante cavaliere alla ricerca di Frodo. Questa figura li insegue per tutta la Contea, fino alla falsa destinazione di Frodo. Una volta giunti al luogo dove solo Sam e Baggins dovrebbero proseguire, si scopre che in realtà anche gli altri due amici sono a conoscenza della vicenda dell’Anello e si offrono di accompagnare Frodo fino alla sua remota destinazione. I quattro sono ora diretti a Gran Burrone, residenza degli Elfi più saggi e punto di incontro con Gandalf, dove il destino dell’Anello dovrà essere discusso.
La compagnia si inoltra nella Vecchia Foresta, lungo il corso del Sinuosalice, dove vengono aggrediti dalle forze della natura e salvati da Tom Bombardil, stravagante signore di quei luoghi che vive insieme a Dama Baccador. Sono accompagnati dalla loro protezione fino oltre Tumulilande, dove il valore di Frodo non sarebbe bastato a salvare se e i suoi compagni dallo spettro dei tumuli.
Giunti nella Terra di Brea, i quattro alloggiano alla locanda del Puledro Impennato di Smorzo Cactaceo, uomo non intelligentissimo, ma al servizio di Gandalf che li mette in guardia contro una figura sinistra che frequenta il locale: Grampasso. La sua descrizione corrisponde in modo quasi perfetto all’idea che i quattro si erano fatti dei loro inseguitori misteriosi, ma lo strano individuo, nonostante la riluttanza di Pipino, ispira una strana fiducia a Frodo, che lo accetta come guida al loro viaggio. Anche Grampasso si rivela essere amico di Gandalf e una guida che il vecchio stregone ha mandato ai quattro hobbit, anche se in realtà si scoprirà in seguito che il misterioso individuo è ben altro che un semplice conoscitore dei luoghi. I cinque scappano durante la notte, poco prima che quattro cavalieri neri al servizio di Sauron (è questa la natura dei misteriosi inseguitori) facciano irruzione all’interno dei loro alloggi per prenderli a tradimento. Vengono, però, sorpresi in una radura ed accerchiati. Nel momento in cui Frodo viene sopraffatto dal desiderio di infilarsi l’anello, un cavaliere lo pugnala alla spalla ed egli rimane, nonostante l’intervento di Grampasso, agonizzante per la ferita micidiale inferta dal nemico. Raggiunti di nuovo dai cavalieri, Frodo e i suoi vengono dalvati e curati dagli Elfi di Gran Burrone. Qui Frodo, al suo risveglio, ritrova Gandalf e apprende che Grampasso, il cui nome elfico è Aragorn, è l’ultimo discendente dei re dell’Ovest, quindi il legittimo sovrano della Gente Alta. A Gran Burrone si trova anche il vecchio Bilbo, macerato nei ricordi ed immerso nella redazione delle sue vecchie avventure sotto forma di racconto.
Durante il consiglio in cui si dovrebbe decidere della sorte dell’Anello, Gandalf racconta il motivo del suo ritardo nella Contea: il suo vecchio maestro, capo del consiglio degli stregoni, si è volto al male ed è diventato servitore di Sauron. Saruman il bianco, questo il nome del traditore, aveva imprigionato Gandalf, ma egli era riuscito a fuggire con l’aiuto del re delle aquile. Il Consiglio, di fronte a questo nuovo ed inaspettato pericolo, raduna in fretta una compagnia di nove persone per raggiungere e portare aiuto agli uomini nella loro terra e per accompagnare il portatore dell’anello al Monte Fato dove distruggere il pericoloso emblema del potere oscuro. La compagnia è così formata da Frodo Baggins, portatore dell’anello, con i suoi tre amici Samvise, Peregrino e Meriadoc. Lo stregone Gandalf il Grigio farà loro da guida, affiancato da Aragorn; della stirpe degli uomini ci sarà Boromir di Gondor (che tante gioie darà poi alla compagnia), dei nani Gimli e degli Elfi Legolas. Questi ultimi due, iniziano il viaggio in un’atmosfera di ostilità reciproca a causa di una vecchia rivalità che sussiste da tre due stirpi. Le avversità riusciranno a mutare il loro animo e a piegare il loro orgoglio. Quando ad Aragorn, alias Grampasso, è senza dubbio il più saggio dopo Gandalf, cui si rimette quasi completamente riconoscendone la saggezza e l’esperienza. All’ordine della discussione è anche un piccolo essere subdolo, Gollum, la cui etnia è incerta. Bilbo aveva in passato sottratto l’anello a questo malvagio abitatore del sottosuolo ed ora egli, divorato dal potere dell’Anello e inconsciamente assoggettato al volere di Sauron, insegue Frodo Baggins per impossessarsi del suo tesoro perduto. Aragorn assicura al consiglio che Gollum si trova in prigione sorvegliato da Elfi, ma Gandalf sembra sapere che in realtà quello che è un vecchio hobbit reso irriconoscibile dal male avrà un ruolo importante nell’epilogo della vicenda, in bene o in male. Sempre nei racconti del consiglio, fa la sua comparsa la nuova cavalcatura di Gandalf, il cavallo Ombromanto, la cui velocità sarà di importanza fondamentale nelle vicende successive.
La decisione finale, comunque, è quella già profilata da Gandalf: la distruzione dell’anello a Monte Fato passando per Moria, un complesso di gallerie estremamente infido ed infestato da Orchetti. Prima di inoltrarsi nelle profonde gallerie, Bilbo lascia Frodo con due regali: la sua cotta di maglia, che poi si rivela preziosissima, e la sua vecchia spada elica, in grado di illuminarsi per rivelare la presenza dei Nemici. All’interno della rete di grotte, Gandalf mette in atto il suo potere di stregone e, illuminando la punta del suo bastone, guida la compagnia attraverso le gallerie di Moria fino quasi all’uscita. In una delle ultime sale, già quasi illuminata dalla luce del sole, la compagnia rinviene tombe di elfi ed un libro. La consultazione di questo rivela di chi sia la tomba: il nano Balin, vecchia conoscenza dei lettori di “Lo Hobbit”. Lui e la sua gente erano stati sconfitti in una dura battaglia contro gli Orchetti ed erano rimasti intrappolati all’interno della galleria. Come se si trattasse di una profezia per loro, mentre stanno leggendo il libro i nove vengono assaliti da Orchetti. Riescono a fuggire combattendo valorosamente, ma all’ultimo la strada viene loro sbarrata da una figura malefica dai forti poteri magici: un Barlog. La lotta tra lo stregone Grigio e la potenza maligna è violentissima e, alla fine, Gandalf viene trascinato in un burrone infuocato dal suo nemico agonizzante. Spaventati e pieni di tristezza, gli otto membri superstiti della compagnia sono costretti a proseguire sotto la guida di Aragorn. Riescono a fuggire fino alla terra elica di Lothorien, dove si sentono più al sicuro.
Lothorien è il regno di Dama Galadriel e di suo marito Celeborn, dove tutti tranne Gimli vengono accolti con grande onore. Superate le ostilità iniziali, però, sia Gimli che Galadriel si trattano con rispetto e, alla fine, il nano riesce perfino a dichiarare la dama la più bella creatura esistente.
La compagnia, attraverso uno specchio magico della dama, vede riflessi di futuro e tentazioni del proprio animo: Sam vede la Contea brulla e distrutta e i suoi amici maltrattati, un avvenimento che in realtà non si è ancora verificato ma che i quattro hobbit troveranno al loro ritorno. La Dama gli chiede se, dopo quello che ha visto, vuole ritornare nella sua terra, ma Sam resiste alla tentazione di Galadriel. Più o meno accade così anche per gli altri membri della compagnia, dei quali solo Aragorn riesce a sostenere lo sguardo indagatore della Dama senza abbassare gli occhi. Per Frodo è diverso: Galadriel gli mostra nello specchio l’immagine di Gandalf, che l’hobbit scambia per Saruman, e l’Occhio del Nemico. Prima di lasciarli partire, il re e la regina degli elfi donano loro spade, cotte di maglia, corde magiche e manti di ombra, che li rendono quasi invisibili agli occhi del nemico.
La compagnia riparte seguendo con delle barche eliche il corso del Grande Fiume, sempre più vicini alle terre del nemico. Vengono attaccati da Orchetti e, senza capire cosa sia, Legolas abbatte un Nazgul –i cavalieri dell’aria al servizio di Sauron. La notte successiva, la compagnia si rende conto di essere seguita da un’altra piccola imbarcazione, o da un essere che si muove a nuoto dietro di loro. Sembrano non esserci più dubbi sul fatto che Gollum è scappato dalle prigioni elfiche ed ora insegue Frodo, attratto dal potere dell’Anello.
Dopo essere attraccati sulle rive del Grande Fiume, la compagnia viene attaccata da Orchetti e Boromir rimane ucciso. Nessuno sa, però, che aveva tentato di sottrarre l’anello a Frodo, che era fuggito con Sam in direzione della terra di Mordor. La compagnia si scioglie, così, e quindi i superstiti si lanciano all’inseguimento della schiera di Orchetti che hanno fatto prigionieri Merry e Pipino.
Durante l’inseguimento, Aragorn, Gimli e Legolas incontrano i cavalieri di Rohan che li conducono a Minas Ithil.
Nel frattempo, durante una battaglia tra cavalieri e Orchetti, Merry e Pipino sono riusciti a fuggire. Durante la fuga, vengono aiutati da un’altra strana creatura, simile a Tom Bombardil come temperamento: Barbalbero. Fa parte di un’antica specie di giganti, gli Ent, distrutti dai servi di Saruman, cui hanno giurato vendetta. Barbalbero dà da bere e da mangiare agli hobbit, e la bevanda degli Ent ha su di loro uno strano effetto a causa del quale torneranno a casa un palmo più alti del normale.
Lontano dalla casa di Barbalbero, Gimli, Legolas e Aragorn sono seguiti da un misterioso cavaliere vestito di bianco. Quando egli si mostra ancora, lo attaccano convinti che sia Saruman, ma si rendono conto che si tratta di Gandalf. Scampato dalla morte, lo stregone è divenuto molto più potente ed ora indossa le insegne che furono di Saruman, ora volto al male.
I quattro si dirigono verso la città di Isengard, dove Gandalf non è visto di buon occhio, ma dove è necessario convincere Théoden, il re, a scendere in battaglia contro l’esercito di Saruman. Vermilinguo –il consigliere di Théoden –il cui nome è molto più di una garanzia, tenta di convincere il re a scacciare Gandalf e i suoi, ma lo stregone smaschera il traditore ed apre gli occhi al re: il suo consigliere non è altro che un servo di Saruman. Aiutato dalla figlia Eowyn, il re decide di uscire dal suo palazzo e di accompagnare Gandalf e i suoi in guerra. Nonostante ella lo desideri tanto, il re non permette ad Eowyn di accompagnarli, benché lei sia molto abile in guerra.
La battaglia contro le forze di Saruman è vinta grazie al valore dei combattenti, più che al numero, e la compagnia si reca alla torre dove si è rifugiato Saruman. Gandalf offre allo stregone la libertà e la salvezza, ma egli rifiuta, temendo di passare per traditore agli occhi di Sauron. Così Gandalf spezza il bastone di Saruman e lo espelle dal consiglio, privandolo così dei suoi poteri. Vermilinguo, dalla cima della torre, tenta di uccidere Gandalf lanciando una grossa sfera, ma lo manca e priva inconsapevolmente Saruman dell’unico mezzo che avrebbe per spiegare la situazione a Sauron: la sfera di vetro è, infatti, un mezzo per mettersi in contatto con la mente del Nemico. Gandalf, prima di partire su Ombromanto con, in sella, Pipino, la affida ad Aragorn. Più tardi il re guarderà nella sfera e sfiderà Sauron, compiendo un gesto che solo una persona con la sua forza d’animo avrebbe potuto portare a termine.
Nel frattempo Frodo e Sam, durante la scalata ad una parete di roccia, incontrano e catturano Gollum e lo costringono a fargli da guida strappandogli un giuramento. Per il momento, l’amina del vecchio hobbit corrotto dal male, sembra volgersi a scopi più limpidi, tanto che riaffiora a tratti, nel suo modo di parlare, il segno di un passato senno ora perduto. Con questa strana guida, i due hobbit attraversano le paludi dei morti, piene degli spiriti di antichi e valorosi guerrieri caduti combattendo contro l’Oscuro Sire. Giunti al Cancello Nero, però, lo trovano chiuso e sorvegliato, per cui sono costretti a seguire Gollum su un sentiero alternativo e forse meno sorvegliato che li conduca all’interno della terra di Mordor. I tre incontrano dei cavalieri che raccontano loro la fine di Boromir, che Frodo ancora ignorava. Poi, intuendo la loro missione, li lasciano partire e gli hobbit giungono alle gallerie di Shelob. Shelob è un essere mostruoso simile ad un ragno che morde Frodo e lo lascia come morto. Sam si vendica pugnalando il mostro, ma è disperato per la morte di Frodo. Gli toglie l’anello e se lo mette al collo, prima di ricomporre il padrone e lasciarlo lì. Inseguito da alcuni Orchetti, Sam si nasconde e riesce a sentire che in realtà il suo padrone non è affatto morto, ma paralizzato dall’effetto temporaneo del veleno di Shelob. Sam si lancia all’interno del covo di Orchetti e libera il suo padrone, gli restituisce l’anello, e lo riporta fuori.
Intanto, a Minas Tirith, la compagnia è raggiunta da altri doni di Dama Galadriel, tra cui anche uno stendardo per Aragorn. L’assedio di Gondor, città di re Théoden, viene messa in atto da uno sconfinato esercito di Orchetti, capitanati dal capo degli Spettri dell’Anello. Gli abitanti all’interno della città, attendono invano l’arrivo di Faramir, figlio del re, con i rinforzi. Proprio quando tutti stanno per perdere le speranze, si sentono in lontananza dei corni che annunciano l’arrivo dei Rohirrim, cavalieri di Rohan, la cui carica disperde gli assedianti. Re Théoden, però, muore in battaglia e sua figlia Eowyn è rimasta gravemente ferita per aver colpito, e ucciso, il capo dei Servi dell’Anello con l’aiuto di Merry. Chiunque colpisce il Nemico, infatti, viene colto da una febbre misteriosa che lo porta alla morte. Solo il Re d?occidente ha il potere di guarire queste ferite, ma al momento la dinastia è spodestata e nessuno, tranne Gandalf, sa chi sia l’erede. Naturalmente lo stregone interpella Aragorn che, con erbe e chiamando i malati per nome, risveglia dalle tenebre Merry ed Eowyn.
A Gondor, però, re Denethor dispera della vittoria. Ha guardato in una delle sfere che mettono in contatto con il Nemico ed egli gli ha fatto credere di essere spacciato, mostrandogli immensi eserciti pronti a muoversi contro di lui. Denethor vorrebbe bruciarsi con il figlio Faramir, ferito a morte dal Nemico, ma Gandalf riesce a salvare il moribondo. Purtroppo, il Re, accecato dalla follia e dalla paura, appicca le fiamme e muore nel rogo. La malattia di faramir è curata a fatica da Aragorn, ma il nuovo re di Gondor deve restare nelle Case di Guarigione, dove si trova anche Eowyn. La vicinanza tra i due farà nascere una profonda amicizia che si concluderà con il matrimonio.
Aragorn, Gimli, Legolas e Gandalf, nel frattempo, escogitano un trucco per attirare fuori da Mordor le forze di Sauron, distrarre la sua mente e permettere a Frodo di compiere la sua missione. Con un potente esercito, muovono guerra direttamente al Cancello Oscuro, ben sapendo di non poter vincere, e sperano di far credere al Nemico che uno di loro possiede l’Anello e lo vuole utilizzare per sconfiggerlo. Mentre si svolgono i preparativi di questa battaglia diversiva, eppure decisiva, la scena si sposta sui due hobbit, tre con Gollum che li segue da lontano. La loro fuga dalla torre di Cirith Ungol è riuscita, nonostante abbiano gli Orchetti alle calcagna. Grazie ad un colpo di genio di Sam, i due si travestono da nemici e si mischiano alle loro schiere, riuscendo così ad oltrepassare il Cancello e ad entrare nel Reame di Sauron. Attraverso la Terra d’Ombra, lungo un percorso sempre più difficile per Frodo, io due giungono fino alle pendici del Monte Fato. Mano a mano che il Portatore dell’Anello si avvicina al luogo dove il suo fardello è stato creato, il potere dell’Unico cresce e rende faticoso ogni passo, tormentando Frodo con l’idea di arrogarsi il potere dell’Anello. Giunti a Monte Fato, però, Frodo cede e si infila l’Anello, arrogandoselo. In quel momento Sauron capisce i trucchi dei nemici e lancia i suoi Nazgul in una corsa disperata per salvare l’Anello dall’unico fuoco che potrebbe distruggerlo: quello del Monte Fato. Mentre Frodo è scomparso agli occhi di Sam, Gollum segue la traccia emotiva dell’Anello e si lancia sul suo invisibile portatore, tranciandone il dito. Nel giubilo per il Tesoro finalmente riconquistato, Gollum però mette un piede in fallo e precipita, con l’Anello, nell’Inestinguibile fuoco del Monte Fato. In un modo o nell’altro, la missione di Frodo è stata pèorytata a termine e le forze di Sauron ne sono sconvolte. Lui stesso appare come un’ombra portata via dal vento e le schiere del Re Aragorn capiscono che il Nemico è stato privato del suo potere. Prima che le esplosioni del Monte Fato uccidano i due Hobbit, il re delle aquile, mandato da Gandalf, li salva e li porta a Gondor.
Lì, Frodo e Sam si svegliano giorni dopo e ritrovano Gandalf, che credevano morto dai tempi di Moria. Scoprono che Grampasso è in realtà il Re Aragorn e, dopo sontuosi festeggiamenti, tornano alla Contea con Pipino, Merry e Gandalf. I cinque, che per abitudine ormai cavalcano armati, sono accolti con sospetto e timore dagli abitanti di Brea. Omorzo Cactaceo accoglie i cinque con molta gioia, ma spiega loro che da tempo la situazione nella Contea non è più quella di un tempo. Prima di entrare nella Contea, Gandalf li lascia e procede verso Tom Bombardil, vecchio amico che non vedeva da tempo. I quattro hobbit trovano la loro casa usurpata da avidi guardiani al servizio di Sharkey. Chi sia questo hobbit, i quattro non lo sanno, ma procedono spediti verso Casa Baggins e, con l’aiuto della gente e della loro acquisita abilità militare, scacciano tutti i guardiani. Giunti alla porta, scoprono che Sharkey è in realtà ancora Saruman, con il suo maltrattato servo Vermilinguo. Scacciato di nuovo, lo stregone decaduto viene ucciso dal suo servo, stanco dei maltrattamenti. Prima che Frodo possa dire qualcosa, gli hobbit uccidono Vermilinguo.
La pace è ristabilita, Sam si sposa ed ha una figlia e la Contea è rinverdita dalla sua abilità di giardiniere, aggiunta ad un dono di Dama Galadriel: una polvere per rendere fertile una terra improduttiva. Nonostante ciò, però, Frodo non si sente soddisfatto e riparte per andare oltre il mare con Bilbo e, all’ultimo momento, anche Gandalf si unisce a loro. In questo frangente si scopre che lo stregone era in realtà sin dall’inizio il Portatore del terzo anello degli Elfi, che si credeva perduto.

Commento

L’Unico Anello è il simbolo del potere in tutta la sua manifesta diabolicità: nel momento in cui lo si possiede, si finisce schiavi della propria stessa posizione fino a non potervi più rinunciare in alcun modo. Chi si veste di questo potere, diventa invisibile –irraggiungibile –anche agli occhi degli amici più affezionati e la diffidenza, sempre innata in chi teme di essere derubato da qualcosa di molto prezioso, si trasforma in violenza capace di distruggere qualsiasi relazione umana.
L’Unico Anello del Potere, non a caso, è stato forgiato dal Male, Sauron, e necessita di una grande forza mentale per essere utilizzato; anche la mente più retta, però, rischia di esserne consumata perché il Potere, una volta creato, si autogestisce e sceglie autonomamente di passare da un portatore all’altro, tentando e usando le menti a suo piacimento. Gli altri anelli dipendono in parte dal potere centrale e ne sono completamente assoggettati, finché l’Unico si trova al dito di un individuo in grado di sfruttarne a pieno lo straordinario potere. Una volta distrutto l’anello più potente, gli altri diventano in parte meno prestigiosi, ma sicuramente più liberi. La rinuncia al male, quindi, senza dubbio toglie una parte di potenziale potere, ma conferisce la capacità di dominare quello che si ha, senza esserne soggiogati.

Personaggi
La scelta di rendere portatore dell’Anello Fodro, un hobbit, consente, seguendo la filosofia manzoniana, di coinvolgere gli “umili” nelle vicende dei potenti non come vittime, ma come personaggi di importanza capitale che, tramite la rinuncia del male, possono arrivare a modificare il corso della storia ribaltando i maligni disegni dei potenti. Si può vedere questo concetto anche alla base di molti romanzi sulla resistenza popolare, non ultimo “La luna è tramontata” di Steinbeck, in cui la lotta senza eclatanti atti di eroismo si rivela arma vincente anche contro i nemici più potenti.
Altro elemento interessante è Gollum, hobbit divorato dal potere dell’anello e dilaniato tra il bene, di cui pure resta traccia nel suo animo, e il male che va sempre più impossessandosi di lui. Questo spasmo interiore si manifesta attraverso le sue parole, pervase da uno spiccato dualismo (Gollum/Smeagol, singolare/plurale). La scelta di farlo redimere sarebbe stata non fuori luogo, ma sicuramente banale. L’antagonista che, all’ultimo momento, si riscatta dalla sua malvagità è un topos letterario e cinematografico fin troppo usato, così Tolkien decide di prendere un’altra strada: il male che si ritorce contro se stesso ed è causa della propria rovina. Il tentativo di redenzione di Gollum fallisce e ciò lo porta alla morte.
Saruman, invece, è una figura psicologicamente più complessa. Il suo desiderio di potere è intriso di paura per il Nemico, che lo porta a diventare suo servo. La sua saggezza di stregone è indiscussa (sa di non potersi impossessare dell’anello e quindi desidera solo una parte del potere che da esso si può sprigionare), ma chiaramente si volge al male utilizzando nel modo sbagliato la sua abilità e la sua intelligenza. La disfatta di Saruman, però, è dovuta solo all’errore di aver sottovalutato Gandalf che lo priva del suo potere di stregone e lo lascia come un traditore agli occhi di tutti (Sauron compreso). La sua morte è misera, per un uomo del genere, ed è derivata dalla convinzione errata di poter esercitare il suo potere anche dopo averlo perso.
Tra i personaggi positivi si possono riscontrare due caratteristiche comuni: il coraggio e la certezza di combattere contro un nemico troppo potente per essere battuto in uno scontro diretto.
Bilbo Baggins è un vecchio hobbit pieno di ricordi la cui vecchiaia provoca un po’ di malinconia a chi ne ha letto le avventure nel romanzo di Tolkien che costituisce l’antefatto di “Il Signore degli Anelli”: “Lo Hobbit”. E’ fortemente tentato dal potere dell’anello, ma non ne è schiavo grazie all’influenza dell’amico Gandalf.
Frodo, nipote adottivo di Bilbo, è astuto e coraggioso, ma si espone per troppo tempo al potere dell’anello per poterne rimanere immune e ne cade in parte vittima, soprattutto a causa della mancanza di una guida quale avrebbe potuto essere Gandalf. I nomi dei suoi servitori Peregrino Tuc, Meriadoc e Samvise sono sostituiti da famigliari diminutivi soprattutto per renderli figure semplici e affettuose, un po’ distanti dalle altre figure epiche e più vicini al nostro mondo.
Sam è un altro portatore dell’Anello, ma si sottrae, anche se a fatica, dalla tentazione del potere, soprattutto spinto dal grande affetto verso il suo padrone.
Pipino e Merry sono ugualmente caratterizzati dalla fedeltà di servitori, ma non più con Frodo, dal quale si sono dovuti separare. Il loro eroismo in battaglia li distingue soprattutto perché il loro aspetto di Mezzouomini cela la loro grandezza d’animo.
Figure simili ma diverse sono Gimli il Nano e Legolas l’Elfo. L’amicizia tra i due spezza un antico odio che affonda le sue radici in tempi molto anteriori rispetto a “Il Signore degli Anelli”1. La forza d’animo (e la testardaggine) che accomuna i due, li rende talmente simili da far scordare il fatto che appartengano a due specie diverse. La gentilezza di Gimli nei confronti della bella Dama Galadriel (regina degli Elfi) rende completo l’armistizio. Si tratta di una lezione di pace che non può non richiamare alla mente per contrapposizione la vicenda dei capponi di Renzo. Contro un potente nemico comune bisogna dimenticare le proprie rivalità e non assecondare il concetto di “Divide et impera”, noto fin dal tempo dei Romani. Nemici in lotta tra loro sono vinti in partenza.
Dama Galadriel è una donna che detiene un grande potere e a cui piace esercitarlo. Sonda la mente dei suoi alleati alla ricerca di tentazioni e debolezze, ma ha anche una forza di volontà tanto grande da rifiutare la tentazione di Frodo, che le offre l’Anello. Al suo dito ce n’è un altro (uno dei tre ai re degli elfi) e lei sa che, con la distruzione dell’Unico, anche lei perderà parte del suo potere. Ciononostante, comprende quale sia la scelta giusta e la accetta. Suo marito, re degli Elfi, risulta in questo romanzo come una figura minore quale lui non è. Al suo dito c’è il secondo anello degli Elfi, quello con la pietra azzurra. Il terzo, rosso, sarà al dito di Gandalf alla fine del romanzo.
Tom Bombardil è una strana potenza della natura che sembra non curarsi di ciò che normalmente viene considerato importante. Aiuta gli Hobbit solo finché si trovano nel suo territorio ma, a detta di Gandalf, non potrebbe in alcun modo essere coinvolto nella guerra in quanto non sente alcun interesse per ciò che accade al di fuori dei suoi domini. Fosse anche una lotta contro il Male.
Aragorn è forse la figura politicamente più potente nella guerra, perché è proprio il Re d’Occidente cui Sauron vorrebbe usurpare sul trono. E’ in grado di mascherare il suo aspetto in modo tale da non far trapelare nulla della sua innata e regale maestà. E’ amico di Gandalf e cerca gli Hobbit per aiutarli e ottenere aiuto. La sua investitura è accettata semplicemente perché lui solo è in grado di curare le ferite inferte dal Nemico, capacità che una profezia attribuisce solo al legittimo sovrano. Ha una forza d’animo non comune, tanto da giungere a sfidare apertamente Sauron guardando all’interno della sfera che mette in contatto con la mente del nemico.
In tutto il romanzo, gli Uomini non fanno un’impressione egregia e si dimostrano esseri fragili, soggetti più di altri alla tentazione del male. Tra di loro, comunque, non mancano individui di grande valore. L’ambiguità dell’uomo si manifesta nella sua grande complessità attraverso personaggi incarnanti il bene e altri chiaramente corrotti al male.
Anche gli Hobbit sono molto soggetti alla corruzione del male, così come sono capaci di atti di eroismo e grande coraggio. Per questo motivo le due specie (uomini e mezzouomini) sono quelle che più si avvicinano alla realtà e alla nostra natura.
Gandalf è il personaggio più potente, a parte il Nemico, e incarna il bene più puro del romanzo. Sfiora la morte e ne esce talmente potente da spodestare il suo maestro volto al male, Saruman. Acquista la carica più alta del consiglio assieme al titolo di “bianco” (emblematico) e si rende protagonista di un “salto di qualità” come stregone e come guerriero. Senza la sua guida (dopo Moria), la compagnia diventa più debole, ma non certo indifesa. La sua presenza è soprattutto motivo di conforto morale e spirituale.

Luoghi
I luoghi in cui si svolge “Il Signore degli Anelli” si possono concettualmente dividere in tre fasce.
La prima è la Contea: un eden in cui Frodo (come Bilbo in “Lo Hobbit”) si trova bene e che non vorrebbe mai lasciare. L’intervento di Gandalf e la pressione di un male lontano che diventa sempre più potente lo costringono a lasciare la sua terra per un viaggio dalla destinazione ignota. Quando, finalmente, gli hobbit riusciranno a fare ritorno, si troveranno, come Ulisse, in un luogo da cui sono stati come spodestati e in cui imperversa la violenza. Anche dopo aver riportato la pace, Frodo non si sentirà più a suo agio e sentirà il bisogno di partire ancora. Sotto questo aspetto, “Il Signore degli Anelli” può essere considerato un «romanzo senza idillio», allo stesso modo di “I Promessi Sposi”.
La seconda categoria di luoghi è classificabile come Terra di Transizione. Si tratta di paesi in cui si trovano in ugual misura insidie e aiuti, malvagità e personaggi positivi. Vi aleggia un’atmosfera di incertezza, più che di paura, e i personaggi sono portati a diffidare di tutti. Sono inseguiti dalle spie del Nemico, che però è ancora lontano dal centro del suo potere, ma incontrano anche Aragorn, travestito da viaggiatore sotto il nome di Grampasso. Anche Gandalf, in questo luoghi, è chiamato con un altro nome e anche questo non fa che intorbidare la situazione.
L’ultimo luogo in cui si svolge la vicenda è la Terra di Mordor in cui è palpabile la paura. Frodo e Sam si trovano soli a fronteggiare il Nemico nella sua stessa terra, con l’infido Gollum come unica guida. I due hobbit devono aver paura dei servi del nemico (Orchetti e Nazgul), dei luoghi (paludi, pareti rocciose) e della loro stessa guida, nonché della loro anima soggetta sempre più alla tentazione dell’Anello.

”Croce e Delizia” dei Nomi

La difficoltà maggiore che si incontra leggendo Tolkien, viene sicuramente dai nomi. Lo stesso personaggio può essere chiamato in modi diversi a seconda del popolo in cui si trova e questo vale anche per i luoghi che hanno nomi elfici, nella lingua di Morgoth, e così via. Ad esempio, Saruman è chiamato anche Curunir –tra gli uomini –e Sharkey a Isengard. Lo stesso Gandalf, tra gli elfi viene chiamato Mithrandir e, anticamente, portava il nome di Olonir, ma almeno lui ha la gentilezza di avvisarci preventivamente. Anche le città possono cambiare improvvisamente nome e così Minas Ithil («Torre della Luna», città di Isildur) diventa Minas Morgul e Minas Anor («Torre del Sole», città di Anarion) cambia nome in Minas Tirith («Torre di Guardia»). Ciascuno dei personaggi principali appartiene ad una specie differente e così utilizza nomi diversi, oppure chiama in modi diversi la stessa cosa, il che non fa altro che confondere le idee al lettore. Tutto ciò raggiunge lo scopo di rendere la Terza Età ancora più confusa e tetra: un’antica Babilonia in cui coesistono specie diverse a volte in lotta tra di loro (elfi e nani, per esempio), una terra dilaniata da conflitti a volte non evidenti sin dall’inizio, ma che finiscono con lo sfociare in quelle che appunto sono le guerre della Terza Età.
L’universo dei nomi di Tolkien ha una propria etimologia ben precisa che, secondo il narratore, ha radici nelle antiche ere governate dagli Istari (maghi) e dagli antichi re degli elfi e dei nani. Così la presenza ricorrente di alcune parole può denotare realtà collegate tra di loro, oppure semplicemente confondere le idee ancora di più. Minas, per esempio, significa chiaramente “torre” ed è un nome che precede quello delle due città principali M. Morgul e M. Tirith. Nella seconda parte dell’ultimo libro, però, quest’ultima viene anche chiamata Gondor senza un apparente motivo logico e –a meno che non si tratti di un errore dovuto alla mia distrazione –nessuno ha la cortesia di dirlo. In realtà il groviglio di nomi in “Il Signore degli Anelli” è nulla in confronto ad altri libri di Tolkien, “Il Silmarillion” in testa. La confusione, in realtà, è solo nelle parti meno degne di nota: se si tratta di personaggi importanti, Tolkien si preoccupa più volte di farne comprendere l’identità. Esempio: Aragorn e Grampasso sono la stessa persona in modo evidente e sottolineato più volte dagli altri personaggi.

Confrontando molti nomi, emergono particolari interessanti che sembrano lasciati da Tolkien come regalo al lettore particolarmente attento (o allo studioso fanatico). Mithrandir –nome elfico di Gandalf- è composto da tre parti: mith, grigio; ran, errare e dir, suffisso che rende sostantivo un verbo. Letteralmente randir sarebbe colui che erra e quindi Mithrandir è il “grigio pellegrino”.
Il nome del re degli elfi Celeborn deriva da quello di un antico albero magico e contiene due sostantivi: celeb, argento e orn, albero.
Il Monte Fato viene chiamato anche Amon Amarth (amon, monte come in egizio e amarth, sorte). Siccome in questo caso il significato del nome è troppo importante, viene anche tradotto.
Il prefisso Ar, posto davanti ad un nome proprio, significa elevato, nobile, regale2. Esempio: Aragorn.
Barad, invece, significa “torre” nella lingua di Mordor e quindi le città come Barad-dur sono in realtà della stessa origine di quelle con il prefisso Minas.
Dor, invece, significa presumibilmente “terra”, perché si trova in nomi di regioni come Condor, Doriate, Eriador, Mordor. Quest’ultima è anche detta la “terra d’Ombra” e infatti mor significa Ombra. Siccome gul significa “stregoneria”, Minas Morgul significa letteralmente “torre della stregoneria d’Ombra”, il che, devo dire, rende l’idea dell’atmosfera che Frodo e Sam vi hanno trovato al loro arrivo. Sempre seguendo il filo della parola mor, si trova che Moria significa “Abisso scuro” (ia vuol dire vuoto, abisso).
Cambiando luoghi, il non sapere che loth significa nulla più di “fiore” causa qualche difficoltà a comprendere il fatto che Lorien e Lothlorien sono nomi diversi per il regno di Celeborn e Galadriel. Lo stesso accade con il nome del Nemico. Solo leggendo altri libri di Tolkien, ambientati prima della Terza Età, ho scoperto che Sauron anticamente era il luogotenente di un altro Sire Oscuro: Melkor3, successivamente rinominato Morgoth4 dopo il furto di tre preziosi gioielli. In seguito alla caduta di questo antico Nemico, Sauron prese il posto di Melkor, ma in “Il Signore degli Anelli” Gandalf fa spesso riferimento a quei tempi passati, senza specificare nulla di quanto sopra. Si finisce così col credere che Morgoth sia un altro nome di Sauron, cadendo in equivoco.
Il suffisso elfico -(n)dil, denota un personaggio particolarmente positivo e significa dedizione, amore disinteressato5. Esempio: Elendil.
Il suffisso ril, invece, significa lucentezza e si trova in “Il Silmarillion” per indicare le tre gemme Silmaril, nonché in “Il Signore degli Anelli” per indicare molte armi tra cui anche la spada di Aragorn, Anduril. Anche mithril, l’Argento di Moria di cui è fatta la cotta di Frodo che fu di Bilbo porta questo suffisso, ad indicare qualche cosa di particolarmente prezioso. Lo stesso significato ha il prefisso sil. (il Silmaril è quindi due volte risplendente).
Sul vuol dire vento e, durante la narrazione, si mette al posto del più comprensibile Colle Vento. (Aragorn chiama il Colle con il nome elfico di Amon Sul confondendo abbastanza le idee). Anche in questo caso, come per il Monte Fato, si è forniti di traduzione per una comprensione più rapida del significato del nome.

Si potrebbe continuare a lungo e sono stati scritti alcuni libri sull’origine dei nomi nei romanzi di Tolkien, ma la piccola dimostrazione che precede voleva semplicemente essere un esempio della complessità della letteratura di Tolkien. La sua strategia porta a trattare nomi del tutto inventati come reali testimonianze di un’antica realtà che va ben oltre i miseri fatti raccontati. E, visto anche il fatto che anch’io mi sono documentata per ciò che precede, direi che la sua tecnica raggiunge pienamente il suo scopo.

Mentre un temerario regista su appresta a girare una trilogia di film da “Il Signore degli Anelli”, si è portati a pensare alla difficoltà nel mettere in scena un’opera così monumentale e complessa. Oltre alla difficoltà dei nomi, si rischia di guastare ciò che più piace dei romanzi di Tolkien: lo stimolo alla fantasia. Non viene quasi mai fornita una descrizione delle creature che vi compaiono e così, probabilmente, ciascuno si è creato una propria idea su come sia fatto, per esempio, un Orchetto. La capacità di Tolkien di far sognare è tale da renderlo qualcosa di più di un moderno autore di fiabe e nonostante la morale principale sia molto semplice (la lotta tra il bene e il male), libri come “Il Signore degli Anelli” sono in grado di far pensare, riflettere e, a volte, trasformano il lettore in studioso appassionato di antiche lingue eliche. Questo è l’effetto della straordinaria capacità di Tolkien di creare un universo infinito oltre le parole (magari tante, ma numero finito) dei suoi romanzi.
1 Vedi “Il Silmarillion”, storie incomplete di Tolkien a cura del figlio Christopher
2 Da “Il Silmarillion”, note in appendice
3 Non credo che tale nome abbia un’etimologia in quanto mel significa “amore” e ben poco si addice al personaggio in questione
4 da mor, scuro, e goth, nemico
5 Da “Il Silmarillion”, note in appendice
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