Il Principe, Machiavelli

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Confronto tra il capitolo XXVI del "Principe" e il resto dell'opera

Osservando il linguaggio, lo stile, l'impostazione e le considerazioni del capitolo conclusivo del "Principe", si riscontra un contrasto quasi stridente con il resto dell'opera; tuttavia tale contrasto non coincide con una contraddizione, ma piuttosto sembra racchiudere in sй il significato stesso del trattato e chiarire lo scopo reale di esso. L'esortazione finale a Lorenzo de' Medici, insomma, smentisce clamorosamente l'aspetto rigorosamente ed esclusivamente scientifico del "Principe", svelandone la nascosta ma profonda tensione etica ed utopistica.
Analizziamo da vicino le differenze principali tra la conclusione e il resto dell'opera. Una prima anomalia si riscontra nel titolo che, se nei capitoli precedenti era sempre stato molto "tecnico", stavolta si presenta diversamente, mettendo addirittura in rilevo il cambiamento di genere letterario: non piщ un trattato, bensм un "exhortatio", termine cui si legano le parole "libertatem" e il contrasto tra Italia e barbari, ripreso successivamente con enfasi patriottica.
Si apre quindi un confronto tra la situazione italiana e quella di altri popoli che, nel passato, erano stati liberati da grandi condottieri; si tratta di personaggi giа citati come Mosи, Ciro e Teseo, ma in realtа il paragone non avviene in modo razionale, in quanto l'atteggiamento analitico appare ridimensionato dalla carica emotiva provocata dalla personificazione dell'Italia, qualificata da aggettivi drammatici e disposti a formare un climax (battuta, spogliata, lacera, corsa). Inoltre, si deve rilevare un fatto ancor piщ interessante. Il nostro paese, secondo la consueta tendenza di Machiavelli al naturalismo, viene descritto come un corpo rimasto "sanza vita", in cerca di qualcuno che "sani le sue ferite", ormai "infistolite"; ma, elemento del tutto innovativo, и l'atteggiamento di esso, quello di preghiera verso Dio. Nel corso del trattato si и piщ volte rilevato come Machiavelli abbia voluto eliminare, o almeno ignorare, l'intervento di Dio nella storia (regolata unicamente dall'azione umana, la virtщ, e da una forza irrazionale, la fortuna) tanto da escludere dalla propria disamina persino la chiesa, quando intesa come autoritа legittimata secondo un principio divino. Al contrario, nell'ultimo capitolo, nel momento in cui la casata medicea viene presentata quale "favorita da Dio"; dunque, nonostante il ribadito principio del libero arbitrio umano, si ammette un intervento di Dio nella storia, il quale non solo agisce secondo il criterio razionale del "giusto", ma inoltre subordina il ruolo della fortuna riducendola quasi a strumento nelle Proprie mani. Addirittura Machiavelli lascia spazio a immagini riproducenti miracoli biblici, con evidente significato figurale, avvenuti proprio al tempo di Mosи; eppure, in precedenza, l'autore aveva estromesso dalla propria indagine il patriarca ebreo, per gli stessi motivi addotti in relazione all'istituzione ecclesiale.
Se ci fermassimo a queste considerazioni e, soprattutto, se accettassimo l'ipotesi di una disgiunzione tra politica ed etica da parte di Machiavelli, la contraddizione sarebbe palese e ingiustificabile. In realtа, perт, l'autore intende creare non solo una nuova etica, ma anche un nuovo modo di concepire l'etica, rifiutando l'adozione di astratti idealismi e focalizzando l'attenzione sulla realtа effettuale. Non si assiste, dunque, ad una polemica contro un tipo di morale, quanto piuttosto contro un modo di concepire la morale, nй le considerazioni del diciottesimo capitolo devono essere considerate un cinico invito alla violenza; al contrario, Machiavelli, dovo aver preso coscienza dell'inevitabile presenza de, male nel mondo, incoraggia a servirsi persino di esso in vista del bene dello Stato. Inoltre, dietro a questa disamina apparentemente utilitaristica e glaciale, si cela l'utopia machiavelliana, quella di un'Italia unita e libera dallo straniero.
Ecco, dunque, che nel capitolo conclusivo l'autore prende una precisa posizione, difende l'abilitа militare degli italiani, propone soluzione affinchй questa, diversamente da quanto accaduto fino ad allora, potesse emergere e risultare determinante negli scontri tra eserciti. Persino il termine "virtщ", accompagnato dall'aggettivo "italica", modifica in parte il suo significato, assumendo quello di "valore militare".
Anche le ultime tracce del modo di procedere tipico di Machiavelli, scientifico, analitico, lineare, basato sulle antitesi, scompaiono a mano a mano verso la fine, soppiantate da una tensione emotiva rispecchiata in un ritmo reso sempre piщ concitato dai climax (sete di vendetta, ostinata fede, pietа, lacrime), dalle interrogative retoriche, dal contrasto tra un linguaggio elevato e termini attinti dal linguaggio comune (ad esempio "puzza"). Se, nel corso del trattato, si и cercato di costruire il modello ideale di "principe", quel principe che, in particolare, riuscirа a liberare l'Italia и definito addirittura redentore (termine attinto dal lessico cristiano).
La conclusione del "Principe" и addirittura all'insegna della lirica, con la citazione di quattro versi della canzone petrarchesca "Italia mia".
Si svela cosм l'altro volto di Machiavelli, forse quello piщ autentico: non quelo di "scienziato della politica", ma quello di "uomo politico" profondamente sconvolto dalla decadenza italiana e desideroso di porvi rimedio fino all'utopia di uno stato unitario e sovrano, utopia clamorosamente smarrita proprio dalla realtа dei fatti.

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