Il mastino dei Baskerville

Materie:Scheda libro
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Data:19.12.2001
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Testo

- Il mastino dei Baskerville -

L’autore

Sir Arthur Conan Doyle nacque a Edimburgo nel 1859. Il suo esordio come scrittore si ha con romanzi storici, ma ottenne successo scrivendo le avventure di Sherlock Holmes. Si tratta di romanzi gialli in cui, attraverso gli occhi di un amico –il dottor Watson –viene esaltata la capacità intuitiva dell’investigatore inglese. Doyle morì nel 1930.

La trama

Nella brughiera del Devonshire c’è un edificio chiamato Baskerville Hall. Questa è, da tempi antichissimi, la residenza della dinastia dei Baskerville, sulla quale pesa una strana maledizione legata ad un’antica leggenda. Si racconta, infatti, che un antenato, Hugo Baskerville, fu assassinato da un cane infernale per i crimini commessi e che –da allora –lo stesso cane demoniaco perseguiti i discendenti. Sir Charles, uno degli ultimi discendenti di Hugo, viveva solo a Baskerville Hall e, negli ultimi tempi, era terrorizzato dall’antica leggenda. Una notte, mentre attendeva qualcuno sulla porta della sua proprietà, fu trovato morto con il volto sfigurato da un misterioso terrore. Dalle rilevazioni del medico e amico James Mortimer sir Charles era rimasto per molto tempo ad attendere, fino a quando qualcosa non lo aveva spinto a correre, chiedendo disperatamente aiuto, fino al punto in cui era caduto morto. Poco distanti dal cadavere c’erano le impronte di un cane gigantesco. Il dottor Mortimer, essendo esecutore testamentario, avrebbe il compito di condurre l’erede sir Henry a Baskerville Hall. E’ però spaventato dai sospetti che la leggenda del cane sia fondata, quindi decide di recarsi da Sherlock Holmes, che gli consiglia di ritornare il giorno successivo con l’erede.
A sir Henry Baskerville, durante la sua permanenza a Londra, succedono due cose strane. Gli vengono rubati due stivali spaiati, uno nuovo ritrovato subito dopo e uno usato. Successivamente gli viene recapitata una lettera minatoria, scritta ritagliando le parole da un articolo di fondo del Times, in cui lo si avverte di restare lontano dalla brughiera. Il giorno stesso Watson e Holmes scoprono che Mortimer e sir Henry a Londra sono pedinati. A causa di un’avventatezza di Holmes, però, non riescono a scoprire l’identità dell’uomo che segue l’erede.
Considerata la situazione Holmes manda il dottor Watson a Baskerville Hall per vigilare sulla vita di sir Henry. Watson, Mortimer e sir Henry si recano, così, nella brughiera. Watson inizia ad indagare sulle persone che popolano la zona, scrivendo regolarmente a Londra. Una delle prime persone che Watson incontra nella brughiera sono il naturalista Stapleton e la sorella Beryl. L’uomo si dimostra subito molto cordiale e illustra al dottore le particolarità della brughiera. Una di queste è la palude di Grimpen, un grande acquitrino di sabbie mobili che solo lui, attraverso complicati passaggi, può attraversare senza cadere nel fango e annegarvi. Mentre i due stanno parlando, sopra la palude di Grimpen si alza un urlo disumano, come un lamento. Secondo i contadini della zona si tratta dell’urlo del mastino che chiama la sua preda, ma Stapleton pensa piuttosto che si tratti di scosse di assestamento del terreno franoso dell’acquitrino. Mentre l’uomo si lancia attraverso la palude rincorrendo una farfalla, sopraggiunge la sorella. Beryl, che appare molto turbata, dice a Watson di andarsene dalla brughiera, perché si tratta di un posto pericoloso per lui. Resasi conto dell’equivoco, ossia che la persona che ha di fronte non è l’erede di sir Charles, si scusa e prega Watson di dimenticare le sue parole.
Nella brughiera si aggira anche un evaso dalla prigione vicina. Si tratta di un assassino cui la polizia sta dando la caccia da tempo. Holmes scopre che è il cognato del maggiordomo di Baskerville Hall. Barrymore –il maggiordomo –gli lascia tutte le sere del cibo e dei vestiti di fronte al cancello della casa. Nel frattempo Watson scopre che nella brughiera si aggira anche un'altra persona, che vive in una capanna abbandonata. Una sera decide di andare a vedere e, dopo alcuni momenti di tensione, scopre che si tratta di Holmes. L’investigatore si era recato sul luogo per osservare non visto le persone che abitano la zona.
La notte Watson e Holmes sentono delle grida e dei latrati di cane. Quando si recano sul posto scoprono il cadavere di un uomo che indossa gli stessi vestiti di sir Henry. Si tratta di Selden, l’assassino evaso. Lì accanto trovano anche le impronte di un cane gigantesco. Mentre stanno trasportando il cadavere verso Baskerville Hall incontrano il naturalista Stapleton. Vistosi così scoperto, Sherlock Holmes si reca a Baskerville Hall. Durante la cena, osservando i ritratti di famiglia, Holmes si rende conto che Selden è molto somigliante al progenitore Hugo Baskerville. Dopo alcune indagini l’investigatore scopre così che Stapleton è un lontano parente dei Baskerville e che Beryl è, in realtà, sua moglie. Decidono così di tendere una trappola all’uomo, ritenendolo ormai l’assassino. Comunicano a sir Henry che il giorno dopo sarebbero andati a Londra, sapendolo invitato per cena a casa degli Stapleton. La notte, invece, si appostano fuori dalla casa del naturalista per aspettare sir Henry. Quando l’erede sopraggiunge, di corsa, è inseguito da un cane enorme che sembra sprizzare fiamme dagli occhi. La bestia viene uccisa da Holmes e scoprono così che era cosparsa da una mistura di fosforo che gli conferiva quell’aspetto demoniaco. Vanno di corsa a casa di Stapleton, ma l’uomo non c’è più. Trovano, legata in soffitta, la moglie Beryl. Questa racconta loro che il marito si sarebbe probabilmente rifugiato al centro della palude di Grimpen, dove aveva preparato un rifugio per sé e dove normalmente teneva il cane. Il mattino dopo, però, Holmes e Watson si rendono conto che l’assassino, considerata la notte di nebbia e le numerose tracce, non era riuscito ad orientarsi e doveva essere caduto nell’acquitrino.

Personaggi

SHERLOCK HOLMES_ Eccentrico e, a tratti, velatamente insopportabile, fisicamente presenta una figura atletica. La sua mente adora dare sfoggio della sua abilità, spesso ai danni del prossimo, sfoggiando grandi capacità logiche e incredibile acutezza. Da buon inglese, volutamente stereotipato, Holmes beve tè ad ogni ora. Fuma la pipa e non è per niente mattiniero, ma si dimostra anche brillante uomo d’azione.
IL DOTTOR WATSON_ E’ la voce narrante del racconto. Ammira profondamente il suo amico investigatore e, a tratti, tenta di imitarne i metodi di investigazione. Ogni tanto lascia trasparire una certa frustrazione per non riuscire ad eguagliare Holmes, ma esterna in modo chiaro l’amicizia che lega i due.
IL DOTTOR JAMES MORTIMER_ Esecutore testamentario del defunto sir Charles, si reca da Sherlock Holmes per chiedergli consiglio. E’ lui che confida all’investigatore la leggenda del cane infernale e i suoi sospetti sulla causa della morte dell’amico sir Charles. E’ sempre lui a condurre sir Henry Baskerville alla sua proprietà nella brughiera.
SIR HENRY BASKERVILLE_ Impetuoso e a volte iracondo, è il cliente principale di Sherlock Homes, che ha il compito di proteggerlo da colui che vuole spaventarlo con la leggenda del cane, o addirittura ucciderlo.
JACK STAPLETON_ Naturalista stravagante, vive con la sorella Beryl in una casa nella brughiera. In realtà è lui l’ultimo lontano discendente della dinastia dei Baskerville e Beryl non è sua sorella, ma sua moglie. Al centro di un terreno acquitrinoso ha allevato un cane gigantesco, un incrocio tra un mastino e un bracco, che aveva utilizzato per far morire di paura sir Charles. L’ultima notte della vicenda Stapleton lancia il cane contro sir Henry, ma uditi gli spari di Holmes, era scappato. Nel tentativo di raggiungere la palude, in quella notte nebbiosa, era scivolato nell’acquitrino e annegato.
BERYL STAPLETON_ Moglie dell’assassino, si innamora di Henry Baskerville. L’ultima notte viene legata in soffitta dal marito. Liberata da Holmes, aiuta l’investigatore a rincorrere il marito. Secondo me si potrebbe tranquillamente annoverare tra le vittime dell’assassino: «Sono la mia mente e la mia anima che ha torturato e rovinato. Io avrei potuto sopportare tutto, i maltrattamenti, la solitudine, una vita di inganni, tutto, finché avessi potuto aggrapparmi alla speranza di avere ancora il suo amore, ma adesso so che anche in questo sono stata ingannata e si è servito di me.»
BARRYMORE_ E’ il maggiordomo di Baskerville Hall. La moglie è la sorella dell’evaso nella brughiera. Di nascosto dal padrone lascia vestiti e cibo al cognato.

I luoghi

LA BRUGHIERA_ E’ un luogo tetro e oscuro la cui diabolicità ruota attorno a due fulcri:_ Baskerville Hall e la palude di Grimpen. Baskerville Hall è il punto di riferimento per sir Henry e Watson, Grimpen è quello che si potrebbe definire il centro dell’inferno. Lì Stapleton teneva rinchiuso il mastino –del quale si sentivano i lamenti –e sempre lì l’assassino tenta di rifugiarsi una volta vistosi scoperto.
Si possono riscontrare numerosi altri esempi letterari in cui la palude è un luogo infernale in cui dominano gli aspetti del diabolico o, comunque, su cui grava un’atmosfera di mistero e di morte. Per esempio si potrebbe fare un parallelismo con la Palude della Tristezza de “La Storia Infinita” di Ende, oppure in “Lo Scarabeo d’oro” di Edgard Allan Poe, che sfrutta l’atmosfera della palude per accrescere l’aura di mistero attorno ad un tesoro.
LONDRA_ A differenza di quasi tutti i libri che hanno Sherlock Holmes come protagonista, “Il mastino dei Baskerville” non è ambientato a Londra. Normalmente, infatti, l’investigatore non è un personaggio d’azione, ma di ragionamento e del quale viene messa in evidenza soprattutto l’intelligenza. In questo caso, invece, credo come diretta conseguenza dell’ambientazione in esterni, Holmes si dimostra anche pronto nel momento del pericolo. In questo racconto Watson desidera spesso di trovarsi a Londra e la città è dipinta agli occhi del baronetto come il luogo di salvezza. Si potrebbe quindi definire in netta contrapposizione con la diabolicità della brughiera.

Lo stile letterario

Lo stile del libro è quello del racconto diretto –fatta eccezione per la parte epistolare dei resoconti di Watson a Holmes. Nonostante si tratti di un libro giallo in cui la componente spettrale ha un ruolo fondamentale, non si può certo definire un libro dell’orrore. Mi risulterebbe arduo, però, anche definirlo un libro giallo. Non mi sembra che il fine sia quello di scoprire un assassino –la cui identità è nota già molte pagine prima dell’epilogo –bensì quello di elogiare l’acume del protagonista. Non è il romanzo del mistero, ma il trionfo della razionalità.
Spesso sono inserite frasi che sembrano quasi delle morali: sempre Watson utilizza gli avvenimenti che sta raccontando come spunto di riflessioni. Alla morte di Selden la signora Barrymore piange a lungo. Quell’uomo era un assassino, ma, nonostante tutto, la sorella si dispera per la sua morte. «Veramente maledetto è l’uomo per il quale non ci sia una donna che pianga.»

Il lessico

Il linguaggio è molto semplice e diretto, a parte alcune parole oscure dovute allo stampo inglese del romanzo. Per esempio, mi è ancora sconosciuto quanto misuri una yarda.

Commento

Secondo me la parte meglio riuscita è l’ambientazione. Gli elementi della nebbia e della palude sono quelli di maggiore effetto e si fondono perfettamente con la spettrale presenza del cane diabolico. Per quanto riguarda i personaggi, secondo me Holmes è un essere insopportabile. E’ un uomo pieno di sé che non sa minimamente apprezzare gli sforzi del suo amico. Trovo assolutamente intollerabile la sua mancanza di delicatezza: «…temo che le sue deduzioni fossero in gran parte errate. Occasionalmente io vengo indirizzato verso la verità rilevando i suoi errori.» Dopo settimane che Watson è nella brughiera –quel posto infame –e che scrive regolarmente all’amico a Londra riguardo agli sviluppi del caso, si scopre che Holmes era già da tempo nella brughiera. Appena arrivato gli basta uno sguardo ad un quadro di famiglia per risolvere il caso. Senza contare che, appena giunto nella brughiera, non si è minimamente preoccupato di informare Watson della sua presenza. E neppure gli ha dato una voce quando l’ha visto nascondersi nella capanna al suo arrivo. «Mi è arrivato di lontano il rumore distinto di una scarpa che urtava un sasso, poi un altro e un altro ancora, sempre più vicini. Io mi ero raggomitolato nell’angolo più buio e avevo armato il revolver che avevo in tasca, deciso a non rivelare la mia presenza prima di aver visto lo sconosciuto. C’è stata una lunga pausa…» Se fossi stata in Watson, dopo aver scoperto che quello che mi aveva causato un tale spavento era il mio amico, probabilmente gli avrei sparato lo stesso. In sintesi a Doyle va tutta la mia comprensione quando decise di uccidere il suo personaggio.
Credo che la morale del libro si possa riassumere in un concetto degno di Sherlock Holmes: la razionalità e la lucidità hanno sempre ragione sulla suggestione e sulla superstizione. Non si può negare, però, che anche l’investigatore sia stato abbastanza suggestionato dall’apparizione improvvisa del cane, perché quando sarebbe stato il momento di sparare contro la bestia, sia lui che Watson per un attimo sono rimasti, comprensibilmente, paralizzati.
Il mio voto a questo libro è positivo, anche se la conclusione più degna sarebbe stata quella in cui il cane sbrana Sherlock Holmes.

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