Il logos attraverso il tempo e lo spazio

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Testo

IL LOGOS ATTRAVERSO IL TEMPO E LO SPAZIO
COME ESPRESSIONE DI PENSIERO, DI AZIONI,
DI LIBERTA’, DI CREATIVITA’ E DI GENIALITA’
INTRODUZIONE
La parola LLLLL è polisemantica ed è quindi bene non tradurla. Essa si riconnette al verbo greco "lego", che in origine significava "legare" ma che poi passò a significare "parlare". vuol dire, tra le varie cose, discorso: c'è l'idea di più parole che vengono tra loro legate per assumere un significato. Può anche significare "discorso interiore" in quanto prima di parlare, si effettua un ragionamento, un dialogo interno a noi stessi. Quindi passò a significare "ragionamento" e da qui "ragione", ossia la facoltà di effettuare ragionamenti.
Il IIIII fa parte della vita quotidiana di tutti, non solo degli adulti, ma anche dei bambini che giocano, infatti molte volte assistiamo a casi in cui il bambino immagina discorsi con un compagno che non esiste realmente, un’altra visione dell’Io.
Nella vita di tutti i giorni veniamo sempre a contatto con altre persone e ci rapportiamo sempre con gli altri, per questo il sta alla base della nostra esistenza. Sta alla base di tutto ciò che è scritto, quindi prosa, poesia, ma anche una semplice lettera indirizzata ad un amico lontano; sta alla base dello sviluppo delle diverse vicende e periodi storici che si susseguono senza mai fermarsi; sta alla base della vita religiosa e della fede di ognuno di noi, che sia più o meno forte, più o meno radicalizzata; sta alla base dell’arte che circonda costantemente le nostre vite ed i nostri giorni; sta alla base di tutte quelle culture che anche a distanza di secoli sono vive più che mai ed ispirano artisti di tutto il mondo e di tutte le età; sta alla base di quella disciplina che ci insegna a pensare e alla base del pensiero di quei filosofi che sono ritenuti grandi proprio per questo.

ITALIANO
LOGOS: IL DIALOGO PRESENTE TRA LO SCRITTORE E IL LETTORE
Sin dalle origini l’uomo ha sempre sentito il bisogno di dialogare e rapportarsi con gli altri. La scrittura, nata ed utilizzata inizialmente per scopi pratici, coi secoli è divenuta strumento di diffusione delle proprie idee. In questo modo nacque la letteratura.
......, quindi, inteso come comunicazione di emozioni o anche spiegazione, basti pensare alle poesie. Non c’è mezzo verbale migliore della poesia e questo i poeti e gli scrittori lo avevano capito prima di noi.
La poesia è anche dialogo culturale tra i popoli. Inoltre il dialogo poetico è attualmente in corso e in questo dialogo, potremmo pensare, entra in gioco il modo, diverso da soggetto a soggetto, di vedere la verità che sta alla base di tutte le cose.
Infatti il comunicare qualcosa, parlato o scritto, tende sempre verso il dialogo, un dialogo con l’Io dell’altro. Nel caso del testo scritto non vi è una risposta diretta con l’autore, ma la lettura silenziosa è già di per se una risposta. Quindi anche la lettura intima di testi dovrebbe far pensare a un dialogo con l’autore.
Potremmo considerare questo dialogo intimo con l’autore, come un dono della poesia, il prodotto della volontà diretta dell’autore stesso a voler parlare con noi.
Ed è proprio questo voler parlare con lettori che siano in grado di comprendere ciò che si scrive, che siano in grado di provare le stesse emozioni e che, in un certo senso, riescano a condividere le analoghe situazioni, che ha spinto gli scrittori della penisola italiana, come quelli appartenenti alle diverse zone d’Europa una volta province romane, dall’VIII secolo, a scrivere nel proprio volgare.
Quest’uso del volgare portò ad un nuovo rapporto tra scrittori e lettori e provocò la formazione di un pubblico nuovo.
La Chiesa, che invece doveva poter comunicare con tutto il mondo allora Cattolico, utilizzava ancora il medio-latino, ovvero una continuazione dell’antico latino parlato nell’impero, ma modificato col passare dei secoli.
Il IIIII quindi potremmo definirlo come mezzo utilizzato e utilizzabile per sentirci più vicini a chi è come noi, anche se si è a 8 000 miglia di distanza.
STORIA
IL LOGOS: LA BASE DELL’ESISTENZA E SVILUPPO STORICO
Nelle relazioni tra popoli e nelle relazioni del singolo individuo il zzzzz da sempre è stato e continua ad essere lo strumento per eccellenza necessario per superare conflitti.
Me che MMMMM? Come abbiamo detto precedentemente, è una parola polisemantica e nell’ambito storico può rappresentare diversi significati, dal semplice discorso logico, a messaggio, a risoluzione razionale dei problemi, a confronto.
Pensiamo: se non ci fosse mai stato dialogo nulla si sarebbe mai riuscito a costruire.
Prendiamo in esempio le guerre e le diverse e innumerevoli paci e accordi e leghe firmate nel corso di tutta la storia.
Le guerre sono veri e propri scontri e gli scontri nascono quando non si trovano (o meglio, cercano) punti d’accordo. Se per ogni guerra che è stata combattuta e che ancora dovrà far morire milioni di persone strappandole alle proprie famiglie con il rumore assordante delle armi, ci fosse stato un confronto (diverso da scontro), ci fossero state persone che, mettendosi nei panni di chi gli stava di fronte, abbiano cercato, dialogando, una risoluzione razionale dei problemi, tutto il dolore che si è provato non sarebbe esistito. D’altra parte, nei momenti in cui abbiamo accordi vi è sicuramente la presenza di dialogo, la presenza di giorni passati alla ricerca di un confronto pacifico, di un accordo alla cui base c’è il , ci sono equilibrio e armonia.
Il dialogo autentico richiede il superamento degli steccati, dei muri, che la storia ha costruito anche e soprattutto tra una cultura e l’altra, spesso così alti da arrivare fino in cielo. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di muri psicologici, cresciuti dentro il nostro stesso cuore.
Comunque sia, arrivati ad un certo punto, bisogna decidere se iniziare a percorrere la via del CCCCC o meno, se giungere ad un accordo, ad una riappacificazione o meno.
La pace di Augusta, ad esempio, fu conseguenza principalmente della lotta tra Cattolici e Luteranesimo. I Luterani, infatti, avevano molti meno privilegi dei Cristiani, che cercavano sempre di sottometterli. Quando i principi protestanti e due città tedesche si unirono per formare la Lega di Smalcalda, l’imperatore Calo V cercò di combatterli. Alla fine di questa vera e propria guerra (detta Guerra di Smalcalda), Carlo V ne uscì vincitore, ma molti dei principi che lo avevano appoggiato in battaglia, passarono al Luteranesimo. Essendo messo l’Imperatore dinanzi a fatti che non gli erano favorevoli capì che non poteva continuare a combattere i Luterani e che una pace, frutto di uuuuu, sarebbe stata più produttiva. Così venne stipulata la pace di Augusta la quale prevedeva la libertà dei principi di scegliere se essere Luterani o Cattolici (Ius reformandi), ma i sudditi erano, invece, costretti a professare la religione scelta dal proprio principe (Cuius regio, eius religio). Il Cattolicesimo, però, potè godere di un vantaggio: se un principe passava al Luteranesimo, perdeva titolo e territorio.
Spesso la mancanza di SSSSS porta ad una propensione verso il non rispettare le regole o le leggi imposte.
La legalità (o l’illegalità) è presente in tutta la storia ed è legata anche ad alcuni personaggi che hanno contribuito ad essa. Tra questi Niccolò Machiavelli.
Egli, infatti, mirava ad uno Stato unitario, dove non vi erano lotte e insurrezioni interne e resistente agli attacchi esterni. Uno Stato in equilibrio, non presente nell’XV-XVI secolo. Egli riteneva che nella penisola italica e tra i diversi Stati Regionali non ci sarebbe mai stata alcuna pace o unificazione a causa della presenza dello Stato della Chiesa; infatti questo aveva bloccato ogni spinta verso l’unità della penisola ed era ormai un potere religioso molto corrotto. Inoltre scrisse “il Principe” e “Discorsi sulla prima deca di Tito Livio”.
Nel “Principe” delinea il profilo di un capo di stato immaginandolo come un vero e proprio eroe politico, capace di saper ricorrere alla violenza, ma saper far anche rispettare le buone leggi. Questo ideale eroe politico, inoltre, deve respingere i mercenari, perché non sono quegli stessi soldati che combattono per una causa che sentono loro.
Nei “Discorsi” si pone, invece, il problema su quale sia la forma di Governo più giusta onde evitare la decadenza di uno Stato. Imitando gli artisti, anche lui si rifà alla politica degli antichi del periodo Classico, traendone esempi e lezioni. Quindi formula l’idea che la forma di governo più produttiva e più equilibrata sia quella del periodo fiorente dell’Impero romano.
RELIGIONE
IL LOGOS: SIMBOLO DEI DISCORSI DIVINI
Chiunque creda in un dio, che sia il Dio cristiano, Buddha o Allàh, crede soprattutto in un AAAAA che ci metta in comunicazione con quel dio.
Più propriamente, i Cristiani, vedono nelle Sacre Scritture la volontà ed esigenza di Dio di far diffondere la Parola Sacra.
Non solo, infatti la comunicazione con Dio si ha, quindi, sia pregando, sai leggendo i testi Sacri. Il IIIII, in questo caso, è visto come Verità Universale e immodificabile e come Legge che regola tutte le cose. I Cristiani credono nelle verità espresse dal proprio Dio e molte volte vi è una chiusura, quindi una mancanza di dialogo con i “diversi”, ovvero con coloro che professano altre religioni, e questa chiusura ha fatto si che nascessero e si sviluppassero muri alti e difficilmente abbattibili. Una delle ragioni per cui il dialogo con i musulmani ci riesce più difficile è proprio il ricordo dei tanti muri innalzati tra noi e loro, non solo a livello religioso, ma anche culturale. In molti casi anche noi ci siamo serviti della religione per chiuderci in noi stessi, nella nostra cultura, permettendo che il cristianesimo si identificasse con la cultura occidentale.
Papa Benedetto XVI ha cercato di abbattere il muro che impedisce il dialogo con l’islamismo. Il suo ultimo viaggio pastorale in Turchia, avvenuto nell’ultima settimana del Novembre 2oo6, ha avuto come scopo il dialogo. Dialogo - come egli stesso ha affermato - inteso in diverse dimensioni: dialogo tra le culture; dialogo tra Cristianesimo e Islam; dialogo come mezzo portatore di una migliore comprensione; dialogo come mezzo di riavvicinamento tra le Chiese Cattolica e Protestante.
I Cristiani, comunque, credono che il dialogo sia autentico se, per principio, non escluda nessuno, poiché Dio ama tutti e il Suo Spirito opera in tutti, senza esclusioni arbitrarie, sicché ognuno di noi è chiamato, nel dialogo, a testimoniare l'amore con cui Dio lo predilige. Il dialogo è autentico nella misura in cui è un servizio della Verità. Il dialogo è alla base del Cristianesimo; come Cristiani, infatti, siamo portatori di una Parola che dobbiamo annunciare, con umiltà e povertà, perché non nostra, ma di Dio. Perciò, nell'incontro con l'altro, non dovrebbe avanzare tempo e spazio per l'intolleranza, l'arroganza, e neanche per la neutralità e la passività.
Se non siamo consapevoli della ricchezza ricevuta in dono, il dialogo sarà molto povero e a rischio di confusione.
In conclusione, come cristiani e cattolici che abitano un mondo sempre più globalmente policromo, sfaccettato e complesso, siamo chiamati ad una nuova responsabilità, di non opporci al dialogo.
GRECO
IL LOGOS COME PARTE INTEGRANTE DEL GENERE EPICO
Nella Grecia del noto aedo Omero nacque il genere epico. Ma chi era l’aedo greco? E da dove viene l’aggettivo epico?
L’aedo era un cantore o un poeta ispirato, che cantava accompagnandosi con la cetra sia di fronte ad un pubblico aristocratico sia nelle piazze, laddove si raccoglievano uomini di ogni età e condizione. Questo cantore sa di cose recenti e di cose antiche, conosce vicende di guerrieri appena caduti in battaglia, ma anche remoti eventi di dei e di eroi, e soprattutto sa collegare le storie antiche con i fatti recenti e raccontare tutto sotto forma di canto. La caratteristica è che non inventa nulla, ma è ispirato, ovvero ripete quanto la dea del canto, la Musa della poesia, gli suggerisce.
L’aggettivo epico deriva da epos, cioè quell’aura di sacralità che circonda gli aedi e li fa parlare con un tono alto e solenne.
Il primo cantore fu Omero; egli fu anche il primo che mise per iscritto tutto ciò che la Musa gli suggeriva.
Il racconto, una volta scritto, non perde però molte delle caratteristiche facenti parte il racconto orale. Una di queste è la formularità. Lo studioso Milman Perry scoprì nell’Iliade e nell’Odissea di Omero, la presenza di versi formulari, ovvero versi che si ripetevano uguali in tutto il racconto; questi avevano una duplice funzione: la prima era di far ricordare all’aedo il racconto più facilmente, la seconda era di far ricordare a chi ascoltava i fatti precedentemente narrati.
Perché queste due opere epiche, però, di rado appaiono monotone e ripetitive? L’aedo aveva la capacità di variarne il più possibile i modi, lasciando spesso la parola ai personaggi stessi, quindi anche passando a loro la funzione di narratore. Questo avveniva attraverso un accorgimento narratologico chiamato “racconto del messaggero”, utilizzato quando un personaggio, ignaro di ciò che è accaduto, viene informato dei fatti. Questo accorgimento, in genere, viene utilizzato nei momenti cruciali della trama, quando gli eventi stanno per subire un brusco cambiamento.
Un altro accorgimento, presente nell’Odissea, è quello denominato “grande racconto”, ovvero il flashback in cui Odisseo racconta tutte le sue peripezie dalla partenza da Troia fino all’arrivo sull’isola dei Feaci.
Il fluire del racconto epico è spesso però interrotto da dialoghi, a volte molto estesi, in cui il narratore cede la parola ai personaggi, ma avendo cura di inquadrare il discorso, quindi facendolo precedere da formule introduttive (“disse”; “iniziò a parlare”; “gli rivolse parole”), inserendovene altre per sottolineare l’alternarsi degli interlocutori (“rispondendo a sua volta”; “disse allora”; “così rispose”).
Questa tecnica ha lo scopo di evidenziare come il narratore sia sempre presente e come il dialogo rappresenti una sospensione momentanea del racconto e quanto questo sia importante per evitarne la monotonia.
FILOSOFIA
SOCRATE, IL FILOSOFO DEL LOGOS E DELLA CONFUTAZIONE IRONICA
Socrate, vissuto nel V secolo a.C. , è da sempre chiamato il “filosofo che non scrive”. Questo perché? Socrate non amava scrivere poiché riteneva che tutto ciò che si deve imparare e ricordare non ha necessità di essere scritto, la nostra mente è già di per se un libro su cui incidere tutte le nozioni fondamentali.
Quando l’oracolo di Delfi svelò all’amico Cherofonte che il più saggio ad Atene era proprio lui, non capendo il perché ed essendo rimasto meravigliato da questa rivelazione, cercò di scoprire perché veniva considerato il più sapiente. Interrogò così coloro che, secondo lui, dovevano essere i più colti e dotti, in maniera sommessa e insistente, spinto dalla fame di conoscenza. Scopre, così, che nessuno sa in realtà qualcosa, ma tutti credono di sapere e scopre di conseguenza che lui è il più sapiente perché sa di non sapere; è consapevole del fatto di non poter conoscere tutto.
Da quel momento inizia la missione di Socrate ovvero far capire, far rendere conto gli altri, che non sanno. E per fare ciò utilizza il metodo chiamato “confutazione ironica”, consistente nel porre domande brevi e precise e basato sul ,,,,,. Socrate quindi utilizza il ....., più propriamente in questo caso come dialogo, per far comprendere ai giovani a cui insegnava che solo attraverso la sua sollecitazione a trovare delle risposte a domande ben precise, si riusciva a conoscere se stessi, giungendo alla consapevolezza di non sapere. Il iiiii per Socrate è quindi un porre domande precise e ricevere risposte altrettanto precise. Socrate mira a eliminare l’ignoranza attraverso il , ignoranza che considerava essere il male, opposto alla conoscenza, quindi alla virtù. L’ironia della confutazione ironica è ambigua, sottile e profonda che serve a mettere in crisi l’uomo, dove mettere in crisi significa far capire che non si possiedono tutte le conoscenze possibili.
Cosa rappresenta il fatto che gli interlocutori di Socrate non sanno rispondere alle sue domande? La parola rappresenta l’essere stesso (es: la mia parola rappresenta me stesso) ed il fatto che quegli interrogati non sanno rispondere rappresenta quindi che non conoscono loro stessi. È li che inizia ad agire il metodo induttivo di Socrate. Poiché alla domanda “cosa significa essere coraggiosi”, lui non riceve una risposta in cui venga spiegato il concetto di coraggioso, ma un esempio di esso (essere coraggiosi significa comportarsi come Achille), egli utilizza il metodo dell’induzione, ovvero quel procedimento logico che conduce al concetto delle cose.
Socrate viene considerato l’uomo dell’ “arte maieutica”; in questo caso non solo vi è un collegamento con il suo metodo, ma vi è anche un nesso con la sua vita privata infatti come la madre è levatrice e aiuta a far partorire i corpi, così Socrate aiuta a far partorire le idee.
Il IIIII nasce proprio come concetto filosofico e da li si sviluppa ed acquista tutte quelle sfaccettature che presenta oggi. Quindi potremmo dire che è proprio grazie ai filosofi se noi siamo consapevoli dell’onnipresenza del .
ARTE
IL LOGOS COME LINGUAGGIO VISIVO
L’arte è sempre stata utilizzata per comunicare un qualcosa che aveva bisogno di essere osservato. Oggi consideriamo arte anche tutto ciò che allora era stato creato per scopi pratici o rituali e che oggi sono solo opere da museo.
I greci solevano rappresentare gli uomini come giovani forti e belli, gli Imperatori romani si servivano delle statue a tutto tondo per far conoscere all’Impero il loro aspetto e per mostrarsi nelle loro vesti.
Nel Rinascimento rinacque l’arte classica e molti artisti si ispirarono per le loro opere proprio a quelle classiche.
Tra questi vi era Donatello, uno degli scultori più importanti, se non il più importante, di quel tempo.
Nel 1433 Donatello realizzò il David in bronzo, di origine classica, e la scelta del nudo fu motivo di discussione; infatti nel Medioevo il nudo era simbolo del peccato, ma con il Quattrocento esso riacquista il suo significato di purezza ideale. L’eroe è nudo perché difeso soltanto dalla sua virtù morale e perché in questo modo il messaggio che il personaggio vuole inviare arriva all’osservatore senza ostacoli, chiaro e preciso.
Il contrasto fra la levigatezza raffinata di alcune parti e l’insistenza particolaristica di altre (la testa di Golia e la ghirlanda ai piedi del giovane eroe, i capelli, lo strano copricapo), sono elementi che denunciano l’innata inquietudine donatelliana.
Messaggio importante lo invia la delicata luminosità delle superfici, che si tendono per i risalti anatomici e per certe contrazioni.
CONCLUSIONE
Il IIIII, non è scomparso, vive in noi, vive dentro di noi. Il ,,,,, ci circonda costantemente, ci avvolge, ci chiama. Il non ci ignora, siamo noi che ignoriamo lui, che non ascoltiamo il suo richiamo. Il è quella vocina in fondo a noi stessi che ci spinge al dialogo. Il ccccc è spiegazione, ricerca, calcolo, la risoluzione razionale dei problemi. Il è messaggio, confronto, problematica, progresso, logica, razionalità. Il ci porta ad una crescita ed ad un miglioramento, ci protende verso la razionalità. Il ooooo è il discorso divino, è verità universale.
Perché non rispondere al suo richiamo?
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