Gli espropri e le strade

Materie:Tesina
Categoria:Generale
Download:2985
Data:03.09.2007
Numero di pagine:24
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
espropriazioni_1.zip (Dimensione: 65.18 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_gli-espropri-e-le-strade.doc     149 Kb


Testo

TESI INTERDISCIPLINARE D’ESAME
Allievo geom. Zaccaria Chiara 5^b
Anno scolastico 2006/2007
GLI ESPROPRI E LE STRADE
MATERIE E ARGOMENTI TRATTATI:
ESTIMO – gli espropri per pubblica utilità
TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI – le reti di trasporto
TOPOGRAFIA – le strade
IMPIANTI – le macchine per movimento terra
ESPROPRIAZIONI PER PUBBLICA UTILITA’
L’espropriazione per causa di pubblica utilità è definita come una privazione forzata del diritto di proprietà o di un altro diritto reale, fatta per motivi di pubblico o generale interesse, ovvero è una limitazione del diritto di proprietà privata consentita dalla Costituzione. È un istituto giuridico.
Possono essere espropriati tutti i beni, siano essi mobili, immobili o diritti (come il diritto di costruire).
Il processo di espropriazione prevede che la persona privata di un bene sia comunque risarcita con un adeguato indennizzo (che non deve essere confuso con il risarcimento del danno, poiché l’indennizzo avviene in un contesto di legalità, ovvero secondo le leggi che regolano l’esproprio, mentre il risarcimento del danno è determinato da un comportamento illegale, in cui vi è dolo da chi ha causato il danno).
La disciplina che regola le espropriazioni è costituita dal “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, emanato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 8 giugno 2001: questo regolamento contiene anche parte delle vecchie norme emanate nel corso degli anni e poi via via modificate (legge fondamentale del 1865, legge “Napoli” del 1885, legge per la casa del 1971, in seguito modificata da altre fra cui la legge Bucalossi, e legge Amato del 1992).
Esistono due tipi di espropriazioni:
1. espropriazione totale → il proprietario viene privato integralmente di un suo fondo. L’art 39 della legge sugli espropri prevede che l’indennità sia pari al giusto prezzo che l’immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita dove, per giusto prezzo, s’intende il valore di mercato del bene secondo i prezzi correnti al momento della dichiarazione di pubblica utilità. Nella stima del valore non devono essere considerati fatti come l’aumento di valore che sarebbe derivato al bene espropriato dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità, le costruzioni, le piantagioni e le migliorie che risultino essere state eseguite dopo la dichiarazione di pubblica utilità allo scopo di ottenere una maggiore indennità. La legge non impone alcun particolare procedimento estimativo, ma lascia al perito incaricato della stima la facoltà di scelta del procedimento più adeguato.
2. espropriazione parziale → secondo l’art. 40 delle legge sugli espropri, in caso di espropriazione parziale l’indennità consiste nella differenza fra il giusto prezzo che avrebbe avuto l’intero immobile prima dell’occupazione e il giusto prezzo che potrà avere la sua parte residua dopo l’occupazione; si individua così il valore complementare della parte espropriata rispetto al fondo integro: è necessaria per disposizione di legge e va formalizzata, anche se l’espropriazione riguarda una parte esigua del fondo. Di norma un’opera di pubblica utilità arreca vantaggio alla parte residua del fondo, determinabile come valore fondiario. Per evitare che il vantaggio riduca eccessivamente o vanifichi l’indennità effettiva, questa non potrà essere inferiore alla metà di quella determinata secondo l’art. 40.
I soggetti dell’espropriazione definiti dalla legge sono:
- espropriato → soggetto a cui viene espropriato il bene;
- autorità espropriante → autorità amministrativa che cura il procedimento
- beneficiario dell’espropriazione → soggetto a favore del quale viene emesso il decreto di esproprio
- promotore dell’espropriazione → soggetto che chiede l’espropriazione
Fasi dell’espropriazione
L’iter espropriativo prevede 5 fasi:
1. il vincolo preordinato all’esproprio → l’area viene sottoposta al vincolo preordinato all’esproprio con l’approvazione dello strumento urbanistico (es. PRG) che prevede su di esso la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Questo provvedimento dura 5 anni, ed entro tale termine deve essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità. Al proprietario deve essere inviato l’avviso dell’avvio del procedimento.
2. dichiarazione di pubblica utilità → è implicita nell’approvazione del progetto definitivo dell’opera di pubblica utilità e del piano di attuazione, che può essere un piano particolareggiato, un piano di lottizzazione, un piano di recupero, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi ecc.
3. indennità di espropriazione → entro i trenta giorni successivi alla dichiarazione di pubblica utilità il promotore dell’espropriazione compila l’elenco dei beni da espropriare e indica le somme che offre per le loro espropriazioni (l’elenco va notificato a ciascun proprietario); nei successivi trenta giorni, invece, gli interessati possono presentare osservazioni scritte e depositare documenti. Valutate le varie osservazioni l’autorità espropriante determina la misura dell’indennità provvisoria di esproprio (anche quest’atto va notificato al proprietario).
4. accettazione dell’indennità → nei trenta giorni successivi alla notificazione il proprietario può comunicare all’autorità espropriante, con dichiarazione irrevocabile, che accetta l’indennità (entro sessanta giorni l’indennità deve essere pagata la somma offerta, altrimenti devono essere aggiunti gli interessi legali). In seguito al pagamento dell’indennità il beneficiario e il proprietario sono tenuti a concludere l’accordo di cessione volontaria, che deve essere trascritto entro quindici giorni presso l’Ufficio dei registri immobiliari. Si può quindi dire che l’esproprio si conclude con un atto di compravendita. Se il proprietario non risponde all’accettazione l’indennità si intende rifiutata (silenzio-rifiuto) e viene perciò depositata presso la Cassa depositi e prestiti;
rifiuto dell’indennità → il proprietario non accetta l’indennità provvisoria proposta. Si procede quindi alla determinazione dell’indennità definitiva: il proprietario sceglie a chi affidare il compito di determinare l’indennità (a tre tecnici appositamente nominati da autorità espropriante, proprietario e presidente del tribunale civile, o alla commissione provinciale per gli espropri, formata da nove membri). Se l’indennità definitiva determinata dai tre tecnici o dalla commissione viene accettata si procede al pagamento, altrimenti l’autorità espropriante ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti e procede in qualsiasi caso all’emanazione del decreto di espropriazione. Il proprietario può fare opposizione alla stima con ricorso in Corte d’appello.
5. decreto di esproprio → il decreto finale di esproprio viene emanato dall’autorità competente (Stato, Regione, Provincia, Comune) e consente l’occupazione dell’immobile. Il decreto indica gli estremi degli atti da cui è sorto il vincolo preordinato all’esproprio, gli estremi del provvedimento che ha approvato definitivamente il progetto, l’indennità provvisoria, precisando se sia stata accettata e pagata, o rifiutata e depositata pressa la Cassa depositi e prestiti, i nominativi dei tecnici incaricati di determinare l’indennità definitiva, precisando se essa sia stata accettata e pagata o rifiutata e depositata presso la Cassa depositi e prestiti, e l’atto del passaggio di proprietà. La notifica al proprietario del decreto può avere luogo contestualmente alla sua esecuzione. Il decreto viene eseguito con l’occupazione e si effettua mediante verbale di immissione in possesso o compilazione dello stato di consistenza.
L’indennità di esproprio
L’ indennità costituisce un reddito diverso da dichiarare per chi non eserciti un’impresa commerciale. Il soggetto che corrisponde la somma deve operare la ritenuta d’acconto del 20%.
Esistono tre tipi di indennità:
1. Indennità per aree edificabili
Nel calcolo dell’indennità di un’area edificabile uso la formula:
ind = [(Vv + 10 RD)/2] x 60%
ovvero la media tra il valore venale (di mercato) e 10 volte il reddito dominicale rivalutato (aumentato, cioè, dell’80%); alla formula viene applicata inoltre una riduzione del 40%. L’indennità così ottenuta viene ridotta a un importo pari al valore indicato nell’ultima dichiarazione presentata dall’espropriato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) prima della determinazione formale dell’indennità. Se però negli ultimi cinque anni è stata pagata dall’espropriato un’imposta maggiore di quella da pagare sull’indennità, la differenza è corrisposta dall’espropriante all’espropriato.
2. Indennità per le aree edificate
Se l’esproprio interessa un’area “legittimamente edificata”, calcolo l’indennità in misura pari al valore venale: non avendo un procedimento definito dalla legge per determinare questo valore, si può ricorrere al calcolo mediante valore di mercato o valore di ricostruzione.
Se invece il fabbricato è stato edificato in assenza di concessione edilizia o di autorizzazione paesistica, l’indennità viene calcolata tenendo conto della sola area di sedime.
3. Indennità per le aree agricole
Nel caso di aree non edificabili soggette a colture l’indennità verrà calcolata in base al criterio del valore agricolo medio (VAM, determinato in funzione della Regione agraria determinata dall’ISTAT e dalla qualità di coltura), che tiene conto delle colture effettivamente praticate sul fondo. Se l’area non è coltivata l’indennità corrisponde al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura prevalente nella zona. Al valore agricolo dell’area si deve sommare il valore di eventuali manufatti edilizi legittimamente realizzati. L’indennità viene inoltre aumentata delle somme pagate dall’espropriato per qualsiasi imposta relativa all’ultimo trasferimento dell’immobile.
Casi particolari di indennità
- Maggiorazioni dell’indennità in caso di cessione volontaria
Nel caso di aree edificabili se ho la cessione volontaria la riduzione del 40% non viene applicata (questo per incentivare la cessione volontaria). La formula risulterà quindi:
ind = (Vv + 10 RD) / 2
Nel caso di aree agricole se il proprietario non è coltivatore diretto, l’indennità è pari al valore agricolo aumentato del 50% (ind = VAM x 1.5), mentre se il proprietario è coltivatore diretto, l’indennità è pari al valore agricolo aumentato del 200% (ind = VAM x 3).
- Indennità aggiuntive per il coltivatore diretto
Se il proprietario (o l’affittuario) è un coltivatore diretto, oltre all’indennità di esproprio spetta un’indennità aggiuntiva pari al VAM corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticata. Questa procedura viene applicata anche ad aree edificabili che al momento dell’esproprio sono utilizzate come aree agricole
- indennità in caso di esproprio che determina un vantaggio alla parte non espropriata
Se dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità deriva un vantaggio alla parte non espropriata del bene, dalla somma relativa al valore della parte espropriata (valore complementare) è detratto l’importo corrispondente al medesimo vantaggio; questa riduzione non si applica qualora essa risulti superiore ad un quarto dell’indennità dovuta ed il proprietario abbandoni l’intero bene. In qualsiasi caso l’indennità dovuta dall’espropriante non può essere inferiore alla metà di quella che gli spetterebbe secondo il criterio del valore complementare.
- Indennità per l’imposizione di servitù
Nel caso in cui un fondo risulti, in seguito all’espropriazione per causa di pubblica utilità, gravato da servitù, il proprietario ha diritto ad un indennizzo. L’indennità non è dovuta se la servitù può essere trasferita senza grave incomodo a carico del fondo dominante o di quello servente. In tal caso l’espropriante, se non effettua direttamente le opere di trasferimento, rimborsa le spese necessarie per la loro esecuzione.
- Opposizioni alla stima
Decorsi trenta giorni dalla comunicazione dell’indennità di esproprio definitiva, l’espropriato o il promotore dell’espropriazione, può impugnare innanzi alla Corte d’appello gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità.
L’occupazione temporanea
Inizialmente, secondo la legge fondamentale, l’occupazione poteva avere durata massima di due anni, ora la durata massima è di 5 anni; in qualsiasi caso la proprietà rimane all’espropriato. L’autorità espropriante può disporre l’occupazione temporanea di aree non soggette al procedimento espropriativo, se ciò risulta necessario per l’esecuzione dei lavori previsti. Al proprietario del fondo è notificato un avviso contenente l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora in cui è prevista l’esecuzione dell’ordinanza che dispone l’occupazione temporanea. Al momento dell’immissione in possesso, è redatto il verbale sullo stato di consistenza dei luoghi: viene redatto in contraddittorio con il proprietario, e alle operazioni vi possono partecipare il possessore e i titolari di diritti reali sul bene da occupare.
Secondo l’art. 50 del Testo unico, al proprietario è dovuta un’indennità per ogni anno di occupazione pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto del caso di esproprio dell’area e, per ogni mese o frazione di mese, un’indennità pari ad un dodicesimo di quella annua. Nel caso di un’area edificabile l’indennità annua di occupazione temporanea si calcola come:
ind = [(Vv + 10 RD) / 2] x 60% x 1/12
mentre per un’area agricola userò la formula:
ind = VAM x 1/12
Se non si trova un accordo tra le parti, l’indennità viene determinata dalla commissione provinciale per gli espropri. Contro l’indennità determinata dalla commissione si può ricorrere presso la Corte d’appello.
La retrocessione dei beni espropriati
Se l’opera di pubblica utilità non è stata realizzata entro il termine massimo di dieci anni, l’espropriato può chiedere che sia accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e che siano disposti la restituzione del bene espropriato, ovvero la retrocessione totale; tale restituzione può avvenire solo in seguito al pagamento di un prezzo di retrocessione; in questo procedimento può inserirsi anche il Comune in cui è situato il bene, poiché egli ha il diritto di prelazione.
Nel caso in cui l’opera sia stata realizzata, l’espropriato può ottenere la restituzione della parte del bene non utilizzata (retrocessione parziale), sempre in cambio di un corrispettivo monetario.
Il corrispettivo della retrocessione può essere determinato dalle parti, in caso contrario è determinato dall’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio o dalla commissione provinciale per gli espropri sulla base dei criteri utilizzati per la determinazione dell’indennità di esproprio. Contro la stima si può sempre ricorrere alla Corte d’appello.
Espropriazione di fatto
L’imposizione del vincolo su un’area, pur non determinando il trasferimento coattivo della proprietà dal privato cittadino alla pubblica amministrazione e lasciando la disponibilità dell’area al proprietario, determinava di fatto un esproprio senza indennizzo. Questa modalità di esproprio è conosciuta come espropriazione anomala o espropriazione di fatto.
LE RETI DI TRASPORTO
Le strade sono una delle principali reti di trasporto. In Europa le strade sono variamente classificate: vi sono classificazioni di ordine amministrativo, ovvero strade private (che fanno parte di immobili di proprietà dei privati) e strade di uso pubblico (che rientrano nei beni del demanio accidentale in quanto appartenenti allo stato, alle regioni, agli enti locali) e classificazioni derivanti dalle funzioni che le strade sono chiamate ad assolvere dal traffico che devono sopportare, oppure dalle loro caratteristiche costruttive. La classificazione più diffusa è quella per reti e per funzioni che classifica le strade in rete viaria extraurbana (formata dalle strade colleganti le città, le relative frazioni o punti singolari del territorio come aree industriali, parchi, luoghi isolati per lo spettacolo e il culto ecc.) e rete viaria urbana (formata dalle strade pertinenti gli aggregati urbani e costituenti elemento fondamentale della forma e dello sviluppo di questi).
La circolazione di veicoli e pedoni è regolata dalle norme del Codice della strada: l’elemento che fa sottoporre lo spazio stradale alle norme del Codice della strada è la sua destinazione all’uso pubblico.
Le strade sono classificate dal Codice della strada anche in base alle loro caratteristiche funzionali, al loro uso alle esigenze gestionali e amministrative:
- strada di tipo A → AUTOSTRADA: riservata alla circolazione dei veicoli a motore (con vincoli di cilindrata, velocità e ingombro) con esclusione assoluta di ogni altro genere di traffico. Le autostrade evitano gli incroci a raso di ogni genere, gli attraversamenti degli abitati, i passaggi a livello e inoltre attuano una rigorosa separazione mediante recinzioni fra lo spazio occupato dal sedime stradale e le relative banchine laterali e il territorio circostante. Gli elementi tecnici che differenziano le autostrade dalle altre strade sono: presenza di speciali raccordi a livelli differenziati per l’entrata e l’uscita dei veicoli, presenza della doppia carreggiata ad almeno due o tre corsie per ogni carreggiata, la presenza dello spartitraffico (inteso come spazio che separa le due carreggiate e di conseguenza le corsie), presenza della corsia di emergenza, presenza di apposite aree di servizio e di aree di parcheggio (entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e accelerazione), sviluppo di rettifili, curve ampie (raggio non minore di 800 m) e pendenze limitate (non maggiori del 5-6%).
AUTOSTRADA URBANA: al servizio del traffico di scambio fra territorio urbano ed extraurbano e del traffico di transito rispetto all’area urbana. Sulle autostrade urbane è consentito soltanto il transito dei veicoli abilitati a una velocità superiore a 50 km/h. Non sono ammesse quindi le soste, le fermate dei mezzi pubblici, i velocipedi, i pedoni, salvo che siano presenti idonee attrezzature nelle fasce di pertinenza.
- strada di tipo B → STRADA EXTRAURBANA PRICIPALE: hanno percorsi lineari ed agevoli che favoriscono la visibilità e la continuità della circolazione; presentano capacità specifiche per lo smaltimento del traffico e un grado di sicurezza generalmente più elevato rispetto agli altri tipi di strade. In questa categoria si possono trovare le strade statali, i raccordi autostradali e le strade a scorrimento veloce. Le caratteristiche principali di queste strade sono: carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, con almeno due corsie di marcia e banchina a destra, limitata pendenza, curve con ampio raggio con profili trasversali sopraelevati, incroci non a raso con distanze minime di 300-400 m l’uno dall’altro, piazzole di sosta spaziate in funzione del volume del traffico, corsie di accelerazione e decelerazione e strisce di guida e di sicurezza sulla carreggiata.
- strada di tipo C → STRADA EXTRAURBANA SECONDARIA: costituite da un’unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine. Appartengono a questa categoria le strade statali non comprendenti itinerari internazionali e le strade regionali e provinciali aventi larghezza della piattaforma stradale superiore o uguale a 10.50 m. in questa categoria rientrano praticamente tutte le strade extraurbane che vengono utilizzate per collegare centri e località di importanza regionale e provinciale. Le strade extraurbane secondarie di media importanza sono ad uso promiscuo poiché vi circolano ogni genere di veicoli e anche pedoni.
- strada di tipo D → STRADA URBANA DI SCORRIMENTO: ha la funzione di garantire la fluidità degli spostamenti veicolari di scambio anche all’interno della rete viaria cittadina, nonché di consentire un elevato livello di servizio degli spostamenti a più lunga distanza interni all’ambito urbano. Le strade urbane di scorrimento hanno carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia e una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchine pavimentate e marciapiede con le eventuali intersezioni a raso, semaforizzate. Per la sosta o per altre infrastrutture come le piste ciclabili sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alla carreggiata, entrambe con immissioni e uscite concentrate. In alcune situazioni di traffico elevato, nelle strade urbane di scorrimento gli incroci vengono realizzati con svincoli a diversi livelli; gli attraversamenti pedonali sono invece risolti mediante sottopassaggi, spesso associati ad altri impianti sotterranei come quelli delle metropolitane.
- strada di tipo E → STRADA URBANA DI QUARTIERE: svolge funzioni di collegamento tra quartieri limitrofi (spostamenti di minore distanza, sempre interni alla città) o, per le aree urbane di più grandi dimensioni, tra punti estremi di un medesimo quartiere. Esse sono a unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla carreggiata. Su questo tipo di strade sono ammesse tutte le componenti di traffico, compresa la sosta dei veicoli privati, purché organizzata su specifiche aree con apposita corsia di manovra.
- strada di tipo F → STRADA LOCALE: a servizio diretto degli insediamenti; molte di esse sono a uso promiscuo (veicoli e pedoni). Le strade urbane locali sono destinate a trasformarsi in vie “abitabili”, cioè in strade sulle quali, attuando un progetto di traffico moderato, si raggiunge lo scopo di ridurre la velocità dei veicoli, di agevolare il parcheggio e di creare, ove possibile, zone di verde.
STRADA EXTRAURBANA LOCALE: chiamata anche “strada di interesse locale”, e comprende le strade provinciali e comunali che non rientrano nelle altre categorie. Tali strade sono in grado di smaltire, a velocità contenuta, ridotti volumi di traffico e per questo fatto servono praticamente solo a collegare centri e località di interesse provinciale e comunale. Non a caso fra di esse sono largamente presenti strade comunali e quelle che, pur appartenendo al demanio dei Comuni, sono in manutenzione temporanea all’Amministrazione Provinciale. In questa categoria si trovano anche vecchie strade provinciali aventi sezione trasversale inferiore a 10.50 m.
Le strade per esigenze amministrative sono state poi distinte in:
- Strade statali: grandi direttrici del traffico nazionale unite con quelle estere, che collegano i vari capoluoghi, i porti marittimi, aeroporti, centri industriali e turistici;
- Strade regionali:allacciano i capoluoghi di provincia fra di loro e con il capoluogo di regione;
- Strade provinciali: allacciano il capoluogo di provincia con i singoli comuni, o questi alla rete statale o regionale;
- Strade comunali: allacciano il comune con le frazioni, le frazioni tra loro, il comune col porto, l’aeroporto e la stazione ferroviaria.
Le strade così classificate vengono iscritte all’Archivio Nazionale delle Strade.
L’ ente che si occupa degli interventi operativi dello stato in materia di viabilità è l’Ente Nazionale Strade, presieduto dal Ministero dei lavori pubblici e il Consiglio di amministrazione è composto da tecnici in rappresentanza dei ministeri interessati, le funzioni di tale ente vanno dalla gestione della manutenzione, dello sviluppo , alla tutela dei beni stradali e alla vigilanza sulle costruzioni, fino alla disciplina del traffico.
Il codice della strada e il suo regolamento disciplina la circolazione dei mezzi a motore sotto il profilo delle tecniche costruttive, dell’omologazione, delle regole di viabilità.
Le fasce di protezione
Esistono disposizioni di legge che stabiliscono per determinate infrastrutture di rete, come le strade, norme di rispetto, tra cui la dimensione delle fasce di protezione, entro le quali l’edificazione e qualsiasi altra opera sono soggette a restrizioni, ad autorizzazioni preventive oppure a divieti assoluti. Queste disposizioni sono contenute nel D.P.R. 26-4-1993 n. 147 che reca modificazioni e integrazioni al D.P.R. 16-12-1992 n. 45, “Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo Codice della strada”. Ecco il testo integrale del primo articolo del D.P.R. 147/1993:
D.P.R. 26-4-1993, n.147
Art.1 A al titolo II, capo I, paragrafo I – Fasce di rispetto – del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono apportate le seguenti modifiche ed integrazioni:
a) all’art. 26 (art. 16 Cod. str.) il comma 2 è sostituito dal seguente:
;
b) dopo il comma 2 dell’art. 26 sono inseriti i seguenti:
c) l’art. 28 (art. 18 Cod. str.) è sostituito dal seguente:
>
LE STRADE
L’esproprio è una pratica molto utilizzata per la costruzione di strade.
Nel caso delle strade può esser fatto ricorso all’esproprio parziale di terreni , o totale, e all’occupazione temporanea di terreni per poter eseguire le opere e per poter depositare i materiali necessari alla costruzione.
La strada è un manufatto al quale competono adeguate caratteristiche, che si sviluppa sulla superficie del terreno direttamente o indirettamente, tramite opere d’arte (ponti, viadotti, gallerie), ed idoneo a permettere la circolazione dei veicoli, che oggi sono sempre caratterizzati da trazione a motore e con l’impiego di ruote gommate.
La progettazione stradale ha il compito di individuare il percorso, le dimensioni e il costo della futura opera.
La strada è formata da due parti fondamentali:
– il corpo stradale;
– la sovrastruttura.
Il corpo stradale è rappresentato da tutte quelle opere in terra o in calcestruzzo (muri, viadotti) necessari a sostenere in modo stabile la sovrastruttura; la quale deve permettere lo svolgimento del traffico e trasmettere il carico veicolare al corpo stradale.
Il piano superficiale della strada prende il nome di piattaforma stradale, si mantiene di larghezza costante, solo in curva talvolta subisce degli allargamenti per rendere più sicuro traffico veicolare. Non è totalmente orizzontale, ma ha una forma leggermente curva per favorire lo scolo delle acque.
La piattaforma stradale è composta da più parti dette carreggiate, da delle banchine laterali e mediane (spartitraffico); ai lati da le scarpate che collegano la piattaforma al terreno.
La carreggiata è composta da un numero di corsie determinato in base al volume di traffico, mentre la larghezza della corsia (compresa fra 3.00 m e 3.75 m) è in funzione della velocità di base.
Le banchine (aventi una larghezza minima di 1.00 m) sono delle strisce parallele alla carreggiata comprese tra il bordo della pavimentazione stradale ed il ciglio della scarpata, hanno lo scopo di creare uno spazio per la sosta di emergenza dei veicoli, per la collocazione di segnali stradali, parapetti, guardrails.
Le scarpate sono due superfici inclinate laterali, il valore della scarpa è dato(per terreni di media consistenza) dal rapporto s=3/2, hanno la funzione di raccordare la piattaforma stradale con il piano di campagna. Se la strada è in trincea il rapporto può essere s=1/1 venendo a formare un angolo di 45°, in quanto il terreno ai lati è compatto.
Si possono riconoscere tre tipi fondamentali di sezioni:
==> in rilevato,
==> in trincea
==> mista (o a mezza costa).
Le scarpate possono essere in sterro o in riporto, in relazione al fatto che il piano di campagna sia al di sopra o al di sotto rispetto alla piattaforma.
E’ importante prevedere, alla base delle scarpate in sterro, due fossette laterali, dette cunette, necessarie per raccogliere e smaltire rapidamente le acque meteoriche che cadono sulla piattaforma, in curva si utilizzeranno le cunette alla francese al posto delle solite trapezie di modo che i mezzi possano invaderle senza rischio.
Qualora la scarpata di un rilevato non incontri il piano di campagna, ovvero lo incontri troppo lontano, si rende indispensabile la realizzazione di un muro di sostegno o di controscarpa, oppure di un muro di sottoscarpa.
Quando la distanza tra piano di campagna e piano stradale diventa eccezionale, bisogna ricorrere alla costruzione di opere d’arte quali viadotti o gallerie.
Il moto veicolare in curva è più complesso di quello sui rettifili in quanto subentra anche la forza centrifuga, trasversale al moto; inoltre in curva il veicolo presenta un ingombro reale superiore a quello ideale. Per evitare questo vengono adottate delle soluzioni particolari nella forma e nella sagomatura della sede stradale in curva: la sopraelevazione e l’allargamento.
La sopraelevazione ha lo scopo di ridurre l’effetto della forza centrifuga, si ottiene facendo ruotare la piattaforma stradale attorno al suo asse , oppure innalzando il ciglio esterno della curva rispetto a quello interno.
L’allargamento serve in quanto i veicoli in curva occupano uno spazio maggiore che nei rettifili in quanto le loro ruote posteriori descrivono una traiettoria diversa dalle ruote anteriori; inoltre in curva la visibilità tende a diminuire sensibilmente.
Le curve non possono avere raggi di curvatura inferiori a certi limiti detti raggi minimi, aventi valori dipendenti principalmente dalla velocità con cui i veicoli affrontano la curva stessa.
Un altro elemento da considerare è la pendenza longitudinale massima della strada, che viene fortemente condizionata dalle categorie di veicoli che sono abilitate a percorrerla.
Per progettare la futura strada occorre:
2. valutare l’importanza della futura strada prevedendo il futuro traffico;
3. fissare la velocità di progetto tenendola il più alta possibile, dimensionando adeguatamente alcuni elementi geometrici del tracciato (raggi, pendenze) che incidono direttamente sul costo dell’opera;
4. conoscere la natura dei terreni lungo il tracciato;
5. valutare la consistenza dei centri abitati presenti nella zona, per valutare la loro influenza sull’andamento del tracciato da studiare.
In base ai punti 1) e 2) vengono stabilite le dimensioni geometriche fondamentali della strada e cioè:
– Larghezza della piattaforma;
– Raggio minimo;
– Pendenza massima assoluta.
I punti 3) e 4) invece portano alla definizione di quello che sarà il futuro percorso della nuova strada.
L’importanza di prevedere il traffico futuro si è resa necessaria in seguito al rapidissimo incremento della circolazione automobilistica, alla progettazione di una strada bisogna quindi anteporre uno studio accurato del traffico, basato sul censimento della circolazione su strade analoghe a quella in progetto.
Da queste indagini si riportano dati relativi al traffico quali:
• volume del traffico: n° di veicoli che transitano in una sezione durante un determinato periodo di tempo (un’ora o un giorno o un anno)
• traffico giornaliero medio (TGM): volume di traffico annuale diviso per 365
• traffico orario: veicoli che transitano in un’ora in una determinata sezione
• traffico orario massimo: massimo volume di traffico in un ora che si riscontra in un anno su un corsia o carreggiata.
• Traffico della 30^ ora : volume orario che su una corsia o carreggiata viene superato solo 29 volte l’anno
Per progettare una strada si considera il traffico della 30^ ora di punta perchè se costruiamo un diagramma in cui riportiamo nelle ascisse il n° delle ore di punta e nelle ordinate il volume traffico, otterremo un’iperbole:

• nelle precedenti 29 ore si hanno percentuali di TGM molto superiori alla 30^ valori che indurrebbero a sovradimensionare la strada
• nelle ore successive invece si hanno valori variabili di poco
Le pendenze che si possono adottare pel la progettazione di una strada vanno dal 5% al 12% a seconda del tipo di strada da realizzare:
• strade tipo I e II p max= 5%
• strade tipo III e IV p max=6%
• strade tipo V e tipo particolare A p max=7%
• strade tipo VI p max=10%
• strade tipo particolare B e C p max=12%
Per contenere tali pendenze, mantenendo la strada quanto più possibile aderente al terreno occorre fare uno studio su carta a piccola scala dei possibili tracciati eseguendo dei tracciolini, calcolando l’intervallo i relativo alla pendenza (cioè il segmento di uguale lunghezza che collega le due curve di livello) i=e / p; con l’apertura di compasso pari a i (in scala) si intersecano le curve di livello con archi aventi i come raggio: se l’arco è tangente alla curva di livello si ha una sola soluzione, se l’arco interseca due volte la curva di livello si avranno due soluzioni, se l’arco nn tocca affatto la curva di livello si avranno infinite soluzioni con pendenza inferiore.
Tra i percorsi trovati si deve scegliere:
• quello più breve
• quello col numero di opere d’arte più limitato
• quello che evita terreni cedevoli o di interesse artistico
Una volta scelto il tracciolino lo si rettifica trovando così la poligonale d’asse, cercando di restare il piu possibile vicini al tracciolino scelto in precedenza, evitando per quanto possibile tornanti, e limitando i rettifili a qualche chilometro onde limitare la monotonia del percorso e l’abbagliamento durante le ore notturne.
Le tre fasi attraverso le quali si sviluppa il progetto stradale sono:
1. Progetto preliminare;
2. Progetto di massima;
3. Progetto esecutivo.
MACCHINE PER IL MOVIMENTO TERRA
Le macchine per movimento terra sono quelle che consentono di eseguire operazioni di scavo, carico, trasporto, spandimento e compattazione; esse vengono impiegate per la preparazione del cantiere, per gli scavi di sbancamento e di fondazione e per la sistemazione finale del terreno.
I mezzi di movimento terra possono essere equipaggiati con ruote gommate oppure con cingoli in modo da poter lavorare agevolmente su vari tipi di terreno: le macchine dotate di ruote gommate sono più veloci e possono muoversi lungo le strade, mentre quelle cingolate sono in grado di operare anche su terreni scarsamente consistenti e con maggiori pendenze, ma non possono transitare su strada.
I principali tipi di macchine per movimento terra sono:
- Pala caricatrice: mezzo semovente cingolato o su ruote gommate munito di una benna per lo scavo del terreno. Differisce dall’escavatore nella forma della benna e nelle modalità di lavoro: l’asportazione del terreno e il caricamento su mezzi di trasporto avviene mediante un movimento della macchina dal punto di scavo a quello in cui viene deposto il materiale (molto utile nei casi in cui l’area di scavo non sia direttamente accessibile ai mezzi di trasporto); grazie al loro telaio snodato questi mezzi sono molto pratici nel qual caso di debbano affrontare scavi in spazi molto ristretti.
- Ruspa (scaper): è costituita essenzialmente da un gruppo di trazione anteriore collegato ad una lama inclinata, affondabile a comando nel terreno, e da un cassone. Durante l’avanzamento della macchina la lama asporta dalla zona di scavo uno strato di materiale più o meno spesso e lo raccoglie nel cassone fino al suo completo riempimento. Il materiale è poi trasportato al punto di scarico dove viene sparso uniformemente regolando l’apertura di scarico e la velocità di avanzamento del mezzo. Le ruspe si prestano all’esecuzione della maggior parte delle operazioni di escavazione e di sistemazione del terreno, dallo scavo al trasporto fino allo spandimento in strati anche di pochi centimetri e alla compattazione ottenuta con ripetuti passaggi sul materiale scaricato, sostituendo così, entro certi limiti, altri macchinari come i compattatori.
- Apripista (bulldozer): veicolo cingolato o gommato munito di una robusta lama in acciaio anteriore. I bulldozer sono adatti alla scavo e alla spinta del terreno su piccole e medie distanze e allo spianamento di terra o di altri materiali sciolti. Questi macchinari vengono impiegati nei cantieri stradali o nella sistemazione di grandi superfici di terreno.
- Escavatore: macchina cingolata (per l’esecuzione di lavori in condizioni gravose, come terreni con presenza d’acqua o molto compatti) o con ruote gommate, in grado di eseguire uno scavo mediante un lungo braccio detto benna o cucchiaio (con denti anteriori in acciaio). Gli escavatori possono essere di due tipi: con benna frontale (impiegati nelle cave a cielo libero) o con benna rovescia (usati nei cantieri). Le benne posso avere diverse lunghezze (e possono essere anche sostituite con uno scalpello demolitore), in base al lavoro che deve essere eseguito. Il lavoro viene svolto con l’escavatore in posizione fissa, azionando il braccio che porta la benna per scavare il terreno e ruotando la torretta fino a caricare il materiale su mezzi di trasporto; importante è la possibilità di rotazione di quest’ultima con un’angolazione di 360°.
- Blondin: attrezzatura dotata di benna raschiante o mordente portata da funi non tese montate su uno o due elementi a traliccio di sostegno verticale; consentono il trasporto mediante benne quando si debbono superare notevoli altezze e distanze consistenti. In casi particolari possono essere montati su carri.
- Livellatrice: macchina derivata dagli apripista, concepita per la costruzione di rilevati stradali, che può anche svolgere lavori di sistemazione del terreno in grandi cantieri (rifinitura di spostamenti di terra eseguiti con altre macchine, profilatura di ossi e scarpate, costruzione di cumuli e di rilevati in sezione continua). È costituita da un telaio a ponte su ruote e da una lama orientabile, che può assumere svariate posizioni a partire dal piano orizzontale fino a quello verticale.
- Compattatore: macchina utilizzabile nella fase finale dei lavori di sistemazione del terreno quando è necessario costiparne la massa per successive stratificazioni, in modo da ridurre al minimo gli assestamenti naturali che, a distanza di tempo, possono creare discontinuità dei livellamenti superficiali o dissesti in opere di viabilità o di arredo urbano. I compattatori si suddividono due tipi: con piastre vibranti (per piccoli lavori di costipamento) o con rulli vibranti (per compattazione di grandi superfici).
- Motorscraper: macchina composta da trattore con cassone a traino dotato di fondo mobile con tagliente anteriore per il carico, il trasporto e lo scarico di terreni sciolti. Il trasporto avviene a cassone chiuso e sollevato, mentre lo scarico si effettua a cassone aperto frontalmente sollevato con distesa del materiale per spinta posteriore.
- Dumper: autocarro con benna, agile e robusto, in grado di muoversi anche su terreno accidentato. La benna è ribaltabile anteriormente e/o lateralmente fino a 30 cm da terra. Nei modelli per il cantiere edile, la capacità è nell’ordine di 1 mc, mentre per i cantieri stradali si hanno potenzialità ben maggiori. Per trasporti a notevole sviluppo verticale, ma con spostamento orizzontale di pochi metri, si usano benne speciali caricabili dall’alto e munite di meccanismo di scarico dal basso, attraverso bocca con sportello a ghigliottina, che può essere sistemata in prossimità del punto di getto.
Macchine per la formazione di sovrastrutture stradali
Mescolatori mobili: lavorano su terreni già livellati ed eseguono l’impasto fra terra e legante (misti legati), o fra terra e acqua (terre stabilizzate), e la stesa dello stesso, lasciando quindi sulla futura carreggiata un impasto contenente terra da costipare successivamente.
Stabilizzatori: vengono trainati da un trattore cingolato, lavorano su terreni vergini, sminuzzano il terreno, lo mescolano con il legante, lo distribuiscono, e provvedono ad una prima costipazione.
Macchine per pavimentazioni bituminose
Sono di due tipi:
1. per trattamenti superficiali
2. per formazione di strati in conglomerato bituminoso
Le macchine per trattamenti superficiali sono:
- Soffiatori: carrelli che contengono un compressore che getta aria sulla superficie da trattare, allo scopo di allontanare polvere e piccoli detriti prima dei trattamenti superficiali
- Spruzzatrici: carrelli dotati di serbatoio per contenere il legante da usare, e di un sistema di riscaldamento se questo deve essere riscaldato. Il legante viene sparso tramite pompa da usare manualmente o da ugelli nel caso di autospanditrici.
- Spandiaggregati: la loro funzione è quella di provvedere alla stesa veloce ed uniforme dell’aggregato lapideo (pietrisco, graniglia o sabbia) sulla superficie trattata precedentemente con il legante. La macchina contiene di un contenitore di elevata capacità nel quale vengono scaricati gli aggregati da spandere.
Le macchine per formazione di strati in conglomerato bituminoso sono:
- Spandi-finitrici: formano sul loro percorso uno spessore costante di conglomerato largo quanto la corsia, in modo da avere il minor numero di discontinuità longitudinali possibile. Sono costituite da un corpo unico diviso in due porzioni, parte motrice e parte operatrice: la parte motrice comprende il motore, gli organi di regolazione e di guida, le ruote motrici su gomma o cingoli (su questa parte è montata una cassa di notevole capacità nella quale si scarica il conglomerato); questo passa poi nell’operatrice che lo distribuisce a spessori che vanno da 1 a 15 cm provvedendo anche a una prima cilindratura.

TESI interdisciplinare d’esame di Zaccaria Chiara Pagina 1 30/06/2010

Esempio