Violenza sessuale

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Testo

Violenza sessuale L’abuso sessuale costituisce una grave violazione dei diritti e della dignità di una persona, e crea gravissimi problemi a chi la subisce. Nei casi di abuso, non ci troviamo mai di fronte a qualcosa che abbia a che vedere con la sfera della sessualità. Infatti la sessualità è un momento di incontro piacevole tra due individui che provano reciproca attrazione. L’abuso è solo una manifestazione di forza con cui l’aggressore cerca di dimostrare a sé stesso o agli altri il proprio potere. La violenza carnale sulle donne delle popolazioni sconfitte in guerra era largamente praticata nel passato e, sebbene gli eserciti moderni la vietino, sia durante la seconda guerra mondiale, sia nelle guerre contemporanee che continuano a insanguinare il mondo odierno, è stata e viene utilizzata come strumento per umiliare e annientare psicologicamente l’avversario. In ambienti criminali viene usata come punizione e minaccia, così come viene praticata nelle istituzioni carcerarie come affermazione di potere della banda dominante.Associare la violenza sessuale alla forza e al potere è una tradizione presente in molte culture umane primitive. Gli atti sessuali vengono, infatti, considerati una manifestazione di energia vitale e l’erezione maschile il simbolo della potenza. Ovviamente si tratta di una confusione simbolica dovuta a semplificazione, ignoranza e percezione distorta. C’è da ritenere che in coloro che compiono abusi sessuali, l’eccitazione sessuale e l’aggressività non vengano ben distinte l’una dall’altra. Questo dipende sia dalle convinzioni presenti nell’ambiente culturale di provenienza (ad es. nelle fasce sociali più emarginate gli episodi di violenza sono frequenti e tollerati), sia da convinzioni elaborate a livello personale. In genere l’abusatore è una persona ostile che si sente sessualmente rifiutato e che manifesta odio e disprezzo verso le sue vittime. Compiendo l’abuso prova l’eccitazione della vendetta e della sua affermazione personale verso un ‘nemico’ creato dalla sua mente. Non è un caso che molti mariti pratichino gli abusi sessuali verso le loro mogli ritenute ‘colpevoli’ di mancanze nel rapporto coniugale. In Italia l’abuso sessuale è stato tollerato sino a pochissimo tempo fa e i processi per stupro venivano condotti all’insegna del più marcato disprezzo verso la vittima, verso la quale veniva scaricata la responsabilità di aver, in qualche modo, attivato la "naturale eccitazione" del colpevole.
Pedofilia Come abbiamo visto, il Codice Penale Italiano punisce chi compie atti di natura sessuale su minori di 14 anni o su minori di 16 quando essi siano sotto la tutela di chi compie gli atti.Gli atti sessuali compiuti verso un bambino, a prescindere che ci sia violenza o meno, rappresentano un grave crimine che segna pesantemente l’esistenza futura di chi ne sia vittima. Nei primi anni di vita e durante l’adolescenza, le esperienze si fissano stabilmente nella nostra identità, condizionando tutto il suo futuro affettivo e sessuale. Va inoltre sottolineato che, se l’abuso sessuale verso persone adulte può essere visto con maggior indulgenza in alcune culture primitive e maschiliste, l’abuso di bambini è universalmente condannato, il che mette l’abusatore in una condizione di perfetta e totale consapevolezza rispetto al crimine che sta compiendo. Molti pedofili si giustificano definendo la loro condizione ‘una malattia’. Questo è sicuramente vero, ed è provato che la maggior parte di loro sono persone che da bambini hanno subito le stesse violenze che infliggono alle loro vittime. Tuttavia c’è da chiedersi come mai, invece di curarsi spontaneamente, sino a che restano impuniti continuano le loro azioni. Anche nel caso dei pedofili ci troviamo di fronte ad una confusione tra delirio di potere ed eccitazione sessuale, ma in maniera molto più grave di quanto avviene nei violentatori di adulti: non è un caso che le rare volte in cui i bambini tentino di sottrarsi alle sevizie, vengano quasi sempre uccisi. La pedofilia è, al tempo stesso, un crimine ed una grave malattia sociale. Chi se ne rende colpevole deve essere isolato e messo in condizione di non nuocere. La società deve reagire a questo male che si porta dietro sviluppando tutte le misure educative e preventive verso le famiglie e l’ambiente scolastico. Va ricordato che l’80% dei casi di violenza sessuale su minori avviene tra le mura domestiche, da parte di genitori, zii, amici di famiglia e simili, mentre non sono pochi i casi in cui il crimine viene commesso da educatori, insegnanti, personale di collegi e istituti, ecc. Le grida allarmistiche lanciate nell’ultimo anno in Italia con toni esaltati e intenti criminalizzatori di qualsiasi manifestazione di sessualità, di fatto servono solo a creare il mito dei ‘mostri’, lasciando credere che essi si annidino nei giardini pubblici o su Internet mentre si stia al sicuro solo in famiglia. In realtà le campagne sessuofobiche di ispirazione clericale, servono solo ad intorbidire le acque e bloccare qualsiasi analisi consapevole dei problemi della sessualità, ed è proprio in queste torbide acque che il crimine sessuale si nasconde meglio e può colpire indisturbato.
Le differenze tra i sessi e i pregiudizi reciproci
Specialmente all’inizio delle nostre esperienze sentimentali-sessuali, tendiamo ad interpretare il comportamento dei nostri partner di sesso opposto, alla stessa maniera di come interpretiamo quello che facciamo noi. Prima o poi ci accorgiamo che le domande e le risposte della persona che abbiamo di fronte, sono molto diverse dalle nostre, come se la persona venisse, quasi, da un altro mondo. Quando ci confrontiamo con amici-amiche del nostro stesso sesso, ci rendiamo conto che anche loro hanno lo stesso problema: maschi e femmine non sono uguali tra loro, non solo fisicamente, ma anche nella maniera di interpretare il mondo circostante! Tale constatazione, generalmente, porta alla formazione di pregiudizi reciproci tra i due sessi (come sempre accade quando non riusciamo ad identificare qualcosa di diverso che si muove intorno a noi) e tali pregiudizi creano non pochi problemi allo svolgimento delle relazioni sessuali, che dovrebbero sempre essere basate sulla comprensione e l’accettazione reciproca.
Una breve lista dei pregiudizi più diffusi può essere la seguente:
riguardo ai maschi:
1- pensano solo all’aspetto fisico del sesso (maiali) 2- pensano esclusivamente al loro piacere 3- sono infedeli 4- preferiscono parlare con gli amici anziché con il partner 5- non si capisce mai cosa vogliono
riguardo alle femmine:
1- non gli piace il sesso 2- fanno sesso solo per ottenere qualcos’altro (sono tutte puttane, tranne mamma) 3- sono appiccicose 4- si confidano solo con le amiche 5- sono imprevedibili
I punti 1-2-3, sottolineano le differenze profonde tra due diversi tipi di atteggiamento sessuale, mentre i punti 4-5 riguardano la reciproca incomprensione sul piano della comunicazione dei propri stati emotivi. Sia i pregiudizi riguardanti le differenze di comportamento, sia quelli sulla incomprensione, rispecchiano, seppure in maniera esagerata e distorta, la percezione di due maniere differenti di svolgere il proprio ruolo sessuale in maniera efficiente. C’è da considerare che, molto spesso, si è discusso se le differenze sessuali siano determinate dalla biologia oppure se siano condizioni imposte dai sistemi sociali. Questo è, a nostro giudizio, una maniera sbagliata per cercare di ridurre gli aspetti sgradevoli della diversità sessuale, dato che appare ovvio che la maggior parte dei sistemi sociali, si sono formati per assecondare la sopravvivenza della specie umana, e che, quindi i meccanismi culturali si basano necessariamente sulla necessità di assecondare i ruoli biologici. Naturalmente alcuni sistemi sociali appaiono profondamente deviati dal loro compito e incrementano artificialmente la discriminazione tra i sessi per motivi che non hanno niente a che vedere con le funzioni naturali. L’Islam e il Cattolicesimo sono portatori di messaggi culturali che discriminano in maniera negativa la donna, apportatrice di peccato e relegata al ruolo esclusivo di moglie, madre, suora, o santa, e non c’è alcuna giustificazione credibile in quella che appare esclusivamente una cospirazione maschile per mantenere posizioni privilegiate nella società. Le società capitaliste enfatizzano le differenze tra i sessi in virtù delle loro esigenze produttive: se devono vendere prodotti di bellezza creano modelli irraggiungibili di bellezza femminile, mentre se devono vendere articoli sportivi o veicoli fuoristrada, propongono modelli femminili che sembrano delle versioni appena ritoccate di Rambo o di Schwarzenegger. L’approccio ai modelli biologici non deve essere visto, quindi, come spiegazione unica e indiscutibile delle differenze tra i sessi, ma deve, invece, servire per proporre un modello verosimile che serva a capire la fonte dalla quale le differenze hanno avuto origine. L’elemento fondamentale che costituisce differenza tra maschi e femmine è la diversa maniera con cui gli individui riproducono sé stessi, ossia, con la quale possono trasmettere il loro patrimonio genetico ad un nuovo individuo generato dall’accoppiamento con una persona di sesso opposto. Il maschio produce, in poche decine di minuti, la quantità di sperma necessaria a fecondare un ovulo. Dopo l’accoppiamento, che dura anch’esso una manciata di minuti, il suo compito si è esaurito. La femmina, ha un ciclo di produzione degli ovuli che dura un mese, dopo l’accoppiamento rimane incinta per 9 mesi e, per alcuni anni, deve provvedere all’allattamento e alla difesa del piccolo. Non dobbiamo poi dimenticare che le strutture psicofisiche dell’uomo contemporaneo sono identiche a quelle che si sono sviluppate quando il mondo pullulava di bestie feroci, dove la carne non si comprava al supermercato e dove non si poteva contare sull’assistenza sanitaria. C’è da ritenere, quindi, che rispetto agli atti sessuali, il punto di vista delle donne sia un po’ più preoccupato di quello del maschio: l’organismo femminile, nel suo insieme corpo-mente, deve essere pronto ad affrontare un compito durissimo e avere buone motivazioni per farlo. Questo implica che: le donne hanno un istinto sessuale più forte dell’uomo, dato che deve fargli superare le preoccupazioni per il duro lavoro che gli spetta. il loro piacere sessuale è più intenso e complesso perché deve fornirgli un premio che compensi gli sforzi da compiere devono garantirsi la vicinanza di un partner che le protegga dai pericoli esterni, le aiuti nei periodi di invalidità temporanea nei momenti precedenti e successivi al parto, e contribuisca al mantenimento e alla difesa dei piccoli. Questo invalida completamente i pregiudizi 1-2 o, per meglio dire, li ribalta: data l’importanza che le donne danno al sesso, fanno attenzione a farlo nella maniera più soddisfacente possibile, allo stesso modo con cui un intenditore di vini non beve la prima schifezza che gli capita ma si orienta sulla marca migliore servita alla giusta temperatura. Le stesse argomentazioni forniscono una valida interpretazione per lo stile di attaccamento classificato nel pregiudizio 3 come ‘appiccicoso’: la vicinanza psicologica con il partner è dovuta alla necessità di potervi ricorrere in caso di bisogni che si venissero a creare in seguito al rapporto sessuale. D’altronde l’attribuire ‘maialità’, egoismo e infedeltà ai maschi costituisce un errore: significa ignorare che i maschi, pur avendo una sessualità diversa e la necessità di mantenere prioritariamente i rapporti con il mondo al di fuori della coppia (alle nostre origini l’uomo aveva il compito di cacciare e stabilire relazioni con gli altri membri del clan ai fini di raggiungere obiettivi comuni di sopravvivenza), nella maggior parte dei casi si lega stabilmente alla propria partner pur avendo stimoli biologici verso la procreazione in misura inferiore a quelli di lei. Possiamo dire che il rapporto dell’uomo con la sua compagna, passa attraverso una serie di norme di comportamento che egli si impone attraverso ordini verbali che ripetono quello che gli viene insegnato, mentre per la donna il coinvolgimento è immediato e passa attraverso il linguaggio delle emozioni. Una donna ‘sa’, senza che nessuno glie lo dica, che per far crescere un figlio ha bisogno di un compagno. Ai maschi questo va insegnato dicendogli: "Se non curi abbastanza la tua compagna e i tuoi figli, sei condannato a vivere da solo ai margini del tuo gruppo sociale". Se accettiamo questo dato, dobbiamo concludere che la maggior parte della comunicazione in una coppia si svolge con due diversi linguaggi: quello delle emozioni, reale e diretto, in cui le donne sono più a loro agio, e quello delle parole e delle regole, artificiale e costruito e non sempre adeguato. Di fronte ad un lupo che ti sta portando via il figlio, è necessario conoscere la tecnica adeguata per fermarlo mantenendo un ferreo autocontrollo (e qui gioca bene il linguaggio delle regole), ma per ‘sentire’ il pericolo con l’intensità necessaria a stimolare una reazione, c’è bisogno delle emozioni. I pregiudizi 4 e 5, riguardano il conflitto che si crea quando un evento viene interpretato in base alle emozioni da uno dei partner, mentre l'altro segue regole verbali. Se di fronte ad un tramonto il maschio si ricorda di avere i fari della macchina fuori posto mentre la femmina rimane incantata dai colori, possiamo esser certi che il primo verrà accusato di insensibilità mentre la seconda di irresponsabilità. Va detto che, comunque, le donne si sono ben adattate al linguaggio verbale e delle regole, mentre i maschi mostrano grandi difficoltà a comprendere quello delle emozioni. Va inoltre sottolineato che fattori di adattabilità all’uno o all’altro linguaggio dipendono parecchio dal tipo di comunicazione che prevale nel contesto sociale in cui gli individui crescono. In alcune società è assolutamente intollerabile che i maschi dimostrino emozioni, considerate una forma di debolezza e di scarso autocontrollo, mentre in altre è più consentito. Gli Italiani, sino a qualche tempo fa, erano considerati un popolo che eccedeva nelle manifestazioni emotive, mentre oggi stiamo assistendo ad un mutamento di atteggiamento che va nella direzione di reprimerle. Le implicazioni di ciò portano ad un ulteriore confusione, dato che, lo sforzo e la sofferenza che derivano dal trattenere le proprie emozioni per mostrarsi più ‘forti’, possono venire interpretati come insensibilità o desiderio di occultare il proprio stato d’animo. Sul problema delle emozioni e della loro percezione, si può dare un’occhiata all’articolo "Quando l’emozione diventa sintomo", disponibile su questo sito nella sezione della psicologia.
OMOSESSUALITA'
L'orientamento sessuale si definisce nel corso dell'adolescenza. Quello eterosessuale, che corrisponde all'attrazione per persone di sesso diverso dal proprio, è il più frequente. Esso segue una finalità biologica: la sopravvivenza della specie attraverso la riproduzione. Tuttavia vi sono molte persone che hanno un orientamento omosessuale, sentendosi attratti emotivamente, fisicamente e sessualmente da individui dello stesso sesso. L'omosessualità è infatti una variante del comportamento umano che si connota con il desiderio di amare, desiderare, costruire e autoidentificarsi con persone dello stesso sesso e non esclusivamente con atti sessuali. E' quindi una condizione esistenziale con contenuti di affettività, progettualità e di relazione. Considerata per molto tempo come una malattia, una perversione, le è stata tolta questa etichetta dalla psichiatria a partire dalla metà degli anni 70. Via via, i codici diagnostici psichiatrici se ne sono occupati, fino all'inizio degli anni 90, per quella sua variante cosiddetta ego-distonica. Veniva cioè considerata meritevole di attenzione clinica e terapeutica quella condizione nella quale l'omosessualità non era in intonia con il vissuto profondo di un determinato soggetto, creandogli uno stato di disagio e di tensione psichica.
Nell'ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) l'omosessualità non occupa più alcuna casella diagnostica. Questa posizione è stata fatta propria anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1993. Così, sul piano scientifico è stata posta fine alla criminalizzazione, colpevolizzazione e medicalizzazione di questo frequente comportamento umano. Malgrado ciò, permane un atteggiamento discriminatorio e pregiudizievole di rifiuto, condanna e patologizzazione dell'omosessualità. Questo atteggiamento stratificato nella coscienza di figure importanti di riferimento quali genitori, insegnanti, medici e sacerdoti determina sensi di colpa e bassa autostima nelle persone che si scoprono omosessuali, le quali si allontanano dal proprio sentire per paura di essere rifiutate o si condannano a vivere relazioni senza libertà e in sintonia con le richieste di società e cultura con ripercussioni psicologiche talvolta rilevanti. L'omosessualità è una realtà multiforme come l'eterosessualità, in cui si differenziano comportamento, orientamento e identità omosessuale. Il comportamento omosessuale è l'attività, l'esperienza puramente fisica.L'orientamento omosessuale è rappresentato dalla comparsa nella sfera della coscienza di una preponderanza di sentimenti, pensieri erotici e fantasie che riguardano un individuo dello stesso sesso. L'identità consiste invece in un durevole autoriconoscimento del sentire e vivere l'omosessualità. Sull'origine dell'omosessualità molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed univoca. Negli anni 60 la ricerca del gene dell'omosessualità, della sua determinazione genetica hanno avuto molto vigore, ma non hanno portato a risultati che avvalorassero l'ipotesi. Sono stati chiamati in causa anche fattori biologici, soprattutto ormonali. Molto attiva è stata la ricerca sul livello di androgeni, in particolare del testosterone. Anche in questo caso non si è approdati a risultati convincenti. Ricche di evidenze, anche se non del tutto esaustive, sono le ricerche del background familiare e psicologico associato a questo orientamento sessuale. Nelle famiglie, già nel 1962, Bieber aveva descritto il "Classical triangular pattern" per lo sviluppo dell'omosessualità maschile. Il quadro era composto da una madre iperprotettiva e dominante e da un padre debole od ostile, oppure molto distante fisicamente o psicologicamente dalle questioni di casa. Il figlio è invece un soggetto che predilige giochi tranquilli, non incline agli sport e all'attività fisica e molto legato alla madre, con invece relazioni disturbate con fratelli e sorelle. Anche nello sviluppo dell'omosessualità femminile la famiglia è stata considerata come fattore predisponente. E' di tipo conflittuale, ancora con madri dominanti e padri in grado di giocare solo ruoli subalterni e secondari. Al contrario dei maschi, il loro comportamento da bambine è stato descritto come di "maschiacci".In linea generale, tuttavia, va rilevato che se il comportamento sessuale è molto più determinato dalle esperienze e dall'apprendimento che da questioni biologiche, occorre forse rifarsi a un modello di multideterminazione. In esso, si può vedere come l'identità sessuale discenda da questioni biologiche, dalla percezione dell'immagine di sé, dall'organizzazione del rapporto con il proprio sé psichico e corporeo, da vicende familiare e da modelli educativi ancora familiari, ma anche sociali. Senza dimenticare tutto il bagaglio di esperienze che viene accumulato nello scorrere dell'esistenza, soprattutto nel corso del suoi anni "formativi".
L'OMOSESSUALITA' FEMMINILE Non viene descritto un modo univoco del sentire e dell'essere donna lesbica (dall'isola di Lesbo dove risiedeva la poetessa Saffo che decantava in versi l'amore tra donne).
Ne vengono quindi descritte tre varianti: lesbiche sepataratiste
Per scelta ideologica riducono al minimo le relazioni con uomini o con donne eterosessuali e si impegnano culturalmente e politicamente contro una società patriarcale e maschilista.
Lesbiche "butch" Donna omosessuali che apparentemente sembrano possedere caratteristiche fisiche e psichiche maschili e il cui modo di vestire tende a sminuire la loro femminilità
Lesbiche "femme" Donne lesbiche più femminili che si curano, si truccano e si ingioiellano.
A questa distinzione peraltro non corrispondono necessariamente comportamenti e ruoli sessuali attivo e passivo. A volte una o entrambe le donne di una coppia lesbica possono essere bisessuali. Una ricerca americana sull'identità sessuale lesbica ha rivelato che il 90% delle 323 lesbiche intervistate aveva avuto esperienze eterosessuali ed il 43% anche dopo essersi dichiarate lesbiche. In molti ambienti omosessuali la persona bisessuale non viene accettata di buon grado perché viene vista come incapace ad orientarsi definitivamente verso i reali desideri e tendenze, come traditrice del mondo femminile o come potenziale veicolo di trasmissione di malattie sessualmente trasmesse (AIDS).
La gelosia sembra connotare in maniera forte le relazioni lesbiche. Secondo una ricerca americana il 74% delle donne lesbiche si dichiara gelosa contro il 35% dei gay. Il desiderio di maternità nella donna lesbica spesso viene naturalmente soddisfatto. In America infatti un terzo delle lesbiche sono madri e vivono con i loro figli e altre si rivolgono all'inseminazione artificiale, all'adozione o all'affidamento. Di converso le lesbiche separatiste ritengono la maternità ed in particolare accogliere spermatozoi nel proprio corpo, la gravidanza, il parto e l'allattamento atti specificatamete eterosessuali, così che questa scelta di procreazione non viene condivisa.
L'OMOSESSUALITA' MASCHILE La nostra cultura di appartenenza ha determinato rigidamente durante i secoli ciò che è maschile e ciò che è femminile, attribuendo maggiore valore alle qualità tradizionalmente maschili e determinando fin dall'infanzia ruoli sessuali ben definiti. Si deve quindi considerare che l'omosessuale maschio abbia dovuto imparare ad accettare emozioni e sensazioni che la società solitamente non connota come maschili, trovandosi a vivere e a sentire quella parte femminile doppiamente osteggiata dalla cultura dominante. Di base l'omosessuale maschio non tende alla promiscuità, come è emerso dall'inchiesta Arcigay/Ispes del 1988. Fu evidenziato infatti che il 90% degli omosessuali considerava il rapporto di coppia come la migliore forma di relazione e il 41,5% al momento della ricerca ne viveva una. Solo il 15,1% degli intervistati nel 1990 in un sondaggio condotto dall'Arcigay in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità aveva vissuto esperienze sessuali esclusivamente occasionali.

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  1. marta

    tesina sulla violenza sesuale