Verga e il verismo italiano

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Testo

IL VERISMO ITALIANO
IL QUADRO STORICO
Appena avvenuta l’unità geografica dell’Italia nel 1861 si evidenziano tutta la loro gravita i problemi che durante le fasi del risorgimento non erano stati affrontati e che riguardavano soprattutto :
a. le differenze sociali ed economiche fra Nord e Sud (la "questione meridionale");
b. la tendenza delle classi abbienti e dei gruppi industriali di costruire, a spese delle masse meridionali e contadine, l’industria italiana
c. le difficoltà monetarie
d. il fatto che la plebe rurale abbia inteso il risorgimento come borghese, estraneo quindi ai suoi interessi

LE CARATTERISTICHE
• E' un movimento letterario e artistico italiano che ispirandosi al Naturalismo francese e al Positivismo teorizza una rigorosa fedeltà alla realtà effettiva (al «vero») delle situazioni, dei fatti, degli ambienti, dei personaggi e una corrispondenza con il sentire e il parlare dei soggetti che vengono rappresentati.
• Richiamandosi al naturalismo francese delle opere di Emile Zola, ma anche alla scapigliatura, il movimento tende a descrivere la vita della gente umile, degli emarginati dalla società che si affannano nella lotta per la sopravvivenza, contro la fatalità del destino (nato dalla scoperta fatta dalle sinistre italiane per difendere gli operai e tutte le classi meno abbienti come erano i contadini del sud).
• Si sviluppa negli anni successivi all'Unità e prosegue fino al primo decennio del Novecento, raggiungendo la piena maturità nell'ultimo trentennio dell'Ottocento grazie alle sinistre che prendono le idee di Zola come principi base.
• Fu elaborato nell'ambito del vivace ambiente milanese dove erano assai forti gli influssi della cultura europea ma si allargò a tutta l'Italia diffondendosi in alcune regioni più che in altre soprattutto in Sicilia, grazie a Capuana e Verga ma anche in Campania, con Matilde Serao e in Sardegna con Grazia Deledda. La diversa diffusione del verismo dipende sia dalla posizione delle regioni in Italia, poiché, la scoperta della realtà dei veristi riguarda le due situazioni socio-geografiche estreme del sud e del nord con Milano capitale della cultura verista e del progresso industriale e la Sicilia arretrata e rurale
• E' assai caratteristico che i maggiori veristi siano siciliani (Verga e Capuana) ma, che la loro formazione avvenga in ambiente settentrionale, soprattutto a Milano: nel centro culturale più attivo della penisola, dove vengono a contatto, con le proposte del naturalismo francese e prendono coscienza della loro autentica vocazione di scrittori.
• L’idea verista si basa sull’accettazione delle leggi scientifiche che regolano la vita associata e i comportamenti: lo scrittore cerca di scoprire le leggi che regolano la società umana, muovendo dalle forme sociali più basse verso quelle più alte, come fa lo scienziato in laboratorio quando cerca di scoprire i processi fisici che stanno dietro ad un fenomeno.
• Lo scrittore fa molta attenzione alla realtà del quotidiano e predilige una narrazione realistica e scientifica degli ambienti e dei soggetti della narrazione. Evita di parlare delle emozioni provate, presenta la situazione quotidiana come un’indagine scientifica, ricercando le cause del suo evolversi, che sono sempre naturali e determinate (determinismo o darwinismo sociale); anche la vita interiore dell'uomo, spiegabile in termini psicofisiologici, può essere oggetto di uno studio scientifico o sociale:
... l'oggetto sono i "documenti umani", cioè fatti veri, storici; e l'analisi di tali documenti dev'essere condotta con "scrupolo scientifico" ... (G. Verga)
• L'artista deve ispirarsi unicamente al vero cioè ricavare la trama della propria opera da avvenimenti realmente accaduti e preferibilmente contemporanei, limitandosi a ricostruirli obiettivamente ovvero rispecchiando la realtà in tutti i suoi aspetti e in tutti i suoi particolari.
È sentita la necessità di una riproduzione obbiettiva ed integrale della realtà, secondo quel canone dell'impersonalità che è l'applicazione in letteratura del principio scientifico della non interferenza dell'osservatore sugli oggetti osservati (deriva dal Positivismo);
LE REGOLE
• L’artista diventa il narratore cioè colui che raccoglie le emozioni, le sofferenze,le piccole gioie e le racconta, impassibile, senza commenti o esaltazioni della realtà, mettendosi da parte per lasciar parlare l'evidenza dei fatti, la logica delle cose: è la teoria verghiana dell'impersonalità, dove il narratore entra pienamente nei suoi personaggi per raccontare documenti umani.
• L'autore deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole. In tal modo la sua mano «rimarrà assolutamente invisibile» nell'opera. Il lettore avrà così l'impressione non di sentire un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si svolgono sotto i suoi occhi.
• La lingua e lo stile devono essere aderenti ai personaggi, agli ambienti, attingendo possibilmente alle risorse dei dialetti regionali. Il linguaggio è liberato da ogni raffinatezza teorica e accademica.
• I veristi respingono l’uso della letteratura a scopi quale la dimostrazione "sperimentale" di tesi scientifiche e l'impegno politico e sociale. La "scientificità" non deve consistere nel trasformare la narrazione in esperimento per dimostrare le tesi scientifiche, ma nella tecnica con cui lo scrittore rappresenta, che è simile al metodo dell'osservazione scientifica. La scientificità si manifesta solo nella forma artistica, nella maniera con cui l'artista crea le sue figure e organizza i suoi materiali espressivi.
• Secondo Verga, la rappresentazione artistica deve possedere "l'efficacia dell'esser stato", deve conferire al racconto l'impronta di cosa realmente avvenuta; per far questo è necessario riportare "documenti umani". Non basta che ciò che si racconta sia reale e documentato, deve anche essere esposto in modo da porre il lettore faccia a faccia col fatto nudo e schietto, in modo che non abbia l'impressione di vederlo attraverso la "lente dello scrittore". Per questo lo scrittore deve "eclissarsi", cioè non deve comparire nel testo con le sue reazioni soggettive e con le sue riflessioni, ed in questo Verga era un vero maestro.
Lo scrittore verista:
• si occupa di situazioni quotidiane reali, vissute cioè nella scottante realtà nazionale: le plebi meridionali, il lavoro minorile, l'emigrazione;
• cerca il vero attraverso l'analisi delle classi subalterne, però la verità non porta al progresso ma svela una condizione di impotenza ;
• predilige gli ambienti delle plebi rurali perché non ancora contaminate dai pregiudizi propri della borghesia
• gli ambienti sociali sono in maggioranza cittadine di provincia, di campagna, miniere o ambienti di piccola e media borghesia e di aristocratici decaduti.
• Il verismo italiano ebbe una forte caratterizzazione regionale e, poiché le realtà regionali italiane erano profondamente diversificate, diversi furono pure i temi e gli ambienti rappresentati dai veristi.
• Al nord, con l’affermarsi della media borghesia e di nuove classi sociali formate da piccoli imprenditori e lavoratori autonomi fa crescere il numero dei letterati e quindi dei lettori che acquistano libri non che uno scrittore potesse vivere solo con i suoi libri ma era questo il punto di arrivo. Si ha anche un cambiamento dei soggetti che non sono più solo i contadini o pescatori ma entrano anche gli impiegati e gli operai nella narrazione. Cambiano anche gli argomenti che parlano della famiglia, della prostituzione e dei disagi sul lavoro. Principali personaggi sono lo scienziato, l’industriale, il medico tutte le figure che creano cultura e aumentano le conoscenze.
• Al sud, il verismo, non essendovi un proletariato urbano o i bassifondi da "studiare", si interessò all'umile vita dei contadini e dei pastori con le loro passioni elementari. Ad un mondo nudo ed ignoto, il mondo del meridione e delle isole, delle plebi contadine e artigiane, chiuse nella loro povertà e poca conoscenza dovuta alla condizione arcaica alla quale dovevano sottostare le popolazioni. Diciamo però che sono questi i temi che fanno grande il verismo, che lo portano ad essere molto conosciuto soprattutto grazie a scrittori, appunto del sud d’Italia che vivono al nord e parlano della loro terra.
Figura1 Donna vera
Figura2 Siria Ribaudi La casa (1998)
GIOVANNI VERGA
LA VITA
1840-1865
Nasce a Catania il 2 settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizioni economiche e di origine nobiliare. Ad undici anni inizia gli studi alla scuola di Antonino Abate. Il tipo di educazione ricevuta è, sul piano politico, patriottica risorgimentale e, sul piano letterario, sostanzialmente romantica.
Si iscrive alla facoltà di legge ma non termina gli studi, tutto preso dalle vicende storico-politiche (sbarco di Garibaldi in Sicilia). Di questa educazione danno testimonianza le prime prove narrative dai contenuti politici, patriottici ai quali è legato culturalmente e fisicamente essendo un soldato.
Dopo la morte del padre, nel 1865 si stabilisce a Firenze, dove frequenta l'ambiente letterario fiorentino conoscendo qui molti altri letterati e poeti, e sempre qui vedranno la luce le sue prime vere opere (Storia di una capinera, Amore e morte, Eva, ecc.).
• Si trasferisce a Milano, città in cui sono vivacissimi gli scambi letterari: nasce in quegli anni la Scapigliatura alla quale Verga si avvicina con romanzi.
• Poi nel 1874 scrive una novella “Nedda” che rappresenta, per la storia e la realtà dei personaggi, una assoluta novità letteraria (si rappresentano gli umili e le loro miserie).
• Nel 1877 Capuana inizia una battaglia letteraria per il Verismo e comincia a scrivere in questo nuovo modo, realizzando la sua prima vera opera verista, il Ciclo dei vinti nel 1879.
• Comincia a scrivere i Malavoglia con l’idea di parlare di tutte le classi sociali, di tutto il mondo aristocratico e della plebe ma partendo dal basso raccontando storie di vita vera, realmente accadute e utilizzando il reale linguaggio delle varie classi sociali. Non ha un immediato successo a causa della contemporanea uscita di un romanzo di Fogazzaro ma non si scoraggia e promuove lo stesso il suo romanzo che poi avrà un ampio successo pubblicando anche molte altre operette minori. Inizia in questo periodo anche la sua seconda attività quella di autore per il teatro conseguendo ampi successi ma anche sconfitte.
• Nel 1893 si ritira a Catania dopo aver vinto una causa (contro il musicista Pietro Mascagni) per i diritti d'autore di Cavalleria rusticana: l’ingente cifra, gli permette di saldare i debiti. Vive in un isolamento scontroso, geloso dell’ammirazione che i suoi concittadini avevano per il poeta Mario Rapisardi. Causa lutti e un avversione per la nuova letteratura, sempre più basata sui soldi e sul trionfo personale fatto di cause e scontri burocratici, si allontana dall‘arte .
• Si stabilisce definitivamente a Catania, con brevi soggiorni a Milano e a Roma dove, incontra Zola, maestro del Naturalismo francese.
• Si fa sempre più vivo in lui l'interesse per le vicende politiche: fedele alle sue idealità patriottiche e unitarie, si oppone al movimento separatista dei "Fasci siciliani" e si fa sostenitore della necessità, per l'Italia, di una rivincita africana e di una più incisiva politica coloniale. Accoglie con entusiasmo la decisione della campagna libica e aderisce al partito nazionalista.
• Negli anni che precedono la prima guerra mondiale, in un clima letterario a lui non favorevole, le opere di Verga perdono interesse, ma dopo la guerra, il riconoscimento dei suoi meriti si fa sempre più largo e unanime e l’opera verghiana comincia ad essere apprezzata
• Nel 1920 è solennemente festeggiato a Roma e a Catania in occasione del suo ottantesimo compleanno con la successiva nomina a senatore.
• Muore a Catania il 27 gennaio 1922, colto da una paralisi cerebrale.
L’IDEOLOGIA VERGHIANA
Verga applica il principio dell’impersonalità in modo così rigoroso dicendo che nessuno neanche l’autore dell’opera ha il diritto di giudicare ciò di cui tratta. Il punto di partenza di Verga è pessimista perché la vita di ognuno è segnata dalla lotta per la sopravvivenza per cui il più debole è naturalmente schiacciato dal più forte. In oltre tutti gli uomini ricercano l’utile e per ottenerlo non si fanno scrupoli (vedi Mastro don Gesualdo) perché la volontà di sopraffazione del più debole, la voglia di gloria e l’egoismo sono nella natura di tutti gli esseri viventi a non è possibile modificarla.
Ecco allora che non ha nessun senso giudicare e prendere delle posizioni riguardo a questi argomenti perché né il futuro né una nuova organizzazione della società potrà cambiare le cose come anche la religione non ha nessun potere e non può dare che false consolazioni, basate su immagini irreali e speranze che ritornano tali. Ecco che l’unica cosa che è concessa allo scrittore è quella, di rappresentare la realtà nuda e cruda nella sua semplicità, con tutte le sue contraddizioni e ingiustizie.
Con la sua tecnica, riesce a visualizzare tutto ciò che vi è di negativo nella vita reale, facendo in modo che, anche senza esprimere dei chiari commenti sull’avvenimento, questo parli da solo e faccia capire ai lettori quali sono i problemi. Gli argomenti che risaltano dalle descrizioni verghiane sono vari ma tutti hanno come tema la povertà e il popolo. Può essere sia la povertà d’anima che quella materiale, come ad esempio il trionfo dell’utile e della forza, l’oppressione degli indifesi, l’ambizione, la lotta tra ceti sociali e cosi via.
Verga risulta quindi, uno scrittore scomodo che critica e distrugge miti che non lascia spazio ai commenti perché i fatti parlano, e sono più potenti di qualsiasi commento, di qualsiasi manifestazione di disappunto.

L'ATTIVITÀ LETTERARIA
L'attività letteraria di Verga può essere divisa in tre periodi:
- tardo romantico;
- la scapigliatura;
- la produzione verista.
In Sicilia ebbe una formazione letteraria provinciale, semplice, come si nota leggendo i suoi tre romanzi giovanili. Ad esempio, I carbonari della montagna è un romanzo storico (un genere che stava ormai passando di moda) che Verga dedicò agli artisti romantici che allora prendeva come maestri.
Fondamentale il suo cambiamento di interessi avvenne con la partenza dall'isola nel 1869, quando andò a Firenze, grande centro culturale. Introdotto dal poeta Francesco Dall'Ongaro nella buona società cittadina, si dedicò allo studio della vita borghese che aveva davanti agli occhi, con un particolare interesse per le figure femminili e le vicende sentimentali, come si può capire dai titoli dei romanzi che scrisse in questo secondo periodo scapigliato: Una peccatrice, Eva, Eros. Grande successo riscosse in particolare Storia di una capinera, il racconto della monacazione forzata della protagonista che, innamorata del marito della sorella, muore in preda alla disperazione.
Nel 1872, quando si trasferì a Milano, capitale dell'editoria e centro culturale delle sinistre italiane, frequentò sia gli scapigliati Arrigo Boito e Giuseppe Giacosa,che il suo amico Capuana teorico del verismo.
La svolta letteraria si può datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata la novella intitolata Nedda, definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non è più urbano ma rurale; la storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti sono umili contadini. Anche qui protagonista della vicenda è una donna, ma la sua situazione è tragica e concreta, non astratta e sentimentale.
Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro del lavoro dello scrittore catanese, sia nelle novelle, sia nei romanzi.
I due volumi di racconti, Vita dei campi e Novelle rusticane contengono alcuni dei capolavori verghiani, testi divenuti celebri come La lupa, La roba (storia di Mazzarò, un contadino diventato proprietario terriero ma rimasto vecchio e solo, che diverrà pazzo), Rosso Malpelo (un ragazzo destinato a lavorare e a morire in miniera, ricalcando il tragico destino del padre), Cavalleria rusticana (racconto di un duello mortale scatenato dalla gelosia). Ed inoltre vi sono i romanzi veristi del Ciclo dei vinti.
I ROMANZI DELLA MATURITÀ
I Malavoglia (1881) raccontano la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino Catania. Protagonista del romanzo è tutto il paese, fatto di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità e dissapori.
Grazie a una scrittura semplice,dialettale che riesce ad adattarsi al lessico dei vari personaggi, il romanzo crea l'illusione che a parlare siano proprio loro e non una rielaborazione letteraria di Verga che vuole eliminare la presenza dell’autore dall’opera.
Mastro don Gesualdo (1889), invece, narra la vita del protagonista che dà il titolo al romanzo. Di origini modeste,e con un gran cuore, Gesualdo riesce con grande fatica a diventare ricco. Si sposa con la nobile Bianca Trao che non ama lui ma i suoi soldi, con l’intento vano di cancellare la sua modesta estrazione sociale. Con lei ha una figlia che è la sua ragione di vita ma che non lo vuole come padre e lo disprezza. Rimasto solo, Gesualdo muore nel palazzo ducale di Palermo, abbandonato dai suoi e ignorato dalla servitù che si prende gioco di lui.
Anche qui l'ambiente è siciliano e la lingua rispecchia in modo tecnicamente molto raffinato la realtà che e i personaggi che fanno da sfondo al romanzo.
Fu un insuccesso inatteso e Verga, amareggiato, si ritirò a Catania abbandonando la narrativa. Il progettato Ciclo dei vinti, cioè coloro che nella lotta per l'esistenza sono destinati ad essere sconfitti, che prevedeva altri tre romanzi ambientati in una società progressivamente superiore (La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso), restò così incompiuto.
Il successo arrivò a Verga per altre vie.
- Cavalleria rusticana, di cui lo stesso Verga elaborò una versione teatrale (rappresentata nel 1884 con discreto consenso di pubblico), fu musicata da Pietro Mascagni (1890) e fu un successo che continua tutt'ora.
- I Malavoglia offrirono lo spunto per il film La terra trema (1948) di Luchino Visconti, momento importante del cinema neorealista ma del quale ovviamente non ha potuto farne parte.
- Oggi tutti gli studiosi di letteratura sono unanimi nel riconoscere allo scrittore siciliano grandissima statura narrativa.
LA TECNICA VERGHIANA
Per riprodurre la società nel modo più vero, Verga la osserva scrupolosamente, studiando l'ambiente fisico ed il dialetto, documentandosi sui mestieri e sulle tradizioni; inoltre usa uno stile impersonale in modo che il lettore si trovi - come dice lui stesso - «faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore». Così sembra che i personaggi e le vicende si presentino da sé, e chi legge ha l'impressione di essere messo a diretto confronto con la realtà di cui si parla e con i personaggi stessi.
Per ottenere l'impersonalità Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell'ambiente che sta descrivendo, evita cioè di esprimere il suo personale giudizio e i suoi sentimenti facendo invece parlare i personaggi solitamente incolti e primitivi come contadini e pescatori che non sono di certo borghesi. E per rendere ancora più vera e impersonale la rappresentazione, lo scrittore costruisce una lingua nuova: è la lingua nazionale (non usa il dialetto siciliano perché vuole che le sue opere siano lette in tutta l'Italia) arricchita di termini di origine dialettale, di modi di dire e proverbi, di una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo.
I MALAVOGLIA
E' il primo romanzo del "Ciclo dei vinti" rimasto incompiuto, in cui lo scrittore manifesta la sua visione amara della vita. Il romanzo narra le disavventure di una famiglia umile di pescatori di Acitrezza (Catania) che cerca di migliorare le proprie condizioni economiche. «I Malavoglia» raccontano la storia amara di una sconfitta nella quale si esprime il pessimismo radicale di Verga. Non c’è speranza di cambiamento per gli oppressi, soggetti ad una legge di natura, quella della vittoria del più forte e della selezione naturale, che essi non possono controllare. E questa condizione degli umili, diventa emblematica di quella dell’intera umanità. L’unico valore positivo che si afferma nel mondo verghiano è quello della dignità umile ed eroica con cui l’uomo sopporta il proprio destino, rinunciando a inutili ribellioni.
Il centro di tutto è una barca da pesca: la tartana dei Malavoglia chiamata "Provvidenza". La "Provvidenza" è la barca più vecchia del villaggio, ma aveva il nome di buon augurio. Era anche essa una persona nella famiglia esemplare dei Malavoglia, la più onesta e compatta del paese.
Intorno al gran tronco, il nonno Padron 'Ntoni, testa della casa, si stringono altre sette persone appartenenti a tre generazioni. Padron 'Ntoni e la Provvidenza sono i due poli di quel mondo domestico. Quando il maggiore dei nipoti, 'Ntoni, è tolto al lavoro per la leva di mare, il nonno tenta un affare, compra a credito una grossa partita di lupini, li carica sulla barca e li affida al figlio Bastianazzo perché li vada a vendere a Riposto. La barca di notte naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti. La "Provvidenza" è gettata inutile sulla spiaggia. A Padron 'Ntoni rimane il debito dei lupini.
Dopo quella triplice sciagura, tutto sembra accanirsi contro i Toscano-Malavoglia: Luca, il secondo dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa; Maruzza, la nuora, muore nel colera del '67. Il debito dei lupini si mangia la casa, la cara «casa del nespolo» che era l'orgoglio, la ragione di vita del vecchio; e già il debito aveva impedito le nozze della nipote, la Mena, creatura di silenzio e sacrificio. Non è finita: un nuovo naufragio della "Provvidenza" rattoppata lascia Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il primogenito 'Ntoni, che da quando ha fatto servizio militare in continente non si rassegna alla miseria dei pescatori, si dà al contrabbando e finisce in galera dopo aver ferito un doganiere. Lia, la sorella minore, abbandona il paese e non torna più. Mena dovrà rinunciare a sposarsi con compare Alfio e rimarrà in casa ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore, ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la «casa del nespolo» che era stata venduta.
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare perché si sente indegno del focolare domestico di cui ha profanato le leggi e la sacralità.
Gli Elementi e i Temi:
• La presenza di un folla di personaggi tra i quali non emerge un protagonista singolo, a sottolineare un tipo di organizzazione sociale semplice ancora basato sulla famiglia patriarcale;
• Il desiderio di star meglio che spinge padron 'Ntoni a tentare l’affare dei lupini e il giovane 'Ntoni a cercare fortuna lontano: tentativi entrambi falliti di uscire dalla condizione assegnata dal destino;
• La brutalità della lotta per la sopravvivenza, dominata da un’ineluttabile legge economica;
• La religione della famiglia, l’attaccamento al focolare e agli affetti, unica difesa possibile contro l’avidità del mondo, a patto che si accontenti di quello che si ha;
• L’impossibilità di staccarsi dal proprio ambiente e dalla propria condizione, pena la rovina.

MASTRO DON GESUALDO
• Mastro don Gesualdo: è il secondo romanzo del Ciclo dei vinti, che doveva comporsi di cinque romanzi; in realtà l’autore si limitò ai primi due pensando di aver già dimostrato in essi la tesi che si era proposto: l’uomo, qualunque sia la sua posizione nella vita, è un vinto della vita stessa e deve sottomettersi al destino. Ne è appunto un esempio Mastro don Gesualdo, un manovale che è diventato ricco e rispettato a forza di duro lavoro e di sacrifici. Riesce a migliorare la propria condizione sociale, sposando la nobile Bianca Trao che lo sposa per riparare ad uno sbaglio, ma non lo ama. Nasce Isabella che non è figlia di Gesualdo, ma egli considera la bimba come sua e la fa educare nei collegi più aristocratici.
Morta Bianca, che a poco a poco si era affezionata al marito, Isabella si mostra ostile al padre sebbene egli sia disposto a soddisfare tutti i suoi capricci, anche quello di sposare un duca squattrinato che dissipa il patrimonio di Gesualdo, accumulato in tutta la vita. Quando Gesualdo si ammala, Isabella lo relega in una stanzetta del suo palazzo dove muore solo, sognando la sua casa e i suoi poderi, e rimpiangendo quella roba destinata a persone che non lo amano, come suo genero, il duca Leyra.
LE RACCOLTE DI NOVELLE
• Le Novelle Rusticane: è una raccolta di novelle che descrivono con precisione la gente e gli ambienti siciliani portando alla luce i moventi economici che dominano l’uomo e il suo comportamento.
• Vita dei Campi (1880): è una raccolta di novelle, in cui, con stile asciutto e colorito, Verga ritrae la vita rude della sua gente di Sicilia.
Nei nove racconti, tra cui La lupa, Cavalleria rusticana, Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, L’amante di Gramigna, il principio dell’impersonalità trova la sua prima espressione compiuta attraverso la rappresentazione obiettiva, anche se umanamente partecipe, dei meccanismi che regolano la vita, delle lotte feroci che essa impone.
Tuttavia emerge ancora dalla raccolta la sacralità di certi principi elementari del mondo contadino della sua terra che Verga vede inviolati. La Lupa, nella novella omonima, sa che il genero, col quale ha stretto un legame incestuoso, la ucciderà, ma quando vede lontano la falce dell’uomo brillare al sole, va consapevole incontro alla morte, che accetta come necessaria conseguenza della sua aberrante passione. Anche in Cavalleria rusticana la legge dell’onore si mescola a quella della vendetta, secondo un rituale antichissimo, residuo di una civiltà primitiva, agli albori della storia.
Talvolta la lotta per l’esistenza si configura come conflitto tra l’individuo, originalmente buono, e la società corrotta e corruttrice, perché intessuta di un gioco di egoismi che tendono a soverchiarsi. Ma il "primitivo" verghiano, pur ribellandosi ai comportamenti di questa società, è un vinto in partenza: Jeli il pastore si ribella al "signorino", che gli ha rubato la moglie e l’onore, e lo uccide, ma andrà in galera; Rosso Malpelo riesce in apparenza ad adeguarsi alle leggi della giungla (e si chiede perché la madre di Ranocchio morendo si disperi "come se il figlio fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana"), ma alla fine si rassegna alla sconfitta, e sparisce nella cava durante un’esplorazione.
BIBLIOGRAFIA
Dal testo alla storia dalla storia al testo. volume III (libro di testo)
Compagnia della z (www.zzz.it)
Xoom organization (www.xoom.it)
Letteratura e società ed. Palombo
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Esempio



  


  1. mario

    tesina esami di maturita' sugli emarginati