Ragazzi d'onore di Pederiali

Materie:Scheda libro
Categoria:Generale
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Data:26.06.2001
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Testo

TITOLO: RAGAZZI D’ONORE
AUTORE: GIUSEPPE PEDERIALI
EDIZIONE: BRUNO MONDADORI
RIASSUNTO:
Salvatore e Rinaldo erano due ragazzini palermitani che, per guadagnare un po’ di soldi per potersi permettere un motorino nuovo, organizzarono un furto ai danni di un anziano puparo: Nino Puccio. L’oggetto del furto era un semplice pupo, il principe Rinaldo, il pupazzo era senza alcun valore materiale, ma loro speravano di ricavare un po’ di soldi chiedendone un riscatto.
Nino, però, essendone molto attaccato, domandò alla signora che abitava al piano superiore, zia di Tonino Gioia, boss della zona, se poteva chiedere al nipote di spargere la voce che lui desiderava il ritorno di Rinaldo.
Quando giunse voce a Salvatore e Rinaldo che don Tonino voleva il ritorno del pupo, i ragazzini corsero a riportarglielo e colsero l’occasione per domandargli se li arruolava.
Il loro primo “incarico” fu quello di bruciare la baracca di un gelataio abusivo che non voleva più pagare il pizzo a Gioia. Due taniche di benzina e via, avevano svolto con successo il loro primo “lavoretto”.
Il secondo impiego consisteva nel rendere completamente inutilizzabile una macchina, parcheggiata di notte in via Amari, anche se ne ignoravano il motivo.
Il prete don Gaetano, parroco di una piccola parrocchia palermitana, per togliere i ragazzi dalla strada ed evitare che si arruolino nella mafia, aveva organizzato delle attività ricreative. Il fatto non andava bene a don Tonino, perché il prete toglieva a lui la manodopera; per questo incaricò Rinaldo e Salvatore di punire i ragazzi che frequentavano la parrocchia in modo che nessuno ci andasse più. Successivamente, poiché i fanciulli continuavano ad affluire numerosi, Tonino decise di ucciderlo.
Nel frattempo Rinaldo e Salvatore erano dovuti andare a ritirare un pacco dal fratello di Gioia ad Alcamo. Tornati a Palermo scoprirono che era scoppiata una guerra tra don Tonino e il suo rivale, boss della stazione centrale e di via Roma, Peppino Tavella. Gli uomini di quest’ultimo, sapendo che i ragazzini volevano consegnare una scatola a don Tonino, cercarono di impossessarsene pensando contenesse oggetti importanti. Rinaldo e Salvatore, ignorando il contenuto, cercarono al contrario di proteggerla. In questa “lotta”, però, Salvatore muore in uno stretto vicolo, ucciso da un colpo di pistola.
Da lì a poco finì la guerra e Rinaldo consegnò la scatola a don Tonino. Scoprì che all’interno vi erano solo fichi, il suo amico era morto per una semplice "manciata" di frutti. Il boss, venendo a conoscenza del fatto, consegnò a Rinaldo una manciata di banconote da 50.000£. Rinaldo le rifiutò, una scatola di fichi non valeva quei soldi! Uscì dalla stanza in cerca di un lavoro onesto: andò a lavare automobili in un distributore di benzina.
COMMENTO:
Questo libro, essendo ispirato a fatti di cronaca, ad inchieste giornalistiche, a testimonianze pubblicate su giornali e libri si può definire un libro realistico.
Un romanzo che, al contrario di molti altri che fanno vedere la mafia dal “fuori”, cerca di far capire quanto sia facile e frequente l’arruolamento nella mafia, raccontando la storia di due ragazzini che non si dovrebbero definire delinquenti perché a loro non è stata data alternativa, dovevano lavorare per mantenere la famiglia senza aver neppure finito la scuola dell’obbligo.
Cercavano un lavoro che li facesse guadagnare abbastanza bene e li facesse sentire “adulti”; sono questi i motivi per cui la mafia riesce ad arruolare tanti ragazzini. Quindi, le prime vittime sono loro, ragazzini che devono crescere in fretta e bruciare le tappe della giovinezza; rischiando la loro vita, perché spesso non si rendono conto, o fanno finta di non capirlo, che un errore gli può costare la vita, la mafia non perdona, uccide.
Ucciso è stato anche Salvatore, morte che ha fatto aprire gli occhi a Rinaldo, facendogli capire che non era quello il modo giusto di vivere, ma quanti ragazzini dovranno ancora morire perché tutti lo capiscano?


TITOLO: RAGAZZI D’ONORE
AUTORE: GIUSEPPE PEDERIALI
EDIZIONE: BRUNO MONDADORI
RIASSUNTO:
Salvatore e Rinaldo erano due ragazzini palermitani che, per guadagnare un po’ di soldi per potersi permettere un motorino nuovo, organizzarono un furto ai danni di un anziano puparo: Nino Puccio. L’oggetto del furto era un semplice pupo, il principe Rinaldo, il pupazzo era senza alcun valore materiale, ma loro speravano di ricavare un po’ di soldi chiedendone un riscatto.
Nino, però, essendone molto attaccato, domandò alla signora che abitava al piano superiore, zia di Tonino Gioia, boss della zona, se poteva chiedere al nipote di spargere la voce che lui desiderava il ritorno di Rinaldo.
Quando giunse voce a Salvatore e Rinaldo che don Tonino voleva il ritorno del pupo, i ragazzini corsero a riportarglielo e colsero l’occasione per domandargli se li arruolava.
Il loro primo “incarico” fu quello di bruciare la baracca di un gelataio abusivo che non voleva più pagare il pizzo a Gioia. Due taniche di benzina e via, avevano svolto con successo il loro primo “lavoretto”.
Il secondo impiego consisteva nel rendere completamente inutilizzabile una macchina, parcheggiata di notte in via Amari, anche se ne ignoravano il motivo.
Il prete don Gaetano, parroco di una piccola parrocchia palermitana, per togliere i ragazzi dalla strada ed evitare che si arruolino nella mafia, aveva organizzato delle attività ricreative. Il fatto non andava bene a don Tonino, perché il prete toglieva a lui la manodopera; per questo incaricò Rinaldo e Salvatore di punire i ragazzi che frequentavano la parrocchia in modo che nessuno ci andasse più. Successivamente, poiché i fanciulli continuavano ad affluire numerosi, Tonino decise di ucciderlo.
Nel frattempo Rinaldo e Salvatore erano dovuti andare a ritirare un pacco dal fratello di Gioia ad Alcamo. Tornati a Palermo scoprirono che era scoppiata una guerra tra don Tonino e il suo rivale, boss della stazione centrale e di via Roma, Peppino Tavella. Gli uomini di quest’ultimo, sapendo che i ragazzini volevano consegnare una scatola a don Tonino, cercarono di impossessarsene pensando contenesse oggetti importanti. Rinaldo e Salvatore, ignorando il contenuto, cercarono al contrario di proteggerla. In questa “lotta”, però, Salvatore muore in uno stretto vicolo, ucciso da un colpo di pistola.
Da lì a poco finì la guerra e Rinaldo consegnò la scatola a don Tonino. Scoprì che all’interno vi erano solo fichi, il suo amico era morto per una semplice "manciata" di frutti. Il boss, venendo a conoscenza del fatto, consegnò a Rinaldo una manciata di banconote da 50.000£. Rinaldo le rifiutò, una scatola di fichi non valeva quei soldi! Uscì dalla stanza in cerca di un lavoro onesto: andò a lavare automobili in un distributore di benzina.
COMMENTO:
Questo libro, essendo ispirato a fatti di cronaca, ad inchieste giornalistiche, a testimonianze pubblicate su giornali e libri si può definire un libro realistico.
Un romanzo che, al contrario di molti altri che fanno vedere la mafia dal “fuori”, cerca di far capire quanto sia facile e frequente l’arruolamento nella mafia, raccontando la storia di due ragazzini che non si dovrebbero definire delinquenti perché a loro non è stata data alternativa, dovevano lavorare per mantenere la famiglia senza aver neppure finito la scuola dell’obbligo.
Cercavano un lavoro che li facesse guadagnare abbastanza bene e li facesse sentire “adulti”; sono questi i motivi per cui la mafia riesce ad arruolare tanti ragazzini. Quindi, le prime vittime sono loro, ragazzini che devono crescere in fretta e bruciare le tappe della giovinezza; rischiando la loro vita, perché spesso non si rendono conto, o fanno finta di non capirlo, che un errore gli può costare la vita, la mafia non perdona, uccide.
Ucciso è stato anche Salvatore, morte che ha fatto aprire gli occhi a Rinaldo, facendogli capire che non era quello il modo giusto di vivere, ma quanti ragazzini dovranno ancora morire perché tutti lo capiscano?

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