Dinamica dell'atmosfera

Materie:Riassunto
Categoria:Fisica

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Testo

Dinamica dell’atmosfera

La distribuzione del calore nell’atmosfera è tale da creare differenti condizioni di densità e quindi di pressione all’interno dell’atmosfera stessa. Tali differenze di pressione, insieme alla rotazione della Terra determinano spostamenti di masse d’aria, dalle zone a pressione maggiore verso quelle a pressione minore, che prendono il nome di vento.
Per vento si intende un qualsiasi movimento dell’aria rispetto alla superficie terrestre considerata ferma. Le masse d’aria sono in continuo movimento orizzontale o verticale, tuttavia, per vento noi intenderemo di seguito solo gli spostamenti orizzontali. I moti verticali sono generalmente di bassa intensità, salvo casi particolari (temporale, trombe d’aria, uragani ecc.), e quindi la loro trattazione molto spesso viene trascurata anche se i loro effetti sono fondamentali nei processi termodinamici dell’atmosfera
Caratteri distintivi del vento
-Direzione di provenienza: è valutata in base al Nord geografico ed è espressa in gradi sessagesimali.
-Intensità: è la velocità con la quale si sposta l’aria o la pressione che il vento esercita su una superficie normale alla direzione del vento.
L’intensità del vento può essere valutata in modo empirico attraverso la scala BEAUFORT, oppure attraverso una misura strumentale. A seconda dei valori assunti dal vento possiamo avere:
-vento teso: il movimento dell’aria è tale che direzione e velocità del vento
restano costanti. Questo si verifica solo per velocità molto basse (inferiori a 4 m/sec.).
-vento a raffiche: la direzione è costante mentre la velocità subiscevariazioni di almeno 10 nodi rispetto al valore medio.
-vento turbolento: la direzione e l’intensità del vento subiscono contInue variazioni rispetto ad un valore medio.
Da un punto di vista puramente descrittivo i venti possono essereclassificati in:
-venti costanti: venti che spirano sempre in una stessa direzione e la cuiintensità non subisce variazioni significative (Alisei).
-venti periodici: sono venti che in determinati periodi spirano sempre in una determinata direzione e verso (Monsoni, brezze).
-venti caratteristici: sono venti tipici di alcune zone della terra. Ad esempio il bacino del Mediterraneo è caratterizzato da venti caratteristici quali la bora, il maestrale, o scirocco ecc.
Le forze che regolano i movimenti dell’aria e l’equazione fondamentale del vento
La relazione esistente tra forza applicata ad un corpo ed accelerazion costituisce la legge fondamentale della dinamica che può essere così enunciata
Applicando una forza ad un corpo libero, esso acquista una accelerazione che ha direzione e verso uguali a quelli della forza ed intensità direttamente proporzionale alla intensità della forza applicata.
In formula si ha:
F = m a
Se consideriamo una particella d’aria di massa unitaria, in movimento orizzontale rispetto ad un sistema di riferimento inerziale, possiamo calcolare la sua velocità di spostamento applicando la legge fondamentale della dinamica e cioè:
a = F/m = Δv / Δt (assumendo m=l)
L’accelerazione della particella d’aria è uguale alla somma di tutte le forze effettivamente agenti su di essa.
La forza motrice che origina il movimento è la forza di gradiente G dovuta alle differenze di pressione esistenti in seno all’atmosfera. Le altre forze agenti sono la forza di gravità g e la forza di attrito A. Essendo, inoltre, l’atmosfera vincolata con la Terra e ruotando con essa la particella si troverà in un sistema di riferimento non inerziale e quindi occorre introdurre delle forze, dette apparenti, quali la forza di Coriolis o deviante D. L’equazione della statica può quindi essere scritta come:
a = ar = g + G + A +D
ar = accelerazione relativa, cioè l’accelerazione della particella rispetto alla superficie terrestre.
Avendo considerato il moto solo orizzontale g = 0 e quindi la diventa:
ar = G + A +D
Se la particella nel suo movimento descrive una traiettoria curvilinea occorre considerare anche la forza centrifuga C, che risulta uguale e opposta alla componente normale dell’accelerazione.

ar = + G + A +D +C
Che rappresenta l’equazione generale del vento.
- Forza di gradiente G: consideriamo un cilindro di aria di base S ed altezza Az compreso tra le superfici isobariche caratterizzate rispettivamente dal valore di pressione p e (p + ap).
Sulla base del cilindro viene esercitata la forza F1 = (p + Δp) , mentre sulla superficie superiore si esercita la forza F2 = pS, opposta alla prima; la q risultante delle forze agenti sulle facce laterali è uguale a zero. La risultante delle forze (dovute alla variazione di pressione) agenti sul cilindro dì aria è: a

Considerando che il volume del cilindro è SAz la forza per unità di volume sarà:

da cui risulta che il gradiente banco rappresenta la forza che agisce sull’unità di volume di aria,
Nel cilindro è contenuta la massa di aria M = p S Az, dove p è la densità dell’aria; quindi la forza G agente sull’unità di massa risulta:
cc
m
Il procedimento può essere ripetuto anche per una distanza orizzontale Axsulla quale si registra una variazione di pressione sulla quale si registra una variazione di pressione Ap; si otterrà la forza:
Tale accelerazione è direttamente proporzionale al gradiente banco orizzontale.
Forza di Coriolis D:
dalla meccanica sappiamo che se un corpo si muove in un sistema non inerziale e riceve una accelerazione complementare che tiene conto dell’accelerazione del sistema mobile rispetto a quello fisso. Il sistema di riferimento vincolato con la terra è un sistema ruotante intorno al proprio asse da ovest verso est con velocità angolare w pari a:
tutti i corpi sono quindi sottoposti ad una accele razione che viene detta accelerazione di Coriolis. La velocità angolare della Terra non cambia con la latitudine mentre cambia la velocità periferica v = w R
Una particella d’aria ferma in un punto A situato nell’emisfero Nord acquista la stessa velocità lineare che ha la Terra in quel punto. Tale velocità viene conservata se, a causa della forza di gradiente, la particella si muove lungo un meridiano verso Nord oppure verso Sud. Muovendosi verso Nord verrà a le Ax trovarsi in punti della Terra che si muovono con velocità sempre minore e quindi si troverà in vantaggio rispetto ad essi. Questo comporta uno spostamento verso destra rispetto al meridiano.
Se la particella si sposta verso Sud viene deviata verso sinistra poichè si troverà ad essere in ritardo rispetto ai punti della Terra sui quali transita. La stessa cosa avviene se la particella si muove lungo un parallelo o in una qualsiasi altra direzione; la particella subisce sempre uno spostamento rispetto alla superficie terrestre ortogonale alla direzione secondo la quale si muove
Nell’emisfero Nord un osservatore che si trovi all’equatore vedrà la particella d’aria deviare verso destra o verso sinistra a secondo che l’aria si sposti verso il polo o dal polo verso l’equatore.
La forza di Coriolis è rappresentata da
D = 2 v (D sen ;)
Dove:
v = velocità della particella d’aria
== velocità angolare della Terra
v=latitudine geografica alla quale sì trova la particella
Ponendo f = 2 w sen P (parametro di Coriolis), risulta:
D =fv
Come si deduce dalla formula la forza deviante è direttamente proporzionale alla velocità di spostamento della particella d’aria, inoltre è massima ai poli (essendo m = 90 e quindi sen = 1) e zero all’equatore (( = 0 sen s = 0). In conclusione possiamo affermare che la forza deviante agisce sempre perpendicolarmente alla direzione di spostamento della particella d’aria (verso destra nell’emisfero Nord, verso sinistra nell’emisfero Sud) ed ha quindi l’effetto di cambiare la direzione del moto della particella stessa.
-Forza centrifuga C: Se il moto dell’aria avviene seguendo una traiettoria curva, come intorno ai centri ciclonici e anticiclonici, occorre tener conto della forza centrifuga C.Tale forza agisce perpendicolarmente alla traiettoria e verso l’esterno; la sua espressione, considerando una massa unitaria, è:
dove:
V= velocità della particella.
R = raggio di curvatura della traiettoria
-Forza di attrito A: L’aria scorrendo al suolo o in vicinanza di esso, a causa della rugosità più o meno accentuata della superficie terrestre, è sottoposta alla forza di attrito A.
Tale forza è opposta al moto dell’aria ed è espressa da:
A-KV
K = coefficiente di attrito esterno.
V = velocità della particella d’aria.
Vento geostrofico
Il vento geostrofico rappresenta con buona approssimazione il vento reale nel caso in cui il moto sia rettilineo uniforme in assenza di attrito. La particella d’aria quindi deve muoversi seguendo una triettoria rettilinea con moto uniforme ad una quota maggiore di 1500 m oltre la quale l’attrito dovuto alla superficie terrestre è considerato trascurabile.
In tali condizioni le forze agenti risultano quella di gradiente e quella deviante. La particella sottoposta alla forza di gradiente comincia a spostarsi dalla zona di alta verso la zona di bassa pressione, ma a causa della forza deviante, gradualmente si disporrà parallelamente alle isobare e nel momento in cui G e D si faranno equilibrio il moto dell’aria si stabilizza.
In condizioni di vento geostrofico si ha quindi:
ossia:

L’eq. mostra che il vento geostrofico è direttamente proporzionale al gradiente banco orizzontale ed inversamente proporzionale alla densità dell’aria. La formula non è applicabile all’equatore dove Vg non è determinabile essendo sen O = O
Ricavando Rp dalla equazione pp = pg pz e sostituendolo
Usando l’eq. si può effettuare un calcolo approssimativo del vento esprimendo sz in metri, zx in chilometri, e sostituendo a g ed ti rispettivi valori
si ottiene:

nella pratica il calcolo del vento viene effettuato mediante regoli specifici per tale operazione.
Vento di gradiente
Consideriamo adesso il caso del moto circolare uniforme in assenza di attrito, supponiamo cioè di considerare un moto curvilineo con isobare circolari. Le forze agenti sull’unità di massa d’aria
in questo caso sono:
-la forza di gradiente G
- la forza deviante D
- la forza centrifuga C.
Il vento di gradiente si ottiene dall’equilibrio dinamico di queste tre forze e la sua trattazione va riferita separatamente alle zone cicloniche e alle zone anticicloniche.
-Zona ciclonica: in questo caso il campo banco è tale da presentare un densità minimo di pressione al centro e isobare con forma circolare. Il moto minabile della particella d’aria è tangente alle isobare in modo da lasciare a destra l’alta pressione ed a sinistra la bassa (emisfero Nord) con intensità costante ma direzione variabile. La forza deviante e la forza centrifuga risultano dirette verso l’esterno e fanno equilibrio alla forza di gradiente
e sostituendo le relative espressioni si ha:

da cui si ricava:

Osservazioni
a)
b)La eq.ammette due soluzioni ugualmente valide da un punto di vista matematico ma in effetti la soluzione da accettare è quella che per p//x = O dà VG = 0
b)Il vento di gradiente è minore del vento geostrofico originato dalla medesima forza di gradiente
-Zona anticiclonica: il campo banco presenta un massimo al centro, il vento è sempre disposto tangenzialmente alle isobare e lascia a destra l’alta pressione ed a sinistra la bassa. Il moto della particella è in senso orario. La forza di gradiente e la forza centrifuga sono dirette verso l’esterno, mentre la forza deviante è diretta verso l’interno e fa equilibrio alle prime due.

Vento in presenza di attrito
Le considerazioni riguardanti il vento geostrofico e il vento di gradiente non sono più valide se si considera lo strato atmosferico che dalla superficie terrestre si estende fino a circa 1500 m di altezza, ossia nel cosiddetto strato di attrito. In tale strato a causa della rugosità del terreno si esercita una forza di attrito sulla particella d’aria in movimento. Nel caso di moto rettilineo uniforme in presenza di attrito la velocità di regime si raggiunge quando la risultante delle forze agenti risulta uguale a zero e cioè:
Come mostrato in fig. la velocità di regime si raggiunge quando la risultante della forza di attrito e della forza deviante fanno equilibrio alla forza di gradiente. Indicando con PM l’ipotenusa del triangolo che ha per cateti A e D si ha:
e sostituendo ai simboli le singole espressioni si ha:
da cui si può facilmente ricavare V.
L’azione dell’attrito è dunque quella di ridurre la velocità del vento e di determinare uno spostamento della direzione verso le basse pressioni.
Il vento quindi in generale, sia nel moto rettilineo che in quello curvilineo taglia le isobare di un certo angolo a che dipende dall’entità della forza d’attrito. In particolare si può affermare che l’aria diverge dalle zone di alta pressione e converge nelle zone di bassa pressione attraversando le isobare.
Vento termico
Il vento termico è un vento fittizio definito come la differenza vettoriale tra i venti a due quote differenti misuratì sulla stessa verticale, che in formula è espresso da:

Con buona approssimazione i venti in quota possono essere considerati geostrofici e di conseguenza il vento termico può essere considerato come la differenza tra il vento geostrofico misurato a due quote differenti sulla stessa verticale:

Dalla eq. si deduce che il vento termico dipende alla differenza tra la pendenza della superficie isobarica Pi e della superficie isobarica P2 oltre che da g e dal parametro di Coriolis.

Con semplici considerazioni si può dimostrare che:

dove S rappresenta Io spessore dello strato d’aria compreso tra le superfici isobariche P2 e ft~. Ricordando che Io spessore, o distanza tra due superfici isobariche è proporzionale alla temperatura media dello strato stesso e cioè:
si ha:
dalla quale si evidenzia che il vento termico è direttamente proporzionale al gradiente termico orizzontale. Quindi VT è legato al campo termico, più dettagliatamente possiamo dire che il vento termico è diretto lungo le isoterme.
Un osservatore che si ponesse con le spalle al vento avrebbe alla sua destra aria calda e sulla sua sinistra aria fredda.

Il vento termico è utilissimo nella determinazione delle avvezioni, infatti come mostrato nella fig. 100 e nella fig. 101, se il vento con la quota ruota in senso orario si avrà avvezione calda, se ruota in senso antiorario avvezione fredda. Determinare il tipo di avvezione è meteorologicamente molto importante in quanto esse sono legate alla stabilità dell’atmosfera.
Circolazione generale dell’atmosfera
Generalità

I moti dell’atmosfera possono presentarsi con dimensioni ed intensità variabili da pochi centimetri a migliaia di chilometri. I :ante in moti verticali, ad esempio, possono raggiungere la quota massima di 18 Km ate alla nella zona equatoriale. I moti orizzontali possono avere estensione piccolissima come nelle deboli raffiche o nei mulinelli di polvere, ma possono anche
raggiungere le migliaia di chilometri come nel caso dei moti orizzontali zonali.
I primi studi della circolazione generale dell’atmosfera risalgono alla prima metà del XVIII secolo quando furono analizzati gli alisei.
La circolazione generale dell’atmosfera consente di dare una visione complessiva, anche se semplificata, del movimento dell’atmosfera a quote troposferiche.
Tutti i modelli comunque sono basati sull’osservazione fondamentale che, a causa della forma sferica della Terra e dell’inclinazione dell’asse di rotazione, esiste una differenza di temperatura tra poli ed equatore che mette in movimento l’atmosfera la quale, in questo modo, cerca di ristabilire l’equilibrio termico orizzontale.
Modello ad una cellula convettiva
Questo modello è il più semplice ipotizzabile ma è di conseguenza anche quello che meno si avvicina alla realtà. E’ basato sull’idea che essendo la Terra sferica sarà irraggiata dal sole in modo differenziato e questo produce un massimo di temperatura all’equatore ed un minimo ai poli; il campo termico presenta quindi le isoterme coincidenti con i paralleli. L’aria calda equatoriale si innalza e raggiunta una certa quota diverge e si dirige verso i poli, raffreddandosi gradualmente; arrivata su di essi discende al suolo e si dirige diverso da quello ipotizzato in questo modello poiché la il campo banco presenta dei centri ciclonici permanenti latitudine, mentre ai poli ed a 300 di latitudine sono verso l’equatore. L’aria fredda polare spostandosi al suolo verso l’equatore si riscalda e giunta su di esso si solleva per dirigersi di nuovo in quota verso i poli, lI modello prevede quindi una zona di alta pressione ai poli, una zona di bassa pressione all’equatore ed una cellula convettiva per emisfero che comporta, ad esempio, nell’emisfero Nord un vento a tutte le latitudini da Nord-Est.
L’osservazione dei fenomeni a grande scala ha evidenziato che il campo termico è terra non è omogenea; all’equatore ed a 60° di localizzati centri di alta pressione permanenti; alcune fasce della Terra sono caratterizzate da venti costanti mentre altre sono interessata da venti predominanti. Tutte queste osservazioni hanno permesso di costruire il modello a tre cellule convettive e successivamente il cosiddetto modello attuale.

Modello a tre cellule convettive
La causa fondamentale di questa circolazione è sempre il diverso riscaldamento della superficie terrestre, alla quale però vanno aggiunte altre

cause non meno importanti quali la rotazione terrestre, le variazioni di temperatura permanenti o stagionali dovute ad oceani e continenti, l’influenza dalle o catene montuose e delle grandi correnti marine. Da queste considerazioni scturi sc e una circolazione dell’atmosfera molto complessa. Il modello prevede tre cellule convettive per ogni
La prima cellula si estende dall’equatore al tropico ed è detta cellula di Hadley. L’aria a causa del forte riscaldamento equatoriale si solleva convettivamente ed in quota diverge dirigendosi verso i tropici. Al suolo viene richiamata aria che, partendo dalle alte pressioni tropicali, si dirige verso l’equatore; si crea così una circolazione che a causa della forza di Coriolis assume una direzione da Nord-Est, nell’emisfero Nord e da Sud-Est nell’emisfero Sud. Questi venti sono conosciuti 001 nome di alisei. Gli alisei sono venti costanti con intensità media di circa 10 Kts ai quali gli inglesi diedero il nome di “trada Winds” per la loro importanza commerciale.
Gli alisei dei due emisferi convergono all’equatore termico dando luogo a moti convettivi con conseguente formazioni di nubi a forte sviluppo verticale che generalmente danno luogo a temporali. La linea di convergenza dagli alisei è chiamata zona di convergenza intertropioale e indicata con ITCZ (Intertropical Convergence Zone). La ITCZ coincide con l’equatore geografico sugli oceani, poiché a causa della capacità termica dall’acqua la temperatura del mare cambia poco durante l’anno. Sui continenti come ‘Africa invece la posizione della ITCZ varia a seconda della stagione; durante la nostra estate è spostata a Nord dell’equatore geografico mentre durante il nostro inverno è situata a Sud dell’equatore seguendo le variazioni di temperature dovute alla diversa insolazione dalla stagione estiva ed invernale. La posizione della ITCZ è molto importante per i paesi africani poiché le precipitazioni, come si è accennato, avvengono proprio lungo questa fascia a causa dei moti convettivi che si originano dalla convergenza degli alisei. Nella zona compresa tra il tropico e 60° di latitudine si estende la seconda cellula, datta cellula di Ferrel. Al suolo sono presenti venti che spirano prevalentemente da Sud-Qvest, dovuti ai movimenti dell’aria dalle alte pressioni subtropicali alle zone di bassa pressione permanenti delle latitudini i fascia a 60°. I venti di questa zona sono anche chiamati vanti occidentali a causa della ai. loro direzione prevalente. Va sottolineato che nella zona in questione la seconda circolazione atmosferica è molto complessa ed anche sa prevalentemente spirano l’aria si muove da Ovest ad Est si possono avere anche dei venti di direzione alla alte opposta. -La terza cellula si estende dal polo a 60° di latitudine e viene indicata col nome di cellula polare. Dalle zone di alta pressione della calotta polare l’aria si dirige verso la zone di bassa pressione situate alla latitudine di 60°.
A causa della forza di Coriolis t’aria assume una componente da Nord-Est dando luogo ai venti polari. Alle latitudini di 60° convergono i venti polari ed i “vanti occidentali che danno luogo ad una superficie di discontinuità la cui intersezione col piano orizzontale costituito dalla superficie terrestre prende il nome di fronte polare, la cui importanza sarà chiarita nei capitoli successivi.
Modello di circolazione attuale

E’ il modello di circolazione generala che più si avvicina alle condizioni reali.
Come nel modello precedente prevede tre zone minori per ogni emisfero e sostanzialmente le considerazioni fatte nel modello a tre cellule per la fascia polare e quella equatoriale sono valide anche per questo modello. Per la fascia compresa tra 30° e 60° il modello attuale ipotizza una circolazione che si realizza attraverso una serie di onde lungo le quali l’aria scorre da Ovest verso Est. Queste onde hanno una lunghezza di migliaia di chilometri e vengono chiamate onde di Rossby, dal nome dallo scienziato che la ha individuata. Una onda è caratterizzata da una sommità o colmo rivolta verso nord che corrisponda ad un promontorio, a da una cavità rivolta
verso sud che corrisponda ad una saccatura. Questa circolazione ad onde comporta un movimento dell’aria che si esplica essenzialmente lungo i paralleli e che prende il nome di circolazione zonale. Lungo l’onda si instaura una circolazione che fa affluire aria calda verso 60° di latitudine a fa scendere aria fredda verso i tropici.
Struttura verticale degli anticicloni e dei cicloni
La circolazione generale dell’atmosfera mette in risalto la presenza di zone anticicloniche ai poli ed ai tropici; e zone cicloniche poste all’equatore ed a 60° di latitudine.
Diamo un breve cenno sulla loro struttura e sulla loro origina, individuando i seguenti sistemi:
- Anticicloni termici o freddi: si originano a causa del forte raffreddamento dell’aria che sovrasta la calotte polari e per questo motivo sono chiamati anticicloni termici. A causa del forte raffreddamento l’aria che in quota proviene da 60° si addensa nei bassi strati dando luogo ad una conformazione anticiclonica. Tale configurazione viene mantenuta generalmente fino alla 850 hPa, ed a volte anche fino alla 700 hPa, al disopra della quale l’anticiclone presenta una configurazione ciclonica .
- Anticicloni dinamici o caldi: situati alle latitudini tropicali trovano la loro origina nella convergenza in quota dell’aria proveniente dall’equatore. L’aria si riscalda a causa della compressione adiabatica subita nel moto discendente che caratterizza gli anticicloni; di conseguenza questi anticicloni risultano caldi a tutte le quote a per questo motivo vengono chiamati anticicloni caldi o dinamici.
La temperatura relativamente elevata dell’aria di questi sistemi determina una espansione verso ‘alto dalla superfici isobariche facendo assumere al sistema la configurazione di alta pressione sia al suolo che in quota.
- Cicloni freddi o dinamici: situati alle medie latitudini si presentano con una configurazione banca caratterizzata da bassa pressione in quota. In queste depressioni è presente aria fredda a tutte la quote ed il tempo è sempre perturbato. Il ciclone freddo che nostra regione è il ciclone di Islanda

- Cicloni termici o caldi: il forte riscaldamento delle zone equatoriali determina una espansione verso l’alto dell’aria facendo assumere in quota alle superfici isobanche un andamento anticiclonico, mentre al suolo l’andamento è di tipo ciclonico. I cicloni termici presentano quindi una bassa pressione al suolo ed una alta pressione relativa in quota.
Queste depressioni sono situate lungo l’equatore termico, hanno la caratteristica di essere permanenti ma si spostano fino a 30° Nord durante l’estate boreale e fino a 20° Sud durante l’inverno boreale seguendo l’andamento dell’equatore termico durante l’anno.
Le nubi
La nube è un insieme visibile di piccolissime goccioline di acqua o di cristalli di ghiaccio, oppure di entrambe, in sospensione nell’atmosfera. Essa può anche essere costituita dall’insieme di particelle acquose (liquide o solida) miste a particelle non acquose provenienti da vapori industriali, da polveri, da fumo.
L’aspetto di una nube dipende da molti fattori ma essenzialmente è legato alla natura, alle dimensioni e alla distribuzione nello spazio delle particelle da Cui è costituita. Per descriverne l’aspetto occorre analizzare la sua forma, le dimensioni, la struttura, la luminanza e il colore. La luminanza (o bnillanza) è funzione della quantità di luce riflessa, diffusa e trasmessa dalle goccioline costituenti la nube. Il colore della nubi dipende essenzialmente dal colore della luce Che la illumina, ma può essere modificato dalla presenza di foschia che può frapporsi tra la nube e l’osservatore. Quando il sole è abbastanza alto nel cielo le nubi, se sono direttamente illuminate, appaiono bianche o gnigie; quando il sole è vicino all’orizzonte generalmente assumono colori che vanno dal giallo, all’arancione, al rosso. Il colore delle nubi varia anche con la loro altitudine e con la loro posizione rispetto all’osservatore.
Formazione delle nubi
La formazione di una nube si ottiene quando aria sufficientemente umida, contenente nuolai di condensazione, viene portata alla saturazione e successivamente venga fatto condensare il suo vapore. In generale una massa d’aria può essere saturata attraverso due processi fondamentali:
-Raffreddamento (isobarico, adiabatico).
-Umidificazione.
I principali processi di condensazione possono essere schematicamente riassunti in:

Una massa d’aria si umidifica quando viene immesso altro vapore al suo interno. Questo processo è legato all’evaporazione di superfici liquide, con la conseguente possibilità di formazioni di nebbia; oppure all’evaporazione delle precipitazioni con formazioni di nubi stratiformi; oppure al rimescolamento di strati d’aria sovrapposti a causa dai moti turbolenti Che si creano nella zona di transizione da una massa d’aria all’altra. Il raffreddamento isobarico si ha quando una massa d’aria, ristagnando in una certa zona durante la notte, si raffredda per irraggiamento dando luogo generalmente a nebbie ma può riguardare anche la sommità delle nubi; oppure quando una massa d’aria Calda scorre su un corpo più freddo (avvezione calda) dando luogo nella zona di Contatto alla condensazione del vapore, I fenomeni relativi sono formazion3 di nebbia al suolo o formazione di nubi in quota. Nel caso di avvezione nell’atmosfera sarà presente una inversione termica. Il raffreddamento adiabatico si ha quando una massa d’aria subisce un moto ascensionale a causa del quale espandendosi si raffredda. Tale moto ascendente può essere dovuto ad una causa termica (convezione) oppure ad un movimento forzato dinamicamente (scorrimento ascendente) quando ad esempio una massa d’aria è costretta a salire lungo il pendio di un rilievo.
Classificazione delle nubi
Le nubi possono assumere una grande varietà di forma in continua evoluzione, la loro classificazione risulta quindi molto difficoltosa. E’ possibile tuttavia da finire un limitato numero di forme caratteristiche osservabili frequentemente in ogni parte dalla terra che permettono di darne una classificazione.
La classificazione dalla forme caratteristiche porta alla suddivisione della nubi in:
• generi
• specie
• varietà
La maggior parte dei generi di nubi vengono suddivisi in specie. Ogni specie è Caratterizzata da un attributo che individua una particolarità della forma o della struttura interna di una nube.
Le diverse varietà di nubi si riferiscono alle caratteristiche riguardanti la differente disposizione dagli elementi costitutivi, o al grado di trasparenza complessivo delle nubi
La suddivisione delle nubi nei 10 generi fondamentali è fatta raggruppandole in funzione della loro altitudine media (distanza verticale tra la base della nube ed il livello medio del mare) alla quale si presentano abitualmente.
Le nubi sono generalmente presenti nella troposfera. Che come sappiamo varia con la latitudine dagli 8 Km dei poli ai 18 Km dell’equatore. Per convenzione la troposfera è stata divisa in tre regioni detta rispettivamente:
regione superiore (o alta CH), regione media (CM) e regione inferiore (o bassa CL). I limiti delle varie regioni variano con la latitudine a risultano in parte sovrapposte come mostrato nella tabella 10, dalla quale risulta che rispetto alla forma si possono individuare tre tipi di nubi fondamentali:
- stratiforme
- cumuliforme
- stratocumuliforme
Per la descrizione delle singole nubi si rimanda all’Atlante delle nubi dell’OMM nel quale sono anche riportate numerose fotografie esplicative delle singole nubi. In generale si può affermare che:
-Le nubi stratiformi sono tipiche dell’aria stabile, spesso sono dovute a raffreddamento isobarico, hanno generalmente forte sviluppo orizzontale e possono dar luogo a precipitazioni il cui carattere è uniforme. Tra queste nubi ricordiamo i nembostrati ai quali sono associate precipitazioni generalmente di forte intensità.
-Le nubi cumuliformi sono tipiche dell’aria instabile e si originano per condensazione del vapore d’acqua, presente nella massa d’aria, a causa del raffreddamento adiabatico. Hanno generalmente forte sviluppo verticale e le precipitazioni associate sono a Carattere di rovescio.
-Le nubi stratocumuliformi o composte hanno le caratteristiche di quelle Cumuliformi e di quelle stratiformi.
Diamo qui di seguito un cenno sulle proprietà e le caratteristiche di alcune nubi.
-CIRRI: di aspetto fibroso (filamentoso) a forma di filamenti bianchi o di bande strette sono costituiti di cristalli di ghiaccio. Se sono disposti a bande o connessi a cirrostrati o altostrati indicano, generalmente, un peggioramento del tempo; quando sono disposti irregolarmente sono indice di bel tempo.
-CIRROSTRATI: velo nuvoloso trasparente e biancastro, d’aspetto filamentoso che copre parzialmente o Completamente il cielo.
-CIRROCUMULI: generalmente si presentano in banchi estesi costituiti di piccoli fiocchi bianchi, senza ombre, collegati oppure no (cielo a pecorelle).
-ALTOCUMULI: simili ai cirrocumuli ma Costituiti da fiocchi più grandi, costituiscono una distesa, o banco o strato di nubi bianche o grigie.
-ALTOSTRATI: distesa nuvolosa che può anche Coprire tutto il cielo, di aspetto striato o uniforme si presenta di colore grigio o bluastro.
-NEMBOSTRATI: strato nuvoloso grigio e denso, spesso scuro, di aspetto non ben definito a causa della pioggia o della neve a Cui danno luogo. Copre generalmente interamente il Cielo e Io spessore può anche permettergli di penetrare nella regione alta.
-STRATOCUMULO: banco o distesa nuvolosa di colore grigio o biancastro, Composta da elementi che gli conferiscono l’aspetto di un lastricato, di un acciotolato, di rotoli.
-STRATO: strato nuvoloso generalmente grigio, con base uniforme può produrre pioviggine o nevischio. L’eventuale presenza di pioggia o neve è dovuta a nubi che si trovano al di sopra degli strati.
-CUMULO: nubi spesse, dense, staccate con contorni netti, la cui sommità ha generalmente forma di cupola con protuberanze che gli fanno assumere forma simile al cavolfiore. La base è piatta e le parti illuminate dal sole sono quasi sempre di un bianco splendente, mentre le parti in ombra e la base appaiono molto scure a causa del notevole spessore che generalmente le caratterizza.
-CUMULONEMBO: nube imponente e densa, presenta un notevole sviluppo verticale che, a volte, gli permette di raggiungere la tropopausa e gli conferisce forme di montagna o di enorme torre. La base è generalmente frastagliata, mentre la sommità spesso assume la caratteristica forma ad incudine.
Osservazione delle nubi
Le osservazioni e le misure riferite alle nubi riguardano essenzialmente:
-la “nuvolosità”
- il tipo di nubi
- l’altezza della base
- il moto delle nubi
la nuvolosità o copertura del cielo è la frazione del cielo coperto da nubi e può essere parziale o totale.
Il tipo di nube identifica la nube o le nubi presenti ed il riconoscimento avviene secondo la classificazione del paragrafo.
L’altezza della base delle nubi è la distanza che intercorre tra il suolo e la base delle nubi. La determinazione dell’altezza della base delle nubi può essere fatta, con accettabile approssimazione, da un osservatore esperto che attraverso il riconoscimento del tipo di nube ed eventualmente con l’ausilio di riferimenti locali ne stima la distanza dal suolo. Dal punto di vista operativo, in ambito aeroportuale, viene fornito il ceiling che per definizione è: l’altezza, riferita all’elevazione dell’aeroporto, della base dello strato più basso delle nubi, al di sotto di 20.000 piedi (6.000 metri) che copre più della metà del cielo (copertura broken BKN).
L’osservazione a vista, per la determinazione del ceiling, in genere, non soddisfa le esigenze della assistenza alla navigazione aerea, in particolare se si tiene conto che in ambito aeroportuale il pilota effettua la fase del volo più delicata e cioè l’atterraggio e il decollo; pertanto il ceiling viene misurato strumentalmente. Gli strumenti Che possono essere usati sono
-radar
-nefo-ipsometrO
-palloncino pilota
-proiettori a fasce luminose (di notte).
Il ceiling assume particolare importanza quando lo strato nuvoloso, anche se copre meno della metà del cielo, è situato nella zona che interessa il sentiero di avvicinamento. Un ceiling basso è particolarmente pericoloso per un aeromobile privo della strumentazione necessaria per il volo nelle nubi, poiché costringe il pilota a mantenere una quota molto vicina al suolo, dove vi sono pericoli di collisione con gli ostacoli.
Il moto delle nubi, o direzione di spostamento delle nubi, può essere determinato per confronto con un oggetto fisso. Le misure vengono effettuate con il nefoscopio che permette di stimare sia la direzione di spostamento delle nubi che la loro velocità apparente. Attraverso lo spostamento delle nubi è quindi possibile stabilire il vento in quota.

Esempio