Origine dell'Universo

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Teoria del Big Bang
Nel 1948 il fisico di origine russa George Gamow combinò la teoria di Lemaître dell'atomo primordiale con le idee di Fridman, proponendo un nuovo modello di universo, originatosi da una grande esplosione iniziale, detta Big Bang cosmico. Secondo le versioni più moderne della teoria del Big Bang, la materia si sarebbe trovata inizialmente in condizioni di temperatura e densità tali da essere completamente scomposta in quark, le più "piccole" particelle elementari note fino a oggi. A seguito dell'espansione dell'universo, la massa iniziale di energia e materia si sarebbe raffreddata e rarefatta; a frazioni infinitesime di secondo dopo l'esplosione iniziale, i quark si sarebbero uniti a gruppi di tre a formare i protoni, i neutroni e gli altri adroni. Dopo circa tre minuti, i protoni e i neutroni si sarebbero a loro volta uniti per dare origine ai nuclei degli elementi più leggeri (idrogeno, elio e una minima quantità di litio). Tutti gli altri elementi chimici non si sarebbero formati che alcuni miliardi di anni dopo, grazie alle reazioni nucleari che avvengono nei nuclei stellari e durante le esplosioni di supernove. A 300.000 anni dal Big Bang, nuclei ed elettroni si sarebbero infine uniti a formare gli atomi, mentre le stelle e le galassie sarebbero nate entro il primo miliardo di anni di vita dell'universo.
Mentre l'universo si espandeva, la radiazione residua del Big Bang si raffreddava; oggi la sua temperatura è di circa 3 K (-270 °C). Questa radiazione cosmica di fondo, rivelata dai radioastronomi nel 1965, costituisce una conferma molto convincente della teoria del Big Bang. Dal 1989 viene osservata dal satellite Cosmic Background Explorer (COBE), che ne ha messo in evidenza piccole disomogeneità, di importanza fondamentale per le attuali teorie sull'evoluzione dell'universo.
Origine dell’Universo
Evento postulato dalla teoria cosmologica standard a cui si fa risalire la comparsa della materia e dell'energia esistente. Secondo la maggior parte degli astronomi, l'evento ebbe luogo in un preciso istante del passato compreso tra i 12 e i 20 miliardi di anni fa. Il primo indizio che condusse alla formulazione di questa teoria fu la scoperta dell'espansione dell'universo, avvenuta nel 1920 a opera del fisico statunitense Edwin Hubble: dall'analisi spettroscopica delle radiazioni elettromagnetiche emesse dalle galassie, egli capì che queste non sono ferme, ma si muovono allontanandosi le une dalle altre con velocità proporzionale alla reciproca distanza. Tale espansione è del resto prevista dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Se i componenti dell'universo sono in continuo allontanamento l'uno rispetto all'altro, in passato devono essere stati più vicini di quanto non siano ora; al limite, in un lontanissimo passato, deve esserci stato un istante in cui tutto ciò che esiste era concentrato in un unico punto matematico (una cosiddetta singolarità). Da quel punto, attraverso un'espansione esplosiva, nota come Big Bang, avrebbe avuto origine l'universo.
Una conferma all'idea che l'universo abbia conosciuto un inizio fu la scoperta, negli anni Sessanta, della radiazione cosmica di fondo, vale a dire di onde elettromagnetiche di bassa energia che permeano ogni regione del cosmo e in cui gli scienziati vedono l'eco del Big Bang. Il Big Bang non deve essere pensato come l'esplosione di una massa di materia all'interno di uno spazio vuoto. Al momento del Big Bang, infatti, spazio e tempo coincidevano, così come materia ed energia; "al di fuori" della sfera infuocata primigenia non esisteva nulla, e non esisteva tempo "prima" del Big Bang. È lo spazio stesso che si espande via via che l'universo invecchia, portando i corpi in esso contenuti sempre più lontano gli uni dagli altri.
Legge di Hubble
Nel 1912 l'astronomo statunitense Vesto M.Slipher osservò che le righe degli spettri di emissione della maggior parte delle galassie presentavano un caratteristico spostamento verso lunghezze d'onda maggiori1. Questo fenomeno, interpretato sulla base dell'effetto Doppler2, dimostrava che la maggior parte delle galassie si sta allontanando dalla nostra.
Nel 1929, confrontando le distanze di alcune galassie (determinate in base al metodo delle variabili cefeidi), con gli spostamenti verso il rosso osservati da Slipher, Hubble scoprì che la velocità di recessione delle galassie è direttamente proporzionale alla loro distanza. Questo risultato, noto come legge di Hubble, è tuttora uno dei più importanti principi della cosmologia. La determinazione del rapporto tra la velocità di recessione e la distanza di una galassia (detto costante di Hubble) è uno dei problemi aperti della cosmologia; la notevole incertezza sul valore di questa costante è dovuta al fatto che, ancora oggi, è tutt'altro che semplice stabilire con precisione la distanza delle galassie e degli oggetti celesti in generale. In base alle più recenti misure effettuate con il telescopio spaziale Hubble, il valore della costante di Hubble risulta oggi compreso tra i 40 e i 70 Km/s per megaparsec (un megaparsec equivale a un milione di parsec).
Il fatto che tutte le galassie si stiano allontanando dalla Via Lattea potrebbe erroneamente suggerire che quest'ultima sia posta al centro dell'universo. Ciò che avviene in realtà può essere descritto con un modello estremamente semplice, costituito da un palloncino gonfiabile sul quale siano disegnate delle macchie equidistanti l'una dall'altra; mentre il palloncino viene gonfiato, un ipotetico osservatore posto su una qualsiasi delle macchie vedrebbe allontanarsi tutte quelle circostanti, esattamente come si verifica per le galassie dell'universo. In altre parole, le osservazioni di Hubble dimostrarono che l'universo non è statico come si era pensato fino allora, ma in continua espansione.
Universo inflazionario
La teoria standard dell'origine dell'universo, basata su una combinazione di cosmologia, meccanica quantistica e fisica delle particelle elementari, prevede il cosiddetto processo di inflazione. Se si considera come "tempo zero" l'istante in cui il tutto emerse dalla singolarità iniziale, l'inflazione spiega come un "seme" superdenso e supercaldo contenente tutta la massa e l'energia del cosmo, ma più piccolo di un protone, si sia espanso incessantemente dal tempo zero, per miliardi e miliardi di anni. Secondo la teoria dell'universo inflazionario, l'espansione fu prodotta da quelle stesse forze fondamentali, allora riunite sotto forma di un'unica forza di inflazione, che oggi governano le leggi della natura: la forza di gravitazione, la forza elettromagnetica, la forza di interazione debole e la forza di interazione forte (le ultime due osservabili soltanto a livelli subatomici e subnucleari, nelle interazioni tra le particelle elementari).
La forza di inflazione agì solo per una frazione infinitesima di secondo, pari ad appena 15 x 10-33 secondi, sufficiente a dilatare le dimensioni dell'universo nascente da quelle di una microscopica sfera 1020 volte più piccola di un protone, a quelle di una regione di spazio del diametro di 10 cm. Tale fu la violenza di quel primo impulso che, nonostante la forza di attrazione gravitazionale contrasti costantemente il moto di deriva delle galassie, l'espansione dell'universo continua tuttora.
Secondo i cosmologi, pur essendo nei dettagli ancora oggetto di studi e approfondimenti, la teoria dell'inflazione può spiegare tutto quanto si verificò a partire dal momento in cui l'universo aveva l'età di un decimillesimo di secondo, una temperatura di 1000 miliardi di gradi e una densità omogenea pari a quella di un odierno nucleo atomico. In quel momento, materia ed energia si trasformavano continuamente l'una nell'altra: le particelle elementari si trasformavano in fotoni, e i fotoni in particelle. La trasformazione di energia in materia è un fenomeno previsto da Einstein e quantificato dalla ben nota equazione E = mc2, in cui E rappresenta l'energia, m la massa e c la velocità della luce. Queste condizioni, che avrebbero caratterizzato una brevissima fase della storia dell'universo, vengono oggi in parte riprodotte negli acceleratori di particelle. Dal momento che le previsioni dei teorici trovano riscontro negli esperimenti svolti all'interno degli acceleratori, si può pensare che la teoria descriva abbastanza bene lo svolgimento effettivo delle prime fasi di vita dell'universo.
Via via che l'universo si espandeva, la sua temperatura diminuiva. A poco a poco l'energia disponibile non era più sufficiente a permettere lo scambio tra fotoni e particelle di materia, e l'universo, per quanto ancora in fase di espansione e di raffreddamento, incominciò a stabilizzarsi. Un centesimo di secondo dopo l'inizio, la temperatura era caduta a 100 miliardi di gradi, e protoni e neutroni si erano stabilizzati. Inizialmente il numero di neutroni era uguale a quello di protoni, ma in seguito i neutroni, instabili, iniziarono a decadere in protoni ed elettroni, spostando l'equilibrio. Un decimo di secondo dopo l'inizio, il rapporto neutroni-protoni era 19 : 31 e la temperatura era scesa a 30 miliardi di gradi. Un secondo dopo la nascita dell'universo, il rapporto era di 6 neutroni contro 19 protoni, la temperatura era scesa a 10 miliardi di gradi e la densità dell'intero universo era "solo" 380.000 volte quella dell'acqua.
Da questo punto in poi, i cambiamenti incominciarono a rallentare. Ci vollero 14 secondi perché la temperatura scendesse a 3 miliardi di gradi, ovvero raggiungesse le condizioni in cui avvengono normalmente i processi di fusione nucleare all'interno del Sole. In tali condizioni, neutroni e protoni incominciarono ad aggregarsi, formando per tempi brevissimi nuclei di deuterio (idrogeno pesante) che subito venivano spezzati da nuove collisioni. A tre minuti dall'inizio, l'universo era 70 volte più caldo di quanto sia oggi il nucleo solare: la sua temperatura era scesa a un miliardo di gradi. Esistevano soltanto 7 neutroni ogni 43 protoni, ma i nuclei di deuterio erano stabili e resistevano alle collisioni. La combinazione dei neutroni e protoni a formare nuclei stabili permise la sopravvivenza dei neutroni, che altrimenti, se fossero rimasti isolati, sarebbero completamente decaduti.
La costituzione di nuclei e atomi
Da questo istante, fino al termine del quarto minuto dall'inizio, ebbe luogo una serie di reazioni nucleari che portò alla formazione di nuclei di elio (particelle costituite da due protoni e due neutroni) e di altri nuclei leggeri, a partire da protoni (nuclei di idrogeno) e nuclei di deuterio, in un processo noto come nucleosintesi. Meno del 25 % della materia nucleare finì convertito in forma di elio; tutto il resto, tranne una frazione dell'1 %, in forma di idrogeno. La temperatura era tuttavia ancora troppo elevata perché questi nuclei potessero legare a sé elettroni e formare atomi stabili.
A 30 minuti dall'inizio, la temperatura dell'universo era di 300 milioni di gradi e la densità era scesa drasticamente, a circa il 10 % di quella dell'acqua. I nuclei di idrogeno ed elio, dotati di carica elettrica positiva, coesistevano con elettroni liberi, carichi negativamente; sia i nuclei che gli elettroni, data la loro carica elettrica, continuavano a interagire con i fotoni. La materia si trovava nel cosiddetto stato di plasma, come è oggi all'interno del Sole.
Questa attività proseguì per circa 300.000 anni, fino a che l'universo in espansione si fu raffreddato più o meno alla temperatura a cui si trova oggi la superficie del Sole, vale a dire a circa 6000 °C. In queste condizioni, gli elettroni erano in grado di rimanere vincolati ai nuclei così da formare atomi stabili. Nel successivo mezzo milione di anni, tutti gli elettroni e i nuclei si legarono a formare atomi di idrogeno ed elio. Gli atomi, elettricamente neutri, cessarono di interagire con la radiazione. Da questo punto in poi si può considerare conclusa l'era della sfera di fuoco: l'universo divenne trasparente, nel senso che i fotoni di radiazione elettromagnetica potevano passare indisturbati attraverso gli atomi. È il residuo di questa radiazione, oggi a una temperatura di -270 °C, che viene rilevata dai radiotelescopi e interpretata dagli scienziati come radiazione cosmica di fondo. A partire da qualche centinaio di migliaia di anni dopo l'inizio, essa cessò di interagire con la materia; ancora oggi, leggere differenze di temperatura nelle radiazioni cosmiche di fondo provenienti da diverse regioni del cosmo, serbano memoria di come la materia era distribuita nell'universo a quell'epoca.
Stelle e galassie si formarono a partire da un milione di anni circa dall'inizio, soltanto dopo che materia e radiazione si furono disaccoppiate.
Materia oscura
Secondo le grandi teorie unificate (nome collettivo che designa l'approccio di un ramo della fisica teorica che vede le forze della natura unificate), esiste un'altra componente dell'universo, oltre alla materia nucleare e alla radiazione, emersa dal big bang ed entrata a far parte dell'universo: la materia oscura. L'universo contiene infatti molta più materia di quanta non se ne possa osservare: la proporzione tra materia oscura e materia chiara (detta talvolta materia barionica) risulta di almeno dieci a uno (e forse addirittura cento). Ne è una prova il modo in cui, per effetto gravitazionale, la materia influisce sul movimento di galassie e ammassi di galassie. Se si ammettesse l'esistenza della sola materia conosciuta, il moto delle galassie sarebbe diverso da quello osservato e il modello di Big Bang qui delineato non funzionerebbe. In particolare, il quantitativo di elio prodotto nel Big Bang non corrisponderebbe a quello osservato nelle stelle più vecchie, formatesi non molto tempo dopo il Big Bang stesso.
Le grandi teorie unificate prevedono quindi che, nelle prime frazioni di secondo della storia dell'universo, dall'energia primordiale si sia generata una grande quantità di un qualche altro tipo di materia (chiamata appunto materia oscura, o anche materia esotica). Questa materia potrebbe essere oggi concentrata nei buchi neri, nei neutrini (se si scoprisse che sono dotati di massa) o in esotiche particelle elementari di massa enorme, dette WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), che interagirebbero con la materia unicamente attraverso la forza debole. La più importante conseguenza di ciò è che, quando l'universo emerse dal Big Bang e la materia ordinaria e la radiazione si disaccoppiarono, le irregolarità nella distribuzione di materia oscura nello spazio generarono enormi addensamenti gravitazionali che rallentarono il movimento delle particelle di materia barionica. Ciò avrebbe permesso la formazione di stelle, galassie e ammassi di galassie, e spiegherebbe il modo in cui gli ammassi di galassie sono distribuiti nell'universo attuale, in una struttura "schiumosa" che consiste di superfici e filamenti avvolti intorno a bolle scure.
La convergenza di fisica e cosmologia
Il modello qui descritto della nascita dell'universo poggia su evidenze certe, sebbene alcuni aspetti, relativi in particolare alle modalità di formazione delle galassie, siano ancora non compresi. Esso costituisce un punto di incontro tra la fisica teorica delle grandi teorie unificate, a cui si devono la teoria dell'inflazione e quella della materia oscura, e la cosmologia, che ha accolto tali teorie applicandole all'interpretazione dell'universo nel suo complesso. Le attuali misurazioni della temperatura della radiazione cosmica di fondo permettono di risalire alla temperatura dell'universo al tempo della nucleosintesi, e di stabilire che il 25 % della materia nelle stelle più vecchie è costituito da elio; un dato, questo, confermato dalle osservazioni sperimentali. Inoltre, l'aspetto dettagliato delle "increspature" della radiazione di fondo, rilevato dal satellite COBE, rivela gli effetti della presenza della materia oscura, che avrebbe assunto il predominio gravitazionale su quella chiara entro poche centinaia di migliaia di anni dal tempo iniziale dell'universo e si sarebbe distribuita nel cosmo in una struttura corrispondente all'attuale distribuzione di galassie "chiare" a grande scala. È proprio la corrispondenza tra la comprensione della fisica delle particelle (il mondo dell'infinitamente piccolo), acquisita attraverso esperimenti condotti sulla Terra, e quella della struttura dell'universo in espansione (il mondo dell'infinitamente grande), sviluppata grazie alle osservazioni astronomiche, a convincere i cosmologi che, se pure rimangono dettagli da risolvere, il quadro di cui si dispone oggi sull'origine dell'universo è sostanzialmente corretto.

Evoluzione dell’Universo
A tutt'oggi non si è ancora stabilito con certezza se l'universo sia aperto o chiuso, in altre parole se sia destinato a espandersi indefinitamente o se a un certo punto comincerà a contrarsi. Risolvere questo problema significa determinare se la densità media della materia sia maggiore o minore del valore critico previsto dal modello di Fridman. La massa di una singola galassia può essere calcolata osservando il moto delle stelle che la costituiscono. Se si stima la massa dell'universo semplicemente moltiplicando la massa di una galassia media per il numero delle galassie visibili, si trova un valore di densità che equivale solo al 5-10% del valore critico. Si può determinare la massa di un ammasso di galassie in modo analogo, misurando il moto delle galassie che vi appartengono e moltiplicando il risultato per il numero di ammassi. Con questo procedimento si ottiene una densità media maggiore, più vicina al valore critico. La discrepanza tra i metodi descritti fece supporre l'esistenza di una grande quantità di materia invisibile, la cosiddetta materia oscura, che, secondo recenti studi, sarebbe presente anche all'interno delle galassie. L'esistenza della materia oscura è ormai accettata dalla quasi totalità degli scienziati, nonostante non sia stato ancora possibile costruire uno strumento in grado di rilevarla direttamente. Sulla natura della materia oscura sono state formulate molte ipotesi, nessuna delle quali si è rivelata pienamente soddisfacente; essa costituisce un problema ancora aperto al quale si dedicano insieme fisici delle particelle, che forniscono le ipotesi su quali possano essere i suoi costituenti, e cosmologi, che verificano se le proprietà delle particelle suggerite sono compatibili con le osservazioni.
Attualmente i cosmologi sono impegnati nella comprensione dei fenomeni che seguirono al Big Bang. Una delle teorie che si propone di interpretarli è la teoria dell'inflazione, proposta nei primi anni Ottanta, che introduce nella formulazione originale di Gamow alcuni concetti appartenenti alla fisica delle particelle elementari. Parallelamente, sono state sviluppate anche alcune ardite teorie speculative secondo cui, ad esempio, potrebbe essere stato prodotto non uno, ma un numero infinito di universi. Per la maggior parte, i cosmologi sono oggi concentrati su problemi aperti di notevole portata, quali la determinazione precisa della costante di Hubble, lo studio della formazione delle galassie, la natura della materia oscura e il suo ruolo nello sviluppo dell'universo primordiale. Alcuni scienziati, tra cui il premio Nobel per la fisica Hannes Alfvén, perseguono l'idea che non solo la gravità, ma anche fenomeni legati al plasma e ai campi magnetici galattici costituiscano la chiave per la comprensione della struttura e dell'evoluzione dell'universo.
1 Spostamento verso il rosso Spostamento delle righe dello spettro di un oggetto celeste verso la regione delle lunghezze d'onda maggiori (verso il rosso). Nel 1929 l'astronomo statunitense Edwin Powell Hubble attribuì lo spostamento verso il rosso (in inglese red-shift) osservato nello spettro delle galassie lontane all'effetto Doppler e sulla base di questa considerazione ipotizzò il processo di espansione dell'universo. Un altro meccanismo responsabile dello spostamento verso il rosso degli spettri di emissione e di assorbimento di oggetti celesti è detto red-shift gravitazionale ed è una conseguenza della teoria della relatività generale. I campi gravitazionali molto intensi producono infatti uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali, particolarmente evidente negli spettri di stelle compatte, come le nane bianche. Se il forte red-shift mostrato dai quasar fosse da ricondurre all'effetto Doppler, come molti scienziati ritengono, si avrebbe una prova del fatto che questi oggetti si stiano allontanando dalla Terra con una velocità pari all'80% della velocità della luce. Esistono comunque teorie che imputano lo spostamento verso il rosso di questi corpi celesti lontanissimi a fenomeni di natura gravitazionale o non ancora noti.
2 Effetto Doppler Apparente variazione della lunghezza, o della frequenza, di un'onda sonora o luminosa quando la sorgente emittente si muove rispetto all'osservatore. L'effetto, che prende il nome dal fisico austriaco Christian Johann Doppler, è dovuto al fatto che le onde percepite dall'osservatore si susseguono con frequenza maggiore se la sorgente è in avvicinamento e con frequenza minore nel caso contrario. Così, se una sorgente che emette un suono di altezza costante si muove verso l'osservatore, questi percepisce un suono più acuto, mentre se essa si allontana egli percepisce un suono più grave. Il fenomeno si osserva, ad esempio, quando si ode il fischio di un treno dalla banchina di una stazione oppure da un altro treno. Analogamente, le linee dello spettro di un corpo luminoso, come una stella, risultano spostate verso il violetto, se esso si sta avvicinando alla Terra, e verso il rosso se si sta allontanando; misurando questo spostamento è possibile calcolare il moto relativo della stella rispetto al nostro pianeta. L'analisi degli spettri della radiazione proveniente da corpi celesti portò a risultati estremamente importanti in astrofisica, quali ad esempio la scoperta di stelle doppie non distinguibili neanche mediante strumenti ad alta risoluzione. L'effetto Doppler costituisce inoltre la base della teoria dell'espansione dell'universo.
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Teoria del Big Bang
Nel 1948 il fisico di origine russa George Gamow combinò la teoria di Lemaître dell'atomo primordiale con le idee di Fridman, proponendo un nuovo modello di universo, originatosi da una grande esplosione iniziale, detta Big Bang cosmico. Secondo le versioni più moderne della teoria del Big Bang, la materia si sarebbe trovata inizialmente in condizioni di temperatura e densità tali da essere completamente scomposta in quark, le più "piccole" particelle elementari note fino a oggi. A seguito dell'espansione dell'universo, la massa iniziale di energia e materia si sarebbe raffreddata e rarefatta; a frazioni infinitesime di secondo dopo l'esplosione iniziale, i quark si sarebbero uniti a gruppi di tre a formare i protoni, i neutroni e gli altri adroni. Dopo circa tre minuti, i protoni e i neutroni si sarebbero a loro volta uniti per dare origine ai nuclei degli elementi più leggeri (idrogeno, elio e una minima quantità di litio). Tutti gli altri elementi chimici non si sarebbero formati che alcuni miliardi di anni dopo, grazie alle reazioni nucleari che avvengono nei nuclei stellari e durante le esplosioni di supernove. A 300.000 anni dal Big Bang, nuclei ed elettroni si sarebbero infine uniti a formare gli atomi, mentre le stelle e le galassie sarebbero nate entro il primo miliardo di anni di vita dell'universo.
Mentre l'universo si espandeva, la radiazione residua del Big Bang si raffreddava; oggi la sua temperatura è di circa 3 K (-270 °C). Questa radiazione cosmica di fondo, rivelata dai radioastronomi nel 1965, costituisce una conferma molto convincente della teoria del Big Bang. Dal 1989 viene osservata dal satellite Cosmic Background Explorer (COBE), che ne ha messo in evidenza piccole disomogeneità, di importanza fondamentale per le attuali teorie sull'evoluzione dell'universo.
Origine dell’Universo
Evento postulato dalla teoria cosmologica standard a cui si fa risalire la comparsa della materia e dell'energia esistente. Secondo la maggior parte degli astronomi, l'evento ebbe luogo in un preciso istante del passato compreso tra i 12 e i 20 miliardi di anni fa. Il primo indizio che condusse alla formulazione di questa teoria fu la scoperta dell'espansione dell'universo, avvenuta nel 1920 a opera del fisico statunitense Edwin Hubble: dall'analisi spettroscopica delle radiazioni elettromagnetiche emesse dalle galassie, egli capì che queste non sono ferme, ma si muovono allontanandosi le une dalle altre con velocità proporzionale alla reciproca distanza. Tale espansione è del resto prevista dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Se i componenti dell'universo sono in continuo allontanamento l'uno rispetto all'altro, in passato devono essere stati più vicini di quanto non siano ora; al limite, in un lontanissimo passato, deve esserci stato un istante in cui tutto ciò che esiste era concentrato in un unico punto matematico (una cosiddetta singolarità). Da quel punto, attraverso un'espansione esplosiva, nota come Big Bang, avrebbe avuto origine l'universo.
Una conferma all'idea che l'universo abbia conosciuto un inizio fu la scoperta, negli anni Sessanta, della radiazione cosmica di fondo, vale a dire di onde elettromagnetiche di bassa energia che permeano ogni regione del cosmo e in cui gli scienziati vedono l'eco del Big Bang. Il Big Bang non deve essere pensato come l'esplosione di una massa di materia all'interno di uno spazio vuoto. Al momento del Big Bang, infatti, spazio e tempo coincidevano, così come materia ed energia; "al di fuori" della sfera infuocata primigenia non esisteva nulla, e non esisteva tempo "prima" del Big Bang. È lo spazio stesso che si espande via via che l'universo invecchia, portando i corpi in esso contenuti sempre più lontano gli uni dagli altri.
Legge di Hubble
Nel 1912 l'astronomo statunitense Vesto M.Slipher osservò che le righe degli spettri di emissione della maggior parte delle galassie presentavano un caratteristico spostamento verso lunghezze d'onda maggiori1. Questo fenomeno, interpretato sulla base dell'effetto Doppler2, dimostrava che la maggior parte delle galassie si sta allontanando dalla nostra.
Nel 1929, confrontando le distanze di alcune galassie (determinate in base al metodo delle variabili cefeidi), con gli spostamenti verso il rosso osservati da Slipher, Hubble scoprì che la velocità di recessione delle galassie è direttamente proporzionale alla loro distanza. Questo risultato, noto come legge di Hubble, è tuttora uno dei più importanti principi della cosmologia. La determinazione del rapporto tra la velocità di recessione e la distanza di una galassia (detto costante di Hubble) è uno dei problemi aperti della cosmologia; la notevole incertezza sul valore di questa costante è dovuta al fatto che, ancora oggi, è tutt'altro che semplice stabilire con precisione la distanza delle galassie e degli oggetti celesti in generale. In base alle più recenti misure effettuate con il telescopio spaziale Hubble, il valore della costante di Hubble risulta oggi compreso tra i 40 e i 70 Km/s per megaparsec (un megaparsec equivale a un milione di parsec).
Il fatto che tutte le galassie si stiano allontanando dalla Via Lattea potrebbe erroneamente suggerire che quest'ultima sia posta al centro dell'universo. Ciò che avviene in realtà può essere descritto con un modello estremamente semplice, costituito da un palloncino gonfiabile sul quale siano disegnate delle macchie equidistanti l'una dall'altra; mentre il palloncino viene gonfiato, un ipotetico osservatore posto su una qualsiasi delle macchie vedrebbe allontanarsi tutte quelle circostanti, esattamente come si verifica per le galassie dell'universo. In altre parole, le osservazioni di Hubble dimostrarono che l'universo non è statico come si era pensato fino allora, ma in continua espansione.
Universo inflazionario
La teoria standard dell'origine dell'universo, basata su una combinazione di cosmologia, meccanica quantistica e fisica delle particelle elementari, prevede il cosiddetto processo di inflazione. Se si considera come "tempo zero" l'istante in cui il tutto emerse dalla singolarità iniziale, l'inflazione spiega come un "seme" superdenso e supercaldo contenente tutta la massa e l'energia del cosmo, ma più piccolo di un protone, si sia espanso incessantemente dal tempo zero, per miliardi e miliardi di anni. Secondo la teoria dell'universo inflazionario, l'espansione fu prodotta da quelle stesse forze fondamentali, allora riunite sotto forma di un'unica forza di inflazione, che oggi governano le leggi della natura: la forza di gravitazione, la forza elettromagnetica, la forza di interazione debole e la forza di interazione forte (le ultime due osservabili soltanto a livelli subatomici e subnucleari, nelle interazioni tra le particelle elementari).
La forza di inflazione agì solo per una frazione infinitesima di secondo, pari ad appena 15 x 10-33 secondi, sufficiente a dilatare le dimensioni dell'universo nascente da quelle di una microscopica sfera 1020 volte più piccola di un protone, a quelle di una regione di spazio del diametro di 10 cm. Tale fu la violenza di quel primo impulso che, nonostante la forza di attrazione gravitazionale contrasti costantemente il moto di deriva delle galassie, l'espansione dell'universo continua tuttora.
Secondo i cosmologi, pur essendo nei dettagli ancora oggetto di studi e approfondimenti, la teoria dell'inflazione può spiegare tutto quanto si verificò a partire dal momento in cui l'universo aveva l'età di un decimillesimo di secondo, una temperatura di 1000 miliardi di gradi e una densità omogenea pari a quella di un odierno nucleo atomico. In quel momento, materia ed energia si trasformavano continuamente l'una nell'altra: le particelle elementari si trasformavano in fotoni, e i fotoni in particelle. La trasformazione di energia in materia è un fenomeno previsto da Einstein e quantificato dalla ben nota equazione E = mc2, in cui E rappresenta l'energia, m la massa e c la velocità della luce. Queste condizioni, che avrebbero caratterizzato una brevissima fase della storia dell'universo, vengono oggi in parte riprodotte negli acceleratori di particelle. Dal momento che le previsioni dei teorici trovano riscontro negli esperimenti svolti all'interno degli acceleratori, si può pensare che la teoria descriva abbastanza bene lo svolgimento effettivo delle prime fasi di vita dell'universo.
Via via che l'universo si espandeva, la sua temperatura diminuiva. A poco a poco l'energia disponibile non era più sufficiente a permettere lo scambio tra fotoni e particelle di materia, e l'universo, per quanto ancora in fase di espansione e di raffreddamento, incominciò a stabilizzarsi. Un centesimo di secondo dopo l'inizio, la temperatura era caduta a 100 miliardi di gradi, e protoni e neutroni si erano stabilizzati. Inizialmente il numero di neutroni era uguale a quello di protoni, ma in seguito i neutroni, instabili, iniziarono a decadere in protoni ed elettroni, spostando l'equilibrio. Un decimo di secondo dopo l'inizio, il rapporto neutroni-protoni era 19 : 31 e la temperatura era scesa a 30 miliardi di gradi. Un secondo dopo la nascita dell'universo, il rapporto era di 6 neutroni contro 19 protoni, la temperatura era scesa a 10 miliardi di gradi e la densità dell'intero universo era "solo" 380.000 volte quella dell'acqua.
Da questo punto in poi, i cambiamenti incominciarono a rallentare. Ci vollero 14 secondi perché la temperatura scendesse a 3 miliardi di gradi, ovvero raggiungesse le condizioni in cui avvengono normalmente i processi di fusione nucleare all'interno del Sole. In tali condizioni, neutroni e protoni incominciarono ad aggregarsi, formando per tempi brevissimi nuclei di deuterio (idrogeno pesante) che subito venivano spezzati da nuove collisioni. A tre minuti dall'inizio, l'universo era 70 volte più caldo di quanto sia oggi il nucleo solare: la sua temperatura era scesa a un miliardo di gradi. Esistevano soltanto 7 neutroni ogni 43 protoni, ma i nuclei di deuterio erano stabili e resistevano alle collisioni. La combinazione dei neutroni e protoni a formare nuclei stabili permise la sopravvivenza dei neutroni, che altrimenti, se fossero rimasti isolati, sarebbero completamente decaduti.
La costituzione di nuclei e atomi
Da questo istante, fino al termine del quarto minuto dall'inizio, ebbe luogo una serie di reazioni nucleari che portò alla formazione di nuclei di elio (particelle costituite da due protoni e due neutroni) e di altri nuclei leggeri, a partire da protoni (nuclei di idrogeno) e nuclei di deuterio, in un processo noto come nucleosintesi. Meno del 25 % della materia nucleare finì convertito in forma di elio; tutto il resto, tranne una frazione dell'1 %, in forma di idrogeno. La temperatura era tuttavia ancora troppo elevata perché questi nuclei potessero legare a sé elettroni e formare atomi stabili.
A 30 minuti dall'inizio, la temperatura dell'universo era di 300 milioni di gradi e la densità era scesa drasticamente, a circa il 10 % di quella dell'acqua. I nuclei di idrogeno ed elio, dotati di carica elettrica positiva, coesistevano con elettroni liberi, carichi negativamente; sia i nuclei che gli elettroni, data la loro carica elettrica, continuavano a interagire con i fotoni. La materia si trovava nel cosiddetto stato di plasma, come è oggi all'interno del Sole.
Questa attività proseguì per circa 300.000 anni, fino a che l'universo in espansione si fu raffreddato più o meno alla temperatura a cui si trova oggi la superficie del Sole, vale a dire a circa 6000 °C. In queste condizioni, gli elettroni erano in grado di rimanere vincolati ai nuclei così da formare atomi stabili. Nel successivo mezzo milione di anni, tutti gli elettroni e i nuclei si legarono a formare atomi di idrogeno ed elio. Gli atomi, elettricamente neutri, cessarono di interagire con la radiazione. Da questo punto in poi si può considerare conclusa l'era della sfera di fuoco: l'universo divenne trasparente, nel senso che i fotoni di radiazione elettromagnetica potevano passare indisturbati attraverso gli atomi. È il residuo di questa radiazione, oggi a una temperatura di -270 °C, che viene rilevata dai radiotelescopi e interpretata dagli scienziati come radiazione cosmica di fondo. A partire da qualche centinaio di migliaia di anni dopo l'inizio, essa cessò di interagire con la materia; ancora oggi, leggere differenze di temperatura nelle radiazioni cosmiche di fondo provenienti da diverse regioni del cosmo, serbano memoria di come la materia era distribuita nell'universo a quell'epoca.
Stelle e galassie si formarono a partire da un milione di anni circa dall'inizio, soltanto dopo che materia e radiazione si furono disaccoppiate.
Materia oscura
Secondo le grandi teorie unificate (nome collettivo che designa l'approccio di un ramo della fisica teorica che vede le forze della natura unificate), esiste un'altra componente dell'universo, oltre alla materia nucleare e alla radiazione, emersa dal big bang ed entrata a far parte dell'universo: la materia oscura. L'universo contiene infatti molta più materia di quanta non se ne possa osservare: la proporzione tra materia oscura e materia chiara (detta talvolta materia barionica) risulta di almeno dieci a uno (e forse addirittura cento). Ne è una prova il modo in cui, per effetto gravitazionale, la materia influisce sul movimento di galassie e ammassi di galassie. Se si ammettesse l'esistenza della sola materia conosciuta, il moto delle galassie sarebbe diverso da quello osservato e il modello di Big Bang qui delineato non funzionerebbe. In particolare, il quantitativo di elio prodotto nel Big Bang non corrisponderebbe a quello osservato nelle stelle più vecchie, formatesi non molto tempo dopo il Big Bang stesso.
Le grandi teorie unificate prevedono quindi che, nelle prime frazioni di secondo della storia dell'universo, dall'energia primordiale si sia generata una grande quantità di un qualche altro tipo di materia (chiamata appunto materia oscura, o anche materia esotica). Questa materia potrebbe essere oggi concentrata nei buchi neri, nei neutrini (se si scoprisse che sono dotati di massa) o in esotiche particelle elementari di massa enorme, dette WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), che interagirebbero con la materia unicamente attraverso la forza debole. La più importante conseguenza di ciò è che, quando l'universo emerse dal Big Bang e la materia ordinaria e la radiazione si disaccoppiarono, le irregolarità nella distribuzione di materia oscura nello spazio generarono enormi addensamenti gravitazionali che rallentarono il movimento delle particelle di materia barionica. Ciò avrebbe permesso la formazione di stelle, galassie e ammassi di galassie, e spiegherebbe il modo in cui gli ammassi di galassie sono distribuiti nell'universo attuale, in una struttura "schiumosa" che consiste di superfici e filamenti avvolti intorno a bolle scure.
La convergenza di fisica e cosmologia
Il modello qui descritto della nascita dell'universo poggia su evidenze certe, sebbene alcuni aspetti, relativi in particolare alle modalità di formazione delle galassie, siano ancora non compresi. Esso costituisce un punto di incontro tra la fisica teorica delle grandi teorie unificate, a cui si devono la teoria dell'inflazione e quella della materia oscura, e la cosmologia, che ha accolto tali teorie applicandole all'interpretazione dell'universo nel suo complesso. Le attuali misurazioni della temperatura della radiazione cosmica di fondo permettono di risalire alla temperatura dell'universo al tempo della nucleosintesi, e di stabilire che il 25 % della materia nelle stelle più vecchie è costituito da elio; un dato, questo, confermato dalle osservazioni sperimentali. Inoltre, l'aspetto dettagliato delle "increspature" della radiazione di fondo, rilevato dal satellite COBE, rivela gli effetti della presenza della materia oscura, che avrebbe assunto il predominio gravitazionale su quella chiara entro poche centinaia di migliaia di anni dal tempo iniziale dell'universo e si sarebbe distribuita nel cosmo in una struttura corrispondente all'attuale distribuzione di galassie "chiare" a grande scala. È proprio la corrispondenza tra la comprensione della fisica delle particelle (il mondo dell'infinitamente piccolo), acquisita attraverso esperimenti condotti sulla Terra, e quella della struttura dell'universo in espansione (il mondo dell'infinitamente grande), sviluppata grazie alle osservazioni astronomiche, a convincere i cosmologi che, se pure rimangono dettagli da risolvere, il quadro di cui si dispone oggi sull'origine dell'universo è sostanzialmente corretto.

Evoluzione dell’Universo
A tutt'oggi non si è ancora stabilito con certezza se l'universo sia aperto o chiuso, in altre parole se sia destinato a espandersi indefinitamente o se a un certo punto comincerà a contrarsi. Risolvere questo problema significa determinare se la densità media della materia sia maggiore o minore del valore critico previsto dal modello di Fridman. La massa di una singola galassia può essere calcolata osservando il moto delle stelle che la costituiscono. Se si stima la massa dell'universo semplicemente moltiplicando la massa di una galassia media per il numero delle galassie visibili, si trova un valore di densità che equivale solo al 5-10% del valore critico. Si può determinare la massa di un ammasso di galassie in modo analogo, misurando il moto delle galassie che vi appartengono e moltiplicando il risultato per il numero di ammassi. Con questo procedimento si ottiene una densità media maggiore, più vicina al valore critico. La discrepanza tra i metodi descritti fece supporre l'esistenza di una grande quantità di materia invisibile, la cosiddetta materia oscura, che, secondo recenti studi, sarebbe presente anche all'interno delle galassie. L'esistenza della materia oscura è ormai accettata dalla quasi totalità degli scienziati, nonostante non sia stato ancora possibile costruire uno strumento in grado di rilevarla direttamente. Sulla natura della materia oscura sono state formulate molte ipotesi, nessuna delle quali si è rivelata pienamente soddisfacente; essa costituisce un problema ancora aperto al quale si dedicano insieme fisici delle particelle, che forniscono le ipotesi su quali possano essere i suoi costituenti, e cosmologi, che verificano se le proprietà delle particelle suggerite sono compatibili con le osservazioni.
Attualmente i cosmologi sono impegnati nella comprensione dei fenomeni che seguirono al Big Bang. Una delle teorie che si propone di interpretarli è la teoria dell'inflazione, proposta nei primi anni Ottanta, che introduce nella formulazione originale di Gamow alcuni concetti appartenenti alla fisica delle particelle elementari. Parallelamente, sono state sviluppate anche alcune ardite teorie speculative secondo cui, ad esempio, potrebbe essere stato prodotto non uno, ma un numero infinito di universi. Per la maggior parte, i cosmologi sono oggi concentrati su problemi aperti di notevole portata, quali la determinazione precisa della costante di Hubble, lo studio della formazione delle galassie, la natura della materia oscura e il suo ruolo nello sviluppo dell'universo primordiale. Alcuni scienziati, tra cui il premio Nobel per la fisica Hannes Alfvén, perseguono l'idea che non solo la gravità, ma anche fenomeni legati al plasma e ai campi magnetici galattici costituiscano la chiave per la comprensione della struttura e dell'evoluzione dell'universo.
1 Spostamento verso il rosso Spostamento delle righe dello spettro di un oggetto celeste verso la regione delle lunghezze d'onda maggiori (verso il rosso). Nel 1929 l'astronomo statunitense Edwin Powell Hubble attribuì lo spostamento verso il rosso (in inglese red-shift) osservato nello spettro delle galassie lontane all'effetto Doppler e sulla base di questa considerazione ipotizzò il processo di espansione dell'universo. Un altro meccanismo responsabile dello spostamento verso il rosso degli spettri di emissione e di assorbimento di oggetti celesti è detto red-shift gravitazionale ed è una conseguenza della teoria della relatività generale. I campi gravitazionali molto intensi producono infatti uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali, particolarmente evidente negli spettri di stelle compatte, come le nane bianche. Se il forte red-shift mostrato dai quasar fosse da ricondurre all'effetto Doppler, come molti scienziati ritengono, si avrebbe una prova del fatto che questi oggetti si stiano allontanando dalla Terra con una velocità pari all'80% della velocità della luce. Esistono comunque teorie che imputano lo spostamento verso il rosso di questi corpi celesti lontanissimi a fenomeni di natura gravitazionale o non ancora noti.
2 Effetto Doppler Apparente variazione della lunghezza, o della frequenza, di un'onda sonora o luminosa quando la sorgente emittente si muove rispetto all'osservatore. L'effetto, che prende il nome dal fisico austriaco Christian Johann Doppler, è dovuto al fatto che le onde percepite dall'osservatore si susseguono con frequenza maggiore se la sorgente è in avvicinamento e con frequenza minore nel caso contrario. Così, se una sorgente che emette un suono di altezza costante si muove verso l'osservatore, questi percepisce un suono più acuto, mentre se essa si allontana egli percepisce un suono più grave. Il fenomeno si osserva, ad esempio, quando si ode il fischio di un treno dalla banchina di una stazione oppure da un altro treno. Analogamente, le linee dello spettro di un corpo luminoso, come una stella, risultano spostate verso il violetto, se esso si sta avvicinando alla Terra, e verso il rosso se si sta allontanando; misurando questo spostamento è possibile calcolare il moto relativo della stella rispetto al nostro pianeta. L'analisi degli spettri della radiazione proveniente da corpi celesti portò a risultati estremamente importanti in astrofisica, quali ad esempio la scoperta di stelle doppie non distinguibili neanche mediante strumenti ad alta risoluzione. L'effetto Doppler costituisce inoltre la base della teoria dell'espansione dell'universo.
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