MEZZI DI LOCOMOZIONE

Materie:Appunti
Categoria:Fisica

Voto:

1 (2)
Download:276
Data:16.03.2006
Numero di pagine:14
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
mezzi-locomozione_1.zip (Dimensione: 787.46 Kb)
trucheck.it_mezzi-di-locomozione.doc     819.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

L’attrito nei mezzi di locomozione
ATTRITO IN SENSO GENERALE
L'attrito, o frizione, è la forza che si oppone al libero scorrimento di due superfici materiali l'una sull'altra. Quando due corpi sono in contatto la forza di interazione alla superficie di separazione può avere componenti sia perpendicolari che tangenti alla superficie stessa. La componente perpendicolare è chiamata forza normale e quella tangenziale attrito. Se le due superfici scorrono l'una sull'altra, l'attrito agisce sempre in direzione opposta a questo moto.
La maggior parte delle sostanze asciutte segue approssimativamente la legge dell'attrito di Coulomb, secondo la quale, quando le superfici scorrono l'una sull'altra, la forza di attrito è proporzionale alla forza normale e è indipendente sia dall'area di contatto sia dalla velocità di scorrimento. Il rapporto fra la forza tangenziale e la forza normale durante lo scorrimento viene chiamato coefficiente d'attrito e dipende dalla natura delle due superfici.
Per iniziare lo scorrimento, vincendo l'attrito, è necessario applicare una forza tangenziale di valore almeno uguale al prodotto del coefficiente d'attrito per la forza normale; prima che inizi il moto questa forza viene bilanciata da una forza di attrito statico uguale e opposta. Di solito la forza necessaria a superare l'attrito statico è maggiore di quella necessaria a mantenere uno scivolamento uniforme.
L'attrito è essenziale per la riuscita di molte operazioni, come l'aderenza dei pneumatici alla strada, il funzionamento di cinghie e pulegge, e perfino per camminare: ad esempio è la quasi mancanza di attrito che rende difficile camminare sul ghiaccio. In molte parti di macchine l'attrito è da evitare perché causa usura e produce calore, con conseguente maggiore spreco di energia.
ATTRITO VOLVENTE
DEFINIZIONE: l'attrito volvente(a) è la forza che si sviluppa fra due solidi a contatto in moto rotatorio relativo senza strisciamento (ruota su ruota o ruota su strada). L'attrito volvente puro non esiste poiché tutti i corpi sono deformabili, per cui l'attrito si sviluppa sempre su una superficie piana o quasi, e quindi è sempre accompagnato da quello radente.
APPLICAZIONE. L'applicazione più importante si ha nella trasmissione del moto con le ruote di frizione, sia frontali che periferiche. In questa applicazione è indispensabile che si verifichi uno strisciamento minimo, altrimenti si avrebbe una rapida usura(b) e le ruote diventerebbero inutilizzabili.
Nella figura qui sotto a sinistra F è la forza di attrito: il suo verso è tale da produrre momenti (azioni rotanti) opposti a quelli desiderati e quindi capaci di frenare la rotazione, oraria nella ruota superiore e antioraria in quella inferiore.
Poiché F è una forza occorre definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo.
Direzione: tangente alla ruota nel punto di contatto;
Verso: tale da produrre momenti frenanti;
Punto di applicazione: baricentro della zona di contatto;
Modulo:
F = fv * Pn
dove Pn è la forza perpendicolare alla zona di contatto e fv è il coefficiente di attrito volvente.
Nella figura a destra è rappresentata la situazione reale che si ha fra ruota e strada: la ruota si deforma, per cui il punto di contatto diventa una superficie più o meno ampia. La reazione T = Pn si sposta da O in O' di una quantità b, nel verso del moto, in modo da produrre un momento resistente di attrito Mr = T * b che si oppone al rotolamento.
Chiamando F la forza(c) che produce l'avanzamento con velocità V, in condizioni di equilibrio(d), si ottiene:
F * r = T * b = Pn * b .
Ma, proprio per l'equilibrio, deve essere anche F = R (essendo R la forza d'attrito) e perciò si ottiene infine:
R * r = Pn * b; R = Pn * b / r = fv * Pn
relazione che ci fornisce l'espressione del coefficiente di attrito volvente: fv = b / r il quale (vedi attrito radente):
1) dipende dalla natura dei materiali a contatto e dallo stato delle loro superfici;
2) dipende dalla velocità della massa: è più grande (anche il triplo: attrito di primo distacco) quando la velocità è piccola, poi è quasi costante sino alla velocità di 20 m / s, e infine tende a diminuire leggermente;
3) non dipende dalla ampiezza della superficie di contatto, a meno che non si tratti di una punta o di una lama.
Come si vede, l'attrito volvente è inversamente proporzionale al raggio r (e quindi al diametro) della ruota. Ciò significa che esso è tanto minore quanto maggiore è il diametro. Ma diametro maggiore significa anche inerzia maggiore (la forza di inerzia è proporzionale al quadrato del raggio!) e perciò occorre trovare un compromesso fra attrito e inerzia: nei trattori agricoli si preferiscono ruote grandi perchè sono lenti (e si vuole limitare l'usura), nelle automobili da corsa si preferiscono ruote piccole perchè devono accelerare rapidamente (e non ha importanza l'usura).
Se non ci fosse l’attrito non sarebbe possibile camminare nè a piedi nè in automobile: all'attrito si accoppia l'aderenza, che dipende dalla capacità della strada di non "disfarsi" in presenza della spinta delle ruote. Da questo punto di vista, se avessero le ruote rivestite di gomma, l'aderenza sarebbe maggiore e i treni potrebbero accelerare più in fretta e affrontare salite più ripide(e).
IL MOTORE DI UN’AUTOMOBILE
In ogni autoveicolo il motore alimentato a benzina è definito motore a combustione interna o a scoppio, mentre quello alimentato a gasolio è noto come motore Diesel. Entrambi generano e trasformano la potenza del combustibile in energia utilizzabile per il movimento.
IL MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA
Le parti principali di un motore a scoppio a quattro tempi sono la testata, il monoblocco e la coppa dell’olio, che contiene il lubrificante necessario a limitare l’attrito di tutte le parti in movimento. Nel monoblocco sono ricavati i cilindri che guidano i pistoni nel loro movimento di salita e di discesa. Ogni pistone è collegato, tramite una biella, con l’albero motore alla cui estremità è fissato un pesante disco (volano) che ha il compito di rendere più regolare la rotazione del motore. Durante il funzionamento del motore a quattro tempi, il pistone si muove alternativamente tra le due estremità del cilindro svolgendo un ciclo che si compie in quattro fasi (aspirazione, compressione, scoppio, scarico). Nella testata sono ricavati particolari fori, aperti e chiusi da apposite valvole che consentono l’ingresso nel cilindro della miscela aria-benzina e la fuoriuscita dei gas combusti.
IL MOTORE DIESEL
Il motore Diesel si differenzia dal motore a scoppio per l’assenza del carburatore e dell’impianto di accensione e della presenza della pompa di iniezione e degli iniettori. Quindi l’accensione del gasolio è spontanea e non è come nel motore a scoppio che la benzina è comandata. I motori Diesel possono essere di due tipi: ad iniezione diretta ed ad iniezione indiretta.
ORGANI DELLA TRASMISSIONE
Gli organi di trasmissione sono: frizione, cambio, albero di trasmissione, giunti, coppia conica, differenziale. Questi servono a trasmettere il moto dell’albero motore alle ruote motrici.
L’ALBERO DI TRASMISSIONE
Dispositivo meccanico utilizzato per trasferire la potenza generata dal moto rotatorio di un elemento conduttore (che cede potenza) a un elemento condotto (che riceve potenza). La trasmissione è definita semplice se il trasferimento di potenza fra i due elementi avviene direttamente, senza interposizione di meccanismi atti a modificare il moto conduttore; si parla invece di trasmissione complessa se intervengono dispositivi atti a innestare (o disinnestare) la trasmissione, a scegliere la velocità angolare di rotazione delle parti condotte o a invertirne la direzione rispetto al moto conduttore. La trasmissione utilizzata negli autoveicoli è appunto di tipo complesso, poiché numerosi dispositivi (quali l’innesto a frizione, il cambio di velocità, il differenziale) sono utilizzati per la trasmissione di potenza fra il motore e le ruote. Le auto tradizionali, con motore nella parte anteriore e ruote motrici posteriori, erano tutte dotate di albero di trasmissione, per il trasferimento della potenza ai semiassi delle ruote posteriori. Oggi, la maggior parte delle autovetture ha ruote motrici anteriori, e dunque non necessita dell’utilizzo di un albero di trasmissione; lo stesso dicasi se il veicolo ha ruote motrici e motori entrambi posteriori.
LE RUOTE
Ruote lisce
Sono meccanismi caratterizzati dal fatto che la trasmissione avviene per attrito radente.
Ruote con superfici primitive
Quando entrambi i profili coniugati sono in moto rispetto ad un riferimento fisso, detto telaio, si hanno le ruote con superfici primitive. Costruttivamente le ruote possono essere in gomma, in resine sintetiche, in acciaio. Le ruote sono cilindriche, interne o esterne, oppure coniche. La forza trasmissibile è pari alla massima forza d'attrito radente, ossia pari al prodotto del fattore d'attrito per la forza normale di contatto. Questi meccanismi esigono quindi la presenza di una forza che spinga i membri accoppiati l'uno contro l'altro. Essa può essere la forza di gravità oppure la forza prodotta da qualche molla o da qualche sistema di leve. Questa forza ha dei limiti superiori legati alla massima pressione specifica sopportabile dai materiali. Da notare che le ruote lisce non possono avere un rapporto di trasmissione rigorosamente costante a causa delle deformazioni elastiche nella zona di contatto che causano uno scorrimento che normalmente non supera il 2-3%.
Ruote a cuneo
Per aumentare la forza tangenziale di contatto, a parità di forza normale si possono utilizzare le ruote a cuneo. Con superfici coniugate coniche, il che comporta necessariamente la presenza di strisciamenti. Gli strisciamenti che avvengono nei punti di contatto provocano dissipazioni di calore e usura delle superfici, questi inconvenienti possono essere ripagati dall'aumento di forza tangenziale.
Ruote dentate
Si dice ruota dentata un organo destinato a trascinarne un altro o ad essere trascinato da questo, per azione di denti successivamente in contatto; ingranaggio è il meccanismo elementare costituito da due ruote dentate, girevoli attorno ad assi di posizione relativa invariabile. Treno di ingranaggi (o rotismo) è la combinazione di più ingranaggi; treno planetario è un ingranaggio in cui almeno uno degli assi ruota attorno ad un altro asse. Gli ingranaggi possono essere :
• paralleli se composti da ruote ad assi paralleli. Costruttivamente sono costituiti da ingranaggi cilindrici diritti, elicoidali o bielicoidali
• concorrenti se composti da ruote i cui assi sono concorrenti. In relazione alla forma dei fianchi dei denti possono essere costituiti da ingranaggi conici diritti, a denti obliqui, a spirale.
• Sghembi se composto da ruote i cui assi sono sghembi. Le soluzioni costruttive di interesse industriale sono gli ingranaggi a vite, a vite globoidale, ipoidi, sghembi elicoidali
FRENO
Dispositivo meccanico per dissipare l’energia cinetica di un sistema in movimento, trasformandola in attrito fra le superfici di contatto di due elementi, premuti fortemente uno contro l’altro. Generalmente i freni hanno il compito di rallentare o arrestare il moto di un organo rotante (albero, ruota o disco) e sono impiegati in ogni tipo di veicolo stradale e ferroviario. In genere, nei veicoli stradali la superficie di contatto con l’organo rotante è rivestita con materiale resistente all’usura, ma ad alto coefficiente di attrito.
La forza di attrito che determina l’effetto frenante può essere provocata sia dal contatto fra due superfici, sia dal movimento di un corpo in un fluido, sia da effetti di induzione elettromagnetica. Si parla allora, rispettivamente, di freni ad attrito secco, di freni ad attrito fluido (fluidodinamici) e di freni elettromagnetici.
L’attrito nei mezzi di locomozione
ATTRITO IN SENSO GENERALE
L'attrito, o frizione, è la forza che si oppone al libero scorrimento di due superfici materiali l'una sull'altra. Quando due corpi sono in contatto la forza di interazione alla superficie di separazione può avere componenti sia perpendicolari che tangenti alla superficie stessa. La componente perpendicolare è chiamata forza normale e quella tangenziale attrito. Se le due superfici scorrono l'una sull'altra, l'attrito agisce sempre in direzione opposta a questo moto.
La maggior parte delle sostanze asciutte segue approssimativamente la legge dell'attrito di Coulomb, secondo la quale, quando le superfici scorrono l'una sull'altra, la forza di attrito è proporzionale alla forza normale e è indipendente sia dall'area di contatto sia dalla velocità di scorrimento. Il rapporto fra la forza tangenziale e la forza normale durante lo scorrimento viene chiamato coefficiente d'attrito e dipende dalla natura delle due superfici.
Per iniziare lo scorrimento, vincendo l'attrito, è necessario applicare una forza tangenziale di valore almeno uguale al prodotto del coefficiente d'attrito per la forza normale; prima che inizi il moto questa forza viene bilanciata da una forza di attrito statico uguale e opposta. Di solito la forza necessaria a superare l'attrito statico è maggiore di quella necessaria a mantenere uno scivolamento uniforme.
L'attrito è essenziale per la riuscita di molte operazioni, come l'aderenza dei pneumatici alla strada, il funzionamento di cinghie e pulegge, e perfino per camminare: ad esempio è la quasi mancanza di attrito che rende difficile camminare sul ghiaccio. In molte parti di macchine l'attrito è da evitare perché causa usura e produce calore, con conseguente maggiore spreco di energia.
ATTRITO VOLVENTE
DEFINIZIONE: l'attrito volvente(a) è la forza che si sviluppa fra due solidi a contatto in moto rotatorio relativo senza strisciamento (ruota su ruota o ruota su strada). L'attrito volvente puro non esiste poiché tutti i corpi sono deformabili, per cui l'attrito si sviluppa sempre su una superficie piana o quasi, e quindi è sempre accompagnato da quello radente.
APPLICAZIONE. L'applicazione più importante si ha nella trasmissione del moto con le ruote di frizione, sia frontali che periferiche. In questa applicazione è indispensabile che si verifichi uno strisciamento minimo, altrimenti si avrebbe una rapida usura(b) e le ruote diventerebbero inutilizzabili.
Nella figura qui sotto a sinistra F è la forza di attrito: il suo verso è tale da produrre momenti (azioni rotanti) opposti a quelli desiderati e quindi capaci di frenare la rotazione, oraria nella ruota superiore e antioraria in quella inferiore.
Poiché F è una forza occorre definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo.
Direzione: tangente alla ruota nel punto di contatto;
Verso: tale da produrre momenti frenanti;
Punto di applicazione: baricentro della zona di contatto;
Modulo:
F = fv * Pn
dove Pn è la forza perpendicolare alla zona di contatto e fv è il coefficiente di attrito volvente.
Nella figura a destra è rappresentata la situazione reale che si ha fra ruota e strada: la ruota si deforma, per cui il punto di contatto diventa una superficie più o meno ampia. La reazione T = Pn si sposta da O in O' di una quantità b, nel verso del moto, in modo da produrre un momento resistente di attrito Mr = T * b che si oppone al rotolamento.
Chiamando F la forza(c) che produce l'avanzamento con velocità V, in condizioni di equilibrio(d), si ottiene:
F * r = T * b = Pn * b .
Ma, proprio per l'equilibrio, deve essere anche F = R (essendo R la forza d'attrito) e perciò si ottiene infine:
R * r = Pn * b; R = Pn * b / r = fv * Pn
relazione che ci fornisce l'espressione del coefficiente di attrito volvente: fv = b / r il quale (vedi attrito radente):
1) dipende dalla natura dei materiali a contatto e dallo stato delle loro superfici;
2) dipende dalla velocità della massa: è più grande (anche il triplo: attrito di primo distacco) quando la velocità è piccola, poi è quasi costante sino alla velocità di 20 m / s, e infine tende a diminuire leggermente;
3) non dipende dalla ampiezza della superficie di contatto, a meno che non si tratti di una punta o di una lama.
Come si vede, l'attrito volvente è inversamente proporzionale al raggio r (e quindi al diametro) della ruota. Ciò significa che esso è tanto minore quanto maggiore è il diametro. Ma diametro maggiore significa anche inerzia maggiore (la forza di inerzia è proporzionale al quadrato del raggio!) e perciò occorre trovare un compromesso fra attrito e inerzia: nei trattori agricoli si preferiscono ruote grandi perchè sono lenti (e si vuole limitare l'usura), nelle automobili da corsa si preferiscono ruote piccole perchè devono accelerare rapidamente (e non ha importanza l'usura).
Se non ci fosse l’attrito non sarebbe possibile camminare nè a piedi nè in automobile: all'attrito si accoppia l'aderenza, che dipende dalla capacità della strada di non "disfarsi" in presenza della spinta delle ruote. Da questo punto di vista, se avessero le ruote rivestite di gomma, l'aderenza sarebbe maggiore e i treni potrebbero accelerare più in fretta e affrontare salite più ripide(e).
IL MOTORE DI UN’AUTOMOBILE
In ogni autoveicolo il motore alimentato a benzina è definito motore a combustione interna o a scoppio, mentre quello alimentato a gasolio è noto come motore Diesel. Entrambi generano e trasformano la potenza del combustibile in energia utilizzabile per il movimento.
IL MOTORE A COMBUSTIONE INTERNA
Le parti principali di un motore a scoppio a quattro tempi sono la testata, il monoblocco e la coppa dell’olio, che contiene il lubrificante necessario a limitare l’attrito di tutte le parti in movimento. Nel monoblocco sono ricavati i cilindri che guidano i pistoni nel loro movimento di salita e di discesa. Ogni pistone è collegato, tramite una biella, con l’albero motore alla cui estremità è fissato un pesante disco (volano) che ha il compito di rendere più regolare la rotazione del motore. Durante il funzionamento del motore a quattro tempi, il pistone si muove alternativamente tra le due estremità del cilindro svolgendo un ciclo che si compie in quattro fasi (aspirazione, compressione, scoppio, scarico). Nella testata sono ricavati particolari fori, aperti e chiusi da apposite valvole che consentono l’ingresso nel cilindro della miscela aria-benzina e la fuoriuscita dei gas combusti.
IL MOTORE DIESEL
Il motore Diesel si differenzia dal motore a scoppio per l’assenza del carburatore e dell’impianto di accensione e della presenza della pompa di iniezione e degli iniettori. Quindi l’accensione del gasolio è spontanea e non è come nel motore a scoppio che la benzina è comandata. I motori Diesel possono essere di due tipi: ad iniezione diretta ed ad iniezione indiretta.
ORGANI DELLA TRASMISSIONE
Gli organi di trasmissione sono: frizione, cambio, albero di trasmissione, giunti, coppia conica, differenziale. Questi servono a trasmettere il moto dell’albero motore alle ruote motrici.
L’ALBERO DI TRASMISSIONE
Dispositivo meccanico utilizzato per trasferire la potenza generata dal moto rotatorio di un elemento conduttore (che cede potenza) a un elemento condotto (che riceve potenza). La trasmissione è definita semplice se il trasferimento di potenza fra i due elementi avviene direttamente, senza interposizione di meccanismi atti a modificare il moto conduttore; si parla invece di trasmissione complessa se intervengono dispositivi atti a innestare (o disinnestare) la trasmissione, a scegliere la velocità angolare di rotazione delle parti condotte o a invertirne la direzione rispetto al moto conduttore. La trasmissione utilizzata negli autoveicoli è appunto di tipo complesso, poiché numerosi dispositivi (quali l’innesto a frizione, il cambio di velocità, il differenziale) sono utilizzati per la trasmissione di potenza fra il motore e le ruote. Le auto tradizionali, con motore nella parte anteriore e ruote motrici posteriori, erano tutte dotate di albero di trasmissione, per il trasferimento della potenza ai semiassi delle ruote posteriori. Oggi, la maggior parte delle autovetture ha ruote motrici anteriori, e dunque non necessita dell’utilizzo di un albero di trasmissione; lo stesso dicasi se il veicolo ha ruote motrici e motori entrambi posteriori.
LE RUOTE
Ruote lisce
Sono meccanismi caratterizzati dal fatto che la trasmissione avviene per attrito radente.
Ruote con superfici primitive
Quando entrambi i profili coniugati sono in moto rispetto ad un riferimento fisso, detto telaio, si hanno le ruote con superfici primitive. Costruttivamente le ruote possono essere in gomma, in resine sintetiche, in acciaio. Le ruote sono cilindriche, interne o esterne, oppure coniche. La forza trasmissibile è pari alla massima forza d'attrito radente, ossia pari al prodotto del fattore d'attrito per la forza normale di contatto. Questi meccanismi esigono quindi la presenza di una forza che spinga i membri accoppiati l'uno contro l'altro. Essa può essere la forza di gravità oppure la forza prodotta da qualche molla o da qualche sistema di leve. Questa forza ha dei limiti superiori legati alla massima pressione specifica sopportabile dai materiali. Da notare che le ruote lisce non possono avere un rapporto di trasmissione rigorosamente costante a causa delle deformazioni elastiche nella zona di contatto che causano uno scorrimento che normalmente non supera il 2-3%.
Ruote a cuneo
Per aumentare la forza tangenziale di contatto, a parità di forza normale si possono utilizzare le ruote a cuneo. Con superfici coniugate coniche, il che comporta necessariamente la presenza di strisciamenti. Gli strisciamenti che avvengono nei punti di contatto provocano dissipazioni di calore e usura delle superfici, questi inconvenienti possono essere ripagati dall'aumento di forza tangenziale.
Ruote dentate
Si dice ruota dentata un organo destinato a trascinarne un altro o ad essere trascinato da questo, per azione di denti successivamente in contatto; ingranaggio è il meccanismo elementare costituito da due ruote dentate, girevoli attorno ad assi di posizione relativa invariabile. Treno di ingranaggi (o rotismo) è la combinazione di più ingranaggi; treno planetario è un ingranaggio in cui almeno uno degli assi ruota attorno ad un altro asse. Gli ingranaggi possono essere :
• paralleli se composti da ruote ad assi paralleli. Costruttivamente sono costituiti da ingranaggi cilindrici diritti, elicoidali o bielicoidali
• concorrenti se composti da ruote i cui assi sono concorrenti. In relazione alla forma dei fianchi dei denti possono essere costituiti da ingranaggi conici diritti, a denti obliqui, a spirale.
• Sghembi se composto da ruote i cui assi sono sghembi. Le soluzioni costruttive di interesse industriale sono gli ingranaggi a vite, a vite globoidale, ipoidi, sghembi elicoidali
FRENO
Dispositivo meccanico per dissipare l’energia cinetica di un sistema in movimento, trasformandola in attrito fra le superfici di contatto di due elementi, premuti fortemente uno contro l’altro. Generalmente i freni hanno il compito di rallentare o arrestare il moto di un organo rotante (albero, ruota o disco) e sono impiegati in ogni tipo di veicolo stradale e ferroviario. In genere, nei veicoli stradali la superficie di contatto con l’organo rotante è rivestita con materiale resistente all’usura, ma ad alto coefficiente di attrito.
La forza di attrito che determina l’effetto frenante può essere provocata sia dal contatto fra due superfici, sia dal movimento di un corpo in un fluido, sia da effetti di induzione elettromagnetica. Si parla allora, rispettivamente, di freni ad attrito secco, di freni ad attrito fluido (fluidodinamici) e di freni elettromagnetici.

Esempio