La fisica

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FISICA
1.OGGETTO DELLA FISICA. Qualche centinaio di anni fa lo studioso di tutti gli aspetti della scienza naturale era il filosofo naturale, che man mano è stato sostituito dal fisico, dal chimico, dal biologo,…Il fisico si occupa di svelare i misteri della natura sviluppando un ricerca pura. La FISICA CLASSICA si divide in MECCANICA,TERMODINAMICA, ELETTROMAGNETISMO, OTTICA e hanno come oggetto di studio rispettivamente l’equilibrio e il moto dei corpi, i fenomeni termici, i fenomeni elettrici e i fenomeni luminosi. I nostri anni costituiscono l’era della FISICA MODERNA, da cui è scaturito tutto uno sviluppo successivo noto come FISICA CONTEMPORANEA.
2.IL METODO SPERIMENTALE. Il metodo sperimentale permette di ricavare le leggi della fisica, tramite l’osservazione. Gli antichi pensatori greci fondarono la loro scienza esclusivamente sul RAGIONAMENTO, cadendo spesso in errore perché un’indagine scientifica si basa soprattutto sull’esperienza, sul metodo sperimentale. Solo nel Rinascimento e in particolare con Leonardo Da Vinci e Galileo si intuì l’importanza del metodo sperimentale.
2.1.LE ATTIVITA DEL METODO SPERIMENTALE.
- osservazione del fenomeno;(osservazione e focalizzazione del problema che vogliamo analizzare)
- scelta delle grandezze;
- formulazione di ipotesi;(le ipotesi variano a seconda dell’esperienza che stiamo analizzando; ogni ipotesi è una spinta verso l’ignoto, in quanto estende il pensiero oltre i fatti conosciuti)
- esperimento per la verifica delle ipotesi;
- formulazione della legge.(se l’ipotesi è confermata dall’esperimento diventa legge, altrimenti occorre formulare altre ipotesi e sperimentarle)
2.2.SIMULAZIONE DI UN SISTEMA. Quando il sistema oggetto di studio non è materialmente disponibile o quando la sua realizzazione può essere pericolosa si usa la simulazione, si realizza cioè a mezzo del computer, utilizzando le sue notevoli capacità di calcolo e di rappresentazione grafica, un modello del sistema su cui è possibile eseguire misure come nella realtà.
4.CAMPIONI DI MISURA DI LUNGHEZZA, MASSA E TEMPO.
4.1. DEFINIZIONE DI GRANDEZZA E UNITA DI MISURA. Tutto ciò che può essere misurato è una GRANDEZZA FISICA. Ogni misura viene effettuata mediante un confronto con un’altra. Quella di riferimento è detta UNITA DI MISURA e deve avere due importanti caratteristiche:
- deve restare costante nel tempo;
- deve essere utilizzabile ogni qualvolta si rende necessario il suo uso.
4.2.IL METRO. E’ l’unità di misura della lunghezza; di esso nel corso degli anni gli scienziati hanno dato le seguenti definizioni:
- quarantamilionesima parte del meridiano terrestre
- lunghezza di una sbarra di platino-iridio, costruita come prototipo di metro e conservata a Sèvres, presso Parigi.
4.3.IL KILOGRAMMO. E’ l’unità di misura della massa ed è uguale alla massa del campione di platino-iridio conservato a Sèvres.
4.4.IL TEMPO. I fisici non si pongono la domanda “cosa è il tempo”, ma si preoccupano piuttosto di misurarlo. La sua unità di misura è il secondo, cioè:
- la 86400-esima parte del giorno solare medio;
- l’1/31556925,974 dell’anno tropico 1900
4.5.OROLOGI ATOMICI. Recentemente sono stati costruiti degli orologi atomici precisissimi ; le misure di due orologi atomici possono differire di un secondo solo se misurano una durata di 300 anni.
5.2.SISTEMI DI MISURA M.K.S. E C.G.S. Nel sistema M.K.S. le grandezze fondamentali sono lunghezza, massa e tempo e le unità corrispondenti sono metro, kilogrammo e secondo.
Nel sistema C.G.S. le grandezze fondamentali sono sempre lunghezza, massa e tempo, ma le unità di misura sono il centimetro, il grammo e il secondo.
5.3.SISTEMA INTERNAZIONALE(SI). E’ un sistema omogeneo, coerente, assoluto, decimale e razionalizzato, chiamato SISTEMA INTERNAZIONALE DI UNITA’.
6.MISURE DIRETTE E INDIRETTE.STRUMENTI TARATI.
6.1.MISURE DIRETTE. Misurare una grandezza vuol dire metterla a confronto con il campione unitario, detto unità di misura. Il confronto diretto di una grandezza con l’unità campione, oppure con una sua copia, rappresenta una MISURA DIRETTA.
6.2.MISURE INDIRETTE. E’ una misura che si ottiene tramite applicazioni matematiche che risolvono il problema.
METODO DELL’ECO= si può determinare la distanza di una parete emettendo un grido e misurando il tempo t necessario per percepire l’eco; il tempo impiegato dal suono per potersi propagare fino alla parete è t/2. Moltiplicando t/2 per la velocità del suono nell’aria/circa 340 m/s) si ottiene la distanza richiesta. Con il radar e il sonar il metodo è uguale.
6.3.STRUMENTI TARATI. Uno strumento è tarato quando è idoneo a compiere una misura. Quando non è ben tarato, la misura sarà sbagliata. Esempi di strumenti tarati sono i termometri, i tachimetri, i manometri, i cronometri, i voltmetri, gli amperometri,… Questi sono tutti analogici e si distinguono da quelli digitali o numerici, in cui il valore della grandezza è indicato direttamente da un numero su un display digitale.
6.4.ALCUNE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI TARATI.
- SENSIBILITA= quanto lo strumento è esatto, quanto riesce a misurare.
- PORTATA O FONDO SCALA= limite massimo entro il quale possiamo misurare con esattezza; il massimo che uno strumento può misurare. Quando si usa uno strumento è importante conoscere la sua portata e i valori presumibili della grandezza da misurare, per non danneggiare lo strumento.
- PRECISIONE= uno strumento è tanto più preciso quanto minore è lo scarto dei valori di una grandezza in una serie di misure ripetute. Uno strumento infinitamente preciso darebbe sempre lo stesso valore nella ripetizione della misura.
7.1.NOTAZIONE SCIENTIFICA. Per scrivere un numero troppo grande o troppo piccolo si usa la notazione scientifica, cioè i numeri vengono indicati come prodotto di un numero uguale o maggiore di 1 ma minore di 10 per una potenza di 10 con esponente positivo se si tratta di numeri grandi e con esponente negativo se si tratta di numeri piccoli.
7.2.ORDINE DI GRANDEZZA. Si definisce ordine di grandezza di un numero la potenza di 10 più vicina al valore numerico considerato. Serve per confrontare due grandezze; quando due grandezze hanno la stessa potenza, hanno lo stesso ordine di grandezza.
8.ERRORI NELLE MISURE DIRETTE.
8.1.ERRORE DI SENSIBILITA. (esempio sul libro: misura compresa tra 5 e 6= 5.5 + 0.5); dipende dalla sensibilità dello strumento.
8.2.ERRORI CASUALI O STATISTICI. Quando non è nostra intenzione farli; si fanno per distrazione, per un modo sbagliato di porsi di fronte allo strumento. (PARALLASSE= errore di lettura).
8.3.ERRORI SISTEMATICI. Avvengono sempre nello stesso verso, cioè o sempre per eccesso o sempre per difetto. Possono derivare da deficienze strumentali, da uso di leggi o anche metodi errati di misura.
9.CALCOLO DELL’ERRORE NELLE MISURE DIRETTE.
9.1.LA MEDIA COME VALORE PIU’ PROBABILE. Considerando una serie di misure effettuate con lo stesso strumento e con lo stesso metodo dallo stesso sperimentatore, la media aritmetica è la somma delle misure trovate diviso il loro numero.
9.2. CALCOLO DELL’ERRORE STATISTICO. Gli errori statistici sono: la semidispersione, errore semplice medio, deviazione standard.
- SEMIDISPERSIONE= È la metà del valore massimo meno il valore minimo\1/2(Xmax – Xmin)\. Quindi la grandezza è: la media aritmetica + la semidispersione (x= M+d).
- ERRORE SEMPLICE MEDIO= E’ la media aritmetica dei valori assoluti degli scarti, intendendo come scarto la differenza tra la misura trovata e il valore medio. Quindi la grandezza è: la media aritmetica + l’errore semplice medio.(x= M+
- DEVIAZIONE STANDARD= E’ la radice quadrata della media aritmetica dei quadrati degli scarti(Varianza= media dei quadrati degli scarti)
Quindi la grandezza è: la media aritmetica + la deviazione standard.
9.3.ERRORI ASSOLUTI ED ERRORI RELATIVI. Gli errori di cui abbiamo parlato finora, di sensibilità e statistici, sono errori assoluti, di cui cioè risulta affetta la misura .Ci sono poi gli errori relativi, definiti dal rapporto degli errori assoluti con la media aritmetica.
- la DISPERSIONE RELATIVA: d/M
- lo SCARTO SEMPLICE MEDIO RELATIVO: /M
- lo SCARTO QUADRATICO MEDIO RELATIVO: /M
Ci sono poi gli errori percentuali, definiti come i prodotti degli errori relativi per 100.
- la DISPERSIONE PERCENTUALE : 100 d/M
- lo SCARTO SEMPLICE PERCENTUALE: 100 /M
- Lo SCARTO QUADRATICO MEDIO PERCENTUALE: 100 /M.
10. CIFRE SIGNIFICATIVE.
cifre certe cifra incerta
24.6 cifre significative = 3
In generale definiamo cifre significative, le cifre note con certezza più la prima cifra incerta.

10.4.ARROTONDAMENTO. L’ultima cifra considerata è aumentata di 1 se è seguita da una cifra superiore a 5 oppure da 5, non viene invece modificata se è seguita da una cifra minore di 5.
11.CALCOLO DELL’ERRORE NELLE MISURE INDIRETTE. Per misurare l’area A di un tavolo di lunghezza a e larghezza b, si adopera la formula: A= a x b. Poiché le misure a e b sono affette da errore, anche quella di A è fatta con un certo errore. Si dice che gli errori su a e b si sono propagati su A. La relazione che esprime l’errore di misura su A in funzione degli errori di misura su a e b, si chiama legge di propagazione degli errori:
- l’errore assoluto di una somma o di una differenza è uguale alla somma degli errori assoluti degli addendi;
- l’errore relativo(percentuale) di un prodotto è uguale alla somma degli errori relativi (percentuali) dei singoli fattori;
- l’errore relativo(percentuale) di un quoziente è uguale alla somma degli errori relativi (percentuali) delle grandezze a numeratore e denominatore;
- l’errore relativo(percentuale) di una potenza è uguale al prodotto dell’esponente per l’errore relativo(percentuale) della base;
- l’errore relativo(percentuale) di una radice è uguale al quoziente dell’errore relativo(percentuale) del radicando con l’indice della radice.
12.1.PROPORZIONALITA DIRETTA ALLA PRIMA POTENZA. La proporzionalità diretta viene rappresentata graficamente mediante una retta passante per l’origine, la cui equazione è : y = kx.
12.2.PROPORZIONALITA DIRETTA ALLA SECONDA POTENZA. Quando un numero è direttamente proporzionale al quadrato di un altro.( L’area A di un quadrato di lato x è direttamente proporzionale al quadrato del lato, in quanto è A = x .).Viene rappresentata graficamente mediante una parabola con il vertice nell’origine degli assi, la cui equazione è: y = kx oppure y/x = k.
12.3.PROPORZIONALITA INVERSA ALLA PRIMA POTENZA. Quando all’aumentare di un fattore, diminuisce proporzionalmente l’altro, pero’ il loro rapporto deve essere costante. Viene rappresentata graficamente con un’iperbole equilatera, la cui equazione è: xy = k oppure y = k/x.
13.4.INTERPOLAZIONE ED EXTRAPOLAZIONE. Si usano i metodi di interpolazione ed extrapolazione tutte le volte in cui si vuol determinare il valore che una grandezza assume in corrispondenza del valore di un’altra grandezza dalla quale dipende, nell’ipotesi in cui sia stato possibile costruire il grafico della relazione che lega le due grandezze.
Quando il valore ottenuto non è stato effettivamente misurato, ma solo stimato in base alle misure effettuate, si dice che esso è stato dedotto per interpolazione dei valori misurati.
L’extrapolazione si applica per determinare il valore di una grandezza fuori dell’intervallo in cui sono disponibili i dati.
IL MOTO RETTILINEO.
1.GENERALITA SUL MOTO. Un corpo è in moto quando la sua posizione rispetto a un altro, assunto come riferimento, varia nel tempo. Il movimento viene sempre studiato rispetto alla Terra. Solo in casi particolari si sceglie un altro sistema di riferimento: per esempio se si vuole studiare il moto dei pianeti del sistema solare, si prende come riferimento il sole perché i pianeti ruotano intorno ad esso. Il concetto di moto è relativo , non assoluto. Per esempio, stando su un treno in sosta mentre ne parte un altro su un binario attiguo, non si capisce quale dei due treni sia in moto e quale in movimento( ciascuno dei due treni è in moto rispetto all’altro, mentre rispetto alla stazione uno solo dei due è in moto).
Un corpo può essere in moto rispetto a due sistemi di riferimento, ma con modalità diverse: per esempio, la valvolina di una ruota di bicicletta in moto descrive una circonferenza rispetto al ciclista e una curva rispetto ad un osservatore collegato con la terra. L’asse della ruota invece è fisso rispetto al ciclista e descrive una linea retta rispetto alla Terra.
Quasi sempre ci limitiamo al moto di un punto materiale, cioè di un corpo le cui dimensioni sono piccole rispetto a quelle dello spazio in cui avviene il movimento(esempio macchina). La traiettoria è l’insieme dei punti occupati istante dopo istante dal punto materiale.

2.IL MOTO UNIFORME.
2.1.ESEMPI DI MOTO UNIFORME. Per confrontare le prestazioni di due automobili spesso si parla in termini di velocità. Il moto di un automobile è uniforme finché la lancetta sul tachimetro segna la stessa velocità(percorro spazi uguali in tempi uguali), ma quando la lancetta si sposta il moto diventa vario. Il moto viene detto rettilineo uniforme se, oltre ad essere la velocità sempre uguale, la traiettoria è una retta. I moti uniformi sono quelli più semplici, ma sono anche quelli più rari.
Un altro esempio di moto uniforme è quello di un carrello su un tavolo che ha ricevuto un spinta; occorre però ridurre l’attrito. Si possono raggiungere con un disco di ghiaccio secco su un piano di vetro, perché si trasforma in vapore a temperatura ambiente e quindi il disco non tocca il tavolo, ma è sospeso su una pellicola di gas che elimina quasi del tutto l’attrito.
Un altro dispositivo anti-attrito è la rotaia a cuscino d’aria: è costituita da un tubo metallico con tanti piccoli fori, attraverso cui si fa passare un flusso d’aria compressa mediante un compressore. L’aria tiene sospesi i carrelli a forma di diedro poggiati sulle rotaie. Quindi i carrelli non strisciano sulle rotaie e l’attrito viene in gran parte eliminato.
- VELOCITA E TEMPO SONO TRA LORO INVERSAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE LA VELOCITA AUMENTA QUANDO IL TEMPO DIMINUISCE;
- VELOCITA E SPAZIO SONO TRA LORO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE ALL’AUMENTARE DELLA VELOCITA AUMENTA ANCHE LO SPAZIO;
- SPAZIO E TEMPO SONO TRA LORO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE ALL’AUMENTARE DEL TEMPO AUMENTA ANCHE LO SPAZIO.
2.2.VELOCITA. In generale diciamo che un punto materiale si muove di moto uniforme se il rapporto tra lo spazio percorso nell’intervallo di tempo e l’intervallo stesso di tempo , è costante al variare del particolare intervallo di tempo. A tale rapporto costante si dà il nome di velocità e si indica con v. Si misura nel sistema M.K.S. in m/s e nel sistema C.G.S. in cm/s. Il km/h è un’unità pratica.
2.3.LA RELAZIONE SPAZIO-TEMPO. Siccome nel moto uniforme il rapporto tra spazio e tempo è sempre uguale, anziché possiamo scrivere s/t = v , oppure s = v t, che è l’equazione oraria del moto uniforme.
In essa è s = 0 per t = 0, perché abbiamo supposto di misurare lo spazio percorso a partire dalla posizione occupata dal mobile per t = 0; se invece misuriamo lo spazio a partire da un’altra origine O, tale che il mobile per t = 0 sia già a distanza da questa origine, lo spazio percorso nel tempo t è s – s e quindi s – s = v t, cioè s = s + v t.
2.4.IL DIAGRAMMA ORARIO. Poiché abbiamo detto che la relazione spazio/tempo è lineare, cioè di proporzionalità diretta, rappresentandola in un sistema di assi cartesiani, ricaveremo una retta. Quindi possiamo anche dire che un moto è uniforme se il diagramma spazio/tempo, chiamato anche diagramma orario, è una linea retta.
La velocità in un moto uniforme è la pendenza costante della retta che rappresenta il diagramma orario. Non dobbiamo però confondere la pendenza di una retta con l’inclinazione, la quale varia a seconda delle scale usate per rappresentare le unità di misura.
3.IL MOTO VARIO E LA VELOCITA.
3.1.UN ESEMPIO DI MOTO VARIO. I moti che si presentano nella realtà non sono in genere uniformi, ma vari. Un esempio può essere il caso di un’atleta che percorre i 200 m in 21.9 s: sono stati misurati i tempi impiegati a raggiungere tanti traguardi lungo il percorso a distanza 20 m l’uno dall’altro. Quello che notiamo, dopo aver osservato i dati ottenuti, è che l’intervallo di tempo impiegato dall’atleta a percorrere lo spazio = 20 m non è più costante come nel moto uniforme. Quindi diciamo che un punto materiale si muove di moto vario se percorre spazi uguali in tempi generalmente diversi.
3.2.VELOCITA MEDIA. In un moto vario definiamo velocità media il rapporto tra lo spazio percorso e l’intervallo di tempo impiegato a percorrerlo o in simboli da cui segue , cioè lo spazio percorso in un intervallo di tempo è il prodotto della velocità media per l’intervallo di tempo.
3.3.VELOCITA ISTANTANEA. Nel caso di un’automobile la velocità si legge istante dopo istante sul tachimetro; quella velocità che noi leggiamo è detta velocità istantanea.
(Consideriamo fig.11 pag. 50)= fissiamo l’attenzione su un generico istante, per esempio t = 3s. Consideriamo a partire da questo istante tre intervalli di tempo uguali rispettivamente a 5s, 4s, 3s. Per trovare lo spazio percorso in questi intervalli sottraiamo l’ordinata di A(20) da quelle di B,C,D ed otteniamo rispettivamente yb – ya = 73 – 20 = 53; yc – ya = 58.5 –20 =38.5; yd – ya = 45.5 – 20 = 25.5

Se consideriamo intervalli di tempo sempre più piccoli, la differenza tra la pendenza di un segmento e quella del segmento successivo diventa sempre più piccola. Quindi la velocità istantanea è il valore che acquista quando diventa molto piccolo.
4. IL MOTO VARIO E L’ACCELERAZIONE.
4.1.ACCELLERAZIONE MEDIA. Si definisce accelerazione media nell’intervallo di tempo il rapporto tra la variazione di velocità nell’intervallo di tempo e l’intervallo stesso. L’accelerazione è una grandezza vettoriale e quindi può essere positiva e negativa; è positiva all’aumentare della velocità, è negativa al diminuire e può essere anche chiamata decelerazione.
4.2.ACCELERAZIONE ISTANTANEA. Allo stesso modo della velocità, definiamo accelerazione istantanea i un certo istante t il valore che assume l’accelerazione media a , calcolata in un intervallo di tempo successivo all’istante t, al tendere di a zero(variazione di velocità che si ha quando il tempo diventa piccolo, tende a zero).
Le unità di misura sono il m/s nel sistema M.K.S. e il cm/s nel sistema C.G.S.
5.MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO. Il più semplice moto vario è quello con accelerazione costante, chiamato moto uniformemente accelerato ( il mobile in movimento varia la sua velocità in uguali intervalli di tempo sempre della stessa quantità . Se l’accelerazione ha segno contrario rispetto alla velocità, spesso il moto è chiamato uniformemente ritardato.
5.1.LA RELAZIONE VELOCITA’ –TEMPO. Supponiamo che un punto mobile si muova di moto uniformemente accelerato con accelerazione a = 3 m/s e che inizialmente, cioè per t = 0, sia in quiete. Il grafico velocità- tempo è una linea retta perché la sua pendenza, che rappresenta l’accelerazione, è costante nel tempo.
• Determiniamo ora l’equazione che esprime la velocità in funzione del tempo: se poniamo l’origine dei tempi nell’istante in cui il punto mobile inizia il suo movimento, la velocità iniziale v è nulla; si ha così = t, = v è perciò per definizione di accelerazione è : v/t = a, da cui v = a t (retta passante per l’origine), che rappresenta la legge cercata.
• Se poniamo l’origine dei tempi in un istante in cui il mobile è già in movimento e ha velocità ; in tal caso, se v è la velocità dopo un tempo t, si ha = v – v e = t e quindi, per definizione di accelerazione, si ha:
da cui: v = v + a t .
• Se il moto è uniformemente ritardato, la legge diventa: v = v - a t , in cui a è il valore assoluto dell’accelerazione. La velocità v diminuisce costantemente nel tempo, a un certo istante è nulla e poi cambia segno.
5.2.LA RELAZIONE SPAZIO-TEMPO.
• Calcolare lo spazio s percorso in un tempo t nel moto uniformemente accelerato: prendendo come riferimento l’equazione , se assumiamo come intervallo di tempo = t, cioè quello compreso fra gli istanti 0 e t e indichiamo con s lo spazio percorso, si ha: che ci permette di calcolare lo spazio solo nel caso in cui è nota la velocità media .
• La velocità media in un moto uniformemente accelerato è uguale alla semisomma della velocità iniziale e della velocità finale v = v + a t. Si ha cioè:
che, sostituita a , ci permette di calcolare lo spazio secondo la formula:
• Nel moto uniformemente ritardato lo spazio è espresso dalla formula:
5.3.LO SPAZIO COME AREA. Nel moto uniforme la velocità è costante e quindi il grafico è una linea retta parallela all’asse dei tempi di equazione v = costante. Lo spazio, essendo il prodotto della velocità per il tempo, è rappresentato dall’area del rettangolo. Questa proprietà vale per ogni moto; possiamo quindi dire che lo spazio percorso in un certo intervallo di tempo è espresso dall’area della figura delimitata dal diagramma velocità- tempo.
Per il moto uniformemente accelerato la figura è un trapezio le cui basi sono v e mentre l’altezza è t. Quindi lo spazio percorso essendo dato dall’area del trapezio, è:
7.LEGGI DELLA CADUTA DEI GRAVI. La caduta dei gravi avviene con accelerazione costante, detta accelerazione di gravità e indicata con g. L’accelerazione di gravità assume lo stesso valore per tutti i gravi in uno stesso luogo, mentre varia da luogo a luogo e precisamente con l’aumentare della latitudine. Alle nostre latitudini g è circa 9.8 m/s ; cioè in caduta libera la velocità di un grave aumenta di 908 m/s ogni secondo. L’accelerazione diminuisce con l’altezza, ma la diminuzione è lentissima.
Tenendo conto che nella caduta libera la velocità iniziale è zero e che l’accelerazione risulta g, si ha: v = g t
e s = ½ g t (leggi della caduta dei gravi). Il moto è detto naturalmente accelerato.
Se invece lanciamo un grave con velocità verso l’alto, il suo moto è uniformemente ritardato e le leggi sono:
IL MOTO CURVILINEO.
1.VETTORE SPOSTAMENTO. Consideriamo un pezzo di sughero che si è spostato di 20 m per effetto della corrente; ci chiediamo in quale posizione si troverà al termine del suo spostamento. Possiamo affermare che potrà occupare una posizione qualsiasi sulla circonferenza avente come centro il punto in cui si trovava inizialmente e di raggio uguale a 20 m. Se conosciamo anche la direzione secondo cui avviene lo spostamento, sono possibili due soluzioni finali: si troverà in A o in B. Però per essere ancora più precisi oltre al valore dello spostamento e alla direzione, dovremmo conoscere anche il verso. Se i dati sono quelli di figura 3, il sughero si troverà alla fine della spostamento nel punto A. Il segmento orientato OA si chiama vettore spostamento ed è caratterizzato da modulo, direzione e verso. Il modulo è la lunghezza del segmento orientato; La direzione è la retta su cui avviene lo spostamento; il verso è il modo in cui è rivolta la freccia del vettore.

Il vettore spostamento ci dà solo l’effetto globale del movimento, non indica la sua traiettoria; è il segmento che ha come estremi la posizione iniziale e quella finale dell’oggetto in movimento.
Due vettori sono uguali se hanno lo stesso modulo, la stessa direzione e lo stesso verso.
Due vettori paralleli hanno la stessa direzione.
2. GRANDEZZE SCALARI E GRANDEZZE VETTORIALI. Le grandezze scalari sono determinate dal numero che esprime il rapporto tra la grandezza e un’altra della stessa specie presa come unità di misura.
Le grandezze vettoriali sono invece determinate da un numero che ne esprime il modulo, la direzione ed il verso.
Un vettore può essere rappresentato:
- in grassetto: a, v, s …
- con una lettera sormontata da una freccia:
- con il simbolo AB, in cui A e B sono rispettivamente primo e secondo estremo del segmento orientato che rappresenta il vettore.
3.1. SOMMA DI VETTORI DELLO STESSO TIPO. La somma di due vettori a e b, è il vettore c che ha come primo estremo la coda di a e come secondo estremo la punta della freccia di b, ed è chiamato vettore somma o vettore risultante. I vettori a e b sono chiamati vettori componenti. Può capitare che i due vettori siano rappresentati in punti diversi; in tal caso per determinare la loro somma, si disegnano consecutivamente a partire da un punto arbitrario O.
Per la nota proprietà dei triangoli, sappiamo che il modulo della somma di due vettori è minore o uguale alla somma dei moduli dei vettori componenti e maggiore o uguale alla loro differenza.
Se si rappresentano i vettori in modo che abbiano la stessa origine e poi si costruisce il parallelogrammo avente come lati quelli individuati dai due vettori, la diagonale del parallelogrammo rappresenta il vettore somma.
Finora abbiamo considerato la somma di 2 vettori dello stesso tipo, ma volendo trovare quella di più vettori, il vettore somma sarà l’ultimo risultante u dei vettori del sistema.
3.2. SCOMPOSIZIONE DI UN VETTORE IN DUE COMPONENTI DELLO STESSO TIPO. Dato un vettore c e due direzioni r ed s rappresentate da due semirette con origine nell’estremo O del vettore c , vogliamo determinare due vettori a e b aventi rispettivamente le direzioni di r ed s e tali che: c = a + b.
Basta condurre dalla punta della freccia di c le parallele ad r ed s. Si costruisce così il parallelogrammo del quale i lati aventi l’estremo O in comune rappresentano i vettori a e b richiesti.
3.3. PRODOTTO E RAPPORTO DI UN VETTORE CON UNO SCALARE. La somma di due vettori uguali ad a viene indicata con la scrittura 2 a ,prodotto del numero 2 per il vettore a , avente la stessa direzione e lo stesso verso di a ,ma modulo doppio. Quindi si definisce prodotto m a di un numero reale m per un vettore a il vettore che ha la stessa direzione di a, lo stesso verso si a (o opposto se m è negativo),e modulo uguale al prodotto tra il numero m in valore assoluto e il modulo di a .
Il vettore –a, chiamato opposto di a , ha il suo stesso modulo e direzione, ma verso opposto.
Si definisce rapporto di un vettore a con uno scalare m il prodotto del vettore a con lo scalare 1/m.
3.4. DIFFERENZA DI DUE VETTORI DELLO STESSO TIPO. Si dice differenza di a e b la somma del vettore a con l’opposto di b e si indica con: a – b = a + (- b).
3.5. PRODOTTO SCALARE DI DUE VETTORI. Dati due vettori a = OA e b = OB, se B’ è la proiezione ortogonale di B secondo la direzione del vettore a , il vettore b’ sarà la componente di b secondo la direzione del vettore a .
Allo stesso modo, se A’ è la proiezione ortogonale di A secondo la direzione del vettore b , il vettore a’ sarà la componente di a secondo la direzione del vettore b .
I due triangoli OAA’ e OBB’ sono simili e quindi avremo che b : a = b’ : a’ .Sfruttando la proprietà fondamentale avremo che a b’ = b a’. Il valore comune dei due membri dell’uguaglianza si definisce prodotto scalare:
a b = a b’ = b a’
3.6. PRODOTTO VETTORIALE DI DUE VETTORI. Si definisce prodotto vettoriale di due vettori a e b e si indica con la scrittura a b ( da leggersi: a vettore b), un vettore avente per modulo l’area del parallelogrammo costruito sui due vettori, per direzione quella perpendicolare al piano individuato da a e b , e verso tale che il vettore a per sovrapporsi a b ,descrivendo l’angolo minore di 180°, deve ruotare in senso antiorario.
Vite destrorsa = se si immagina di avvitare una vite destrorsa con l’asse disposto perpendicolarmente al piano dei due vettori in modo che ruoti da a a b descrivendo un angolo minore di 180°, il verso del prodotto vettoriale coincide con quello di avanzamento della vite.
Regola della mano destra = tenendo la mano destra in modo tale che le dita piegate seguano la rotazione del vettore a verso b , il pollice indica la direzione e il verso del prodotto vettoriale.
Il prodotto vettoriale ha le seguenti proprietà:
- non vale la proprietà commutativa perché invertendo l’ordine dei vettori, il prodotto vettoriale cambia verso.
- il prodotto vettoriale di due vettori paralleli è nullo.
4.1. VETTORI COMPLANARI. Dato un vettore a rappresentato dal segmento OA, fissiamo il sistema di assi cartesiani e lo scomponiamo in due componenti, chiamate rispettivamente . Le misure di questi segmenti prendono il nome di componenti cartesiane del vettore a ed esprimono le coordinate del punto A.( Possiamo anche considerarle il seno e il coseno dell’angolo ).
Si dice versore un vettore di modulo unitario; considerando i e j versori degli assi x ed y, possiamo scrivere:
e quindi:
che rappresenta l’espressione cartesiana di un vettore.
Se il vettore a non è rappresentato con l’origine in O, le componenti cartesiane sono le misure dei segmenti orientati A B e A B . E comunque un vettore può sempre essere spostato parallelamente a se stesso in modo che la sua origine coincida con quella del sistema cartesiano.
5.VELOCITA NEL MOTO CURVILINEO. Consideriamo il volo di un aeroplano. Se conosciamo i vettori posizione
negli istanti generici e con origine in un punto fisso ed estremo coincidente con la posizione dell’aeroplano in un certo istante, sapremmo la posizione dell’aeroplano in quel determinato istante.
Sia l’intervallo di tempo tra e ,cioè
Lo spostamento dell’aeroplano sarà la differenza tra ,cioè
Possiamo ora costruirci il vettore , che avrà la stessa direzione, lo stesso verso di e modulo uguale a quello di
diviso per .Questo vettore prende il nome di velocità media.
Il modulo non coincide con lo spazio percorso dall’aeroplano. La differenza tra corda e arco è però sempre più piccola quanto minore è
La differenza tra le velocità medie è sempre più piccola al diminuire di ; perciò è giustificato definire velocità vettoriale istantanea dell’aeroplano, il valore limite di / quando tende a 0,cioè quando diventa molto piccolo. La velocità istantanea ha la direzione della tangente alla traiettoria nella posizione occupata dal mobile nell’istante considerato.
Per un moto curvilineo, poiché la tangente alla traiettoria cambia direzione, la velocità istantanea muta almeno direzione da un istante all’altro.
Se il modulo del vettore velocità istantanea è costante nel tempo, il moto si dice uniforme (moto di un’automobile che si muove su una curva e la lancetta del tachimetro segna sempre lo stesso valore della velocità).
6.ACCELERAZIONE CENTRIPETA NEL MOTO CURVILINEO. Consideriamo un’automobile che viaggia a 60 Km/h lungo una strada curva. Esiste una variazione della velocità anche se l’automobile viaggia costantemente alla velocità di 60 Km/h; la causa di questa variazione di velocità è dovuta al fatto che, pur rimanendo costante il modulo della velocità, varia invece la direzione. Nel nostro caso il modulo della variazione di velocità è = 40 Km/h.
Indicando con l’intervallo di tempo in cui si è avuta la variazione di velocità, definiamo accelerazione media dell’automobile il vettore:
Come nella velocità, il valore limite di / quando tende a 0, è definito accelerazione istantanea.
Nel nostro caso l’accelerazione istantanea è detta centripeta ed è perpendicolare alla traiettoria, ma accade solo se il moto è uniforme.
7.MOTO CIRCOLARE UNIFORME. Si dice moto circolare uniforme il moto di un punto materiale P che descrive una circonferenza con velocità di modulo costante.
7.1. PERIODO E FREQUENZA. Definiamo periodo T l’intervallo di tempo impiegato dal punto mobile per compiere un giro completo. Si esprime in secondi.
Noto il periodo possiamo subito individuare la frequenza, cioè il numero di giri nell’unità di tempo, indicato con v e definito come il reciproco del periodo:
Si misura in giri/s o s o hertz (simbolo Hz).
7.2.VELOCITA TANGENZIALE E VELOCITA ANGOLARE. Noti il periodo o la frequenza e il raggio R della traiettoria, si può calcolare il modulo v della velocità; infatti, essendo 2 R la distanza percorsa dal punto mobile nel periodo T, risulta:
che diventa:
Il moto circolare in genere è caratterizzato anche da un’altra grandezza: la velocità angolare. Detto O il centro della circonferenza, il vettore OP ruota intorno ad O mentre P si muove sulla circonferenza; se è l’angolo descritto in un tempo t, la velocità angolare è definita dalla relazione:
e si misura in gradi/s oppure in rad/s.
Nel moto circolare uniforme, la velocità angolare è costante, quindi possiamo riferirci a un qualsiasi intervallo di tempo, per esempio al periodo T. Poiché l’angolo descritto in un periodo è 2 :
Il modulo v della velocità del punto mobile è spesso chiamato velocità tangenziale per distinguerlo dalla velocità angolare.
7.3 ACCELERAZIONE. Nel moto circolare uniforme il vettore velocità v varia continuamente direzione perché è tangente alla circonferenza ogni istante.
In qualsiasi intervallo di tempo si ha una variazione di velocità e perciò anche un’accelerazione media .
Vogliamo ora calcolare l’accelerazione istantanea; osserviamo che al diminuire di la variazione di velocità tende a disporsi perpendicolarmente al vettore v . Quindi possiamo dire che nel moto circolare uniforme c’è un’accelerazione istantanea diretta perpendicolarmente alla velocità v e orientata verso il centro, detta per questo accelerazione centripeta.
Nel calcolare l’accelerazione istantanea però dobbiamo stare attenti a non confondere con la misura dell’arco che sottende il vettore .
Il modulo dell’accelerazione istantanea può anche essere calcolato come rapporto tra la somma di tutti i presenti e il periodo T; poiché la somma dei vari che si hanno in un periodo è la lunghezza 2 v della circonferenza di raggio v, il modulo dell’accelerazione centripeta è:
10. MOTO ARMONICO.
10.1.PROPRIETA GENERALI. Uno dei moti più importanti è il moto armonico semplice che trova diverse applicazioni nella rappresentazione dei suoni, delle onde elettromagnetiche e di tutti i fenomeni di tipo periodico. Il moto armonico è il moto del punto Q, proiezione su un diametro del punto P che si muove di moto circolare uniforme; o in altre parole la proiezione su un diametro di un moto circolare uniforme. Mentre P descrive la circonferenza, la sua proiezione oscilla sul diametro AB con O centro di oscillazione.
Si definisce oscillazione completa il moto da A a B e ritorno in A. Si dice ampiezza del moto la massima distanza del punto mobile dal centro di oscillazione; i punti A e B si chiamano estremi dell’oscillazione; l’elongazione è la distanza dal centro di oscillazione in un generico istante t; l’ampiezza del moto è l’elongazione massima.
Il moto armonico è un moto periodico, si ripete cioè dopo uguali intervalli di tempo; il periodo è la durata di un oscillazione completa ed è uguale al periodo del moto circolare uniforme. Quindi la velocità angolare del moto circolare uniforme si chiama anche pulsazione del moto armonico; se T è il periodo del moto armonico, sussiste la relazione:
1.CONCETTO DI FORZA. Da un punto di vista puramente meccanico la forza è lo sforzo muscolare che si compie quando si vuole spingere qualcosa. Una forza applicata ad un corpo lo mette in movimento, produce quindi effetti dinamici. La forza può anche arrestare il movimento di un corpo.
Se il corpo al quale è applicata la forza non è libero di muoversi, ma è vincolato, la forza produce una deformazione sia del corpo che del vincolo (ciò che impedisce il movimento).
Alcuni esempi di forze sono: il peso, la forza elettrica, la forza magnetica, la forza elastica, la forza d’attrito, ecc.
Le forze sono espresse in newton. I dinamometri adoperati in laboratorio sono spesso tarati assumendo come campione unitario delle forze il kilogrammo – peso; in quelli più sensibili si usa il grammo – peso. I dinamometri, anche se non sono molto precisi, permettono una immediata misura della forza.
2.MISURA STATICA DELLE FORZE. Due forze si definiscono uguali se, applicate ad uno stesso corpo, producono uguali deformazioni. Si può misurare la forza valutando l’allungamento subìto dalla molla; un dispositivo che si basa su tale principio è il dinamometro, che deve essere preventivamente tarato.
3.LE FORZE COME VETTORI. Le forze sono grandezze vettoriali, individuate cioè da direzione, modulo o intensità della forza e verso.
3.1.COMPOSIZIONE DI DUE FORZE. Le forze si sommano secondo la regola del parallelogrammo. La figura mostra, applicate al punto P, tre forze realizzate rispettivamente per mezzo di 2,3,4 pesi tutti uguali tra loro e fissati a tre fili che partono da P. Poiché il punto P è in equilibrio, possiamo considerare ad esempio come equilibrante di ed e quindi ed ammettono come risultante la forza opposta di . La forza rappresentata dalla diagonale del parallelogrammo di ed è opposta a ,poiché la sua direzione è quella verticale, il verso è opposto a quello di e la lunghezza del segmento che la rappresenta è uguale a quella del segmento che rappresenta . Quindi concludiamo dicendo che due forze applicate ad uno stesso punto si sommano o si compongono secondo la regola del parallelogrammo.
L’operazione con cui si determina la risultante di due forze si chiama composizione e le due forze si dicono forze componenti o semplicemente componenti.
L’intensità della risultante di due forze è maggiore della differenza e minore della somma delle intensità delle due forze componenti, perché le intensità delle due forze e della loro risultante sono le misure dei lati di un triangolo.
3.2.SCOMPOSIZIONE DI UNA FORZA IN DUE COMPONENTI. Data una forza da scomporre, esistono infinite coppie di forze aventi come risultante quella forza.
Il problema ha invece una sola soluzione nel caso in cui, oltre alla forza da scomporre, sono assegnate anche le direzioni delle due componenti da determinare. Così basterebbe costruire il parallelogrammo di cui si conosce una diagonale e le direzioni di due lati consecutivi.
FISICA
1.OGGETTO DELLA FISICA. Qualche centinaio di anni fa lo studioso di tutti gli aspetti della scienza naturale era il filosofo naturale, che man mano è stato sostituito dal fisico, dal chimico, dal biologo,…Il fisico si occupa di svelare i misteri della natura sviluppando un ricerca pura. La FISICA CLASSICA si divide in MECCANICA,TERMODINAMICA, ELETTROMAGNETISMO, OTTICA e hanno come oggetto di studio rispettivamente l’equilibrio e il moto dei corpi, i fenomeni termici, i fenomeni elettrici e i fenomeni luminosi. I nostri anni costituiscono l’era della FISICA MODERNA, da cui è scaturito tutto uno sviluppo successivo noto come FISICA CONTEMPORANEA.
2.IL METODO SPERIMENTALE. Il metodo sperimentale permette di ricavare le leggi della fisica, tramite l’osservazione. Gli antichi pensatori greci fondarono la loro scienza esclusivamente sul RAGIONAMENTO, cadendo spesso in errore perché un’indagine scientifica si basa soprattutto sull’esperienza, sul metodo sperimentale. Solo nel Rinascimento e in particolare con Leonardo Da Vinci e Galileo si intuì l’importanza del metodo sperimentale.
2.1.LE ATTIVITA DEL METODO SPERIMENTALE.
- osservazione del fenomeno;(osservazione e focalizzazione del problema che vogliamo analizzare)
- scelta delle grandezze;
- formulazione di ipotesi;(le ipotesi variano a seconda dell’esperienza che stiamo analizzando; ogni ipotesi è una spinta verso l’ignoto, in quanto estende il pensiero oltre i fatti conosciuti)
- esperimento per la verifica delle ipotesi;
- formulazione della legge.(se l’ipotesi è confermata dall’esperimento diventa legge, altrimenti occorre formulare altre ipotesi e sperimentarle)
2.2.SIMULAZIONE DI UN SISTEMA. Quando il sistema oggetto di studio non è materialmente disponibile o quando la sua realizzazione può essere pericolosa si usa la simulazione, si realizza cioè a mezzo del computer, utilizzando le sue notevoli capacità di calcolo e di rappresentazione grafica, un modello del sistema su cui è possibile eseguire misure come nella realtà.
4.CAMPIONI DI MISURA DI LUNGHEZZA, MASSA E TEMPO.
4.1. DEFINIZIONE DI GRANDEZZA E UNITA DI MISURA. Tutto ciò che può essere misurato è una GRANDEZZA FISICA. Ogni misura viene effettuata mediante un confronto con un’altra. Quella di riferimento è detta UNITA DI MISURA e deve avere due importanti caratteristiche:
- deve restare costante nel tempo;
- deve essere utilizzabile ogni qualvolta si rende necessario il suo uso.
4.2.IL METRO. E’ l’unità di misura della lunghezza; di esso nel corso degli anni gli scienziati hanno dato le seguenti definizioni:
- quarantamilionesima parte del meridiano terrestre
- lunghezza di una sbarra di platino-iridio, costruita come prototipo di metro e conservata a Sèvres, presso Parigi.
4.3.IL KILOGRAMMO. E’ l’unità di misura della massa ed è uguale alla massa del campione di platino-iridio conservato a Sèvres.
4.4.IL TEMPO. I fisici non si pongono la domanda “cosa è il tempo”, ma si preoccupano piuttosto di misurarlo. La sua unità di misura è il secondo, cioè:
- la 86400-esima parte del giorno solare medio;
- l’1/31556925,974 dell’anno tropico 1900
4.5.OROLOGI ATOMICI. Recentemente sono stati costruiti degli orologi atomici precisissimi ; le misure di due orologi atomici possono differire di un secondo solo se misurano una durata di 300 anni.
5.2.SISTEMI DI MISURA M.K.S. E C.G.S. Nel sistema M.K.S. le grandezze fondamentali sono lunghezza, massa e tempo e le unità corrispondenti sono metro, kilogrammo e secondo.
Nel sistema C.G.S. le grandezze fondamentali sono sempre lunghezza, massa e tempo, ma le unità di misura sono il centimetro, il grammo e il secondo.
5.3.SISTEMA INTERNAZIONALE(SI). E’ un sistema omogeneo, coerente, assoluto, decimale e razionalizzato, chiamato SISTEMA INTERNAZIONALE DI UNITA’.
6.MISURE DIRETTE E INDIRETTE.STRUMENTI TARATI.
6.1.MISURE DIRETTE. Misurare una grandezza vuol dire metterla a confronto con il campione unitario, detto unità di misura. Il confronto diretto di una grandezza con l’unità campione, oppure con una sua copia, rappresenta una MISURA DIRETTA.
6.2.MISURE INDIRETTE. E’ una misura che si ottiene tramite applicazioni matematiche che risolvono il problema.
METODO DELL’ECO= si può determinare la distanza di una parete emettendo un grido e misurando il tempo t necessario per percepire l’eco; il tempo impiegato dal suono per potersi propagare fino alla parete è t/2. Moltiplicando t/2 per la velocità del suono nell’aria/circa 340 m/s) si ottiene la distanza richiesta. Con il radar e il sonar il metodo è uguale.
6.3.STRUMENTI TARATI. Uno strumento è tarato quando è idoneo a compiere una misura. Quando non è ben tarato, la misura sarà sbagliata. Esempi di strumenti tarati sono i termometri, i tachimetri, i manometri, i cronometri, i voltmetri, gli amperometri,… Questi sono tutti analogici e si distinguono da quelli digitali o numerici, in cui il valore della grandezza è indicato direttamente da un numero su un display digitale.
6.4.ALCUNE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI TARATI.
- SENSIBILITA= quanto lo strumento è esatto, quanto riesce a misurare.
- PORTATA O FONDO SCALA= limite massimo entro il quale possiamo misurare con esattezza; il massimo che uno strumento può misurare. Quando si usa uno strumento è importante conoscere la sua portata e i valori presumibili della grandezza da misurare, per non danneggiare lo strumento.
- PRECISIONE= uno strumento è tanto più preciso quanto minore è lo scarto dei valori di una grandezza in una serie di misure ripetute. Uno strumento infinitamente preciso darebbe sempre lo stesso valore nella ripetizione della misura.
7.1.NOTAZIONE SCIENTIFICA. Per scrivere un numero troppo grande o troppo piccolo si usa la notazione scientifica, cioè i numeri vengono indicati come prodotto di un numero uguale o maggiore di 1 ma minore di 10 per una potenza di 10 con esponente positivo se si tratta di numeri grandi e con esponente negativo se si tratta di numeri piccoli.
7.2.ORDINE DI GRANDEZZA. Si definisce ordine di grandezza di un numero la potenza di 10 più vicina al valore numerico considerato. Serve per confrontare due grandezze; quando due grandezze hanno la stessa potenza, hanno lo stesso ordine di grandezza.
8.ERRORI NELLE MISURE DIRETTE.
8.1.ERRORE DI SENSIBILITA. (esempio sul libro: misura compresa tra 5 e 6= 5.5 + 0.5); dipende dalla sensibilità dello strumento.
8.2.ERRORI CASUALI O STATISTICI. Quando non è nostra intenzione farli; si fanno per distrazione, per un modo sbagliato di porsi di fronte allo strumento. (PARALLASSE= errore di lettura).
8.3.ERRORI SISTEMATICI. Avvengono sempre nello stesso verso, cioè o sempre per eccesso o sempre per difetto. Possono derivare da deficienze strumentali, da uso di leggi o anche metodi errati di misura.
9.CALCOLO DELL’ERRORE NELLE MISURE DIRETTE.
9.1.LA MEDIA COME VALORE PIU’ PROBABILE. Considerando una serie di misure effettuate con lo stesso strumento e con lo stesso metodo dallo stesso sperimentatore, la media aritmetica è la somma delle misure trovate diviso il loro numero.
9.2. CALCOLO DELL’ERRORE STATISTICO. Gli errori statistici sono: la semidispersione, errore semplice medio, deviazione standard.
- SEMIDISPERSIONE= È la metà del valore massimo meno il valore minimo\1/2(Xmax – Xmin)\. Quindi la grandezza è: la media aritmetica + la semidispersione (x= M+d).
- ERRORE SEMPLICE MEDIO= E’ la media aritmetica dei valori assoluti degli scarti, intendendo come scarto la differenza tra la misura trovata e il valore medio. Quindi la grandezza è: la media aritmetica + l’errore semplice medio.(x= M+
- DEVIAZIONE STANDARD= E’ la radice quadrata della media aritmetica dei quadrati degli scarti(Varianza= media dei quadrati degli scarti)
Quindi la grandezza è: la media aritmetica + la deviazione standard.
9.3.ERRORI ASSOLUTI ED ERRORI RELATIVI. Gli errori di cui abbiamo parlato finora, di sensibilità e statistici, sono errori assoluti, di cui cioè risulta affetta la misura .Ci sono poi gli errori relativi, definiti dal rapporto degli errori assoluti con la media aritmetica.
- la DISPERSIONE RELATIVA: d/M
- lo SCARTO SEMPLICE MEDIO RELATIVO: /M
- lo SCARTO QUADRATICO MEDIO RELATIVO: /M
Ci sono poi gli errori percentuali, definiti come i prodotti degli errori relativi per 100.
- la DISPERSIONE PERCENTUALE : 100 d/M
- lo SCARTO SEMPLICE PERCENTUALE: 100 /M
- Lo SCARTO QUADRATICO MEDIO PERCENTUALE: 100 /M.
10. CIFRE SIGNIFICATIVE.
cifre certe cifra incerta
24.6 cifre significative = 3
In generale definiamo cifre significative, le cifre note con certezza più la prima cifra incerta.

10.4.ARROTONDAMENTO. L’ultima cifra considerata è aumentata di 1 se è seguita da una cifra superiore a 5 oppure da 5, non viene invece modificata se è seguita da una cifra minore di 5.
11.CALCOLO DELL’ERRORE NELLE MISURE INDIRETTE. Per misurare l’area A di un tavolo di lunghezza a e larghezza b, si adopera la formula: A= a x b. Poiché le misure a e b sono affette da errore, anche quella di A è fatta con un certo errore. Si dice che gli errori su a e b si sono propagati su A. La relazione che esprime l’errore di misura su A in funzione degli errori di misura su a e b, si chiama legge di propagazione degli errori:
- l’errore assoluto di una somma o di una differenza è uguale alla somma degli errori assoluti degli addendi;
- l’errore relativo(percentuale) di un prodotto è uguale alla somma degli errori relativi (percentuali) dei singoli fattori;
- l’errore relativo(percentuale) di un quoziente è uguale alla somma degli errori relativi (percentuali) delle grandezze a numeratore e denominatore;
- l’errore relativo(percentuale) di una potenza è uguale al prodotto dell’esponente per l’errore relativo(percentuale) della base;
- l’errore relativo(percentuale) di una radice è uguale al quoziente dell’errore relativo(percentuale) del radicando con l’indice della radice.
12.1.PROPORZIONALITA DIRETTA ALLA PRIMA POTENZA. La proporzionalità diretta viene rappresentata graficamente mediante una retta passante per l’origine, la cui equazione è : y = kx.
12.2.PROPORZIONALITA DIRETTA ALLA SECONDA POTENZA. Quando un numero è direttamente proporzionale al quadrato di un altro.( L’area A di un quadrato di lato x è direttamente proporzionale al quadrato del lato, in quanto è A = x .).Viene rappresentata graficamente mediante una parabola con il vertice nell’origine degli assi, la cui equazione è: y = kx oppure y/x = k.
12.3.PROPORZIONALITA INVERSA ALLA PRIMA POTENZA. Quando all’aumentare di un fattore, diminuisce proporzionalmente l’altro, pero’ il loro rapporto deve essere costante. Viene rappresentata graficamente con un’iperbole equilatera, la cui equazione è: xy = k oppure y = k/x.
13.4.INTERPOLAZIONE ED EXTRAPOLAZIONE. Si usano i metodi di interpolazione ed extrapolazione tutte le volte in cui si vuol determinare il valore che una grandezza assume in corrispondenza del valore di un’altra grandezza dalla quale dipende, nell’ipotesi in cui sia stato possibile costruire il grafico della relazione che lega le due grandezze.
Quando il valore ottenuto non è stato effettivamente misurato, ma solo stimato in base alle misure effettuate, si dice che esso è stato dedotto per interpolazione dei valori misurati.
L’extrapolazione si applica per determinare il valore di una grandezza fuori dell’intervallo in cui sono disponibili i dati.
IL MOTO RETTILINEO.
1.GENERALITA SUL MOTO. Un corpo è in moto quando la sua posizione rispetto a un altro, assunto come riferimento, varia nel tempo. Il movimento viene sempre studiato rispetto alla Terra. Solo in casi particolari si sceglie un altro sistema di riferimento: per esempio se si vuole studiare il moto dei pianeti del sistema solare, si prende come riferimento il sole perché i pianeti ruotano intorno ad esso. Il concetto di moto è relativo , non assoluto. Per esempio, stando su un treno in sosta mentre ne parte un altro su un binario attiguo, non si capisce quale dei due treni sia in moto e quale in movimento( ciascuno dei due treni è in moto rispetto all’altro, mentre rispetto alla stazione uno solo dei due è in moto).
Un corpo può essere in moto rispetto a due sistemi di riferimento, ma con modalità diverse: per esempio, la valvolina di una ruota di bicicletta in moto descrive una circonferenza rispetto al ciclista e una curva rispetto ad un osservatore collegato con la terra. L’asse della ruota invece è fisso rispetto al ciclista e descrive una linea retta rispetto alla Terra.
Quasi sempre ci limitiamo al moto di un punto materiale, cioè di un corpo le cui dimensioni sono piccole rispetto a quelle dello spazio in cui avviene il movimento(esempio macchina). La traiettoria è l’insieme dei punti occupati istante dopo istante dal punto materiale.

2.IL MOTO UNIFORME.
2.1.ESEMPI DI MOTO UNIFORME. Per confrontare le prestazioni di due automobili spesso si parla in termini di velocità. Il moto di un automobile è uniforme finché la lancetta sul tachimetro segna la stessa velocità(percorro spazi uguali in tempi uguali), ma quando la lancetta si sposta il moto diventa vario. Il moto viene detto rettilineo uniforme se, oltre ad essere la velocità sempre uguale, la traiettoria è una retta. I moti uniformi sono quelli più semplici, ma sono anche quelli più rari.
Un altro esempio di moto uniforme è quello di un carrello su un tavolo che ha ricevuto un spinta; occorre però ridurre l’attrito. Si possono raggiungere con un disco di ghiaccio secco su un piano di vetro, perché si trasforma in vapore a temperatura ambiente e quindi il disco non tocca il tavolo, ma è sospeso su una pellicola di gas che elimina quasi del tutto l’attrito.
Un altro dispositivo anti-attrito è la rotaia a cuscino d’aria: è costituita da un tubo metallico con tanti piccoli fori, attraverso cui si fa passare un flusso d’aria compressa mediante un compressore. L’aria tiene sospesi i carrelli a forma di diedro poggiati sulle rotaie. Quindi i carrelli non strisciano sulle rotaie e l’attrito viene in gran parte eliminato.
- VELOCITA E TEMPO SONO TRA LORO INVERSAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE LA VELOCITA AUMENTA QUANDO IL TEMPO DIMINUISCE;
- VELOCITA E SPAZIO SONO TRA LORO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE ALL’AUMENTARE DELLA VELOCITA AUMENTA ANCHE LO SPAZIO;
- SPAZIO E TEMPO SONO TRA LORO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI, PERCHE ALL’AUMENTARE DEL TEMPO AUMENTA ANCHE LO SPAZIO.
2.2.VELOCITA. In generale diciamo che un punto materiale si muove di moto uniforme se il rapporto tra lo spazio percorso nell’intervallo di tempo e l’intervallo stesso di tempo , è costante al variare del particolare intervallo di tempo. A tale rapporto costante si dà il nome di velocità e si indica con v. Si misura nel sistema M.K.S. in m/s e nel sistema C.G.S. in cm/s. Il km/h è un’unità pratica.
2.3.LA RELAZIONE SPAZIO-TEMPO. Siccome nel moto uniforme il rapporto tra spazio e tempo è sempre uguale, anziché possiamo scrivere s/t = v , oppure s = v t, che è l’equazione oraria del moto uniforme.
In essa è s = 0 per t = 0, perché abbiamo supposto di misurare lo spazio percorso a partire dalla posizione occupata dal mobile per t = 0; se invece misuriamo lo spazio a partire da un’altra origine O, tale che il mobile per t = 0 sia già a distanza da questa origine, lo spazio percorso nel tempo t è s – s e quindi s – s = v t, cioè s = s + v t.
2.4.IL DIAGRAMMA ORARIO. Poiché abbiamo detto che la relazione spazio/tempo è lineare, cioè di proporzionalità diretta, rappresentandola in un sistema di assi cartesiani, ricaveremo una retta. Quindi possiamo anche dire che un moto è uniforme se il diagramma spazio/tempo, chiamato anche diagramma orario, è una linea retta.
La velocità in un moto uniforme è la pendenza costante della retta che rappresenta il diagramma orario. Non dobbiamo però confondere la pendenza di una retta con l’inclinazione, la quale varia a seconda delle scale usate per rappresentare le unità di misura.
3.IL MOTO VARIO E LA VELOCITA.
3.1.UN ESEMPIO DI MOTO VARIO. I moti che si presentano nella realtà non sono in genere uniformi, ma vari. Un esempio può essere il caso di un’atleta che percorre i 200 m in 21.9 s: sono stati misurati i tempi impiegati a raggiungere tanti traguardi lungo il percorso a distanza 20 m l’uno dall’altro. Quello che notiamo, dopo aver osservato i dati ottenuti, è che l’intervallo di tempo impiegato dall’atleta a percorrere lo spazio = 20 m non è più costante come nel moto uniforme. Quindi diciamo che un punto materiale si muove di moto vario se percorre spazi uguali in tempi generalmente diversi.
3.2.VELOCITA MEDIA. In un moto vario definiamo velocità media il rapporto tra lo spazio percorso e l’intervallo di tempo impiegato a percorrerlo o in simboli da cui segue , cioè lo spazio percorso in un intervallo di tempo è il prodotto della velocità media per l’intervallo di tempo.
3.3.VELOCITA ISTANTANEA. Nel caso di un’automobile la velocità si legge istante dopo istante sul tachimetro; quella velocità che noi leggiamo è detta velocità istantanea.
(Consideriamo fig.11 pag. 50)= fissiamo l’attenzione su un generico istante, per esempio t = 3s. Consideriamo a partire da questo istante tre intervalli di tempo uguali rispettivamente a 5s, 4s, 3s. Per trovare lo spazio percorso in questi intervalli sottraiamo l’ordinata di A(20) da quelle di B,C,D ed otteniamo rispettivamente yb – ya = 73 – 20 = 53; yc – ya = 58.5 –20 =38.5; yd – ya = 45.5 – 20 = 25.5

Se consideriamo intervalli di tempo sempre più piccoli, la differenza tra la pendenza di un segmento e quella del segmento successivo diventa sempre più piccola. Quindi la velocità istantanea è il valore che acquista quando diventa molto piccolo.
4. IL MOTO VARIO E L’ACCELERAZIONE.
4.1.ACCELLERAZIONE MEDIA. Si definisce accelerazione media nell’intervallo di tempo il rapporto tra la variazione di velocità nell’intervallo di tempo e l’intervallo stesso. L’accelerazione è una grandezza vettoriale e quindi può essere positiva e negativa; è positiva all’aumentare della velocità, è negativa al diminuire e può essere anche chiamata decelerazione.
4.2.ACCELERAZIONE ISTANTANEA. Allo stesso modo della velocità, definiamo accelerazione istantanea i un certo istante t il valore che assume l’accelerazione media a , calcolata in un intervallo di tempo successivo all’istante t, al tendere di a zero(variazione di velocità che si ha quando il tempo diventa piccolo, tende a zero).
Le unità di misura sono il m/s nel sistema M.K.S. e il cm/s nel sistema C.G.S.
5.MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO. Il più semplice moto vario è quello con accelerazione costante, chiamato moto uniformemente accelerato ( il mobile in movimento varia la sua velocità in uguali intervalli di tempo sempre della stessa quantità . Se l’accelerazione ha segno contrario rispetto alla velocità, spesso il moto è chiamato uniformemente ritardato.
5.1.LA RELAZIONE VELOCITA’ –TEMPO. Supponiamo che un punto mobile si muova di moto uniformemente accelerato con accelerazione a = 3 m/s e che inizialmente, cioè per t = 0, sia in quiete. Il grafico velocità- tempo è una linea retta perché la sua pendenza, che rappresenta l’accelerazione, è costante nel tempo.
• Determiniamo ora l’equazione che esprime la velocità in funzione del tempo: se poniamo l’origine dei tempi nell’istante in cui il punto mobile inizia il suo movimento, la velocità iniziale v è nulla; si ha così = t, = v è perciò per definizione di accelerazione è : v/t = a, da cui v = a t (retta passante per l’origine), che rappresenta la legge cercata.
• Se poniamo l’origine dei tempi in un istante in cui il mobile è già in movimento e ha velocità ; in tal caso, se v è la velocità dopo un tempo t, si ha = v – v e = t e quindi, per definizione di accelerazione, si ha:
da cui: v = v + a t .
• Se il moto è uniformemente ritardato, la legge diventa: v = v - a t , in cui a è il valore assoluto dell’accelerazione. La velocità v diminuisce costantemente nel tempo, a un certo istante è nulla e poi cambia segno.
5.2.LA RELAZIONE SPAZIO-TEMPO.
• Calcolare lo spazio s percorso in un tempo t nel moto uniformemente accelerato: prendendo come riferimento l’equazione , se assumiamo come intervallo di tempo = t, cioè quello compreso fra gli istanti 0 e t e indichiamo con s lo spazio percorso, si ha: che ci permette di calcolare lo spazio solo nel caso in cui è nota la velocità media .
• La velocità media in un moto uniformemente accelerato è uguale alla semisomma della velocità iniziale e della velocità finale v = v + a t. Si ha cioè:
che, sostituita a , ci permette di calcolare lo spazio secondo la formula:
• Nel moto uniformemente ritardato lo spazio è espresso dalla formula:
5.3.LO SPAZIO COME AREA. Nel moto uniforme la velocità è costante e quindi il grafico è una linea retta parallela all’asse dei tempi di equazione v = costante. Lo spazio, essendo il prodotto della velocità per il tempo, è rappresentato dall’area del rettangolo. Questa proprietà vale per ogni moto; possiamo quindi dire che lo spazio percorso in un certo intervallo di tempo è espresso dall’area della figura delimitata dal diagramma velocità- tempo.
Per il moto uniformemente accelerato la figura è un trapezio le cui basi sono v e mentre l’altezza è t. Quindi lo spazio percorso essendo dato dall’area del trapezio, è:
7.LEGGI DELLA CADUTA DEI GRAVI. La caduta dei gravi avviene con accelerazione costante, detta accelerazione di gravità e indicata con g. L’accelerazione di gravità assume lo stesso valore per tutti i gravi in uno stesso luogo, mentre varia da luogo a luogo e precisamente con l’aumentare della latitudine. Alle nostre latitudini g è circa 9.8 m/s ; cioè in caduta libera la velocità di un grave aumenta di 908 m/s ogni secondo. L’accelerazione diminuisce con l’altezza, ma la diminuzione è lentissima.
Tenendo conto che nella caduta libera la velocità iniziale è zero e che l’accelerazione risulta g, si ha: v = g t
e s = ½ g t (leggi della caduta dei gravi). Il moto è detto naturalmente accelerato.
Se invece lanciamo un grave con velocità verso l’alto, il suo moto è uniformemente ritardato e le leggi sono:
IL MOTO CURVILINEO.
1.VETTORE SPOSTAMENTO. Consideriamo un pezzo di sughero che si è spostato di 20 m per effetto della corrente; ci chiediamo in quale posizione si troverà al termine del suo spostamento. Possiamo affermare che potrà occupare una posizione qualsiasi sulla circonferenza avente come centro il punto in cui si trovava inizialmente e di raggio uguale a 20 m. Se conosciamo anche la direzione secondo cui avviene lo spostamento, sono possibili due soluzioni finali: si troverà in A o in B. Però per essere ancora più precisi oltre al valore dello spostamento e alla direzione, dovremmo conoscere anche il verso. Se i dati sono quelli di figura 3, il sughero si troverà alla fine della spostamento nel punto A. Il segmento orientato OA si chiama vettore spostamento ed è caratterizzato da modulo, direzione e verso. Il modulo è la lunghezza del segmento orientato; La direzione è la retta su cui avviene lo spostamento; il verso è il modo in cui è rivolta la freccia del vettore.

Il vettore spostamento ci dà solo l’effetto globale del movimento, non indica la sua traiettoria; è il segmento che ha come estremi la posizione iniziale e quella finale dell’oggetto in movimento.
Due vettori sono uguali se hanno lo stesso modulo, la stessa direzione e lo stesso verso.
Due vettori paralleli hanno la stessa direzione.
2. GRANDEZZE SCALARI E GRANDEZZE VETTORIALI. Le grandezze scalari sono determinate dal numero che esprime il rapporto tra la grandezza e un’altra della stessa specie presa come unità di misura.
Le grandezze vettoriali sono invece determinate da un numero che ne esprime il modulo, la direzione ed il verso.
Un vettore può essere rappresentato:
- in grassetto: a, v, s …
- con una lettera sormontata da una freccia:
- con il simbolo AB, in cui A e B sono rispettivamente primo e secondo estremo del segmento orientato che rappresenta il vettore.
3.1. SOMMA DI VETTORI DELLO STESSO TIPO. La somma di due vettori a e b, è il vettore c che ha come primo estremo la coda di a e come secondo estremo la punta della freccia di b, ed è chiamato vettore somma o vettore risultante. I vettori a e b sono chiamati vettori componenti. Può capitare che i due vettori siano rappresentati in punti diversi; in tal caso per determinare la loro somma, si disegnano consecutivamente a partire da un punto arbitrario O.
Per la nota proprietà dei triangoli, sappiamo che il modulo della somma di due vettori è minore o uguale alla somma dei moduli dei vettori componenti e maggiore o uguale alla loro differenza.
Se si rappresentano i vettori in modo che abbiano la stessa origine e poi si costruisce il parallelogrammo avente come lati quelli individuati dai due vettori, la diagonale del parallelogrammo rappresenta il vettore somma.
Finora abbiamo considerato la somma di 2 vettori dello stesso tipo, ma volendo trovare quella di più vettori, il vettore somma sarà l’ultimo risultante u dei vettori del sistema.
3.2. SCOMPOSIZIONE DI UN VETTORE IN DUE COMPONENTI DELLO STESSO TIPO. Dato un vettore c e due direzioni r ed s rappresentate da due semirette con origine nell’estremo O del vettore c , vogliamo determinare due vettori a e b aventi rispettivamente le direzioni di r ed s e tali che: c = a + b.
Basta condurre dalla punta della freccia di c le parallele ad r ed s. Si costruisce così il parallelogrammo del quale i lati aventi l’estremo O in comune rappresentano i vettori a e b richiesti.
3.3. PRODOTTO E RAPPORTO DI UN VETTORE CON UNO SCALARE. La somma di due vettori uguali ad a viene indicata con la scrittura 2 a ,prodotto del numero 2 per il vettore a , avente la stessa direzione e lo stesso verso di a ,ma modulo doppio. Quindi si definisce prodotto m a di un numero reale m per un vettore a il vettore che ha la stessa direzione di a, lo stesso verso si a (o opposto se m è negativo),e modulo uguale al prodotto tra il numero m in valore assoluto e il modulo di a .
Il vettore –a, chiamato opposto di a , ha il suo stesso modulo e direzione, ma verso opposto.
Si definisce rapporto di un vettore a con uno scalare m il prodotto del vettore a con lo scalare 1/m.
3.4. DIFFERENZA DI DUE VETTORI DELLO STESSO TIPO. Si dice differenza di a e b la somma del vettore a con l’opposto di b e si indica con: a – b = a + (- b).
3.5. PRODOTTO SCALARE DI DUE VETTORI. Dati due vettori a = OA e b = OB, se B’ è la proiezione ortogonale di B secondo la direzione del vettore a , il vettore b’ sarà la componente di b secondo la direzione del vettore a .
Allo stesso modo, se A’ è la proiezione ortogonale di A secondo la direzione del vettore b , il vettore a’ sarà la componente di a secondo la direzione del vettore b .
I due triangoli OAA’ e OBB’ sono simili e quindi avremo che b : a = b’ : a’ .Sfruttando la proprietà fondamentale avremo che a b’ = b a’. Il valore comune dei due membri dell’uguaglianza si definisce prodotto scalare:
a b = a b’ = b a’
3.6. PRODOTTO VETTORIALE DI DUE VETTORI. Si definisce prodotto vettoriale di due vettori a e b e si indica con la scrittura a b ( da leggersi: a vettore b), un vettore avente per modulo l’area del parallelogrammo costruito sui due vettori, per direzione quella perpendicolare al piano individuato da a e b , e verso tale che il vettore a per sovrapporsi a b ,descrivendo l’angolo minore di 180°, deve ruotare in senso antiorario.
Vite destrorsa = se si immagina di avvitare una vite destrorsa con l’asse disposto perpendicolarmente al piano dei due vettori in modo che ruoti da a a b descrivendo un angolo minore di 180°, il verso del prodotto vettoriale coincide con quello di avanzamento della vite.
Regola della mano destra = tenendo la mano destra in modo tale che le dita piegate seguano la rotazione del vettore a verso b , il pollice indica la direzione e il verso del prodotto vettoriale.
Il prodotto vettoriale ha le seguenti proprietà:
- non vale la proprietà commutativa perché invertendo l’ordine dei vettori, il prodotto vettoriale cambia verso.
- il prodotto vettoriale di due vettori paralleli è nullo.
4.1. VETTORI COMPLANARI. Dato un vettore a rappresentato dal segmento OA, fissiamo il sistema di assi cartesiani e lo scomponiamo in due componenti, chiamate rispettivamente . Le misure di questi segmenti prendono il nome di componenti cartesiane del vettore a ed esprimono le coordinate del punto A.( Possiamo anche considerarle il seno e il coseno dell’angolo ).
Si dice versore un vettore di modulo unitario; considerando i e j versori degli assi x ed y, possiamo scrivere:
e quindi:
che rappresenta l’espressione cartesiana di un vettore.
Se il vettore a non è rappresentato con l’origine in O, le componenti cartesiane sono le misure dei segmenti orientati A B e A B . E comunque un vettore può sempre essere spostato parallelamente a se stesso in modo che la sua origine coincida con quella del sistema cartesiano.
5.VELOCITA NEL MOTO CURVILINEO. Consideriamo il volo di un aeroplano. Se conosciamo i vettori posizione
negli istanti generici e con origine in un punto fisso ed estremo coincidente con la posizione dell’aeroplano in un certo istante, sapremmo la posizione dell’aeroplano in quel determinato istante.
Sia l’intervallo di tempo tra e ,cioè
Lo spostamento dell’aeroplano sarà la differenza tra ,cioè
Possiamo ora costruirci il vettore , che avrà la stessa direzione, lo stesso verso di e modulo uguale a quello di
diviso per .Questo vettore prende il nome di velocità media.
Il modulo non coincide con lo spazio percorso dall’aeroplano. La differenza tra corda e arco è però sempre più piccola quanto minore è
La differenza tra le velocità medie è sempre più piccola al diminuire di ; perciò è giustificato definire velocità vettoriale istantanea dell’aeroplano, il valore limite di / quando tende a 0,cioè quando diventa molto piccolo. La velocità istantanea ha la direzione della tangente alla traiettoria nella posizione occupata dal mobile nell’istante considerato.
Per un moto curvilineo, poiché la tangente alla traiettoria cambia direzione, la velocità istantanea muta almeno direzione da un istante all’altro.
Se il modulo del vettore velocità istantanea è costante nel tempo, il moto si dice uniforme (moto di un’automobile che si muove su una curva e la lancetta del tachimetro segna sempre lo stesso valore della velocità).
6.ACCELERAZIONE CENTRIPETA NEL MOTO CURVILINEO. Consideriamo un’automobile che viaggia a 60 Km/h lungo una strada curva. Esiste una variazione della velocità anche se l’automobile viaggia costantemente alla velocità di 60 Km/h; la causa di questa variazione di velocità è dovuta al fatto che, pur rimanendo costante il modulo della velocità, varia invece la direzione. Nel nostro caso il modulo della variazione di velocità è = 40 Km/h.
Indicando con l’intervallo di tempo in cui si è avuta la variazione di velocità, definiamo accelerazione media dell’automobile il vettore:
Come nella velocità, il valore limite di / quando tende a 0, è definito accelerazione istantanea.
Nel nostro caso l’accelerazione istantanea è detta centripeta ed è perpendicolare alla traiettoria, ma accade solo se il moto è uniforme.
7.MOTO CIRCOLARE UNIFORME. Si dice moto circolare uniforme il moto di un punto materiale P che descrive una circonferenza con velocità di modulo costante.
7.1. PERIODO E FREQUENZA. Definiamo periodo T l’intervallo di tempo impiegato dal punto mobile per compiere un giro completo. Si esprime in secondi.
Noto il periodo possiamo subito individuare la frequenza, cioè il numero di giri nell’unità di tempo, indicato con v e definito come il reciproco del periodo:
Si misura in giri/s o s o hertz (simbolo Hz).
7.2.VELOCITA TANGENZIALE E VELOCITA ANGOLARE. Noti il periodo o la frequenza e il raggio R della traiettoria, si può calcolare il modulo v della velocità; infatti, essendo 2 R la distanza percorsa dal punto mobile nel periodo T, risulta:
che diventa:
Il moto circolare in genere è caratterizzato anche da un’altra grandezza: la velocità angolare. Detto O il centro della circonferenza, il vettore OP ruota intorno ad O mentre P si muove sulla circonferenza; se è l’angolo descritto in un tempo t, la velocità angolare è definita dalla relazione:
e si misura in gradi/s oppure in rad/s.
Nel moto circolare uniforme, la velocità angolare è costante, quindi possiamo riferirci a un qualsiasi intervallo di tempo, per esempio al periodo T. Poiché l’angolo descritto in un periodo è 2 :
Il modulo v della velocità del punto mobile è spesso chiamato velocità tangenziale per distinguerlo dalla velocità angolare.
7.3 ACCELERAZIONE. Nel moto circolare uniforme il vettore velocità v varia continuamente direzione perché è tangente alla circonferenza ogni istante.
In qualsiasi intervallo di tempo si ha una variazione di velocità e perciò anche un’accelerazione media .
Vogliamo ora calcolare l’accelerazione istantanea; osserviamo che al diminuire di la variazione di velocità tende a disporsi perpendicolarmente al vettore v . Quindi possiamo dire che nel moto circolare uniforme c’è un’accelerazione istantanea diretta perpendicolarmente alla velocità v e orientata verso il centro, detta per questo accelerazione centripeta.
Nel calcolare l’accelerazione istantanea però dobbiamo stare attenti a non confondere con la misura dell’arco che sottende il vettore .
Il modulo dell’accelerazione istantanea può anche essere calcolato come rapporto tra la somma di tutti i presenti e il periodo T; poiché la somma dei vari che si hanno in un periodo è la lunghezza 2 v della circonferenza di raggio v, il modulo dell’accelerazione centripeta è:
10. MOTO ARMONICO.
10.1.PROPRIETA GENERALI. Uno dei moti più importanti è il moto armonico semplice che trova diverse applicazioni nella rappresentazione dei suoni, delle onde elettromagnetiche e di tutti i fenomeni di tipo periodico. Il moto armonico è il moto del punto Q, proiezione su un diametro del punto P che si muove di moto circolare uniforme; o in altre parole la proiezione su un diametro di un moto circolare uniforme. Mentre P descrive la circonferenza, la sua proiezione oscilla sul diametro AB con O centro di oscillazione.
Si definisce oscillazione completa il moto da A a B e ritorno in A. Si dice ampiezza del moto la massima distanza del punto mobile dal centro di oscillazione; i punti A e B si chiamano estremi dell’oscillazione; l’elongazione è la distanza dal centro di oscillazione in un generico istante t; l’ampiezza del moto è l’elongazione massima.
Il moto armonico è un moto periodico, si ripete cioè dopo uguali intervalli di tempo; il periodo è la durata di un oscillazione completa ed è uguale al periodo del moto circolare uniforme. Quindi la velocità angolare del moto circolare uniforme si chiama anche pulsazione del moto armonico; se T è il periodo del moto armonico, sussiste la relazione:
1.CONCETTO DI FORZA. Da un punto di vista puramente meccanico la forza è lo sforzo muscolare che si compie quando si vuole spingere qualcosa. Una forza applicata ad un corpo lo mette in movimento, produce quindi effetti dinamici. La forza può anche arrestare il movimento di un corpo.
Se il corpo al quale è applicata la forza non è libero di muoversi, ma è vincolato, la forza produce una deformazione sia del corpo che del vincolo (ciò che impedisce il movimento).
Alcuni esempi di forze sono: il peso, la forza elettrica, la forza magnetica, la forza elastica, la forza d’attrito, ecc.
Le forze sono espresse in newton. I dinamometri adoperati in laboratorio sono spesso tarati assumendo come campione unitario delle forze il kilogrammo – peso; in quelli più sensibili si usa il grammo – peso. I dinamometri, anche se non sono molto precisi, permettono una immediata misura della forza.
2.MISURA STATICA DELLE FORZE. Due forze si definiscono uguali se, applicate ad uno stesso corpo, producono uguali deformazioni. Si può misurare la forza valutando l’allungamento subìto dalla molla; un dispositivo che si basa su tale principio è il dinamometro, che deve essere preventivamente tarato.
3.LE FORZE COME VETTORI. Le forze sono grandezze vettoriali, individuate cioè da direzione, modulo o intensità della forza e verso.
3.1.COMPOSIZIONE DI DUE FORZE. Le forze si sommano secondo la regola del parallelogrammo. La figura mostra, applicate al punto P, tre forze realizzate rispettivamente per mezzo di 2,3,4 pesi tutti uguali tra loro e fissati a tre fili che partono da P. Poiché il punto P è in equilibrio, possiamo considerare ad esempio come equilibrante di ed e quindi ed ammettono come risultante la forza opposta di . La forza rappresentata dalla diagonale del parallelogrammo di ed è opposta a ,poiché la sua direzione è quella verticale, il verso è opposto a quello di e la lunghezza del segmento che la rappresenta è uguale a quella del segmento che rappresenta . Quindi concludiamo dicendo che due forze applicate ad uno stesso punto si sommano o si compongono secondo la regola del parallelogrammo.
L’operazione con cui si determina la risultante di due forze si chiama composizione e le due forze si dicono forze componenti o semplicemente componenti.
L’intensità della risultante di due forze è maggiore della differenza e minore della somma delle intensità delle due forze componenti, perché le intensità delle due forze e della loro risultante sono le misure dei lati di un triangolo.
3.2.SCOMPOSIZIONE DI UNA FORZA IN DUE COMPONENTI. Data una forza da scomporre, esistono infinite coppie di forze aventi come risultante quella forza.
Il problema ha invece una sola soluzione nel caso in cui, oltre alla forza da scomporre, sono assegnate anche le direzioni delle due componenti da determinare. Così basterebbe costruire il parallelogrammo di cui si conosce una diagonale e le direzioni di due lati consecutivi.

Esempio