L'Italia e l'energia elettrica

Materie:Tema
Categoria:Fisica

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L’Italia e l’energia elettrica

L’elettricità appartiene ormai agli albori del progresso scientifico;nessuno fa più caso al miracolo di una lampada che illumina a giorno una stanza, premendo semplicemente un minuscolo interruttore: ciò che invece ci sta a cuore è la situazione dell’energia elettrica nel nostro Paese, la sua costante erogazione. Le varie tecnologie concernenti la produzione, la trasformazione, la conversione, il trasporto e l’utilizzazione finale dell’energia elettrica sono strettamente connesse alla scienza delle costruzioni meccaniche e allo studio dei fenomeni elettrici. Esse sono più comunemente espresse, nel loro complesso, dal termine elettrotecnica, sul quale certamente non mi soffermerò se non per dire che la sua estrema generalità implica necessariamente una più specifica suddivisione in rami specialistici, come l’elettromeccanica, l’elettrochimica, l’elettroacustica e altri. Basti ancora dire, sul piano tecnico, che l’elettricità è un fenomeno conosciuto sin dall’antichità, secondo il quale, strofinando l’ambra essa si elettrizza, attirando dei pezzetti di carta, di sughero e altri piccoli oggetti. Ci sono due tipi di elettricità: quella positiva, detta anche vetrosa perché ottenibile attraverso lo strofinamento di sostanze vetrose, e quella negativa, detta resinosa, in quanto si ottiene strofinando sostanze come l’ebanite.
L’azione di attrazione e di repulsione che esercitano queste due specie di elettricità, regolata da una legge detta di Coulomb, dà un’idea approssimativa dell’energia elettrica. Da alcuni decenni a questa parte, il progresso ha raggiunto livelli talmente elevati da averci indotti a considerare con troppa sufficienza certi servizi basilari, come l’energia elettrica, appunto. Basta un piccolo gesto per azionare un interruttore della luce o introdurre una spina nella presa di corrente ed ecco che il servizio che desideriamo si attiva automaticamente, come se si trattasse della cosa più semplice del mondo. E invece dietro meccanismi apparentemente così banali si nasconde un sistema elettrico eccezionalmente sofisticato, qual è quello del nostro Paese, che ci pone al terzo posto in questo settore. Quando scatta l’interruttore, l’energia richiesta arriva prontamente ma non è come attingere a un serbatoio, poiché l’elettricità ha il difetto di non poter essere immagazzinata in grossi quantitativi: essa va dunque prodotta continuamente, volta per volta che ce n’è richiesta, cioè sempre. Nel momento di massima richiesta, in Italia la rete elettrica deve essere in grado di fornire anche 35.000 megawatt ( un megawatt corrisponde a un milione di watt).
Ma è interessante notare come perfino nel momento in cui la richiesta è minima non si scende mai sotto i 12.000 megawatt. Abbiamo dunque bisogno sempre e comunque di tantissima energia, anche quando le funzioni vitali del Paese scendono al minimo. Negli ultimi dodici anni, il consumo energetico nei Paesi più avanzati è salito mediamente del 23%, ma la richiesta di elettricità, la fonte energetica più cara, per via dei costi puri e delle difficoltà di produzione, è salita niente meno del 58%. Possiamo dunque dire che nel settore siamo abbastanza organizzati, ma va rilevato che la possibilità di continuare a produrre energia elettrica a questi ritmi non dipende soltanto da noi, essendo legata a svariati fattori politico-economici in ambito mondiale. Le nostre centrali utilizzano come combustibili principali petrolio e carbone, che in larghissima parte importiamo dall’estero, senza contare che circa il 12% di elettricità la importiamo direttamente dalla Francia e dalla Svizzera. Tutto si può affermare, tranne che siamo autonomi dal punto di vista energetico: le materie prime, come è noto, scarseggiano nel nostro Paese. Questo è un inconveniente che cerchiamo di fronteggiare con le importazioni: il problema è che le medesime rappresentano sempre un rischio. Si tratta quindi di una situazione piuttosto critica che non ci può far guardare al futuro con sufficiente tranquillità, poiché le scorte mondiali di combustibili fossili non sono certo illimitate. La prospettiva di dover optare per l’energia nucleare, nei prossimi anni, mi sembra inevitabile, a meno che il progresso scientifico non ci sveli una nuova direzione verso la quale avviarci.

L’Italia e l’energia elettrica

L’elettricità appartiene ormai agli albori del progresso scientifico;nessuno fa più caso al miracolo di una lampada che illumina a giorno una stanza, premendo semplicemente un minuscolo interruttore: ciò che invece ci sta a cuore è la situazione dell’energia elettrica nel nostro Paese, la sua costante erogazione. Le varie tecnologie concernenti la produzione, la trasformazione, la conversione, il trasporto e l’utilizzazione finale dell’energia elettrica sono strettamente connesse alla scienza delle costruzioni meccaniche e allo studio dei fenomeni elettrici. Esse sono più comunemente espresse, nel loro complesso, dal termine elettrotecnica, sul quale certamente non mi soffermerò se non per dire che la sua estrema generalità implica necessariamente una più specifica suddivisione in rami specialistici, come l’elettromeccanica, l’elettrochimica, l’elettroacustica e altri. Basti ancora dire, sul piano tecnico, che l’elettricità è un fenomeno conosciuto sin dall’antichità, secondo il quale, strofinando l’ambra essa si elettrizza, attirando dei pezzetti di carta, di sughero e altri piccoli oggetti. Ci sono due tipi di elettricità: quella positiva, detta anche vetrosa perché ottenibile attraverso lo strofinamento di sostanze vetrose, e quella negativa, detta resinosa, in quanto si ottiene strofinando sostanze come l’ebanite.
L’azione di attrazione e di repulsione che esercitano queste due specie di elettricità, regolata da una legge detta di Coulomb, dà un’idea approssimativa dell’energia elettrica. Da alcuni decenni a questa parte, il progresso ha raggiunto livelli talmente elevati da averci indotti a considerare con troppa sufficienza certi servizi basilari, come l’energia elettrica, appunto. Basta un piccolo gesto per azionare un interruttore della luce o introdurre una spina nella presa di corrente ed ecco che il servizio che desideriamo si attiva automaticamente, come se si trattasse della cosa più semplice del mondo. E invece dietro meccanismi apparentemente così banali si nasconde un sistema elettrico eccezionalmente sofisticato, qual è quello del nostro Paese, che ci pone al terzo posto in questo settore. Quando scatta l’interruttore, l’energia richiesta arriva prontamente ma non è come attingere a un serbatoio, poiché l’elettricità ha il difetto di non poter essere immagazzinata in grossi quantitativi: essa va dunque prodotta continuamente, volta per volta che ce n’è richiesta, cioè sempre. Nel momento di massima richiesta, in Italia la rete elettrica deve essere in grado di fornire anche 35.000 megawatt ( un megawatt corrisponde a un milione di watt).
Ma è interessante notare come perfino nel momento in cui la richiesta è minima non si scende mai sotto i 12.000 megawatt. Abbiamo dunque bisogno sempre e comunque di tantissima energia, anche quando le funzioni vitali del Paese scendono al minimo. Negli ultimi dodici anni, il consumo energetico nei Paesi più avanzati è salito mediamente del 23%, ma la richiesta di elettricità, la fonte energetica più cara, per via dei costi puri e delle difficoltà di produzione, è salita niente meno del 58%. Possiamo dunque dire che nel settore siamo abbastanza organizzati, ma va rilevato che la possibilità di continuare a produrre energia elettrica a questi ritmi non dipende soltanto da noi, essendo legata a svariati fattori politico-economici in ambito mondiale. Le nostre centrali utilizzano come combustibili principali petrolio e carbone, che in larghissima parte importiamo dall’estero, senza contare che circa il 12% di elettricità la importiamo direttamente dalla Francia e dalla Svizzera. Tutto si può affermare, tranne che siamo autonomi dal punto di vista energetico: le materie prime, come è noto, scarseggiano nel nostro Paese. Questo è un inconveniente che cerchiamo di fronteggiare con le importazioni: il problema è che le medesime rappresentano sempre un rischio. Si tratta quindi di una situazione piuttosto critica che non ci può far guardare al futuro con sufficiente tranquillità, poiché le scorte mondiali di combustibili fossili non sono certo illimitate. La prospettiva di dover optare per l’energia nucleare, nei prossimi anni, mi sembra inevitabile, a meno che il progresso scientifico non ci sveli una nuova direzione verso la quale avviarci.

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