L'elettromagnetismo e le onde radio

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Testo

Origini dello studio del magnetismo
Lo studio del fenomeno del magnetismo ha origini storiche molto antiche, infatti il primo fenomeno magnetico, conosciuto fin dall'antichità (Talete VI secolo avanti Cristo), è costituito dall'azione esercitata da magneti naturali sul ferro e altri materiali. Aristotele aveva già notato la magnetizzazione transitoria esercitata dai magneti naturali sul ferro dolce; per contro non sembra affatto possibile precisare in quale epoca si scoprì che un magnete, libero di ruotare attorno a un suo asse, assume costantemente una stessa orientazione, né quando una tale scoperta venne applicata alla navigazione e all'esplorazione. Lo stesso Talete, comunque, conosceva già che un minerale di ferro, la magnetite, aveva la capacità di attrarre la limatura di ferro, specialmente in prossimità dei suoi estremi.
Sembra che i primi a utilizzare magneti naturali siano stati i Cinesi; mentre in Europa i primi documenti sull'uso di bussole indicano la fine del XIII sec. Verso la metà del XV sec. a Norimberga venivano fabbricati dei quadranti solari portatili, che si orientavano mediante l'uso di una bussola e sui quali erano segnate le correzioni dovute alla declinazione.
Cristoforo Colombo, durante la traversata dell'Atlantico, ebbe modo di notare anche le variazioni e addirittura l'inversione di queste correzioni; grazie alle sue osservazioni venne precisato, in maniera più chiara, il concetto di declinazione magnetica. G. Hartmann (1544) e poi, più correttamente, R. Norman (1576), scoprirono l'inclinazione magnetica, sospendendo un ago magnetico a un asse orizzontale passante per il suo centro di gravità.
La prima esposizione scientifica delle caratteristiche fondamentali del magnetismo si trova nella celebre opera di W. Gilbert. Le prime carte magnetiche furono disegnate da E. Halley (1701) per la declinazione e da Wilcke (1768) per l'inclinazione. Coulomb mostrò poi, misurando l'attrazione e la repulsione fra i poli di aghi magnetici, come fosse possibile estendere al magnetismo la maggior parte dei risultati teorici relativi all'elettrostatica. Humboldt, Gauss e poi Mascart gettarono le basi dello studio classico del magnetismo terrestre.
Lo studio dei fenomeni magnetici può essere affrontato analizzando le loro caratteristiche generali, senza tener conto dello strettissimo legame che intercorre fra questi e i fenomeni elettrici. Per analogia con l'elettrostatica, tale studio ristretto è detto magnetostatica. I fenomeni magnetici possono venire affrontati, invece, nella loro completa generalità, nell'ambito dell'elettromagnetismo.
Lo studio della magnetostatica si unisce a quello dell'elettricità:
nasce l'elettromagnetismo.
I numerosi studi fatti nel corso degli anni da vari ricercatori portarono ad una sempre più profonda conoscenza del magnetismo e si determinò che in modo analogo alle forze di origine elettrica, quelle magnetiche generano nello spazio circostante un campo di forza (quindi un campo vettoriale), che venne chiamato campo magnetico.
Tuttavia nulla indicava che tra i fenomeni elettrici e magnetici ci fosse una qualche connessione. Nel 1820 però il fisico danese H. C. Oersted (1777-1851) dopo studi e ricerche sull’argomento, pubblicò di aver osservato sperimentalmente che un ago magnetico devia dalla sua posizione di equilibrio se si trova vicino ad un filo conduttore percorso da corrente elettrica. La scoperta di Oersted sollevò grande clamore nel mondo scientifico di allora e moltissimi altri ricercatori, stimolati da questa nuova scoperta si interessarono allo studio del magnetismo, non più come fenomeno isolato, ma si dedicarono allo studio delle interazioni tra campo elettrico e magnetico, essendo ormai dimostrato che i due fenomeni sono strettamente legati tra loro, nasce così un nuovo ramo della fisica: l’elettromagnetismo.
Grazie all’esperienza di Oersted si dimostrò che una corrente elettrica genera intorno a se un campo magnetico. In seguito, nel 1821, l’inglese M. Faraday invertì l’esperienza di Oersted, verificando le interazioni tra un magnete ed un filo conduttore non teso, scoprendo sperimentalmente, che un circuito elettrico posto in un campo magnetico è soggetto a delle forze dovute allo stesso campo, dette forze elettromagnetiche.
Queste forze tra corrente e corrente (forze elettrodinamiche), tra correnti e magneti (forze elettromagnetiche) e tra magneti e magneti (forze magnetiche), potrebbero sembrare cose diverse, ma in realtà esse possono essere descritte ed espresse usando un solo concetto fondamentale, quello di campo magnetico.
Il Campo Magnetico

Origine del campo magnetico.
Un campo magnetico può essere generato o da un magnete o da un circuito elettrico percorso da corrente.

A questo punto ci si chiede come mai, esteriormente due enti molto diversi tra loro come un magnete ed un circuito elettrico, generino nello spazio circostante il medesimo stato di cose (campo magnetico) e subiscano analoghe azioni meccaniche da parte dello stesso campo di forze.

Per rispondere dobbiamo innanzi tutto premettere, più precisamente, che un campo magnetico è generato da cariche elettriche in movimento, e che le cariche elettriche in movimento sono soggette a forze dovute al campo magnetico.

Gia quando fu scoperto che le correnti elettriche producono effetti magnetici, Ampère tentò di correlare il moto di cariche elettriche con il campo magnetico, formulando l’ipotesi che un campo generato da un magnete originasse da una moltitudine di piccolissime correnti presenti in esso. Ai tempi di Ampère, tutto ciò non poteva essere dimostrato con precisione e restò quindi solo un’ipotesi. Il progresso scientifico e la scoperta che nella materia sono presenti delle cariche in movimento: gli elettroni, dimostrarono che l’idea di Ampère era corretta e, precisamente, grazie al moto degli elettroni (così come avviene in un circuito elettrico), ogni atomo può essere considerato come una piccola spira percorsa da corrente che genera quindi un debole campo magnetico, così quando si magnetizza un pezzo di ferro, tutti gli atomi si orientano in una determinata direzione determinando così la polarizzazione magnetica.
Ecco dimostrato che un campo magnetico è sempre generato da cariche elettriche in movimento ed esercita forze su qualsiasi carica in movimento.

Caratteristiche del Campo Magnetico
Analogamente al campo gravitazionale ed a quello elettrico anche il campo magnetico è caratterizzato da linee di forza la cui tangente in un punto ci dà la direzione del campo in quel punto.

Per riconoscere se in una certa regione di spazio vi è campo magnetico basta vedere se su un ago magnetico posto in quella regione agisce una forza. In presenza di campo magnetico, l'ago ruota, fino a fermarsi in una certa direzione. Questa direzione è definita come direzione del campo magnetico.
Per definire il verso del campo magnetico bisogna far riferimento al Campo Magnetico Terrestre, infatti è noto che in ogni punto della terra un ago magnetico si orienta sempre dirigendo lo stesso suo estremo verso una località vicina al Polo Nord Geografico detta Polo Nord Magnetico, e l'altra estremità verso il Polo Sud Magnetico, nelle vicinanze del Polo Sud Geografico (Il polo situato nell'emisfero settentrionale ha polarità negativa e si trova a 78º30' N, 69ºW, mentre l'altro, risulta positivo, con posizione 78º30'S, 111ºE). L'estremo dell'ago magnetico che si orienta verso il Polo Nord Magnetico è detto Polo Nord o N mentre l'altro estremo dell'ago è detto Polo Sud o S.

Si assumono così come direzione e verso di un campo magnetico la direzione e il verso della retta orientata che va dal polo sud al polo nord di un ago magnetico che sia in equilibrio in quel punto e sia sottoposto solo all'azione del campo magnetico considerato.
ago magnetico
L’unità di misura prevista per l’intensità del campo magnetico (o induzione magnetica), B, dal Sistema Internazionale è il Tesla (T). Se il campo magnetico interessa una regione nella quale è presente un mezzo materiale, questo subisce l’azione del campo e risponde producendo una variazione del campo magnetico originale. Il campo magnetico che ha provocato la risposta del materiale è spesso definito campo magnetizzante, o, più semplicemente, campo magnetico, H, e viene misurato in Ampere/metro (A/m). E' possibile passare da A/m a microTesla moltiplicando per 1,25.
Il parallelismo tra campo elettrico e campo magnetico potrebbe portare alla erronea convinzione che la natura fisica di un campo magnetico sia simile a quella di un campo elettrico, ma, per quanto intimamente collegati, essi sono diversi.

Differenze tra Campo Elettrico e Campo Magnetico
Alcune delle osservazioni sperimentali di cui si è parlato potrebbero far sorgere l'idea che un polo magnetico sia qualche cosa di simile a una carica elettrica e che, quindi sia possibile separarlo dal polo di nome opposto, con il quale costituisce una calamita, proprio come si fa con le cariche elettriche: cariche positive e negative sono separate per strofinio, per induzione elettrostatica, a mezzo di un generatore di tensione ecc.
Nel caso di un magnete ciò non è possibile, infatti se si spezza una calamita si ottengono due calamite complete, dotate dei due poli opposti, e così volendo dividerla in parti ancora più piccole, otterremo sempre una calamita con due poli. L'impossibilità di ottenere un monopolo magnetico è una delle caratteristiche più importanti del magnetismo.
Una carica di prova posta in un campo elettrico uniforme, risente dell'azione di una forza che tende ad accelerarla; invece un ago magnetico immerso in un campo magnetico risente dell'azione di una coppia di forze finche non si stabilizza in una determinata posizione. Quindi il campo elettrico agisce su una carica con una forza, mentre quello magnetico agisce su un ago magnetico con una coppia di forze.
Un'ulteriore differenza tra campo elettrico e magnetico risiede nelle linee di forza, mentre le linee di forza generate da una o più cariche ferme partono e arrivano sulle cariche, le linee di forza del campo magnetico generato da un magnete non hanno principio né fine, ma proseguono nel suo interno.
Applicazioni degli studi sui fenomeni
elettromagnetici
Dopo le iniziali scoperte che hanno portato alla conoscenza degli elementi fondamentali e delle leggi fisiche che regolano i fenomeni di natura magnetica ed elettromagnetica. Le ricerche e lo sviluppo tecnologico hanno consentito di utilizzare le nozioni e le conoscenze in questo campo per sviluppare numerosissime tecniche ed attrezzature che si basano sullo sfruttamento dei principi elettromagnetici.
Negli ultimi cento anni il magnetismo ha trovato numerose applicazioni. L'elettrocalamita, ad esempio, è la base del motore elettrico e del trasformatore. In tempi più recenti, inoltre, lo sviluppo di nuovi materiali magnetici è stato importante per la rivoluzione prodotta nel campo dei sistemi per computer. La memoria dei computer può essere fabbricata mediante domini a bolla: questi domini sono piccole regioni che presentano una magnetizzazione parallela o antiparallela rispetto alla magnetizzazione dell'intero materiale. A seconda della direzione di magnetizzazione, ciascuna bolla rappresenta un 1 o uno 0 nel sistema di codifica binario utilizzato nei computer. I materiali magnetici sono anche impiegati nella fabbricazione di nastri e dischi per la registrazione di dati. In molte tecnologie moderne sono utilizzati grossi e potenti magneti. I treni a levitazione magnetica scorrono sulle rotaie per mezzo di forti magneti, evitando così il contatto e l'attrito tra ruote e rotaie dei treni convenzionali. Anche nella risonanza magnetica nucleare, un importante strumento diagnostico utilizzato in medicina, si usano forti campi magnetici. Inoltre, negli attuali acceleratori di particelle si usano magneti superconduttori per mantenere i fasci di particelle su orbite definite e ben focalizzate.
Di esempi se ne potrebbero citare ancora tantissimi, ma di seguito approfondiremo lo studio di quelli legati alle telecomunicazioni di ogni genere, che avvengono quindi per mezzo della propagazione di onde elettromagnetiche.
Le onde elettromagnetiche
Tra le molteplici tipologie di onde che si studiano in fisica hanno particolare importanza le onde elettromagnetiche; la scoperta di queste onde (che sono delle perturbazioni generate dall'accelerazione di cariche elettriche a cui si concatena un sistema di campi elettrici e campi magnetici variabili) sono state considerate dagli scienziati del secolo scorso il punto di confluenza tra l'ottica classica e l'elettromagnetismo.
Le onde elettromagnetiche non necessitano di un mezzo materiale per potersi propagare. La luce e le onde radio emesse dal Sole e dai corpi celesti possono perciò viaggiare attraverso lo spazio interplanetario e interstellare e giungere fino alla superficie terrestre. La velocità di propagazione nel vuoto è uguale per tutte le frequenze della radiazione elettromagnetica ed è pari a 299.792 km al secondo. La prima formulazione completa della teoria delle onde elettromagnetiche è esposta in una serie di articoli pubblicati dopo il 1860 dal fisico britannico James Clerk Maxwell. Questi, oltre a proporre un'analisi matematica della teoria del campo elettromagnetico, scoprì la natura elettromagnetica della luce.
Le onde elettromagnetiche, a seconda della lunghezza d'onda, possono essere classificate in: microonde, onde infrarosse e onde ultraviolette e possono avere diverse applicazioni pratiche. Tanto per fare alcuni esempi: le onde infrarosse trovano applicazione in medicina ed in fotografia, le radiazioni elettromagnetiche ultraviolette sono utilizzate in chimica, per applicazioni biologiche e terapeutiche. Infine le microonde, o più comunemente dette onde radio, sono base di funzionamento del radar, del la televisione e del le telecomunicazioni cellulari e satellitari .

Genesi di un'onda elettromagnetica
Se in una certa regione di spazio, in un certo istante, si determina una variazione del campo elettrico, originato, ad esempio, da un moto accelerato di cariche elettriche, nei punti immediatamente vicini si produce allora un campo magnetico variabile nel tempo. Inoltre la variazione del campo magnetico origina nei punti immediatamente vicini un campo elettrico anch'esso variabile. Nasce in tal modo una perturbazione elettromagnetica che si propaga nello spazio.
La variazione del campo elettrico può essere, per esempio, quella prodotta tra le armatura di un condensatore; oppure si può avere variazione del campo elettrico facendo passare bruscamente a zero l'intensità che attraversa un conduttore, così facendo si determina anche una variazione del campo magnetico, si ha quindi un campo variabile nel tempo. Il fatto che la variazione del campo magnetico in un punto produca un campo elettrico variabile era noto già prima di Maxwell, ma fu questo straordinario scienziato ad intuire e dimostrare che i campi elettrico e magnetico si propagano nello spazio a causa della corrente di spostamento che lui introdusse, cioè del campo magnetico prodotto da un variazione del campo elettrico. Da una brusca variazione di un campo elettrico o magnetico ha perciò origine la propagazione di un impulso elettromagnetico. Se si produce una variazione che dura nel tempo di un campo elettrico o magnetico in un punto, si origina di conseguenza la propagazione di una successione continua di impulsi elettromagnetici, cioè un'onda elettromagnetica. Tali onde sono onde trasversali, infatti il campo elettrico ed il campo magnetico ortogonali tra loro, sono sempre perpendicolari anche alla direzione di propagazione.
La variazione nel tempo di campo elettrico e magnetico in un punto, genera la propagazione di impulsi elettromagnetici, cioè un'onda elettromagnetica.
Legenda: campo magnetico campo elettrico

Qui è raffigurato il circuito da cui partiamo per generare un'onda elettromagnetica. Indichiamo con C il condensatore, con R la resistenza e con L l'induttanza. Supponiamo anche di disporre di un generatore di corrente, che non è rappresentato.
Ora carichiamo il condensatore utilizzando il generatore esterno, qui l'energia viene immagazzinata sotto forma di campo elettrico nel condensatore. Esso tende a scaricarsi facendo passare corrente in un verso.
Qui la corrente passa dall'induttanza, la quale genera una forza elettromotrice che fa circolare una corrente nel verso opposto (per lo stesso principio, una molla se allungata genera una forza di richiamo che tende a riportarla in una posizione di riposo)
Questa corrente generata dalla magnetizzazione dell'induttanza ricarica il condensatore, che a sua volta si scaricherà facendo passare corrente nel circuito con verso opposto a quello iniziale
Qui si ripete il processo nell'induttanza ma con verso della corrente opposta.
Il ciclo si ripete , l'energia elettrica viene di nuovo convertita in energia magnetica, questa conversione genera campi elettrici e magnetici concatenati, a 90° l'uno con l'altro.
Grazie a Maxwell sappiamo che è l'oscillazione di una carica elettrica che genera una radiazione elettromagnetica.
Lo stesso Maxwell dedusse teoricamente che lo onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con velocità:
sostituendo i valori delle costanti
In un mezzo di costante dielettrica relativa εr e di permeabilità magnetica µ0 , la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche, risulta:
La rivelazione delle onde elettromagnetiche
La teoria di Maxwell venne avvalorata dall'attività sperimentale del fisico tedesco Heinrich Hertz il quale, circa 15 anni dopo, riuscì a generare onde elettromagnetiche fornendo una carica elettrica ad un condensatore e cortocircuitandolo.
Nella scarica elettrica risultante, la corrente aumentava improvvisamente di intensità fino a provocare l'inversione di carica nelle due armature del condensatore, determinando una differenza di potenziale opposta; il processo si ripeteva più volte, e la carica variava in modo regolare creando una scarica elettrica oscillante sotto forma di scintilla. Parte dell'energia di questa oscillazione veniva irradiata, sotto forma di onde elettromagnetiche. Hertz riuscì a misurare molte delle proprietà di queste onde, dette hertziane, tra cui la lunghezza d'onda e la velocità di propagazione.
Le onde elettromagnetiche sono fenomeni strettamente correlati legati all'elettromagnetismo. Su questi tutti questi principi e questi studi si basano oggi le telecomunicazioni, che costituiscono oggi una parte fondamentale ed importantissima della nostra società.
Radio telecomunicazioni
Dopo che Hertz ebbe dimostrato l'esistenza delle radioonde (nel 1888), a molte persone venne in mente di utilizzare tali onde per trasmettere segnali a distanza. Nel 1890 un fisico francese Edouard-Eugène Branly inventò un rilevatore composto da un contenitore di limatura metallica poco compatta, generalmente conduceva poca corrente ma ne conduceva parecchia se investita da radioonde. Altri perfezionarono questo congegno fino la 1895 quando un fisico russo Alexandr Stepanovic Popov e un ingegnere elettrotecnico italiano Guglielmo Marconi scoprirono che un lungo filo verticale collegato alla fonte e un altro collegato al ricevitore rendevano i segnali molto più forti e facili da individuare. Questi lunghi fili vennero chiamati antenne, probabilmente dalla somiglianza con le antenne degli insetti.
Le onde radio sono un sottoinsieme delle onde elettromagnetiche, con frequenza che varia da 3 kHz a 300 GHz. Entro questa gamma di frequenza e di lunghezza d'onda, le onde radio sono ulteriormente suddivise in bande. Generalmente vengono impiegate per la trasmissione di informazioni (conversazioni nella radiotelefonia, segnali codice telegrafico, parole , musica, immagini e suoni) questi elementi vengono dapprima convertiti da un trasduttore (microfono, codificatore telegrafico, telecamera televisiva, ecc..) in segnali elettrici di ampiezza variabile. In seguito tali segnali vengono modulati su un'onda, di ampiezza e frequenza opportuna. Questa onda è chiamata portante ed è generata da un circuito oscillante. Il segnale così ottenuto dopo essere stato amplificato viene mandato all'antenna, che provvederà a irradiarlo nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica. I ricevitori captano il segnale mediante un'altra antenna e dopo un processo di amplificazione e demodulazione, ricavano in uscita dell'apparato ricevente l'informazione trasmessa.
La modulazione consiste nel modificare in funzione del tempo una grandezza caratteristica di un segnale periodico. Il segnale periodico è utilizzato come vettore per la trasmissione, pertanto viene chiamato portante, il segnale portante modificato con le informazioni da trasportare viene chiamato modulato. Nella modulazione di ampiezza detta AM (Amplitude Modulation) le informazioni vengono trasmesse nel circuito variando l'ampiezza dell'onda portante. Nella modulazione di frequenza detta FM (Frequency Modulation) le informazioni vengono trasmesse nel circuito variando la frequenza dell'onda portante.
Modulazione di Onde Radio
Le proprietà delle radioonde le rendono, infine, di gran lunga preferibili alle altre forme di radiazione elettromagnetica per le comunicazione: anche enormemente attenuate, esse possono essere ricevute, amplificate e demodulate. Per disporre di amplificatori di qualità si dovette attendere l'invenzione delle valvole elettroniche, in particolare del triodo. Nonostante i progressi considerevoli in radiotelegrafia, la radiotelefonia non avrebbe mai potuto trovare applicazione pratica senza gli sviluppi dell'elettronica.
La quasi totalità dei mezzi di comunicazione moderni si basa sulla propagazione di onde elettromagnetiche, quindi sono prevista la trasmissione, la diffusione e la ricezione di queste onde per completare il sistema.
Le onde radio, identificate in base alla frequenza (numero di cicli al secondo) o alla lunghezza d'onda (distanza percorsa dall'onda in un periodo), vengono usate per scopi diversi: sono impiegate nelle trasmissioni radio e televisive, nelle trasmissioni telefoniche, nei radar, nei sistemi di navigazione e nelle comunicazioni spaziali.
Per lo studio delle onde occorre introdurre l'unità di misura della frequenza, il ciclo per secondo (hertz, Hz), che prende nome dal tedesco Heinrich Hertz: 1 kilohertz (kHz) corrisponde a 1000 cicli/s, 1 megahertz (MHz) a 1 milione di cicli/s e 1 gigahertz (GHz) equivale a 1 miliardo di cicli/s. Le radioonde possono avere frequenze che vanno da pochi kilohertz a diversi gigahertz; quelle di lunghezza d'onda più corta hanno frequenza più alta, quelle di lunghezza d'onda più lunga hanno frequenza più bassa.
Poiché in un'atmosfera uniforme le onde elettromagnetiche viaggiano in linea retta, le comunicazioni radio a lunga distanza dovrebbero essere impedite dalla curvatura della superficie terrestre; sono tuttavia possibili grazie alle proprietà della ionosfera di riflettere le radioonde. Le onde cortissime, che normalmente non vengono riflesse dalla ionosfera, possono essere ricevute invece solo a breve distanza; si tratta delle lunghezze d'onda inferiori ai 10 m, e quindi caratterizzate da una frequenza molto elevata (VHF, Very High Frequency), ultraelevata (UHF, Ultra High Frequency) o superelevata (SHF, Super High Frequency).
Questo tipo di onde, cortissime, sono utilizzate in alcuni casi per le trasmissioni radio personali o private, ma soprattutto costituiscono lo standard di trasmissione per le trasmissioni televisive terrestri, ed ancor più per quelle satellitari (GHz), e per la telefonia mobile. Essendo la diffusione della televisione e del telefono cellulare ormai un fenomeno di massa, vediamo come funzionano le radiotrasmissioni che permettono il funzionamento di questi apparecchi.
Trasmettitori, ripetitori e ricevitori.
Un circuito oscillante è quindi un emettitore di onde elettromagnetiche, ma si vede che questo costituisce una sorgente molto debole. Infatti in questi circuiti si ha un campo elettrico oscillante nel condensatore e un campo magnetico oscillante nel solenoide che crea l'induttanza; per realizzare un emettitore efficace dobbiamo creare nello stesso punto campi elettrici e magnetici oscillanti. Questo è quello che avviene nelle antenne, in cui la capacità e l'induttanza sono distribuite lungo tutta la loro lunghezza e in cui si producono dei fenomeni di onde stazionarie per cui esse emettono onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda determinata dalle loro dimensioni.
Antenne
Le antenne sono dispositivi per trasmettere (antenna trasmittente) o ricevere (antenna ricevente) onde elettromagnetiche. L'antenna trasmittente è costituita da uno o più conduttori collegati tramite una linea di trasmissione a un generatore a radiofrequenza, che produce nel conduttore correnti elettriche oscillanti. Gli elettroni del conduttore, accelerati dalle correnti, emettono energia elettromagnetica che si propaga nello spazio circostante alla velocità della luce, con direzione e polarizzazione definite dalla forma e dal tipo di antenna. Anche l'antenna ricevente è costituita da conduttori. Quando viene investita da una radiazione, gli elettroni dei conduttori vengono accelerati dal campo elettromagnetico, e il loro spostamento produce corrente che viene rivelata e amplificata dai circuiti elettronici. Le dimensioni dell'antenna dipendono dal tipo di radiazione interessata: quanto più questa è piccola, tanto minore può essere l'antenna. Lunghezze d'onda molto grandi richiedono antenne molto grandi. La lunghezza dell'antenna deve essere pari a metà o ha un quarto della lunghezza d'onda della radiazione che deve ricevere; fanno eccezione le antenne a bobina usate nelle radio a transistor, che sono in grado di ricevere le onde (con lunghezza d'onda di circa 300 metri) pur essendo lunghe solo pochi centimetri, grazie al nucleo di ferrite di cui sono dotate.
Le antenne possono essere isotropiche o omnidirezionali, quando irradiano uniformemente o quasi in ogni direzione (es. nelle radiodiffusioni “circolari” e nella televisione), oppure direzionali quando irradiano la maggior parte della potenza in una determinata direzione (es. nei ponti-radio telefonici). In linea teorica non esistono sostanziali differenze fra antenne trasmittenti e riceventi; in pratica queste ultime sono spesso più semplici e di dimensioni minori.
Le antenne trasmittenti possono essere classificate in base alla lunghezza d'onda di funzionamento:
• per le onde lunghe sono costituite da un insieme di conduttori orizzontali posti a una certa altezza da terra mediante tralicci isolati dal terreno;
• per le onde medie sono generalmente costituite da tralicci metallici alti circa mezza lunghezza d'onda, isolati da terra; e si possono sostenere da soli, se sono muniti di una base larga, oppure poggiano sul terreno in un punto solo e sono trattenuti da funi metalliche;
• per le onde corte si usano antenne a cortina, costituite da un insieme di conduttori filiformi di lunghezza pari a mezza lunghezza d'onda (dipoli), disposti parallelamente fra loro e sostenuti da tralicci. Spesso, se occorre irradiare in una sola direzione, viene installata posteriormente, alla distanza di un quarto d'onda, una seconda cortina di dipoli, con la funzione di riflettore.
• per le onde decimetriche e centimetriche, si usano antenne di tipo parabolico (come accade nelle trasmissioni satellitari, che infatti utilizzano onde con frequenze nell'ordine di 10-12 GHz).
Il collegamento delle antenne con i trasmettitori e i ricevitori viene effettuato con conduttori bifilari per le maggiori lunghezze d'onda; nel campo delle onde metriche vengono usati cavi schermati o cavi coassiali.
Le onde cortissime (>300 MHz) e le grandi distanze
Gamma di frequenze utilizzate per le trasmissioni radio, televisive e di telefonia cellulare:
RADIO
Modulazione di Ampiezza (AM) - da 530 a 1600 KHz
Modulazione di Frequenza (FM) - da 88 a 108 Mhz
TELEVISIONE
la prima emittente RAI (RAIUNO) utilizza frequenze in VHF, generalmente quella della Banda 3° che comprende i canali:
da E5-D a 175,25 Mhz (1,69 mt) fino a E12-H2 a 224,25 Mhz (1,33 mt).
tutti le altre emittenti utilizzano i canali in UHF divisi in due bande:
Banda 4° - dal canale 21 a 471,25 Mhz (0,63 mt) al canale 37 a 599,25 Mhz (0,50 mt)
Banda 5° - dal canale 38 a 607,25 Mhz (0,49 mt) al canale 69 a 855,25 Mhz (0,35 mt)
TELEFONIA CELLULARE
I collegamenti radio, tra i nostri telefoni cellulari e le stazioni radio che li collegano alla normale linea telefonica avvengono in banda UHF a 900 per i normali GSM, mentre da poco con l'introduzione della tecnologia DCS, o Dual Band, avvengono sia a 900 Mhz che a 1800 Mhz.
Le onde cortissime, con frequenze superiore ai 300 Mhz e lunghezze d'onda inferiori ai 10 m, non possono essere riflesse dalla ionosfera, possono essere ricevute solo a brevi distanze dalla fonte di emissione.
Questo fatto, costituiva quindi un notevole problema per la diffusione delle trasmissioni televisive a grandi distanze dallo studio da cui venivano irradiate. Inoltre lo stesso problema si è ripresentato qualche tempo fa, con la diffusione delle comunicazioni cellulari, per permettere una copertura di campo più completa possibile sul territorio.
La ionosfera
La ionosfera è una parte della nostra atmosfera. Si individua fra i 50 ed i 300 km circa dalla superficie terrestre con una larga tolleranza in eccesso. La si divide in 3 regioni o strati, indicati con le lettere D, E ed F, che a sua volta si divide in F1 ed F2.

Lo strato D
Lo strato D si estende, approssimativamente, da 50 a 90 km, con una concentrazione elettronica che cresce rapidamente con l'altezza. La concentrazione elettronica nello strato D presenta una variazione diurna importante: raggiunge il suo massimo poco dopo mezzogiorno solare locale, mentre conserva valori estremamente bassi nelle ore notturne.
In inverno, nonostante che la distanza dal sole sia molto grande, si osservano spesso concentrazioni elettroniche molto elevate, sempre tra 70 e 90 km, dovute probabilmente alla natura ed alla concentrazione dei gas che compongono l'atmosfera. Lo strato D può raggiungere una densità massima di 10 miliardi di elettroni per metro cubo a quote tra 50 e 90 km, con alta densità di particelle neutre. Questo strato non ha, a causa della relativamente bassa densità elettronica, grande rilevanza per la riflettività nei riguardi delle onde usate nei radiocollegamenti, mentre invece assume notevole importanza nei riguardi dell'assorbimento, tanto che lo strato D può essere considerato lo strato assorbente per eccellenza.

Lo strato E
Tra 90 e 130 km si colloca lo strato E. Lo strato E è uno strato molto regolare e si trova ad un'altezza nella quale la temperatura ha una escursione da -80 a +80 gradi ºC. La concentrazione elettronica dipende strettamente dalla distanza dal sole. Vi è un massimo giornaliero verso mezzogiorno ed un massimo stagionale in estate. Il massimo della concentrazione elettronica si colloca intorno ai 110 km ed è circa di 100 miliardi di elettroni per metro cubo.

Lo strato F
Lo strato F inizia ad un'altezza di circa 130 km. Durante la notte lo strato F si comporta in modo diverso che di giorno, quando si divide in due differenti strati: F1 ed F2, anche se la concentrazione elettronica non presenta stratificazioni molto nette.
Lo strato F1 è la zona compresa tra 130 e 210 km di altezza e la concentrazione elettronica è dell'ordine di 200 miliardi di elettroni per metro cubo.
Lo strato F2, il più alto degli strati ionosferici, è quello in cui la concentrazione degli elettroni è generalmente la più densa: i suoi valori sono compresi tra 1000 miliardi di elettroni per metro cubo di giorno e 50 miliardi di elettroni per metro cubo di notte.
Le onde radio (che sono una parte dello spettro elettromagnetico e precisamente quella con frequenza minore) si propagano in linea retta, come avviene per la luce. Se fosse sempre così l'unico modo per trasmettere onde radio a lunga distanza sarebbe utilizzare satelliti artificiali o ponti radio, "a vista", cioè fra stazioni in portata ottica fra di loro. In realtà non sempre è così, principalmente per due motivi: la rifrazione e la diffrazione.
Così onde elettromagnetiche lunghe riescono ad aggirare ostacoli (come edifici o colline) purché non troppo grossi rispetto alla "lunghezza" dell'onda. Ma anche in questo modo la trasmissione avviene su scala locale, poiché le onde elettromagnetiche non hanno nessun motivo per seguire la curvatura terrestre. La rifrazione, invece, è la causa della riflessione nella ionosfera. Vicino al suolo l'aria è molto più calda ed ha un indice di rifrazione minore, perciò l'onda proveniente dall'alto "curva" dapprima rendendosi parallela al suolo e poi risale leggermente verso l'alto.
Rifrazione di onde elettromagnetiche nella ionosfera
Guardano la figura si può interpretarla come il percorso di un'onda elettromagnetica nella ionosfera. Nella transizione tra la stratosfera e la ionosfera c'è un forte cambiamento di indice di rifrazione per le onde elettromagnetiche, dovuto al fatto che il gas ionizzato ha proprietà elettriche ben diverse dai gas non ionizzati. Così il percorso di un'onda radio che va verso l'alto (e che si "perderebbe" nello spazio) viene deflesso e riesce a seguire (per più o meno strada) la curvatura terrestre, ridiscendendo al suolo anche a notevole distanza. Spesso, in questi casi, a distanze intermedie l'onda non arriva e curiosamente la stazione si può "ascoltare" solo molto vicino o molto lontano.
Il fatto che solo certe frequenze (e alcune in maniera più "intensa") vengano ricevute a distanza è dovuto al diverso indice di rifrazione per le differenti frequenze. Infatti ogni frequenza subisce una deflessione diversa.

Per superare tutti questi inconvenienti è stata introdotta la metodologia dei cosiddetti "ponti radio", cioè un sistema di ricevitori e trasmettitori, detti ripetitori, che si trovano ad una certa distanza tra loro e replicano lo stesso segnale per ampliarne il raggio di diffusione sul territorio. Il sistema di ripetitori è particolarmente utile nei casi in cui si debbano coprire aree che non possono ricevere direttamente i segnali a causa di particolari condizioni orografiche e della morfologia del terreno.
I trasmettitori vengono impiegati per la diffusione dei segnali TV affinché gli utenti nelle loro case possano usufruire del servizio televisivo. Tecnicamente un trasmettitore è composto da un modulatore che preleva direttamente il segnale dalla fonte (telecamera o cabina di regia di uno studio televisivo) e lo converte in un canale della banda di trasmissione, un filtro di canale, un amplificatore e da un'antenna trasmittente. Ed è generalmente posto su un'altura così da coprire la maggior parte di territorio possibile.
Un ripetitore è un'installazione che serve a prelevare un segnale trasmesso da un trasmettitore ed a replicarlo in zone in cui la conformazione orografica del territorio impedisce la ricezione dei segnali direttamente dalla fonte trasmittente, come ad esempio nei centri abitati coperti da catene montuose, come nel nostro caso. Tecnicamente un ripetitore è composto da un'antenna ricevente, da un convertitore, da un amplificatore e da un'antenna trasmittente. Anch'esso è generalmente posto su un'altura.
Ripetitore Televisivo
Ricezione dei segnali
La provenienza dei segnali può essere di due tipologie:
• Analogica terrestre, cioè proveniente da un'altra stazione trasmittente o ripetente terrestre. La ricezione dei segnali analogici avviene per mezzo di antenne riceventi a cortina (foto a sinistra): costituite da un insieme di conduttori filiformi di lunghezza pari a mezza lunghezza d'onda (dipoli), disposti parallelamente fra loro. Spesso sono direzionali, cioè presentano, una seconda cortina di dipoli, con la funzione di riflettore, in modo di concentrare la capacità di ricezione in una determinata direzione.
• Digitale satellitare, quando si tratta di un segnale digitale compresso proveniente da satellite. Per la ricezione di questi segnali si adottano antenne paraboliche (foto a destra), che consentono di ricevere i deboli segnali trasmessi dal satellite su frequenze di 10-12 GHz.
Conversione e filtraggio
Una volta ricevuti i segnali da ritrasmettere, sia terrestri che satellitari, questi vengono sottoposti ad alcuni passaggi intermedi prima di essere irradiati nuovamente sulla zona da servire. Ancora una volta occorre fare una distinzione tra i segnali analogici e quelli digitali.
I segnali analogici ricevuti dalle antenne a cortina, vengono prima convertiti dai canali di provenienza a quelli che poi dovranno essere ritrasmessi per mezzo di appositi convertitori; in seguito vengono fatti passare attraverso un filtro per permettere di eliminare tutti gli altri canali ricevuti dall'antenna e lasciar passare solo in canale che deve essere ritrasmesso.
I segnali digitali provenienti da satellite subiscono invece un trattamento diverso, infatti questi giungono all'antenna in formato digitale compresso, quindi come sequenza di dati che necessita di essere decompressa e riconvertita in segnale analogico. Questo compito è svolto da apparati detti decoder, che si occupano anche di modulare i canali ricevuti sulle giuste frequenze analogiche da ritrasmettere (Banda IV o V). Dopodiché anche tali segnali vengono sottoposti ad un filtraggio prima di essere ritrasmessi.
Amplificazione e trasmissione
I vari segnali, prima di essere ritrasmessi necessitano di una adeguata amplificazione di potenza, così da poter giungere con ottima qualità nelle abitazioni ed essere ricevuti con relativa facilità. Questo compito è svolto da appositi apparati detti appunto: Amplificatori finali o semplicemente finali.
La trasmissione è spesso effettuata per mezzo di antenne direzionali di tipo YAGI, che favoriscono una maggiore direzionalità del segnale irradiato. Spesso per servire più direzioni le antenne sono installate in coppia. Il segnale è diviso equamente tra le due antenne per mezzo di appositi accoppiatori, degli apparati che prelevano un segnale in entrata e lo dividono in due uscite da applicare poi sulle antenne trasmittenti.
Sistema di telecomunicazioni cellulari
La telefonia cellulare è quella branca della telefonia pubblica che punta a fornire un servizio telefonico senza fili, che permetta di individuare e raggiungere gli utenti (dotati di appositi terminali detti comunemente "telefonini") ovunque essi si trovino. Le differenze principali tra la telefonia fissa e quella cellulare sono quindi due:
• il numero di telefono che identifica il terminale d'utente NON è associato ad una posizione geografica fissa, bensì il terminale funziona ovunque si trovi in un certo ambito territoriale (nazionale, per i cellulari TACS, europeo per il GSM); il sistema provvede automaticamente ad individuare la posizione del terminale nell'ambito di funzionamento ed a inoltrargli le eventuali chiamate;
• il servizio è garantito anche se l'utente si muove e percorre lunghe distanze durante una conversazione, purché rimanga nell'ambito territoriale di funzionamento.
Nelle varie tappe di sviluppo dei sistemi di telefonia mobile si sono avuti due standard di comunicazione. Il primo è l'ETACS, che è un sistema analogico molto diffuso in passato ma oggi quasi completamente superato e sostituito dallo standard digitale GSM. Oggi la scelta tra ETACS e GSM è quasi scontata in favore di quest'ultimo, sia perché ormai il sistema ETACS è in disuso, sia perché presenta minore qualità di comunicazione e minore copertura del territorio.
Il Sistema ETACS
E-Tacs (la cui sigla significa "Extended Total Access Communications System") è nato nel 1990 e opera sulla frequenza di 900 MHz. E' un sistema analogico, cioè trasmette un segnale analogo all'informazione ricevuta (nel caso del telefono, ovviamente si tratta della voce).
L’unico vero problema di tale sistema, a nostro avviso, è la relativa facilità con cui è possibile clonarlo, cioè replicare su un apparecchio le caratteristiche tecniche di un altro e telefonare come se si trattasse dell'apparecchio originale addebitando al possessore di quest'ultimo il costo delle telefonate. Questo sistema nasce dallo sviluppo di un progetto avviato in Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia con la collaborazione degli Stati Uniti, datato 1981. Successivamente è stato sviluppato, nel Regno Unito, lo standard TACS Total Access Communications System. La prima rete TACS ha iniziato la sua attività commerciale nel 1985 nel Regno Unito. Le specifiche iniziali, che assegnavano al sistema 1000 canali centrati nella banda 890-960 MHz, sono state evolute successivamente nello standard ETACS Extended TACS, che assegna 1320 canali nella banda 872-950 MHz.
Oggi, dopo la diffusione iniziale del sistema TACS, che è uno standard nazionale valido pertanto solamente in Italia, anche il nostro paese, come la totalità degli altri paesi europei, si è adeguato allo standard europeo detto GSM.
Il Sistema GSM
Alla fine degli anni ’80 il campo delle telecomunicazioni appariva investito da un fenomeno nuovo: la diffusione a livello di massa della telefonia radiomobile. La dimensione portatile del terminale d’utente insieme all’abbattimento dei costi del servizio, avevano portato il “telefonino” a portata di tutti, suscitando un inaspettato e rapido trend nell’interesse popolare.
I limiti dei sistemi allora adottati, sistemi analogici e sviluppati nei vari Paesi secondo standard propri, insieme all’interesse di Operatori e Costruttori per il business annunciato, promossero l’idea di uno standard internazionale, capace di offrire robuste e innovative prestazioni in termini di operatività, di copertura, di capacità di utenza. Questo nuovo sistema denominato GSM, ovvero Global System for Mobile communication, veniva elaborato nel corso degli anni 80 sotto la responsabilità di ETSI, l’Ente europeo di standardizzazione; e nel 1991 veniva aperta la fase commerciale. Da allora la diffusione del sistema GSM è stata esplosiva: alla fine dell’anno 1998, quasi 290 operatori distribuiti in più di 120 Nazioni offrivano il servizio GSM a circa 120 milioni di utenti nel mondo, e il trend è ancora in forte crescita. Sebbene GSM sia stato standardizzato in Europa, non è uno standard esclusivamente europeo: il sistema GSM (incluso DCS 1800 e PCS1900) è stato progressivamente adottato in oltre 80 paesi sparsi in tutto il mondo.
La tecnologia digitale, grazie anche alla rapida evoluzione tecnologica dei settori dell'elaborazione numerica dei segnali e all'integrazione dei componenti elettronici per effetto della disponibilità di circuiti integrati molto sofisticati e miniaturizzati detti VLSI, offre numerosi vantaggi:
• L'apparecchio trasmittente codifica il segnale (nel caso del telefono, la voce) in una serie di numeri che a loro volta vengono poi decodificati dal terminale ricevente. I vantaggi derivanti da tale sistema sono soprattutto di carattere tecnico. Il primo è senz'altro l'impossibilità di clonare gli apparecchi, ma anche il minor pericolo di intercettazioni e, naturalmente, la possibilità di utilizzare il cellulare all'estero come se ci si trovasse entro il territorio della propria nazione.
• Portatilità sovranazionale: il sistema GSM supporta il Roaming Internazionale, un accordo internazionale tra i diversi gestori di reti di telefonia cellulare che consente agli abbonati di fare e ricevere telefonate dai Paesi esteri e di vedersi addebitare direttamente il costo;
• Grande capacità di utenza, grazie all’adozione di avanzate tecniche di accesso multiplo e di copertura cellulare;
• Capacità di interconnettere apparati di diversi costruttori nell'ambito della stessa rete;
• Il sistema è totalmente numerico, con rilevanti vantaggi in termini di riservatezza e di protezione degli utenti e della rete stessa;
• Compatibilità con il sistema ISDN, e quindi facilità di interconnessione con la rete fissa e supporto per un ampio ventaglio di nuovi servizi, fra cui una affidabile trasmissione dati (ad es. da e verso computer).
Tra questi servizi, si possono annoverare:
• Short Message Service (SMS) per l’invio di brevi messaggi di testo fino a 160 caratteri alfanumerici.
• Servizi supplementari tipici dell’ISDN quali trasferimento, sbarramento o deviazione di chiamata, conversazione a tre, chiamata in attesa, avviso di tassazione, identificazione del chiamante, ecc.
• Chiamate di emergenza gratuite.
Una rilevante novità dello standard GSM è l’introduzione della SIM CARD, un modulo appartenente alla famiglia delle “smart cards”, che separa l’identità dell’utente da quella del suo apparato. Con ciò si realizzano due importanti risultati:
• la SIM contiene il profilo dell’utente, ovvero il suo numero identificativo, i servizi definiti a contratto col suo gestore di telefonia, nonché altre utility (l’uso della lingua dell’utente, la sua personale rubrica telefonica, messaggi SMS, ecc.); l’apparato in sé può essere considerato una piattaforma sostanzialmente impersonale, che viene personalizzata grazie alla SIM; inserendo la propria SIM, l’utente può utilizzare qualsiasi telefono GSM, mantenendo comunque la propria identità.
• La SIM contiene un microprocessore CMOS a 8 bit, dotato di proprio sistema operativo (RAM, ROM, EEPROM) in grado di interfacciarsi col mondo esterno attraverso una serie di connettori dorati da cui trae alimentazione e scambia il flusso di dati. I dati dell'utente, una volta scritti in aree protette, non sono più accessibili né modificabili: la SIM garantisce quindi un elevato grado di sicurezza contro l’utilizzo indebito o doloso degli apparati e della rete.

La Copertura del Territorio
Una rete cellulare opera sulla base di una suddivisione in del territorio (donde il nome) ed è progettata per fornire il servizio di comunicazione a un elevato numero di clienti, utilizzando in modo efficiente una porzione assegnata e limitata dello spettro elettromagnetico intorno alle frequenze di 900 e 1800 MHz. Questo si ottiene disponendo le celle secondo una struttura geometrica di base riconducibile a quella di un alveare.
Ogni cella è equipaggiata da una "stazione radiobase" fissa (posta in genere su alture, tetti di palazzi o in cima ad appositi tralicci o torri) che - detto in termini semplici - stabilisce la connessione tra i terminali d'utente mobili (telefonini) presenti nel territorio della cella e la rete telefonica tradizionale. La comunicazione tra la stazione radiobase ed i terminali avviene proprio per mezzo delle onde elettromagnetiche, esattamente come succede per la comunicazione tra un ripetitore ed un apparecchio radio o TV. L'unica differenza è che il collegamento telefonico cellulare è bidirezionale, ovvero il terminale d'utente, oltre che ricevere il segnale dalla radiobase, è in grado anche di trasmettere verso di essa. Le potenze impiegate in trasmissione, sia da parte della stazione radiobase sia ancor di più da parte del telefonino, sono inoltre (molto) minori di quelle impiegate per le trasmissioni radiofoniche e televisive, grazie soprattutto alla maggior capillarità di diffusione delle stazioni sul territorio. Come e’ noto in Italia un numero sempre crescente di utenti fa uso della telefonia mobile. La necessità di rispondere a questa richiesta e la dimensione limitata dello spettro di frequenze utilizzabili inducono ad aumentare il numero delle stazioni radio-base sul territorio e a ridurre sempre di più la dimensione delle celle.
Ogni stazione radio-base serve una porzione limitata di territorio ed un numero limitato di utenti.
Di conseguenza per minimizzare il rischio di sovrapposizione di segnali con uguale frequenza in celle adiacenti, e quindi il rischio di interferenze (che danneggerebbe la qualità della comunicazione), la potenza di trasmissione della stazione radio-base viene ridotta al minimo.
Quindi l’aumento del numero di stazioni radio-base, abbinato alla conseguente diminuzione della loro area di copertura, conduce ad una riduzione complessiva dei livelli di campo all’interno di ciascuna cella.
Il sistema GSM utilizza, come detto, una metodologia di copertura cellulare: il territorio viene suddiviso in un numero elevato di celle contigue, ciascuna realizzata da una Stazione Radio Base che irradia un certo numero di canali radio. I canali radio di cui dispone il Gestore della rete vengono suddivisi in gruppi, tali per cui: il gruppo di canali radio assegnato in modo univoco ad ogni cella è riutilizzato più volte sul territorio: con ciò si applica il principio del riuso delle frequenze, mediante il quale uno stesso canale è riutilizzato contemporaneamente da un numero elevato di utenti che si trovano in celle funzionanti alla stessa frequenza, ma separate da una distanza sufficiente a rendere accettabile l’interferenza dovuta all'uguaglianza del canale radio.
Suddivisione del territorio in "celle"
La necessità di ottimizzare la copertura cellulare ha introdotto alcune interessanti soluzioni:
• la stazione radio base viene posta nel punto comune di vertice di tre celle contigue, le quali sono generate con tre sistemi di antenna non più omnidirezionali, ma settoriali. Si intuisce facilmente che i suddetti sistemi dovranno avere ciascuno un angolo di apertura orizzontale pari a 120°.
• Nelle aree densamente popolate si ricorre alla tecnica dello splitting, che consiste nel suddividere una cella di grandi dimensioni in un certo numero (tipicamente 3) di celle più piccole. In tal modo si può avere una copertura più densa richiesta nei grandi centri urbani.
L'Interfaccia Radio
In Europa, la banda di radiofrequenze compresa tra 862 MHz e 960 MHz è interamente destinata all’utilizzo per sistemi radiomobili. Al sistema GSM sono assegnate due bande da 25 MHz ciascuna:
• la banda 890-915 MHz è utilizzata per la trasmissione dal terminale dell'utente alla Stazione Radio (uplink);
• la banda 935-960 MHz è utilizzata per la trasmissione dalla Stazione radio verso il terminale dell'utente (downlink).
Con ciò si realizza una trasmissione full-duplex, ovvero completamente bidirezionale, che consente la contemporaneità delle fasi di trasmissione e ricezione nei due sensi del collegamento. La limitatezza delle frequenze disponibili, utilizzate in prospettiva da più Operatori, è stata in parte superata con l’assegnazione di un nuovo segmento individuato nella banda 1700-2450 MHz. In tal modo, a partire da Marzo 1999, si è aperto all’utenza il sistema DCS-1800, evoluzione del GSM-900 e con questo perfettamente compatibile, che offre un corposo aumento di capacità grazie a nuovi canali radio che consentono, prevalentemente nei grandi agglomerati urbani, la costituzione di microcelle per una copertura più distribuita ed articolata, consentendo quindi una migliore efficienza. I canali radio a 1800 MHZ sono 374 in bande da 75 MHz:
• 1710 MHz – 1785 MHz (uplink)
• 1805 MHz – 1880 MHz (downlink)
Le proprietà che differenziano il DCS1800 dal GSM sono:
• Frequenze di lavoro più alte, che comportano caratteristiche di propagazione diverse: generalmente hanno un raggio d'azione più corto e penetrano meglio all'interno degli edifici (il che lo rende un sistema ideale per le zone ad alta densità abitativa come le città).
• L'ampiezza di banda di 75 MHz, triplicata rispetto ai 25 MHz del GSM, che permette sostanzialmente di raddoppiare gli 800 utenti massimi per cella.
• Una minore potenza di trasmissione che garantisce meno interferenze e un migliore sfruttamento delle batterie del telefono portatile.
La "Televisione Satellitare"
Il primo segnale emesso da un satellite artificiale è quello dello Sputnik 1 di proprietà Russa. Venne lanciato il 4 Ottobre 1957 in piena Guerra Fredda per misurare la densità dell’atmosfera e ritrasmetterla a terra sotto codice morse, la sua vita durò poco, terminò il suo funzionamento il 4 Gennaio 1958. Pesava 85 Kg ed aveva le dimensioni di una palla da basket.
In 50 anni c’è stata una grossa evoluzione ora grazie a centinaia di satelliti in orbita possiamo vedere migliaia canali video, parlare, anche in videoconferenza, con persone dall’altra parte dell’oceano, nel caso di una grossa azienda scambiare dati tra le varie filiali sparse nel mondo o conoscere la nostra esatta posizione con i sistemi GPS.
I satelliti girano intorno all’orbita terrestre e ricevono dal sole l’energia necessaria al proprio funzionamento, tramite apposite celle solari. Sono dotati di una o più antenne che ricevono emissioni radio da terra e le irradiano. Un satellite può permettere la comunicazione fra due singole stazioni terrestri o diffondere le informazioni trasmesse da un’unica stazione base a tutte le altre stazioni comprese nella zona di copertura del satellite stesso (detta footprint="impronta")
I satelliti artificiali vengono mantenuti in orbita geostazionaria, cioè rimane fissa la posizione rispetto un punto di riferimento sull’equatore terrestre. Per trovarsi su di un’orbita geostazionaria un satellite deve essere a una distanza di 36.000 Km dalla terra, ruotare alla stessa velocità e trovarsi su di un piano che contiene l’equatore terrestre. Grazie a questa tecnica un satellite che punta una antenna terrestre rimane “agganciato” ad essa.
Come detto i satelliti vengono usati quasi esclusivamente per le telecomunicazioni e le trasmissioni di informazioni e segnali tra diversi punti della Terra posti a grande distanza tra loro.
Una delle applicazioni più conosciute è quella della televisione satellitare, che si è rapidamente diffusa in questi ultimi anni sia in Italia che in Europa soprattutto perché presenta numerosi vantaggi rispetto alla comune diffusione televisiva terrestre:
• Maggior numero di canali disponibili;
• Qualità audio/video nettamente migliore perché la trasmissione è basata su un sistema digitale;
• Possibilità, da parte delle emittenti, di coprire interi continenti con un solo satellite, invece che realizzare una rete di ponti ripetitori come avviene per le trasmissioni terrestri.
Uno degli elementi che ha contribuito maggiormente alla diffusione delle trasmissioni televisive satellitari è senz'altro la nascita di grandi emittenti televisive a pagamento dette pay-tv che trasmettono film ed eventi sportivi in esclusiva, come ad esempio il campionato di calcio.
L'interesse verso questo tipo di programmazione e i vantaggi di questo tipo di tecnologia hanno consentito una rapida diffusione degli impianti di ricezione satellitare nelle nostre case.
Per quanto riguarda le trasmissioni satellitari televisive in ambito europeo, quasi tutti i satelliti che ospitano le varie emittenti sono di proprietà di una società francese: EUTELSAT, che affitta le frequenze disponibili sui suoi satelliti alle varie emittenti.
In questa immagine vediamo la disposizione dei vari satelliti di EUTELSAT, che sono disposti in orbita geostazionaria in posizioni che vanno da 12,5° Ovest a 48° Est.
I satelliti che vengono puntati più diffusamente sono quelli posti a 13° est, ben 5, che costituiscono il sistema denominato HOT BIRD ed ospitano i canali di RAI, MEDIASET, TELE+ e STREAM.
Un satellite generalmente è formato dai seguenti sottosistemi:
• pannelli solari e accumulatori per l’alimentazione degli apparati;
• un sistema di antenne per ricevere e ritrasmettere il segnale;
• un sistema di stabilizzazione per garantire il puntamento delle antenne nella giusta direzione;
• un sistema di telemetria per la trasmissione dei dati riguardanti la posizione del satellite;
• un sistema di comando per correggerne da terra l’orbita o la posizione.
Un satellite quindi è un ripetitore, riceve un segnale da un punto sulla terra e lo ritrasmette in un altro. Il collegamento da terra verso il satellite è detto up-link, mentre quello dal satellite verso terra down-link.
Funzionamento della trasmissione
di un canale televisivo digitale
In Italia attualmente ci sono due provider di televisione digitale a pagamento: D+ e Stream, ma sono trasmessi via satellite anche i canali della RAI e di MEDIASET, oltre che altre emittenti italiane minori ed a tutte le altre emittenti europee.
Un canale televisivo digitale è composto da:
• Un flusso video;
• Un flusso audio;
• Un flusso dati (teletext, sottotitoli, informazioni sulla compressione, sulla decriptazione, dati per le funzioni interattive, guida elettronica ai programmi ecc);
• Un flusso di sincronismo.
La principale differenza tra i canali analogici e quelli digitali sta nel fatto che, mentre nelle trasmissioni analogiche ogni canale occupava un transponder, cioè uno spazio di frequenza a disposizione sul satellite, ora con il formato digitale, ogni transponder può trasmettere fino a 7 canali televisivi e fino a 20 canali radiofonici, con notevoli risparmi economici e logistici. Tutto ciò è possibile grazie alla codifica binaria ed alla compressione dei dati secondo l'algoritmo MPEG.
Compressione MPEG-2
Una sequenza televisiva PAL (lo standard video usato in Europa), alla massima risoluzione, è composta da 625 righe * 833 colonne, con 25 fotogrammi al secondo, cioè circa 13 Milioni di pixel al secondo. Questo flusso digitalizzato a 16 bit nel formato richiede circa 208 Megabit al secondo.
Un numero molto elevato per consentire che le trasmissioni avvengano agevolmente, è quindi necessaria una tecnica di compressione. Quella usata nello standard digitale è l’MPEG-2.
Ogni fotogramma viene suddiviso in blocchi di 8 * 8 pixel (alcune righe o colonne vengono scartate per ottenere blocchi tutti da 8 * 8 pixel ), dopodiché vengono applicate ad ogni blocco tecniche di compressione matematica simili a quelle utilizzate nei computer.
La tecnica di motion compensation si basa sulle similitudini tra fotogrammi: in genere sono poche le variazioni che si riscontrano confrontando due fotogrammi successivi di una sequenza. Spesso c’è solo una traslazione di una parte di esso (ad esempio una macchina che si sposta dalla parte sinistra a quella destra dello schermo, mentre il resto rimane invariato). Quindi la tecnica di motion compensation si occupa di confrontare due fotogrammi e di descrivere solo le differenze tra loro, facendo riferimento, per le parti uguali, al primo, senza ripetere inutili dettagli e risparmiando così ulteriore spazio.
Ricezione e visione dei programmi
tramite un ricevitore digitale
I ricevitori digitali presenti nelle nostre case non fanno altro, tramite un'antenna parabolica, che prelevare il segnale digitale compresso dal satellite, decomprimerlo e riconvertirlo in un normale segnale analogico così da poter essere visto su di un comune televisore. Nel caso di canali a pagamento, il ricevitore deve essere dotato in un modulo detto CAM (Modulo di Accesso Condizionato) e di una Smart Card, che permettono, dopo essere state abilitate dal gestore del servizio a pagamento, di vedere liberamente i canali in pay-tv.
Come possiamo vedere nello schema il segnale viene prelevato dall'LNB (Low Noise Block), un piccolo apparecchio, situato sul fuoco dell’antenna parabolica il cui compito è quello di amplificare il segnale e traslare la banda delle frequenze ricevute dal satellite, attualmente comprese tra 10.700 e 12.750 Mhz, in una banda di frequenze più basse denominata 1° IF (prima frequenza intermedia) compresa tra 950 e 2150 Mhz.
In seguito viene elaborato dal microprocessore presente nel ricevitore e passato al Demultiplexer, il quale tramite il FEC si occupa della correzione di eventuali errori presenti nelle immagini e smista i vari flussi, nel caso di canali in chiaro direttamente al decompressore MPEG2, mentre nel caso di segnali criptati (a pagamento), questi vengono prima passati attraverso il modulo CAM, che tramite una Smart Card abilitata alla visione dei vari canali a pagamento, concede l'autorizzazione alla decriptazione ed alla visione del segnale. Infine, l'ultimo stadio, detto DAC (Digital/Analogic Converter), si occupa di modulare definitivamente il segnale digitale su un normale canale analogico, in genere compreso nella banda IV-V UHF, tra 470 e 860 MHz, quindi tra i canali 21 e 69, che costituiscono la banda commerciale di trasmissione televisiva.

Bibliografia:
PHYSICA – A. Caforio, A. Ferilli
Enciclopedia Multimediale Rizzoli Larousse
Enciclopedia Treccani-Proteus
Enciclopedia Microsoft Encarta ‘2000
Enciclopedia De Agostini GEDEA 24
Museo della Fisica e dell’elettricità www.museoelettrico.com
Guida alla TV digitale www.digitalsin.org

Origini dello studio del magnetismo
Lo studio del fenomeno del magnetismo ha origini storiche molto antiche, infatti il primo fenomeno magnetico, conosciuto fin dall'antichità (Talete VI secolo avanti Cristo), è costituito dall'azione esercitata da magneti naturali sul ferro e altri materiali. Aristotele aveva già notato la magnetizzazione transitoria esercitata dai magneti naturali sul ferro dolce; per contro non sembra affatto possibile precisare in quale epoca si scoprì che un magnete, libero di ruotare attorno a un suo asse, assume costantemente una stessa orientazione, né quando una tale scoperta venne applicata alla navigazione e all'esplorazione. Lo stesso Talete, comunque, conosceva già che un minerale di ferro, la magnetite, aveva la capacità di attrarre la limatura di ferro, specialmente in prossimità dei suoi estremi.
Sembra che i primi a utilizzare magneti naturali siano stati i Cinesi; mentre in Europa i primi documenti sull'uso di bussole indicano la fine del XIII sec. Verso la metà del XV sec. a Norimberga venivano fabbricati dei quadranti solari portatili, che si orientavano mediante l'uso di una bussola e sui quali erano segnate le correzioni dovute alla declinazione.
Cristoforo Colombo, durante la traversata dell'Atlantico, ebbe modo di notare anche le variazioni e addirittura l'inversione di queste correzioni; grazie alle sue osservazioni venne precisato, in maniera più chiara, il concetto di declinazione magnetica. G. Hartmann (1544) e poi, più correttamente, R. Norman (1576), scoprirono l'inclinazione magnetica, sospendendo un ago magnetico a un asse orizzontale passante per il suo centro di gravità.
La prima esposizione scientifica delle caratteristiche fondamentali del magnetismo si trova nella celebre opera di W. Gilbert. Le prime carte magnetiche furono disegnate da E. Halley (1701) per la declinazione e da Wilcke (1768) per l'inclinazione. Coulomb mostrò poi, misurando l'attrazione e la repulsione fra i poli di aghi magnetici, come fosse possibile estendere al magnetismo la maggior parte dei risultati teorici relativi all'elettrostatica. Humboldt, Gauss e poi Mascart gettarono le basi dello studio classico del magnetismo terrestre.
Lo studio dei fenomeni magnetici può essere affrontato analizzando le loro caratteristiche generali, senza tener conto dello strettissimo legame che intercorre fra questi e i fenomeni elettrici. Per analogia con l'elettrostatica, tale studio ristretto è detto magnetostatica. I fenomeni magnetici possono venire affrontati, invece, nella loro completa generalità, nell'ambito dell'elettromagnetismo.
Lo studio della magnetostatica si unisce a quello dell'elettricità:
nasce l'elettromagnetismo.
I numerosi studi fatti nel corso degli anni da vari ricercatori portarono ad una sempre più profonda conoscenza del magnetismo e si determinò che in modo analogo alle forze di origine elettrica, quelle magnetiche generano nello spazio circostante un campo di forza (quindi un campo vettoriale), che venne chiamato campo magnetico.
Tuttavia nulla indicava che tra i fenomeni elettrici e magnetici ci fosse una qualche connessione. Nel 1820 però il fisico danese H. C. Oersted (1777-1851) dopo studi e ricerche sull’argomento, pubblicò di aver osservato sperimentalmente che un ago magnetico devia dalla sua posizione di equilibrio se si trova vicino ad un filo conduttore percorso da corrente elettrica. La scoperta di Oersted sollevò grande clamore nel mondo scientifico di allora e moltissimi altri ricercatori, stimolati da questa nuova scoperta si interessarono allo studio del magnetismo, non più come fenomeno isolato, ma si dedicarono allo studio delle interazioni tra campo elettrico e magnetico, essendo ormai dimostrato che i due fenomeni sono strettamente legati tra loro, nasce così un nuovo ramo della fisica: l’elettromagnetismo.
Grazie all’esperienza di Oersted si dimostrò che una corrente elettrica genera intorno a se un campo magnetico. In seguito, nel 1821, l’inglese M. Faraday invertì l’esperienza di Oersted, verificando le interazioni tra un magnete ed un filo conduttore non teso, scoprendo sperimentalmente, che un circuito elettrico posto in un campo magnetico è soggetto a delle forze dovute allo stesso campo, dette forze elettromagnetiche.
Queste forze tra corrente e corrente (forze elettrodinamiche), tra correnti e magneti (forze elettromagnetiche) e tra magneti e magneti (forze magnetiche), potrebbero sembrare cose diverse, ma in realtà esse possono essere descritte ed espresse usando un solo concetto fondamentale, quello di campo magnetico.
Il Campo Magnetico

Origine del campo magnetico.
Un campo magnetico può essere generato o da un magnete o da un circuito elettrico percorso da corrente.

A questo punto ci si chiede come mai, esteriormente due enti molto diversi tra loro come un magnete ed un circuito elettrico, generino nello spazio circostante il medesimo stato di cose (campo magnetico) e subiscano analoghe azioni meccaniche da parte dello stesso campo di forze.

Per rispondere dobbiamo innanzi tutto premettere, più precisamente, che un campo magnetico è generato da cariche elettriche in movimento, e che le cariche elettriche in movimento sono soggette a forze dovute al campo magnetico.

Gia quando fu scoperto che le correnti elettriche producono effetti magnetici, Ampère tentò di correlare il moto di cariche elettriche con il campo magnetico, formulando l’ipotesi che un campo generato da un magnete originasse da una moltitudine di piccolissime correnti presenti in esso. Ai tempi di Ampère, tutto ciò non poteva essere dimostrato con precisione e restò quindi solo un’ipotesi. Il progresso scientifico e la scoperta che nella materia sono presenti delle cariche in movimento: gli elettroni, dimostrarono che l’idea di Ampère era corretta e, precisamente, grazie al moto degli elettroni (così come avviene in un circuito elettrico), ogni atomo può essere considerato come una piccola spira percorsa da corrente che genera quindi un debole campo magnetico, così quando si magnetizza un pezzo di ferro, tutti gli atomi si orientano in una determinata direzione determinando così la polarizzazione magnetica.
Ecco dimostrato che un campo magnetico è sempre generato da cariche elettriche in movimento ed esercita forze su qualsiasi carica in movimento.

Caratteristiche del Campo Magnetico
Analogamente al campo gravitazionale ed a quello elettrico anche il campo magnetico è caratterizzato da linee di forza la cui tangente in un punto ci dà la direzione del campo in quel punto.

Per riconoscere se in una certa regione di spazio vi è campo magnetico basta vedere se su un ago magnetico posto in quella regione agisce una forza. In presenza di campo magnetico, l'ago ruota, fino a fermarsi in una certa direzione. Questa direzione è definita come direzione del campo magnetico.
Per definire il verso del campo magnetico bisogna far riferimento al Campo Magnetico Terrestre, infatti è noto che in ogni punto della terra un ago magnetico si orienta sempre dirigendo lo stesso suo estremo verso una località vicina al Polo Nord Geografico detta Polo Nord Magnetico, e l'altra estremità verso il Polo Sud Magnetico, nelle vicinanze del Polo Sud Geografico (Il polo situato nell'emisfero settentrionale ha polarità negativa e si trova a 78º30' N, 69ºW, mentre l'altro, risulta positivo, con posizione 78º30'S, 111ºE). L'estremo dell'ago magnetico che si orienta verso il Polo Nord Magnetico è detto Polo Nord o N mentre l'altro estremo dell'ago è detto Polo Sud o S.

Si assumono così come direzione e verso di un campo magnetico la direzione e il verso della retta orientata che va dal polo sud al polo nord di un ago magnetico che sia in equilibrio in quel punto e sia sottoposto solo all'azione del campo magnetico considerato.
ago magnetico
L’unità di misura prevista per l’intensità del campo magnetico (o induzione magnetica), B, dal Sistema Internazionale è il Tesla (T). Se il campo magnetico interessa una regione nella quale è presente un mezzo materiale, questo subisce l’azione del campo e risponde producendo una variazione del campo magnetico originale. Il campo magnetico che ha provocato la risposta del materiale è spesso definito campo magnetizzante, o, più semplicemente, campo magnetico, H, e viene misurato in Ampere/metro (A/m). E' possibile passare da A/m a microTesla moltiplicando per 1,25.
Il parallelismo tra campo elettrico e campo magnetico potrebbe portare alla erronea convinzione che la natura fisica di un campo magnetico sia simile a quella di un campo elettrico, ma, per quanto intimamente collegati, essi sono diversi.

Differenze tra Campo Elettrico e Campo Magnetico
Alcune delle osservazioni sperimentali di cui si è parlato potrebbero far sorgere l'idea che un polo magnetico sia qualche cosa di simile a una carica elettrica e che, quindi sia possibile separarlo dal polo di nome opposto, con il quale costituisce una calamita, proprio come si fa con le cariche elettriche: cariche positive e negative sono separate per strofinio, per induzione elettrostatica, a mezzo di un generatore di tensione ecc.
Nel caso di un magnete ciò non è possibile, infatti se si spezza una calamita si ottengono due calamite complete, dotate dei due poli opposti, e così volendo dividerla in parti ancora più piccole, otterremo sempre una calamita con due poli. L'impossibilità di ottenere un monopolo magnetico è una delle caratteristiche più importanti del magnetismo.
Una carica di prova posta in un campo elettrico uniforme, risente dell'azione di una forza che tende ad accelerarla; invece un ago magnetico immerso in un campo magnetico risente dell'azione di una coppia di forze finche non si stabilizza in una determinata posizione. Quindi il campo elettrico agisce su una carica con una forza, mentre quello magnetico agisce su un ago magnetico con una coppia di forze.
Un'ulteriore differenza tra campo elettrico e magnetico risiede nelle linee di forza, mentre le linee di forza generate da una o più cariche ferme partono e arrivano sulle cariche, le linee di forza del campo magnetico generato da un magnete non hanno principio né fine, ma proseguono nel suo interno.
Applicazioni degli studi sui fenomeni
elettromagnetici
Dopo le iniziali scoperte che hanno portato alla conoscenza degli elementi fondamentali e delle leggi fisiche che regolano i fenomeni di natura magnetica ed elettromagnetica. Le ricerche e lo sviluppo tecnologico hanno consentito di utilizzare le nozioni e le conoscenze in questo campo per sviluppare numerosissime tecniche ed attrezzature che si basano sullo sfruttamento dei principi elettromagnetici.
Negli ultimi cento anni il magnetismo ha trovato numerose applicazioni. L'elettrocalamita, ad esempio, è la base del motore elettrico e del trasformatore. In tempi più recenti, inoltre, lo sviluppo di nuovi materiali magnetici è stato importante per la rivoluzione prodotta nel campo dei sistemi per computer. La memoria dei computer può essere fabbricata mediante domini a bolla: questi domini sono piccole regioni che presentano una magnetizzazione parallela o antiparallela rispetto alla magnetizzazione dell'intero materiale. A seconda della direzione di magnetizzazione, ciascuna bolla rappresenta un 1 o uno 0 nel sistema di codifica binario utilizzato nei computer. I materiali magnetici sono anche impiegati nella fabbricazione di nastri e dischi per la registrazione di dati. In molte tecnologie moderne sono utilizzati grossi e potenti magneti. I treni a levitazione magnetica scorrono sulle rotaie per mezzo di forti magneti, evitando così il contatto e l'attrito tra ruote e rotaie dei treni convenzionali. Anche nella risonanza magnetica nucleare, un importante strumento diagnostico utilizzato in medicina, si usano forti campi magnetici. Inoltre, negli attuali acceleratori di particelle si usano magneti superconduttori per mantenere i fasci di particelle su orbite definite e ben focalizzate.
Di esempi se ne potrebbero citare ancora tantissimi, ma di seguito approfondiremo lo studio di quelli legati alle telecomunicazioni di ogni genere, che avvengono quindi per mezzo della propagazione di onde elettromagnetiche.
Le onde elettromagnetiche
Tra le molteplici tipologie di onde che si studiano in fisica hanno particolare importanza le onde elettromagnetiche; la scoperta di queste onde (che sono delle perturbazioni generate dall'accelerazione di cariche elettriche a cui si concatena un sistema di campi elettrici e campi magnetici variabili) sono state considerate dagli scienziati del secolo scorso il punto di confluenza tra l'ottica classica e l'elettromagnetismo.
Le onde elettromagnetiche non necessitano di un mezzo materiale per potersi propagare. La luce e le onde radio emesse dal Sole e dai corpi celesti possono perciò viaggiare attraverso lo spazio interplanetario e interstellare e giungere fino alla superficie terrestre. La velocità di propagazione nel vuoto è uguale per tutte le frequenze della radiazione elettromagnetica ed è pari a 299.792 km al secondo. La prima formulazione completa della teoria delle onde elettromagnetiche è esposta in una serie di articoli pubblicati dopo il 1860 dal fisico britannico James Clerk Maxwell. Questi, oltre a proporre un'analisi matematica della teoria del campo elettromagnetico, scoprì la natura elettromagnetica della luce.
Le onde elettromagnetiche, a seconda della lunghezza d'onda, possono essere classificate in: microonde, onde infrarosse e onde ultraviolette e possono avere diverse applicazioni pratiche. Tanto per fare alcuni esempi: le onde infrarosse trovano applicazione in medicina ed in fotografia, le radiazioni elettromagnetiche ultraviolette sono utilizzate in chimica, per applicazioni biologiche e terapeutiche. Infine le microonde, o più comunemente dette onde radio, sono base di funzionamento del radar, del la televisione e del le telecomunicazioni cellulari e satellitari .

Genesi di un'onda elettromagnetica
Se in una certa regione di spazio, in un certo istante, si determina una variazione del campo elettrico, originato, ad esempio, da un moto accelerato di cariche elettriche, nei punti immediatamente vicini si produce allora un campo magnetico variabile nel tempo. Inoltre la variazione del campo magnetico origina nei punti immediatamente vicini un campo elettrico anch'esso variabile. Nasce in tal modo una perturbazione elettromagnetica che si propaga nello spazio.
La variazione del campo elettrico può essere, per esempio, quella prodotta tra le armatura di un condensatore; oppure si può avere variazione del campo elettrico facendo passare bruscamente a zero l'intensità che attraversa un conduttore, così facendo si determina anche una variazione del campo magnetico, si ha quindi un campo variabile nel tempo. Il fatto che la variazione del campo magnetico in un punto produca un campo elettrico variabile era noto già prima di Maxwell, ma fu questo straordinario scienziato ad intuire e dimostrare che i campi elettrico e magnetico si propagano nello spazio a causa della corrente di spostamento che lui introdusse, cioè del campo magnetico prodotto da un variazione del campo elettrico. Da una brusca variazione di un campo elettrico o magnetico ha perciò origine la propagazione di un impulso elettromagnetico. Se si produce una variazione che dura nel tempo di un campo elettrico o magnetico in un punto, si origina di conseguenza la propagazione di una successione continua di impulsi elettromagnetici, cioè un'onda elettromagnetica. Tali onde sono onde trasversali, infatti il campo elettrico ed il campo magnetico ortogonali tra loro, sono sempre perpendicolari anche alla direzione di propagazione.
La variazione nel tempo di campo elettrico e magnetico in un punto, genera la propagazione di impulsi elettromagnetici, cioè un'onda elettromagnetica.
Legenda: campo magnetico campo elettrico

Qui è raffigurato il circuito da cui partiamo per generare un'onda elettromagnetica. Indichiamo con C il condensatore, con R la resistenza e con L l'induttanza. Supponiamo anche di disporre di un generatore di corrente, che non è rappresentato.
Ora carichiamo il condensatore utilizzando il generatore esterno, qui l'energia viene immagazzinata sotto forma di campo elettrico nel condensatore. Esso tende a scaricarsi facendo passare corrente in un verso.
Qui la corrente passa dall'induttanza, la quale genera una forza elettromotrice che fa circolare una corrente nel verso opposto (per lo stesso principio, una molla se allungata genera una forza di richiamo che tende a riportarla in una posizione di riposo)
Questa corrente generata dalla magnetizzazione dell'induttanza ricarica il condensatore, che a sua volta si scaricherà facendo passare corrente nel circuito con verso opposto a quello iniziale
Qui si ripete il processo nell'induttanza ma con verso della corrente opposta.
Il ciclo si ripete , l'energia elettrica viene di nuovo convertita in energia magnetica, questa conversione genera campi elettrici e magnetici concatenati, a 90° l'uno con l'altro.
Grazie a Maxwell sappiamo che è l'oscillazione di una carica elettrica che genera una radiazione elettromagnetica.
Lo stesso Maxwell dedusse teoricamente che lo onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con velocità:
sostituendo i valori delle costanti
In un mezzo di costante dielettrica relativa εr e di permeabilità magnetica µ0 , la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche, risulta:
La rivelazione delle onde elettromagnetiche
La teoria di Maxwell venne avvalorata dall'attività sperimentale del fisico tedesco Heinrich Hertz il quale, circa 15 anni dopo, riuscì a generare onde elettromagnetiche fornendo una carica elettrica ad un condensatore e cortocircuitandolo.
Nella scarica elettrica risultante, la corrente aumentava improvvisamente di intensità fino a provocare l'inversione di carica nelle due armature del condensatore, determinando una differenza di potenziale opposta; il processo si ripeteva più volte, e la carica variava in modo regolare creando una scarica elettrica oscillante sotto forma di scintilla. Parte dell'energia di questa oscillazione veniva irradiata, sotto forma di onde elettromagnetiche. Hertz riuscì a misurare molte delle proprietà di queste onde, dette hertziane, tra cui la lunghezza d'onda e la velocità di propagazione.
Le onde elettromagnetiche sono fenomeni strettamente correlati legati all'elettromagnetismo. Su questi tutti questi principi e questi studi si basano oggi le telecomunicazioni, che costituiscono oggi una parte fondamentale ed importantissima della nostra società.
Radio telecomunicazioni
Dopo che Hertz ebbe dimostrato l'esistenza delle radioonde (nel 1888), a molte persone venne in mente di utilizzare tali onde per trasmettere segnali a distanza. Nel 1890 un fisico francese Edouard-Eugène Branly inventò un rilevatore composto da un contenitore di limatura metallica poco compatta, generalmente conduceva poca corrente ma ne conduceva parecchia se investita da radioonde. Altri perfezionarono questo congegno fino la 1895 quando un fisico russo Alexandr Stepanovic Popov e un ingegnere elettrotecnico italiano Guglielmo Marconi scoprirono che un lungo filo verticale collegato alla fonte e un altro collegato al ricevitore rendevano i segnali molto più forti e facili da individuare. Questi lunghi fili vennero chiamati antenne, probabilmente dalla somiglianza con le antenne degli insetti.
Le onde radio sono un sottoinsieme delle onde elettromagnetiche, con frequenza che varia da 3 kHz a 300 GHz. Entro questa gamma di frequenza e di lunghezza d'onda, le onde radio sono ulteriormente suddivise in bande. Generalmente vengono impiegate per la trasmissione di informazioni (conversazioni nella radiotelefonia, segnali codice telegrafico, parole , musica, immagini e suoni) questi elementi vengono dapprima convertiti da un trasduttore (microfono, codificatore telegrafico, telecamera televisiva, ecc..) in segnali elettrici di ampiezza variabile. In seguito tali segnali vengono modulati su un'onda, di ampiezza e frequenza opportuna. Questa onda è chiamata portante ed è generata da un circuito oscillante. Il segnale così ottenuto dopo essere stato amplificato viene mandato all'antenna, che provvederà a irradiarlo nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica. I ricevitori captano il segnale mediante un'altra antenna e dopo un processo di amplificazione e demodulazione, ricavano in uscita dell'apparato ricevente l'informazione trasmessa.
La modulazione consiste nel modificare in funzione del tempo una grandezza caratteristica di un segnale periodico. Il segnale periodico è utilizzato come vettore per la trasmissione, pertanto viene chiamato portante, il segnale portante modificato con le informazioni da trasportare viene chiamato modulato. Nella modulazione di ampiezza detta AM (Amplitude Modulation) le informazioni vengono trasmesse nel circuito variando l'ampiezza dell'onda portante. Nella modulazione di frequenza detta FM (Frequency Modulation) le informazioni vengono trasmesse nel circuito variando la frequenza dell'onda portante.
Modulazione di Onde Radio
Le proprietà delle radioonde le rendono, infine, di gran lunga preferibili alle altre forme di radiazione elettromagnetica per le comunicazione: anche enormemente attenuate, esse possono essere ricevute, amplificate e demodulate. Per disporre di amplificatori di qualità si dovette attendere l'invenzione delle valvole elettroniche, in particolare del triodo. Nonostante i progressi considerevoli in radiotelegrafia, la radiotelefonia non avrebbe mai potuto trovare applicazione pratica senza gli sviluppi dell'elettronica.
La quasi totalità dei mezzi di comunicazione moderni si basa sulla propagazione di onde elettromagnetiche, quindi sono prevista la trasmissione, la diffusione e la ricezione di queste onde per completare il sistema.
Le onde radio, identificate in base alla frequenza (numero di cicli al secondo) o alla lunghezza d'onda (distanza percorsa dall'onda in un periodo), vengono usate per scopi diversi: sono impiegate nelle trasmissioni radio e televisive, nelle trasmissioni telefoniche, nei radar, nei sistemi di navigazione e nelle comunicazioni spaziali.
Per lo studio delle onde occorre introdurre l'unità di misura della frequenza, il ciclo per secondo (hertz, Hz), che prende nome dal tedesco Heinrich Hertz: 1 kilohertz (kHz) corrisponde a 1000 cicli/s, 1 megahertz (MHz) a 1 milione di cicli/s e 1 gigahertz (GHz) equivale a 1 miliardo di cicli/s. Le radioonde possono avere frequenze che vanno da pochi kilohertz a diversi gigahertz; quelle di lunghezza d'onda più corta hanno frequenza più alta, quelle di lunghezza d'onda più lunga hanno frequenza più bassa.
Poiché in un'atmosfera uniforme le onde elettromagnetiche viaggiano in linea retta, le comunicazioni radio a lunga distanza dovrebbero essere impedite dalla curvatura della superficie terrestre; sono tuttavia possibili grazie alle proprietà della ionosfera di riflettere le radioonde. Le onde cortissime, che normalmente non vengono riflesse dalla ionosfera, possono essere ricevute invece solo a breve distanza; si tratta delle lunghezze d'onda inferiori ai 10 m, e quindi caratterizzate da una frequenza molto elevata (VHF, Very High Frequency), ultraelevata (UHF, Ultra High Frequency) o superelevata (SHF, Super High Frequency).
Questo tipo di onde, cortissime, sono utilizzate in alcuni casi per le trasmissioni radio personali o private, ma soprattutto costituiscono lo standard di trasmissione per le trasmissioni televisive terrestri, ed ancor più per quelle satellitari (GHz), e per la telefonia mobile. Essendo la diffusione della televisione e del telefono cellulare ormai un fenomeno di massa, vediamo come funzionano le radiotrasmissioni che permettono il funzionamento di questi apparecchi.
Trasmettitori, ripetitori e ricevitori.
Un circuito oscillante è quindi un emettitore di onde elettromagnetiche, ma si vede che questo costituisce una sorgente molto debole. Infatti in questi circuiti si ha un campo elettrico oscillante nel condensatore e un campo magnetico oscillante nel solenoide che crea l'induttanza; per realizzare un emettitore efficace dobbiamo creare nello stesso punto campi elettrici e magnetici oscillanti. Questo è quello che avviene nelle antenne, in cui la capacità e l'induttanza sono distribuite lungo tutta la loro lunghezza e in cui si producono dei fenomeni di onde stazionarie per cui esse emettono onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda determinata dalle loro dimensioni.
Antenne
Le antenne sono dispositivi per trasmettere (antenna trasmittente) o ricevere (antenna ricevente) onde elettromagnetiche. L'antenna trasmittente è costituita da uno o più conduttori collegati tramite una linea di trasmissione a un generatore a radiofrequenza, che produce nel conduttore correnti elettriche oscillanti. Gli elettroni del conduttore, accelerati dalle correnti, emettono energia elettromagnetica che si propaga nello spazio circostante alla velocità della luce, con direzione e polarizzazione definite dalla forma e dal tipo di antenna. Anche l'antenna ricevente è costituita da conduttori. Quando viene investita da una radiazione, gli elettroni dei conduttori vengono accelerati dal campo elettromagnetico, e il loro spostamento produce corrente che viene rivelata e amplificata dai circuiti elettronici. Le dimensioni dell'antenna dipendono dal tipo di radiazione interessata: quanto più questa è piccola, tanto minore può essere l'antenna. Lunghezze d'onda molto grandi richiedono antenne molto grandi. La lunghezza dell'antenna deve essere pari a metà o ha un quarto della lunghezza d'onda della radiazione che deve ricevere; fanno eccezione le antenne a bobina usate nelle radio a transistor, che sono in grado di ricevere le onde (con lunghezza d'onda di circa 300 metri) pur essendo lunghe solo pochi centimetri, grazie al nucleo di ferrite di cui sono dotate.
Le antenne possono essere isotropiche o omnidirezionali, quando irradiano uniformemente o quasi in ogni direzione (es. nelle radiodiffusioni “circolari” e nella televisione), oppure direzionali quando irradiano la maggior parte della potenza in una determinata direzione (es. nei ponti-radio telefonici). In linea teorica non esistono sostanziali differenze fra antenne trasmittenti e riceventi; in pratica queste ultime sono spesso più semplici e di dimensioni minori.
Le antenne trasmittenti possono essere classificate in base alla lunghezza d'onda di funzionamento:
• per le onde lunghe sono costituite da un insieme di conduttori orizzontali posti a una certa altezza da terra mediante tralicci isolati dal terreno;
• per le onde medie sono generalmente costituite da tralicci metallici alti circa mezza lunghezza d'onda, isolati da terra; e si possono sostenere da soli, se sono muniti di una base larga, oppure poggiano sul terreno in un punto solo e sono trattenuti da funi metalliche;
• per le onde corte si usano antenne a cortina, costituite da un insieme di conduttori filiformi di lunghezza pari a mezza lunghezza d'onda (dipoli), disposti parallelamente fra loro e sostenuti da tralicci. Spesso, se occorre irradiare in una sola direzione, viene installata posteriormente, alla distanza di un quarto d'onda, una seconda cortina di dipoli, con la funzione di riflettore.
• per le onde decimetriche e centimetriche, si usano antenne di tipo parabolico (come accade nelle trasmissioni satellitari, che infatti utilizzano onde con frequenze nell'ordine di 10-12 GHz).
Il collegamento delle antenne con i trasmettitori e i ricevitori viene effettuato con conduttori bifilari per le maggiori lunghezze d'onda; nel campo delle onde metriche vengono usati cavi schermati o cavi coassiali.
Le onde cortissime (>300 MHz) e le grandi distanze
Gamma di frequenze utilizzate per le trasmissioni radio, televisive e di telefonia cellulare:
RADIO
Modulazione di Ampiezza (AM) - da 530 a 1600 KHz
Modulazione di Frequenza (FM) - da 88 a 108 Mhz
TELEVISIONE
la prima emittente RAI (RAIUNO) utilizza frequenze in VHF, generalmente quella della Banda 3° che comprende i canali:
da E5-D a 175,25 Mhz (1,69 mt) fino a E12-H2 a 224,25 Mhz (1,33 mt).
tutti le altre emittenti utilizzano i canali in UHF divisi in due bande:
Banda 4° - dal canale 21 a 471,25 Mhz (0,63 mt) al canale 37 a 599,25 Mhz (0,50 mt)
Banda 5° - dal canale 38 a 607,25 Mhz (0,49 mt) al canale 69 a 855,25 Mhz (0,35 mt)
TELEFONIA CELLULARE
I collegamenti radio, tra i nostri telefoni cellulari e le stazioni radio che li collegano alla normale linea telefonica avvengono in banda UHF a 900 per i normali GSM, mentre da poco con l'introduzione della tecnologia DCS, o Dual Band, avvengono sia a 900 Mhz che a 1800 Mhz.
Le onde cortissime, con frequenze superiore ai 300 Mhz e lunghezze d'onda inferiori ai 10 m, non possono essere riflesse dalla ionosfera, possono essere ricevute solo a brevi distanze dalla fonte di emissione.
Questo fatto, costituiva quindi un notevole problema per la diffusione delle trasmissioni televisive a grandi distanze dallo studio da cui venivano irradiate. Inoltre lo stesso problema si è ripresentato qualche tempo fa, con la diffusione delle comunicazioni cellulari, per permettere una copertura di campo più completa possibile sul territorio.
La ionosfera
La ionosfera è una parte della nostra atmosfera. Si individua fra i 50 ed i 300 km circa dalla superficie terrestre con una larga tolleranza in eccesso. La si divide in 3 regioni o strati, indicati con le lettere D, E ed F, che a sua volta si divide in F1 ed F2.

Lo strato D
Lo strato D si estende, approssimativamente, da 50 a 90 km, con una concentrazione elettronica che cresce rapidamente con l'altezza. La concentrazione elettronica nello strato D presenta una variazione diurna importante: raggiunge il suo massimo poco dopo mezzogiorno solare locale, mentre conserva valori estremamente bassi nelle ore notturne.
In inverno, nonostante che la distanza dal sole sia molto grande, si osservano spesso concentrazioni elettroniche molto elevate, sempre tra 70 e 90 km, dovute probabilmente alla natura ed alla concentrazione dei gas che compongono l'atmosfera. Lo strato D può raggiungere una densità massima di 10 miliardi di elettroni per metro cubo a quote tra 50 e 90 km, con alta densità di particelle neutre. Questo strato non ha, a causa della relativamente bassa densità elettronica, grande rilevanza per la riflettività nei riguardi delle onde usate nei radiocollegamenti, mentre invece assume notevole importanza nei riguardi dell'assorbimento, tanto che lo strato D può essere considerato lo strato assorbente per eccellenza.

Lo strato E
Tra 90 e 130 km si colloca lo strato E. Lo strato E è uno strato molto regolare e si trova ad un'altezza nella quale la temperatura ha una escursione da -80 a +80 gradi ºC. La concentrazione elettronica dipende strettamente dalla distanza dal sole. Vi è un massimo giornaliero verso mezzogiorno ed un massimo stagionale in estate. Il massimo della concentrazione elettronica si colloca intorno ai 110 km ed è circa di 100 miliardi di elettroni per metro cubo.

Lo strato F
Lo strato F inizia ad un'altezza di circa 130 km. Durante la notte lo strato F si comporta in modo diverso che di giorno, quando si divide in due differenti strati: F1 ed F2, anche se la concentrazione elettronica non presenta stratificazioni molto nette.
Lo strato F1 è la zona compresa tra 130 e 210 km di altezza e la concentrazione elettronica è dell'ordine di 200 miliardi di elettroni per metro cubo.
Lo strato F2, il più alto degli strati ionosferici, è quello in cui la concentrazione degli elettroni è generalmente la più densa: i suoi valori sono compresi tra 1000 miliardi di elettroni per metro cubo di giorno e 50 miliardi di elettroni per metro cubo di notte.
Le onde radio (che sono una parte dello spettro elettromagnetico e precisamente quella con frequenza minore) si propagano in linea retta, come avviene per la luce. Se fosse sempre così l'unico modo per trasmettere onde radio a lunga distanza sarebbe utilizzare satelliti artificiali o ponti radio, "a vista", cioè fra stazioni in portata ottica fra di loro. In realtà non sempre è così, principalmente per due motivi: la rifrazione e la diffrazione.
Così onde elettromagnetiche lunghe riescono ad aggirare ostacoli (come edifici o colline) purché non troppo grossi rispetto alla "lunghezza" dell'onda. Ma anche in questo modo la trasmissione avviene su scala locale, poiché le onde elettromagnetiche non hanno nessun motivo per seguire la curvatura terrestre. La rifrazione, invece, è la causa della riflessione nella ionosfera. Vicino al suolo l'aria è molto più calda ed ha un indice di rifrazione minore, perciò l'onda proveniente dall'alto "curva" dapprima rendendosi parallela al suolo e poi risale leggermente verso l'alto.
Rifrazione di onde elettromagnetiche nella ionosfera
Guardano la figura si può interpretarla come il percorso di un'onda elettromagnetica nella ionosfera. Nella transizione tra la stratosfera e la ionosfera c'è un forte cambiamento di indice di rifrazione per le onde elettromagnetiche, dovuto al fatto che il gas ionizzato ha proprietà elettriche ben diverse dai gas non ionizzati. Così il percorso di un'onda radio che va verso l'alto (e che si "perderebbe" nello spazio) viene deflesso e riesce a seguire (per più o meno strada) la curvatura terrestre, ridiscendendo al suolo anche a notevole distanza. Spesso, in questi casi, a distanze intermedie l'onda non arriva e curiosamente la stazione si può "ascoltare" solo molto vicino o molto lontano.
Il fatto che solo certe frequenze (e alcune in maniera più "intensa") vengano ricevute a distanza è dovuto al diverso indice di rifrazione per le differenti frequenze. Infatti ogni frequenza subisce una deflessione diversa.

Per superare tutti questi inconvenienti è stata introdotta la metodologia dei cosiddetti "ponti radio", cioè un sistema di ricevitori e trasmettitori, detti ripetitori, che si trovano ad una certa distanza tra loro e replicano lo stesso segnale per ampliarne il raggio di diffusione sul territorio. Il sistema di ripetitori è particolarmente utile nei casi in cui si debbano coprire aree che non possono ricevere direttamente i segnali a causa di particolari condizioni orografiche e della morfologia del terreno.
I trasmettitori vengono impiegati per la diffusione dei segnali TV affinché gli utenti nelle loro case possano usufruire del servizio televisivo. Tecnicamente un trasmettitore è composto da un modulatore che preleva direttamente il segnale dalla fonte (telecamera o cabina di regia di uno studio televisivo) e lo converte in un canale della banda di trasmissione, un filtro di canale, un amplificatore e da un'antenna trasmittente. Ed è generalmente posto su un'altura così da coprire la maggior parte di territorio possibile.
Un ripetitore è un'installazione che serve a prelevare un segnale trasmesso da un trasmettitore ed a replicarlo in zone in cui la conformazione orografica del territorio impedisce la ricezione dei segnali direttamente dalla fonte trasmittente, come ad esempio nei centri abitati coperti da catene montuose, come nel nostro caso. Tecnicamente un ripetitore è composto da un'antenna ricevente, da un convertitore, da un amplificatore e da un'antenna trasmittente. Anch'esso è generalmente posto su un'altura.
Ripetitore Televisivo
Ricezione dei segnali
La provenienza dei segnali può essere di due tipologie:
• Analogica terrestre, cioè proveniente da un'altra stazione trasmittente o ripetente terrestre. La ricezione dei segnali analogici avviene per mezzo di antenne riceventi a cortina (foto a sinistra): costituite da un insieme di conduttori filiformi di lunghezza pari a mezza lunghezza d'onda (dipoli), disposti parallelamente fra loro. Spesso sono direzionali, cioè presentano, una seconda cortina di dipoli, con la funzione di riflettore, in modo di concentrare la capacità di ricezione in una determinata direzione.
• Digitale satellitare, quando si tratta di un segnale digitale compresso proveniente da satellite. Per la ricezione di questi segnali si adottano antenne paraboliche (foto a destra), che consentono di ricevere i deboli segnali trasmessi dal satellite su frequenze di 10-12 GHz.
Conversione e filtraggio
Una volta ricevuti i segnali da ritrasmettere, sia terrestri che satellitari, questi vengono sottoposti ad alcuni passaggi intermedi prima di essere irradiati nuovamente sulla zona da servire. Ancora una volta occorre fare una distinzione tra i segnali analogici e quelli digitali.
I segnali analogici ricevuti dalle antenne a cortina, vengono prima convertiti dai canali di provenienza a quelli che poi dovranno essere ritrasmessi per mezzo di appositi convertitori; in seguito vengono fatti passare attraverso un filtro per permettere di eliminare tutti gli altri canali ricevuti dall'antenna e lasciar passare solo in canale che deve essere ritrasmesso.
I segnali digitali provenienti da satellite subiscono invece un trattamento diverso, infatti questi giungono all'antenna in formato digitale compresso, quindi come sequenza di dati che necessita di essere decompressa e riconvertita in segnale analogico. Questo compito è svolto da apparati detti decoder, che si occupano anche di modulare i canali ricevuti sulle giuste frequenze analogiche da ritrasmettere (Banda IV o V). Dopodiché anche tali segnali vengono sottoposti ad un filtraggio prima di essere ritrasmessi.
Amplificazione e trasmissione
I vari segnali, prima di essere ritrasmessi necessitano di una adeguata amplificazione di potenza, così da poter giungere con ottima qualità nelle abitazioni ed essere ricevuti con relativa facilità. Questo compito è svolto da appositi apparati detti appunto: Amplificatori finali o semplicemente finali.
La trasmissione è spesso effettuata per mezzo di antenne direzionali di tipo YAGI, che favoriscono una maggiore direzionalità del segnale irradiato. Spesso per servire più direzioni le antenne sono installate in coppia. Il segnale è diviso equamente tra le due antenne per mezzo di appositi accoppiatori, degli apparati che prelevano un segnale in entrata e lo dividono in due uscite da applicare poi sulle antenne trasmittenti.
Sistema di telecomunicazioni cellulari
La telefonia cellulare è quella branca della telefonia pubblica che punta a fornire un servizio telefonico senza fili, che permetta di individuare e raggiungere gli utenti (dotati di appositi terminali detti comunemente "telefonini") ovunque essi si trovino. Le differenze principali tra la telefonia fissa e quella cellulare sono quindi due:
• il numero di telefono che identifica il terminale d'utente NON è associato ad una posizione geografica fissa, bensì il terminale funziona ovunque si trovi in un certo ambito territoriale (nazionale, per i cellulari TACS, europeo per il GSM); il sistema provvede automaticamente ad individuare la posizione del terminale nell'ambito di funzionamento ed a inoltrargli le eventuali chiamate;
• il servizio è garantito anche se l'utente si muove e percorre lunghe distanze durante una conversazione, purché rimanga nell'ambito territoriale di funzionamento.
Nelle varie tappe di sviluppo dei sistemi di telefonia mobile si sono avuti due standard di comunicazione. Il primo è l'ETACS, che è un sistema analogico molto diffuso in passato ma oggi quasi completamente superato e sostituito dallo standard digitale GSM. Oggi la scelta tra ETACS e GSM è quasi scontata in favore di quest'ultimo, sia perché ormai il sistema ETACS è in disuso, sia perché presenta minore qualità di comunicazione e minore copertura del territorio.
Il Sistema ETACS
E-Tacs (la cui sigla significa "Extended Total Access Communications System") è nato nel 1990 e opera sulla frequenza di 900 MHz. E' un sistema analogico, cioè trasmette un segnale analogo all'informazione ricevuta (nel caso del telefono, ovviamente si tratta della voce).
L’unico vero problema di tale sistema, a nostro avviso, è la relativa facilità con cui è possibile clonarlo, cioè replicare su un apparecchio le caratteristiche tecniche di un altro e telefonare come se si trattasse dell'apparecchio originale addebitando al possessore di quest'ultimo il costo delle telefonate. Questo sistema nasce dallo sviluppo di un progetto avviato in Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia con la collaborazione degli Stati Uniti, datato 1981. Successivamente è stato sviluppato, nel Regno Unito, lo standard TACS Total Access Communications System. La prima rete TACS ha iniziato la sua attività commerciale nel 1985 nel Regno Unito. Le specifiche iniziali, che assegnavano al sistema 1000 canali centrati nella banda 890-960 MHz, sono state evolute successivamente nello standard ETACS Extended TACS, che assegna 1320 canali nella banda 872-950 MHz.
Oggi, dopo la diffusione iniziale del sistema TACS, che è uno standard nazionale valido pertanto solamente in Italia, anche il nostro paese, come la totalità degli altri paesi europei, si è adeguato allo standard europeo detto GSM.
Il Sistema GSM
Alla fine degli anni ’80 il campo delle telecomunicazioni appariva investito da un fenomeno nuovo: la diffusione a livello di massa della telefonia radiomobile. La dimensione portatile del terminale d’utente insieme all’abbattimento dei costi del servizio, avevano portato il “telefonino” a portata di tutti, suscitando un inaspettato e rapido trend nell’interesse popolare.
I limiti dei sistemi allora adottati, sistemi analogici e sviluppati nei vari Paesi secondo standard propri, insieme all’interesse di Operatori e Costruttori per il business annunciato, promossero l’idea di uno standard internazionale, capace di offrire robuste e innovative prestazioni in termini di operatività, di copertura, di capacità di utenza. Questo nuovo sistema denominato GSM, ovvero Global System for Mobile communication, veniva elaborato nel corso degli anni 80 sotto la responsabilità di ETSI, l’Ente europeo di standardizzazione; e nel 1991 veniva aperta la fase commerciale. Da allora la diffusione del sistema GSM è stata esplosiva: alla fine dell’anno 1998, quasi 290 operatori distribuiti in più di 120 Nazioni offrivano il servizio GSM a circa 120 milioni di utenti nel mondo, e il trend è ancora in forte crescita. Sebbene GSM sia stato standardizzato in Europa, non è uno standard esclusivamente europeo: il sistema GSM (incluso DCS 1800 e PCS1900) è stato progressivamente adottato in oltre 80 paesi sparsi in tutto il mondo.
La tecnologia digitale, grazie anche alla rapida evoluzione tecnologica dei settori dell'elaborazione numerica dei segnali e all'integrazione dei componenti elettronici per effetto della disponibilità di circuiti integrati molto sofisticati e miniaturizzati detti VLSI, offre numerosi vantaggi:
• L'apparecchio trasmittente codifica il segnale (nel caso del telefono, la voce) in una serie di numeri che a loro volta vengono poi decodificati dal terminale ricevente. I vantaggi derivanti da tale sistema sono soprattutto di carattere tecnico. Il primo è senz'altro l'impossibilità di clonare gli apparecchi, ma anche il minor pericolo di intercettazioni e, naturalmente, la possibilità di utilizzare il cellulare all'estero come se ci si trovasse entro il territorio della propria nazione.
• Portatilità sovranazionale: il sistema GSM supporta il Roaming Internazionale, un accordo internazionale tra i diversi gestori di reti di telefonia cellulare che consente agli abbonati di fare e ricevere telefonate dai Paesi esteri e di vedersi addebitare direttamente il costo;
• Grande capacità di utenza, grazie all’adozione di avanzate tecniche di accesso multiplo e di copertura cellulare;
• Capacità di interconnettere apparati di diversi costruttori nell'ambito della stessa rete;
• Il sistema è totalmente numerico, con rilevanti vantaggi in termini di riservatezza e di protezione degli utenti e della rete stessa;
• Compatibilità con il sistema ISDN, e quindi facilità di interconnessione con la rete fissa e supporto per un ampio ventaglio di nuovi servizi, fra cui una affidabile trasmissione dati (ad es. da e verso computer).
Tra questi servizi, si possono annoverare:
• Short Message Service (SMS) per l’invio di brevi messaggi di testo fino a 160 caratteri alfanumerici.
• Servizi supplementari tipici dell’ISDN quali trasferimento, sbarramento o deviazione di chiamata, conversazione a tre, chiamata in attesa, avviso di tassazione, identificazione del chiamante, ecc.
• Chiamate di emergenza gratuite.
Una rilevante novità dello standard GSM è l’introduzione della SIM CARD, un modulo appartenente alla famiglia delle “smart cards”, che separa l’identità dell’utente da quella del suo apparato. Con ciò si realizzano due importanti risultati:
• la SIM contiene il profilo dell’utente, ovvero il suo numero identificativo, i servizi definiti a contratto col suo gestore di telefonia, nonché altre utility (l’uso della lingua dell’utente, la sua personale rubrica telefonica, messaggi SMS, ecc.); l’apparato in sé può essere considerato una piattaforma sostanzialmente impersonale, che viene personalizzata grazie alla SIM; inserendo la propria SIM, l’utente può utilizzare qualsiasi telefono GSM, mantenendo comunque la propria identità.
• La SIM contiene un microprocessore CMOS a 8 bit, dotato di proprio sistema operativo (RAM, ROM, EEPROM) in grado di interfacciarsi col mondo esterno attraverso una serie di connettori dorati da cui trae alimentazione e scambia il flusso di dati. I dati dell'utente, una volta scritti in aree protette, non sono più accessibili né modificabili: la SIM garantisce quindi un elevato grado di sicurezza contro l’utilizzo indebito o doloso degli apparati e della rete.

La Copertura del Territorio
Una rete cellulare opera sulla base di una suddivisione in del territorio (donde il nome) ed è progettata per fornire il servizio di comunicazione a un elevato numero di clienti, utilizzando in modo efficiente una porzione assegnata e limitata dello spettro elettromagnetico intorno alle frequenze di 900 e 1800 MHz. Questo si ottiene disponendo le celle secondo una struttura geometrica di base riconducibile a quella di un alveare.
Ogni cella è equipaggiata da una "stazione radiobase" fissa (posta in genere su alture, tetti di palazzi o in cima ad appositi tralicci o torri) che - detto in termini semplici - stabilisce la connessione tra i terminali d'utente mobili (telefonini) presenti nel territorio della cella e la rete telefonica tradizionale. La comunicazione tra la stazione radiobase ed i terminali avviene proprio per mezzo delle onde elettromagnetiche, esattamente come succede per la comunicazione tra un ripetitore ed un apparecchio radio o TV. L'unica differenza è che il collegamento telefonico cellulare è bidirezionale, ovvero il terminale d'utente, oltre che ricevere il segnale dalla radiobase, è in grado anche di trasmettere verso di essa. Le potenze impiegate in trasmissione, sia da parte della stazione radiobase sia ancor di più da parte del telefonino, sono inoltre (molto) minori di quelle impiegate per le trasmissioni radiofoniche e televisive, grazie soprattutto alla maggior capillarità di diffusione delle stazioni sul territorio. Come e’ noto in Italia un numero sempre crescente di utenti fa uso della telefonia mobile. La necessità di rispondere a questa richiesta e la dimensione limitata dello spettro di frequenze utilizzabili inducono ad aumentare il numero delle stazioni radio-base sul territorio e a ridurre sempre di più la dimensione delle celle.
Ogni stazione radio-base serve una porzione limitata di territorio ed un numero limitato di utenti.
Di conseguenza per minimizzare il rischio di sovrapposizione di segnali con uguale frequenza in celle adiacenti, e quindi il rischio di interferenze (che danneggerebbe la qualità della comunicazione), la potenza di trasmissione della stazione radio-base viene ridotta al minimo.
Quindi l’aumento del numero di stazioni radio-base, abbinato alla conseguente diminuzione della loro area di copertura, conduce ad una riduzione complessiva dei livelli di campo all’interno di ciascuna cella.
Il sistema GSM utilizza, come detto, una metodologia di copertura cellulare: il territorio viene suddiviso in un numero elevato di celle contigue, ciascuna realizzata da una Stazione Radio Base che irradia un certo numero di canali radio. I canali radio di cui dispone il Gestore della rete vengono suddivisi in gruppi, tali per cui: il gruppo di canali radio assegnato in modo univoco ad ogni cella è riutilizzato più volte sul territorio: con ciò si applica il principio del riuso delle frequenze, mediante il quale uno stesso canale è riutilizzato contemporaneamente da un numero elevato di utenti che si trovano in celle funzionanti alla stessa frequenza, ma separate da una distanza sufficiente a rendere accettabile l’interferenza dovuta all'uguaglianza del canale radio.
Suddivisione del territorio in "celle"
La necessità di ottimizzare la copertura cellulare ha introdotto alcune interessanti soluzioni:
• la stazione radio base viene posta nel punto comune di vertice di tre celle contigue, le quali sono generate con tre sistemi di antenna non più omnidirezionali, ma settoriali. Si intuisce facilmente che i suddetti sistemi dovranno avere ciascuno un angolo di apertura orizzontale pari a 120°.
• Nelle aree densamente popolate si ricorre alla tecnica dello splitting, che consiste nel suddividere una cella di grandi dimensioni in un certo numero (tipicamente 3) di celle più piccole. In tal modo si può avere una copertura più densa richiesta nei grandi centri urbani.
L'Interfaccia Radio
In Europa, la banda di radiofrequenze compresa tra 862 MHz e 960 MHz è interamente destinata all’utilizzo per sistemi radiomobili. Al sistema GSM sono assegnate due bande da 25 MHz ciascuna:
• la banda 890-915 MHz è utilizzata per la trasmissione dal terminale dell'utente alla Stazione Radio (uplink);
• la banda 935-960 MHz è utilizzata per la trasmissione dalla Stazione radio verso il terminale dell'utente (downlink).
Con ciò si realizza una trasmissione full-duplex, ovvero completamente bidirezionale, che consente la contemporaneità delle fasi di trasmissione e ricezione nei due sensi del collegamento. La limitatezza delle frequenze disponibili, utilizzate in prospettiva da più Operatori, è stata in parte superata con l’assegnazione di un nuovo segmento individuato nella banda 1700-2450 MHz. In tal modo, a partire da Marzo 1999, si è aperto all’utenza il sistema DCS-1800, evoluzione del GSM-900 e con questo perfettamente compatibile, che offre un corposo aumento di capacità grazie a nuovi canali radio che consentono, prevalentemente nei grandi agglomerati urbani, la costituzione di microcelle per una copertura più distribuita ed articolata, consentendo quindi una migliore efficienza. I canali radio a 1800 MHZ sono 374 in bande da 75 MHz:
• 1710 MHz – 1785 MHz (uplink)
• 1805 MHz – 1880 MHz (downlink)
Le proprietà che differenziano il DCS1800 dal GSM sono:
• Frequenze di lavoro più alte, che comportano caratteristiche di propagazione diverse: generalmente hanno un raggio d'azione più corto e penetrano meglio all'interno degli edifici (il che lo rende un sistema ideale per le zone ad alta densità abitativa come le città).
• L'ampiezza di banda di 75 MHz, triplicata rispetto ai 25 MHz del GSM, che permette sostanzialmente di raddoppiare gli 800 utenti massimi per cella.
• Una minore potenza di trasmissione che garantisce meno interferenze e un migliore sfruttamento delle batterie del telefono portatile.
La "Televisione Satellitare"
Il primo segnale emesso da un satellite artificiale è quello dello Sputnik 1 di proprietà Russa. Venne lanciato il 4 Ottobre 1957 in piena Guerra Fredda per misurare la densità dell’atmosfera e ritrasmetterla a terra sotto codice morse, la sua vita durò poco, terminò il suo funzionamento il 4 Gennaio 1958. Pesava 85 Kg ed aveva le dimensioni di una palla da basket.
In 50 anni c’è stata una grossa evoluzione ora grazie a centinaia di satelliti in orbita possiamo vedere migliaia canali video, parlare, anche in videoconferenza, con persone dall’altra parte dell’oceano, nel caso di una grossa azienda scambiare dati tra le varie filiali sparse nel mondo o conoscere la nostra esatta posizione con i sistemi GPS.
I satelliti girano intorno all’orbita terrestre e ricevono dal sole l’energia necessaria al proprio funzionamento, tramite apposite celle solari. Sono dotati di una o più antenne che ricevono emissioni radio da terra e le irradiano. Un satellite può permettere la comunicazione fra due singole stazioni terrestri o diffondere le informazioni trasmesse da un’unica stazione base a tutte le altre stazioni comprese nella zona di copertura del satellite stesso (detta footprint="impronta")
I satelliti artificiali vengono mantenuti in orbita geostazionaria, cioè rimane fissa la posizione rispetto un punto di riferimento sull’equatore terrestre. Per trovarsi su di un’orbita geostazionaria un satellite deve essere a una distanza di 36.000 Km dalla terra, ruotare alla stessa velocità e trovarsi su di un piano che contiene l’equatore terrestre. Grazie a questa tecnica un satellite che punta una antenna terrestre rimane “agganciato” ad essa.
Come detto i satelliti vengono usati quasi esclusivamente per le telecomunicazioni e le trasmissioni di informazioni e segnali tra diversi punti della Terra posti a grande distanza tra loro.
Una delle applicazioni più conosciute è quella della televisione satellitare, che si è rapidamente diffusa in questi ultimi anni sia in Italia che in Europa soprattutto perché presenta numerosi vantaggi rispetto alla comune diffusione televisiva terrestre:
• Maggior numero di canali disponibili;
• Qualità audio/video nettamente migliore perché la trasmissione è basata su un sistema digitale;
• Possibilità, da parte delle emittenti, di coprire interi continenti con un solo satellite, invece che realizzare una rete di ponti ripetitori come avviene per le trasmissioni terrestri.
Uno degli elementi che ha contribuito maggiormente alla diffusione delle trasmissioni televisive satellitari è senz'altro la nascita di grandi emittenti televisive a pagamento dette pay-tv che trasmettono film ed eventi sportivi in esclusiva, come ad esempio il campionato di calcio.
L'interesse verso questo tipo di programmazione e i vantaggi di questo tipo di tecnologia hanno consentito una rapida diffusione degli impianti di ricezione satellitare nelle nostre case.
Per quanto riguarda le trasmissioni satellitari televisive in ambito europeo, quasi tutti i satelliti che ospitano le varie emittenti sono di proprietà di una società francese: EUTELSAT, che affitta le frequenze disponibili sui suoi satelliti alle varie emittenti.
In questa immagine vediamo la disposizione dei vari satelliti di EUTELSAT, che sono disposti in orbita geostazionaria in posizioni che vanno da 12,5° Ovest a 48° Est.
I satelliti che vengono puntati più diffusamente sono quelli posti a 13° est, ben 5, che costituiscono il sistema denominato HOT BIRD ed ospitano i canali di RAI, MEDIASET, TELE+ e STREAM.
Un satellite generalmente è formato dai seguenti sottosistemi:
• pannelli solari e accumulatori per l’alimentazione degli apparati;
• un sistema di antenne per ricevere e ritrasmettere il segnale;
• un sistema di stabilizzazione per garantire il puntamento delle antenne nella giusta direzione;
• un sistema di telemetria per la trasmissione dei dati riguardanti la posizione del satellite;
• un sistema di comando per correggerne da terra l’orbita o la posizione.
Un satellite quindi è un ripetitore, riceve un segnale da un punto sulla terra e lo ritrasmette in un altro. Il collegamento da terra verso il satellite è detto up-link, mentre quello dal satellite verso terra down-link.
Funzionamento della trasmissione
di un canale televisivo digitale
In Italia attualmente ci sono due provider di televisione digitale a pagamento: D+ e Stream, ma sono trasmessi via satellite anche i canali della RAI e di MEDIASET, oltre che altre emittenti italiane minori ed a tutte le altre emittenti europee.
Un canale televisivo digitale è composto da:
• Un flusso video;
• Un flusso audio;
• Un flusso dati (teletext, sottotitoli, informazioni sulla compressione, sulla decriptazione, dati per le funzioni interattive, guida elettronica ai programmi ecc);
• Un flusso di sincronismo.
La principale differenza tra i canali analogici e quelli digitali sta nel fatto che, mentre nelle trasmissioni analogiche ogni canale occupava un transponder, cioè uno spazio di frequenza a disposizione sul satellite, ora con il formato digitale, ogni transponder può trasmettere fino a 7 canali televisivi e fino a 20 canali radiofonici, con notevoli risparmi economici e logistici. Tutto ciò è possibile grazie alla codifica binaria ed alla compressione dei dati secondo l'algoritmo MPEG.
Compressione MPEG-2
Una sequenza televisiva PAL (lo standard video usato in Europa), alla massima risoluzione, è composta da 625 righe * 833 colonne, con 25 fotogrammi al secondo, cioè circa 13 Milioni di pixel al secondo. Questo flusso digitalizzato a 16 bit nel formato richiede circa 208 Megabit al secondo.
Un numero molto elevato per consentire che le trasmissioni avvengano agevolmente, è quindi necessaria una tecnica di compressione. Quella usata nello standard digitale è l’MPEG-2.
Ogni fotogramma viene suddiviso in blocchi di 8 * 8 pixel (alcune righe o colonne vengono scartate per ottenere blocchi tutti da 8 * 8 pixel ), dopodiché vengono applicate ad ogni blocco tecniche di compressione matematica simili a quelle utilizzate nei computer.
La tecnica di motion compensation si basa sulle similitudini tra fotogrammi: in genere sono poche le variazioni che si riscontrano confrontando due fotogrammi successivi di una sequenza. Spesso c’è solo una traslazione di una parte di esso (ad esempio una macchina che si sposta dalla parte sinistra a quella destra dello schermo, mentre il resto rimane invariato). Quindi la tecnica di motion compensation si occupa di confrontare due fotogrammi e di descrivere solo le differenze tra loro, facendo riferimento, per le parti uguali, al primo, senza ripetere inutili dettagli e risparmiando così ulteriore spazio.
Ricezione e visione dei programmi
tramite un ricevitore digitale
I ricevitori digitali presenti nelle nostre case non fanno altro, tramite un'antenna parabolica, che prelevare il segnale digitale compresso dal satellite, decomprimerlo e riconvertirlo in un normale segnale analogico così da poter essere visto su di un comune televisore. Nel caso di canali a pagamento, il ricevitore deve essere dotato in un modulo detto CAM (Modulo di Accesso Condizionato) e di una Smart Card, che permettono, dopo essere state abilitate dal gestore del servizio a pagamento, di vedere liberamente i canali in pay-tv.
Come possiamo vedere nello schema il segnale viene prelevato dall'LNB (Low Noise Block), un piccolo apparecchio, situato sul fuoco dell’antenna parabolica il cui compito è quello di amplificare il segnale e traslare la banda delle frequenze ricevute dal satellite, attualmente comprese tra 10.700 e 12.750 Mhz, in una banda di frequenze più basse denominata 1° IF (prima frequenza intermedia) compresa tra 950 e 2150 Mhz.
In seguito viene elaborato dal microprocessore presente nel ricevitore e passato al Demultiplexer, il quale tramite il FEC si occupa della correzione di eventuali errori presenti nelle immagini e smista i vari flussi, nel caso di canali in chiaro direttamente al decompressore MPEG2, mentre nel caso di segnali criptati (a pagamento), questi vengono prima passati attraverso il modulo CAM, che tramite una Smart Card abilitata alla visione dei vari canali a pagamento, concede l'autorizzazione alla decriptazione ed alla visione del segnale. Infine, l'ultimo stadio, detto DAC (Digital/Analogic Converter), si occupa di modulare definitivamente il segnale digitale su un normale canale analogico, in genere compreso nella banda IV-V UHF, tra 470 e 860 MHz, quindi tra i canali 21 e 69, che costituiscono la banda commerciale di trasmissione televisiva.

Bibliografia:
PHYSICA – A. Caforio, A. Ferilli
Enciclopedia Multimediale Rizzoli Larousse
Enciclopedia Treccani-Proteus
Enciclopedia Microsoft Encarta ‘2000
Enciclopedia De Agostini GEDEA 24
Museo della Fisica e dell’elettricità www.museoelettrico.com
Guida alla TV digitale www.digitalsin.org

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