Umanesimo, rinascimento

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

UMANESIMO E RINASCIMENTO
Periodo dal 1400 al 1500. Qui c’è la volontà degli intellettuali di ritornare ai classici. Gli uomini di questa età rifiutarono l’epoca medievale con i suoi valori e ricercarono riferimenti nell’età classica. Questo perché nel 1400 inizia la centralità dell’uomo nel mondo, tema presente nelle opere classiche. Per recuperare la classicità in modo oggettivo, iniziò nel 1400 un’opera di ricostruzione dei testi antichi per merito degli umanisti e nacque una scienza, la filologia, perchè nel medioevo i monaci amanuensi avevano cambiato i testi copiati. Dopo gli intellettuali iniziarono ad elaborare alcune filosofie originali, che avevano un tema comune: al centro dell’universo c’era l’uomo, artefice del suo destino; Dio c’era ancora, ma era collocato ai margini del mondo. L’uomo attuava la legge divina nel mondo terreno, per esempio dedicandosi alla politica e studiando la natura che non è più disprezzata, e come scopo c’è il mondo ultraterreno. Troviamo elaborazioni di pensiero che danno origine alla CORRENTE PLATONICA e a quella ARISTOTELICA e alla FILOSOFIA DELLA NATURA. Nacquero così anche le accademie, centri di sapere. La corrente platonica si elaborò nell’accademia fiorentina, fondata da Marsilio Ficino. Quella aristotelica si sviluppò nell’università di Padova. Queste due filosofie cercavano di modernizzare il pensiero platonico e aristotelico adottando una sensibilità moderna. Per quanto riguarda la filosofia della natura, si riscontrano posizioni diverse. La prima è rappresentata dalla MAGIA, disciplina positiva molto studiata, che era un modo per avvicinarsi alla cultura. Lo scopo del mago era quello di mettersi in comunicazione con le forze della natura, unite tra loro da un rapporto di SIMPATIA, ovvero di collegamento. Il mago si proponeva lo scopo di modificare con l’incantesimo il corso della natura, in modo violento, con la forza. Per il mago l’uomo e la natura sono manifestazione delle stesse forze. Il mago, però, che si sente parte della natura, non la studia pazientemente, ma vuole modificarla ed adeguarla ai bisogni dell’uomo. Il mago si ritiene al di sopra degli altri uomini ed è depositario di un sapere non tramandabile. Tutti i maghi sono inoltre molto gelosi delle proprie scoperte. Poi nella filosofia della natura si sviluppa un pensiero che si accosta alla natura in modo diverso. La magia è un ambito prescientifico che sembra anticipare la scienza. La natura è vista come un ordine regolato da leggi, che l’uomo deve conoscere, quando vuole modificare il corso della natura, e seguirle nel tentativo di cambiarle. Uno dei filosofi che esprime questo pensiero è Telesio. Intervento più moderato, questa linea di pensiero darà molta importanza all’osservazione sensibile della natura.

LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Questa espressione indica uno studio della natura con basi completamente diverse rispetto al passato. La rivoluzione viene collocata dal 1543, anno in cui Copernico pubblicò “Le rivoluzioni dei corpi celesti”, al 1687, anno in cui venne pubblicato “Principi Matematici” di Newton. Si tratta comunque di un arco di tempo molto esteso ma non preciso, caratterizzato da un nuovo modo di considerare la natura, che non è più un insieme di essenze, non ha più filatiti e non ha le caratteristiche dell’uomo. Venivano negati per prima cosa i principi aristotelici, venne allontanata la natura dalla metafisica, studio di enti non visibili, le essenze. Attribuire fini alle essenze è una mentalità metafisica (l’albero non produce i frutti per un motivo particolare). Sicuramente esiste un ordine nella natura, ma non ci sono fini coscienti. I fini intelligenti non appartengono alla natura, a meno che non si entri in ambito religioso, dove si sostiene che Dio ha creato tutto per uno scopo. Tutti fanno parte di una struttura generale. La finalità è l’antropomorfismo. Finché si rimane legati alle essenze in natura non si fanno progressi, perciò alla natura vengono negate le caratteristiche umane, come l’anima. La natura, in questo periodo, viene vista come un insieme di cause, che producono effetti in modo necessario (ovvero: data una causa, segue necessariamente un affetto). Queste è una descrizione meccanicistica. La natura viene anche vista come un insieme di leggi, per spiegare l’interazione di cause ed effetti, e viene studiata con un metodo sperimentale: prima di tutto i fenomeni vengono osservati, dopodichè si elabora una legge, e per spiegarla si prova con degli esperimenti. La natura viene anche studiata dal punto di vista quantitativo, ovvero dal punto di vista delle caratteristiche traducibili in numero, come il movimento. Tutto ciò che non era quantificabile, veniva accantonato, riprendendo gli atomisti.
Un altro aspetto della rivoluzione scientifica riguarda il sapere scientifico, che un sapere a cui tutti possono accedere, quindi è pubblico, perché in questo modo tutti potevano verificarne la validità. Viene quindi superata la magia. La scienza moderna, inoltre, è strettamente connessa alla tecnica, perché nella produzione scientifica lo scopo dello scienziato è quello di collegare teoria e pratica, in quanto la tecnica è proprio la teoria scientifica tradotta in pratica. Tutto ciò che lo scienziato conosce, in questo periodo, deve essere tradotto in pratica. Le cause di ciò si possono riscontrare nel fatto che il rinascimento rivaluta la natura come luogo in cui l’uomo deve realizzarsi, da cui non deve fuggire e che deve conoscere. Si nota qui un influsso della cultura rinascimentale che promuove anche una visione laica del sapere, che non deve sottostare ai disegni religiosi. Inoltre la cultura aveva promosso il recupero e la traduzione dei testi antichi, che guideranno poi gli scienziati quando essi vorranno trovare nuove risposte ai fenomeni naturali. La rivoluzione si sviluppa grazie ad una serie di richieste provenienti dalle monarchie nazionali e dalla classe borghese. Le monarchie volevano infatti armi efficienti, la costruzione di edifici di prestigio per i sovrani e navi adatte alla navigazione in alto mare per motivi economici. Tutti questi motivi sono spunti per la ricerca scientifica e quindi sono cause della rivoluzione. Inoltre la borghesia presentava richieste simili a livello economico; per esempio richiedeva macchine per costruire meglio le scarpe. Queste macchine che venivano prodotte per la borghesia ottennero grande prestigio grazie alla collaborazione tra scienziati e artigiani. Leonardo da Vinci fu il maggior esempio di scienziato-tecnico. Quando furono elaborate le prime teorie cosmologiche, gli scienziati trovarono la condanna della chiesa e della cultura ufficiale, che erano basate su modelli aristotelici. Fino al 1600 chi frequentava le università imparava la scienza aristotelica, non le nuove teorie di Galileo, basate sull’eliocentrismo. L’aristotelismo e la chiesa condividevano infatti molte teorie, come il geocentrismo. Sia la chiesa cattolica che quella protestante cercarono di condannare la cosmologia eliocentrica, che creava un problema che si scontrava con le teorie della chiesa, in quanto il geocentrismo era al centro del messaggio cristiano. Questo perché ci si poneva il problema del perché Gesù avesse scelto la terra, se questa non fosse stata al centro del mondo. Quindi la chiesta iniziò a contestare il metodo scientifico basato sul principio della libera ricerca, perché sentiva che questo poteva essere pericoloso, in quanto ci poteva essere la contestazione di qualsiasi dogma della religioso e della teoria aristotelica. Il più la chiesa si sentiva minacciata dalla negazione dell’esistenza delle essenze, una critica ad Aristotele e alla Chiesa stessa.

LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA
La rivoluzione astronomica è l’aspetto più significativo della rivoluzione scientifica e portò a delineare l’eliocentrismo, muovo modello cosmologico, non teorizzato da un solo scienziato ma definito progressivamente nell’arco di due secoli (1500 e 1600) grazie a molti contributi di scienziati e filosofi. Il primo scienziato e astronomo che iniziò a studiare una nuova visione del cosmo fu Copernico, nato nel 1476 in Polonia. Egli studiava un’astronomia soltanto teorica, basata su calcoli matematici, senza l’utilizzo del cannocchiale. Aveva approfondito i suoi studi anche in Italia. Iniziò ad avere dubbi sull’esattezza del geocentrismo quando si accorse che calcolando i movimenti dei pianeti, era necessario fare calcoli così complessi da sembrare errati. Altri invece sostenevano che Dio aveva creato i pianeti in maniera più semplice. Copernico così ricercò i testi dei filosofi e degli scienziati antichi, cercando un altro sistema astronomico. Leggendoli trovò formulata l’ipotesi eliocentrica, in particolare nei testi di Eraclide Pontico e dei Pitagorici. Questi credevano che ci fosse un sole attorno al quale giravano i pianeti. Nella nuove visione di Copernico, il sole è immobile e si trova al centro dell’universo, e attorno a questo ruotano i pianeti, compresa la terra. Dato che Copernico basava le sue teorie su calcoli matematici e non aveva osservato il cielo, si può notare in lui una componente geniale spiccante. Egli continuava la sua teoria cosmologica sostenendo che l’universo era finito e ritenendo le sfere su cui i pianeti si muovevano con un movimento circolare qualcosa di reale e materiale. Non si pronunciava però sulla divisione qualitativa del cosmo. Espose poi la sua teoria nell’opera “Le rivoluzioni dei corpi celesti”. Una teoria di questo genere avrebbe dovuto suscitare molte reazioni, ma non fu così a causa di una serie di circostanze. L’opera venne infatti pubblicata nel 1543, periodo in cui Copernico stava per morire; di questo approfittò un teologo luterano, Osiander, che decise di stendere una prefazione dell’opera, al fine di screditarla, in cui si affermava che Copernico intendeva presentare solo un’ipotesi astronomica, non la visione reale del cosmo, nonostante però Copernico fosse pienamente convinto della veridicità delle sue teorie. Per questo l’opera non venne posta nell’indice dei libri proibiti, anche perché, leggendola, gli uomini non riuscivano a spiegarsi alcuni fenomeni. Per esempio, si chiedevano, dato che la terra si muove, come mai questo movimento non provochi il lancio di oggetti e persone lontano dalla superficie terrestre. Inoltre si domandavano perché noi non vediamo gli effetti del movimento terrestre. Per questi motivi, fortunatamente l’opera circolò indisturbata.
Un altro perfezionamento del sistema eliocentrico venne teorizzato da uno scienziato tedesco, Keplero, che elaborò leggi (valide ancora oggi) secondo cui i pianeti non si muovono in modo circolare, ma formano delle ellissi con il loro movimento. All’interno delle sue opere, Keplero metteva poi anche considerazioni metafisiche, ad esempio riconoscendo il sole con Dio, poiché era il centro dell’universo. Keplero, però, non venne perseguitato, perché le sue considerazioni non suscitavano grande scalpore.
Contemporaneamente a lui, Tico Brahe, scienziato danese, negava il carattere materiale delle sfere, dicendo che erano soltanto tracciati geometrici. Tutto ciò portò alla disgregazione del geocentrismo, anche se Brahe non aderì all’eliocentrismo, teorizzando un sistema misto.
Un ulteriore perfezionamento dell’eliocentrismo venne attuato dal filosofo Giordano Bruno, che però non era uno scienziato. Egli morì nel 1600 e fu attirato dall’eliocentrismo, ma perché secondo lui esaltava la grandezza di Dio. Egli teorizzò nella sua filosofia l’infinità dell’universo, abbattendo le “mura esterne” dell’universo (ovvero il cielo delle stelle fisse). Affermò che essendo Dio infinito, egli aveva creato un cosmo con la stessa caratteristica, poiché se questo fosse stato finito, non avrebbe reso in modo adeguato la grandezza di Dio; quelle che lui fa, sono, però, solo intuizioni, basate sulla filosofia e non sulla scienza. Secondo Bruno, inoltre, esistevano infiniti mondi abitati, e nessuno poteva negare l’esistenza di esseri superiori all’uomo, che potevano popolare altri sistemi (idea già sostenuta dagli atomisti). Poi egli affermava che tutto l’universo era omogeneo, cioè che non esistevano zone superiori o inferiori. Egli giustificava ciò dicendo che Dio era il creatore dell’universo e quindi, essendoci una sola causa, l’effetto doveva essere uno solo.
La sua argomentazione è comunque soltanto filosofica, non scientifica, anche se poi sarà dimostrata più avanti. Dalle teorie di Bruno discende anche il fatto che lo spazio cosmico sia considerato in modo geometrico, cioè è tutto uguale senza differenziazioni ed è infinito, quindi risulta misurabile. Nel 1600 Giordano Bruno fu condannato al rogo, poiché la chiesa e gli aristotelici avevano capito che le sue erano teorie rivoluzionarie. Pertanto avevano condannato l’eliocentrismo, mettendo all’indice i testi che lo sostenevano.

GALILEO GALILEI
Galileo era uno scienziato che nacque a Pisa nel 1564 e che si dedicò agli studi matematici, sviluppando un grande interesse per la fisica. Per 18 anni insegnò anche all’università di Padova, centro della cultura aristotelica, anche se poi la contesterà. Determinate per i suoi studi fu la costruzione del cannocchiale, avvenuta nel 1609, anche se questo era già stato costruito precedentemente da un ottico olandese. Galileo quindi lo ricostruì, ma fu il primo ad usarlo per osservazioni scientifiche. Le lenti, però, esistevano già da molto tempo, ma erano utilizzate per gioco, non per scopi scientifici. Quando la chiesa si accorse che Galileo utilizzava il cannocchiale per scopi scientifici, lo mise al bando come oggetto diabolico.
Tutte le osservazioni del cielo di Galileo, vennero raggruppate nel “Sidereus lucius” (ragguaglio astronomico), pubblicato nel 1610. Dopo la pubblicazione dell’opera, la chiesa e gli aristotelici si opposero a Galileo, ammonito dalle autorità ecclesiastiche perché non affermasse più la veridicità della teoria eliocentrica. Nel frattempo, però, le opere di Copernico vennero messe all’indice. Galileo compose poi il “Saggiatore” e il “Dialogo sopra i due massimi sistemi dell’universo”. In quest’opera Galileo espose i due sistemi, ma si pose a favore dell’eliocentrismo, andando avanti nella sua strada. Dopo la pubblicazione di quest’opera nel 1632, Galileo fu convocato dal tribunale d’inquisizione di Roma, venne processato ma non condannato, in quanto il processo si concluse con l’abiura, ovvero il rifiuto delle nuove teorie scientifiche da parte di Galileo. Poi egli venne condannato al carcere a vita, trasformato in seguito al confino nella sua cosa. Morì nel 1642.
Un aspetto importante del suo pensiero è la difesa dell’autonomia della scienza da ogni tentativo di ingerenza esterna, ad esempio da parte della chiesa e degli aristotelici. Quindi Galileo ebbe un atteggiamento poco diffuso tra gli scienziati, che non sfidavano le autorità, tenendo nascoste le loro scoperte. Secondo Galileo, per sviluppare la scienza era necessario affermare la sua autonomia. Per fare ciò egli s’impegnò a difendere la scienza dagli attacchi della chiesa, e fece ciò nelle lettere Copernicane, indirizzate ad amici o personaggi famosi del tempo, nelle quali sosteneva la necessità dell’autonomia della scienza. Galileo doveva però fare i conti con la controriforma cattolica che aveva stabilito che tutti i saperi dovessero armonizzarsi con le sacre scritture. La scienza doveva inoltre adeguarsi all’interpretazione delle sacre scritture fatta dalla chiesa cattolica. Tutte queste erano affermazioni che avrebbero potuto bloccare lo sviluppo della scienza, in quanto tutti i saperi erano vincolati.
Galileo, invece, distinse nettamente il campo della natura da quello della religione. La natura infatti era oggetto di studio scientifico, e la scienza aveva il compito di studiarla per far progredire il sapere. L’astronomia, secondo Galileo, aveva il compito di determinare “come vanno i cieli”, ovvero come si muovono. La scienza non poteva trovare suggerimenti nelle sacre scritture, che erano state stese per motivi diversi, non per conoscere la natura. La religione, invece, diversamente dalla scienza, era fondata sulla fede e sulle sacre scritture, che avevano il compito di educare gli uomini alla legge divina,, di educarli moralmente e di insegnare loro la via per arrivare al cielo, ovvero come si va in cielo. Secondo Galileo, quindi, tra scienza e ragione non ci dovevano essere punti di contatto, anche se Galileo era un credente. Questa sua teoria, però, non era facile da accettare per la chiesa.
A Galileo si opposero anche gli aristotelici; egli delineò una distinzione tra Aristotele e gli aristotelici. Egli dimostrò un grande rispetto per Aristotele e disse che di sicuro questo avrebbe riconosciuto valida la nuova scienza so fosse vissuto in quel periodo. Invece si pone contro i suoi seguaci a lui contemporanei, che avevano abbandonato l’osservazione e per risolvere i problemi aprivano i libri di Aristotele e leggevano. Secondo Galileo, infatti, questo era un comportamento antiscientifico.

TEORIE SCIENTIFICHE
Galileo si occupò dello studio del movimento nella DINAMICA, dove elaborava due teorie che correggevano gli errori di Aristotele nella fisica. Inoltre egli farà nuove scoperte con l’osservazione del cielo mediante il telescopio.
Per quanto riguarda la dinamica, Galileo intuì il principio d’INERZIA, senza però teorizzarlo, indicandolo in modo implicito nei testi. Secondo Aristotele, lo stato naturale dei corpi era la quiete, e questi potevano avere un movimento violento (quando erano allontanati dal loro luogo naturale da una forza esterna) o naturale (quando si muovevano per tornare al loro luogo naturale). Allora Galileo si chiedeva come facessero i pianeti a muoversi. Gli aristotelici avrebbero risposto che un elemento abbandonato a se stesso continua a muoversi per l’azione dell’aria (che continua il movimento). Questa teoria trovava applicazione sulla terra, che è ferma, ma non per i pianeti, perché si muovono sempre. Galileo perciò intuisce un principio che poi afferma, secondo cui un corpo permane nel suo stato di quiete o di movimento con un moto rettilineo uniforme, in modo indefinito, finchè non interviene una forza esterna a modificarne lo stato. Si nota quindi una radicale differenza, perché il movimento viene riconosciuto come stato naturale. Così Galileo riuscì a motivare il movimento dei pianeti, che hanno come la terra il movimento nella loro natura; in questo modo non è più necessaria l’esistenza di un motore immobile.
L’altro principio teorizzato da Galileo riguarda la caduta dei corpi. Secondo Aristotele la velocità di caduta di un corpo era direttamente proporzionale al suo peso. Egli giunse a questa conclusione sbagliata poiché si soffermava sull’osservazione sensibile. La velocità di caduta di un corpo, infatti, dipende anche dall’atrito dell’aria, in quanto in assenza di questa due corpi di peso differente cadrebbero alla stessa velocità. Secondo Galileo, quindi, i sensi ci trasmettono a volte sensazioni sbagliate; da soli non ci trasmettono sempre qualcosa di giusto. Ad esempio noi non ci accorgiamo del movimento della terra, ma essa si muove. Galileo intuì invece che il peso di un corpo non determina la velocità di caduta. Non riuscì però a sperimentare ciò, perché non poteva creare il vuoto, una situazione dove non c’è aria e quindi dove due corpi di peso diverso cadono alla stessa velocità. Alcuni sostengono che Galileo fece degli esperimenti dalla Torre di Pisa, lanciando due oggetti verso il suolo. Da questi esperimenti, egli notò che l’oggetto pesante toccava terra prima di quello leggero, ma l’intervallo di tempo tra il primo e il secondo non era giustificabile dal peso, in quanto era minimo. Inoltre Galileo fece degli esperimenti mentali, costruiti nella sua mente, che anche se non erano dimostrati, risultarono poi vero.
Egli arrivò quindi a teorizzare il principio della caduta dei gravi: diceva che se due corpi cadono nello spazio vuoto e poi si uniscono, la loro velocità non aumenta.
Per quanto riguarda l’utilizzo del cannocchiale, quando Galileo lo usò aveva già aderito all’eliocentrismo e cercò delle conferme per questa teoria facendo osservazioni dirette sperimentali, cosa che i suoi predecessori non avevano mai fatto. In particolare fece 5 osservazioni. La PRIMA riguardava la superficie della luna, che egli osservò e dove notò ombre causate da montagne lunari. Si servì di questa osservazione per negare il principio aristotelico secondo cui la superficie della luna, come quella degli altri pianeti, era liscia e levigata. Ciò suscitò grande scalpore tra i contemporanei (aristotelici) che cercarono di negare questa osservazione, sostenendo che il cannocchiale fosse uno strumento diabolico. La SECONDA osservazione riguardava i satelliti di Giove, soprannominati pianeti medicei. Giove si muoveva e aveva 4 satelliti che si muovevano attorno a lui. Questa scoperta fu importantissima, perché Galileo negò la dottrina aristotelica secondo la quale solo un pianeta immobile poteva essere centro del movimento di altri, usata per confermare l’immobilità della terra. Con questa scoperta, Galileo sostenne che, come Giove, con i suoi satelliti, si muove attorno al sole, così la terra, con la luna, fa lo stesso. In questo modo Galileo sostenne il movimento della terra. Le TERZA osservazione riguardava invece la superficie solare, dove Galileo evidenziò la comparsa periodica di macchie; ciò smentiva l’idea aristotelica secondo cui i pianeti superiori sono immutabili. Il sole infatti si trasformava e così, secondo Galileo, facevano gli altri pianeti. La QUINTA osservazione riguardava le fasi di Venere. Galileo scoprì che in alcuni periodi il pianeta era illuminato, in altri era oscuro. Questo lo portò a dire che Venere, come gli altri pianeti, era oscuro per natura e riceveva luce dal sole. Smentì così l’idea di Aristotele secondo cui tutti i pianeti sono luminosi per natura, tranne la terra che è oscura. La QUINTA osservazione indicò l’esistenza di innumerevoli stelle oltre il cielo delle stelle fisse, delle quali non si riusciva a cogliere un limite. Di conseguenza Galileo sostenne che l’universo era infinito, non finito.
Galileo affermò che le sue osservazioni avevano portato alla celebrazione del funerale della cosmologia aristotelica. Uno degli elementi che contribuivano al funerale fu il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Qui tre personaggi dialogano durante quattro giornate, presentando le due ideologie cosmologiche. Nella seconda giornata di discussione viene esposta la TEORIA DELLA RELATIVITA’ GALILEIANA, secondo cui se ci si trova all’interno di un sistema senza possibilità di un punto di vista esterno, non si ha la possibilità di decidere se esso sia in quiete o in movimento. Galileo arriva a definire questa teoria nell’opera quando due personaggi analizzano tutte le obiezioni che gli aristotelici avevano elaborato contro il movimento terrestre. Dicevano che, se la terra si muoveva, avrebbe dovuto provocare un vento fortissimo e scagliare lontano oggetti e persone. Gli aristotelici ribattevano anche che, se la terra si muoveva da ovest verso est, un oggetto lanciato dall’alto non doveva cadere perpendicolarmente al suolo come accadeva, ma doveva cadere spostato verso ovest, perché nel frattempo la terra si era spostata verso est. Galileo rispose dicendo che la terra, muovendosi, trascinava con se anche l’aria e tutti gli oggetti contenuti in essa. Perciò, chi è sulla terra non risente del movimento di questa.
Dopo aver elaborato la teoria della relatività galileiana, Galileo descrive il METODO GALILEIANO, un modo di procedere per fare delle scoperte. Galileo non dedicò nessuna opera all’esposizione del suo metodo, ma egli nei suoi scritti faceva riferimento a questo, così noi possiamo dedurlo. Il metodo sostiene che lo scienziato deve unire, nel suo lavoro, due fasi: la fase ANALITICA e la fase RISOLUTIVA. Nella fase analitica egli deve dividere il fenomeno osservato nelle sue parti più semplici, con lo scopo di teorizzare una legge che ne provoca la formazione,s sempre secondo i criteri matematici, analizzando le caratteristiche quantitative del fenomeno. Nel momento risolutivo lo scienziato deve invece cercare di riprodurre in laboratorio il fenomeno secondo le leggi che ha teorizzato, cioè facendo un esperimento. Se il fenomeno si verifica, la legge, da pur ipotesi, diventa legge scientifica vera e propria. Se non si verifica il fenomeno, la legge si rivela sbagliata e lo scienziato dovrà ripartire dal momento analitico.
In questo metodo ci sono due momenti legati all’osservazione: nella fase analitica si osserva il fenomeno considerandone i parametri matematici, nella risolutiva il momento sperimentale si verifica quando si attua l’esperimento. Poi quando si teorizza la legge, c’è il momento razionale.
In altre opere Galileo presenta il metodo scientifico con modalità diverse. Afferma che questo si attua attraverso le SENSATE ESPERIENZE e le NECESSARIE DIMOSTRAZIONI, dove sensate esperienze significa osservazioni sensibili, che per Galileo rappresentano un processo induttivo della scienza. Le necessarie dimostrazioni, invece, indicano l’utilizzo della ragione, quindi il lavoro mentale dello scienziato e il momento deduttivo. Galileo sostiene che la scienza deve usare insieme queste due tecniche, ma non sempre ci riesce. Le sensate esperienze rappresentano il momento che va dal piano sensibile a quello della mente, quindi l’osservazione sensibile è molto importante. L’osservazione scientifica, però, ha sempre alla base un lavoro mentale, razionale. Nell’osservazione di un fenomeno, nella nostra mente sono già presenti dei contenuti, delle conoscenze scientifiche, ma la mente ha anche il compito di ricondurre a termini matematici i dati immagazzinati.
Le necessarie dimostrazioni indicano il momento deduttivo, che fa riferimento al lavoro mentale. Esse, però, indicano sempre un riferimento all’osservazione diretta. Quando, per esempio, Galileo faceva gli esperimenti mentali, aveva in mente gli esperimenti compiuti dalla torre di Pisa, riguardanti la legge della caduta dei gravi. Quando intuì il principio d’inerzia, aveva in mente osservazioni fatte precedentemente. Secondo Galileo, perché ci sia la scienza è necessario che questi due momenti esistano entrambi. Egli stesso, sapeva che senza l’esperimento, una legge non poteva essere definita scientifica. La scienza è quindi vista come un intreccio tra deduzione e induzione.

LA FILOSOFIA NELLA VISIONE DELLA NATURA DI GALILEO
La differenza tra un filosofo e uno scienziato è sostanzialmente una: un filosofo studia la realtà senza seguire il metodo scientifico, lo scienziato invece lo segue.
Alla base della visione della natura galileiana vi è la teoria del REALISMO, dottrina che afferma che le strutture conosciute dallo scienziato con la mente sono reali. Nella nostra mente la realtà è rispecchiata così com’è. Opposta al realismo è una teoria secondo cui i sensi ingannano, così anche la mente potrebbe spiegare i fenomeni con delle strutture con corrispondenti alla realtà. Chi ci da la certezza che esiste la forza?
Altro fondamento della visione della natura galileiana, riguarda la convinzione che la natura possieda una struttura geometrica. Galileo diceva che Dio aveva scritto il libro della natura utilizzando numeri e figure geometriche, concetto ripreso dai pitagorici.
Un’altra convinzione fondamentale è la distinzione tra qualità primarie e secondarie, ripresa dagli atomisti. Le qualità primarie sono quelle quantitative, che sono realmente presenti nelle cose. Le qualità secondarie fanno invece riferimento alle caratteristiche qualitative che non sono realmente presenti nelle cose, della conoscenza umana, che viene equiparata per il grado di certezza a quella divina. Quando uno scienziato, attraverso il metodo scientifico, conosce, arriva a dei risultati che sono certi, come la conoscenza che Dio ha. Ma la conoscenza dell’uomo è limitata e discorsiva, in quanto egli non può conoscere tutto e non può farlo immediatamente. Invece Dio ha una conoscenza completa e immediata, perché egli può conoscere tutto e in modo immediato, senza compiere un processo conoscitivo.

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