Sunti filosofia del 5 anno:da kant a popper

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Immanuel Kant
Kant è un filosofo illuminista, nasce a Königsberg; la madre riveste per lui un ruolo molto importante che, a quanto sostiene, gli insegna il primo germe di bene. È il quarto di 11 figli, ma con i fratelli non ha un gran rapporto. Viene mandato al collegium Friedericianum, dove si dimostra subito critico nei confronti della religione, per quanto riguarda le forme esteriori ed esagerate del culto: ha un concetto intimistico della fede, le preghiere forzate sono, per lui, inutili. Diventa bibliotecario, poi docente di logica e metafisica all'università; i suoi interessi sono prevalentemente scientifici: pubblica molte opere sulla Terra, sul moto, sulla quiete e sulla teoria dei venti (scritti pre - critici). La sua prima opera importante, scritta nel 1781 è la "Critica della Ragion Pura", dove fa il punto sulla conoscenza (2° edizione). Il 1788 è l'anno della pubblicazione della "Critica della Ragion Pratica". Nel Critica della Ragion Pratica si chiede cosa si può conoscere, è uno scritto teoretico, nella Critica della Ragion Pratica si occupa di come si debba agire nella pratica. Nel 1790 scrive "Critica del giudizio". 1793 - 1797: sono gli anni della censura prussiana e del terrore francese: perciò riceve un severo ammonimento soprattutto per le sue opere a tema religioso, dalle quali traspariva troppo l'ideale illuministico; scrive inoltre il libro "Per la pace perpetua", intesa come pace fra gli stati e le nazioni. Muore malato nel 1804, di lui si parla come di una persona calma, mite, riflessiva.
L'indirizzo filosofico di Kant si chiama criticismo, dal verbo Krino: Analizzare, scomporre un problema in parti elementari per studiarle meglio (Cartesio) e Giudicare, e cioè emanare sentenze.
Il suo principio sta nel criticare e verificare la legittimità delle pretese avanzate dalla ragione umana nel campo delle conoscenza: critica della ragione con la ragione stessa; bisogna studiare la ragione per vedere qual è il suo limite. Il criticismo indica la dottrina di Kant nei capisaldi che possono essere così ricapitolati:
1. Impostazione critica del problema filosofico, e pertanto, la condanna della metafisica come sfera di problemi che sono al di là della ragione umana.
2. Determinazione del compito della filosofia come riflessione sulla scienza, e in generale, sulle attività umane, allo scopo di determinare le condizioni che ne garantiscono la validità.
Criticismo: analisi della ragione umana, e fondazione della legittimità delle pretese che essa avanza nell'ambito variegato dell'esperienza umana. La domanda che segue questi ragionamenti è questa: cosa dobbiamo fare per dire che la conoscenza è scienza?
È necessario che un concetto sia universalmente approvato; il nome è convenzionale, il concetto no. La ragione è una struttura a priori nata per unificare l'esperienza. Il criticismo è detto anche filosofia del limite, ermeneutica della finitudine o teoria dell'interpretazione.
Lo scopo della filosofia di Kant è andare a individuare il limite all'interno del quale la conoscenza è valida. Mediatore tra empirismo e razionalismo, Kant vuol dare alla sua filosofia una visione finita dell'esistenza, delimitata all'interno di un ambito preciso, perciò nega la potenza e l'onniscienza umana e studia il problema della conoscenza come è stato affrontato in passato.
Razionalismo (Cartesio): Per Cartesio si poteva giungere alla conoscenza del mondo sensibile, attraverso l'idea di Dio per mezzo del cogito, dell'autocoscienza. Secondo lui la ragione umana aveva il potere di conoscere tutto, nel campo della realtà sensibile e nel campo metafisico. Conoscenza = rappresentazione. Come si fa ad avere la certezza di qualcosa? Cogito, ergo sum, autocoscienza, sentire di sentire = avere delle idee. Punto debole: il pensiero corrspode all'essere?
Empirismo: (Hobbes, Locke e Hume) Conoscenza, = avere sensazioni, percezioni, ma le idee che posso avere non sono certe. La certezza c'è solo nel momento attuale della percezione. Punto debole: scetticismo
Sintesi Kantiana: Kant opera una vera e propria rivoluzione copernicana: come Copernico aveva invertito il rapporto tra Terra e Sole, così Kant inverte il rapporto tra oggetto e soggetto della conoscenza. Anziché pensare che le nostre strutture mentali umane si adattino alla natura, bisogna pensare che la natura si modella sulle strutture umane. La conoscenza parte dall'oggetto, ma al centro del sistema conoscitivo c'è un soggetto che organizza i dati dell'esperienza sensibile attraverso strutture a priori dunque tutto inizia dall'esperienza (empirismo), ma non tutto deriva dall'esperienza (razionalismo) la ragione è modellata con strutture a priori universali e necessarie. La conoscenza ha l'aspetto passivo (sensibilità, esperienza) e quello attivo: Unificazione degli elementi sensibili (razionalità).
La conoscenza è fenomenica (posso conoscere solo quello che mi appare), non noumenica.
Le nostre conoscenze senza la sensibilità sarebbero vuote: la sensibilità ci dà gli oggetti immediatamente con la conoscenza intuitiva (immediata): l'intelletto unifica i dati dell'esperienza in concetti: è già una facoltà mediata, è una forma di conoscenza discorsiva. Però questo meccanismo funziona solo se limito le mansioni dell'intelletto ad unificare l'esperienza; se pretende di arrivare alla conoscenza di Dio (di cui non si può avere esperienza), non va più bene. La ragione è la facoltà umana che tende a proseguire il processo di unificazione della realtà, ma commette l'errore di uscire dall'esperienza. La ragione unifica i concetti in teorie, il prodotto della ragione nelle idee.

Le forme a priori sono spazio e tempo: ognuno di noi ha l'inevitabile attitudine a collocare ciò che conosce in ambito spazio - temporale spazio e tempo universali e necessari.

La teoria di Kant è la riproposizione della fisica astronomica di Newton (scardinata dalle teoria della relatività di Einstein). C'è continuità tra Kant e Newton anche se ci sono comunque importanti differenze: Newton ritiene che l'ordine del mondo sia causato da una forza divina intelligente che ha deciso di creare il mondo, quindi la sua è una concezione teleologica o finalistica. La concezione di Kant invece è più meccanicistica o deterministica, dato che, secondo lui, a partire da un caos iniziale, grazie alle forze di attrazione e repulsione si genera il mondo che funziona secondo un principio di causa - effetto. Newton è pessimista: il cosmo tenderà ad autodistruggersi, mentre Kant è molto più ottimista, perché secondo lui la ragione umana tende all'ordine: non è detto che sia reale, ma è un'impostazione mentale. Kant si basa sulla geometria euclidea tridimensionale, ma quando questa viene superata le sue affermazioni non hanno più senso: per renderle nuovamente valide, però, basta eliminare l'assolutezza delle tre dimensioni.
Kant vuole far capire come avviene la conoscenza e le condizioni secondo cui la conoscenza è valida. La condizione delle condizioni è che la conoscenza dipende dall'esperienza (critica alla metafisica che è puro pensiero). Kant si mette ad esaminare le singole sfere conoscitive per mettere in rilievo, se c'è ne sono, gli elementi a priori. Le sfere conoscitive, ossia gli aspetti diversi nei quali si presenta il nostro potere conoscitivo, sono di tre tipi: sensibilità, intelligenza e ragione, che Kant rispettivamente denomina estetica, analitica, dialettica.

L'estetica trascendentale
Il suo scopo è di studiare le forme a priori della sensibilità: alla base della sensibilità ci sono strutture uguali per tutti all'interno delle quali collochiamo l'oggetto percepito, che sono spazio e tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno, il tempo è la forma del senso interno, in cui collochiamo il flusso delle nostre esperienze interne. Lo spazio e il tempo sono le strutture grazie alle quali sono possibili la matematica e la fisica. La matematica lavora sulla pura forma dello spazio, estrae dalla realtà; a questo si collega la questione dei giudizi: conoscere vuol dire anche giudicare.
I giudizi possono essere:
Analitici: il predicato è già contenuto nel soggetto
Sintetici: c'è stata una sintesi: il predicato non è contenuto nel soggetto
Si possono conciliare giudizi analitici e sintetici in giudizi che si chiamano sintetici a priori universali e necessari che ampliano la conoscenza: 7 + 5 = 12 è uguale per tutti (analitico), ma ci si può arrivare in altri modi: il 12 non è insito né nel 7 né nel 5, è nuovo (sintetico). La scienza è fatta da giudizi sintetici a priori.
Spazio e tempo hanno due caratteristiche che sono ideali e reali : l'idealità trascendentale. Ideali perché sono funzioni logiche della mente, reali perché sono universali e necessari dato che valgono per tutti.

L'analitica trascendentale
È quella dottrina che studia le forme a priori dell'intelletto: studia il modo in cui l'intelletto unifica le sensazioni arrivate dall'esperienza, il cui prodotto è un concetto. C'è bisogno di strutture categoriche per classificare le singole sensazioni: le categorie derivano da Aristotele, per il quale sono i sommi generi dell'essere: ciò che si può predicare dell'essere. Le categorie per Kant sono divise in quattro tipi: quantità (unità pluralità, totalità), relazione (causa effetto, accidente), qualità (forma, colore, odore) e modalità (inerenza e sussistenza). Queste categorie devono essere universali e necessarie e derivano tutte dall'autocoscienza dell'individuo che Kant chiama l'io penso: il sentire di sentire o sintesi originaria dell'appercezione . Per Cartesio il cogito implicava la res cogitans, la sostanza; per Kant resta una funzione logica, un'ipotesi perché tutti coloro che hanno l'io penso, possiedono le categorie e le possiedono allo stesso modo: "deduzione trascendentale": dimostrazione della validità delle categorie.

Dialettica trascendentale
La dialettica è logica dell'apparenza, un modo di ragionare vizioso che produce parvenza e non conoscenza. La dialettica studia il modo in cui la ragione unifica i concetti dell'intelletto: mentre l'intelletto procede con i giudizi e con le sentenze, la ragione procede con i sillogismi. Il problema della dialettica e della ragione è il fatto che non ha direttamente a che fare con l'esperienza: arriva a delle conclusioni che escono dall'ambito fenomenico. La ragione nel suo processo di unificazione dei concetti approda a tre totalità incondizionate (tre assoluti): l'idea di Anima, l'idea di Mondo, l'idea di Dio. La ricerca dell'incondizionato da parte della ragione è la prosecuzione inevitabile del nostro processo conoscitivo verso un'unità ultima che continuamente sfugge alla nostra conoscenza. L'unità suprema cui la ragione aspira può solo essere pensata ma non può essere conosciuta.
Studio dell'anima: psicologia razionale; Studio del mondo: cosmologia razionale Studio di Dio: teologia razionale. La ragione, nella sua ricerca dell'incondizionato, cade in contraddizione di aporie , di antinomie. Si rientra nella metafisica che esula dell'ambito dell'esperienza.

Psicologia razionale
Il concetto di anima, con il progredire della scienza è diventato sinonimo di mente: la psicologia razionale pretende di giungere ad una conoscenza effettiva dell'Io, senza ricorrere all'esperienza, così, con il puro pensiero o ragionamento, attribuisce all'anima caratteristiche quali la sostanzialità, la semplicità, l'immutabilità, l'immortalità.
Alla base di queste pretese c'è per Kant un errore logico che chiama paralogismo. Ovvero un sillogismo errato nella sua struttura, nella sua impostazione, perché il sillogismo è basato su due premesse: una premessa maggiore (a) e una premessa minore (b); dalla sintesi delle due deve derivare una conclusione. Il sillogismo funziona se le premesse sono vere, se i due termini a e b sono uniti da un termine intermedio c che è comune ad entrambi, se il termine intermedio non è univoco, non ha sempre lo stesso significato, ma è equivoco, o si presta a più interpretazioni, quindi a e b non sono più uniti, ma il sillogismo si scinde in due e più sillogismi, uno per ogni significato del termine, quindi il sillogismo non dimostra più nulla.
Esempio di sillogismo:
• Tutti gli uomini sono animali razionali
• Socrate è un uomo
• Uomo
Conclusione: Socrate è un animale razionale
Esempio di paralogismo:
• Socrate è Ateniese
• Socrate è brutto
• Ateniese
Conclusione errata: tutti gli Ateniesi sono brutti
Per l'anima si viene a creare un paralogismo:
• Ciò che può essere pensato solo come soggetto esiste come tutto ed è sostanza tangibile
• Un essere pensante può essere pensato solo come soggetto
Conclusione errata: l'essere pensante esiste come sostanza, cioè come anima
errore: si attribuisce sostanzialità dunque esistenza reale a ciò che è solo formale.
Cosmologia razionale
Si occupa dell'idea di mondo, ovvero la totalità dei fenomeni esterni: la sua tesi è questa: se è dato un fenomeno condizionato (qualunque cosa che esista nella realtà di cui noi possiamo fare esperienza), è data anche la serie delle sue condizioni come un oggetto conoscibile. Si scambia per fenomeno ciò che non può essere un oggetto di esperienza, ovvero il mondo esterno inteso come insieme di tutti i fenomeni.
La totalità dell'esperienza, non è mai un'esperienza, si conosce la verità solo sotto aspetti particolari, possiamo solo pensare ad un'idea che comprende in sé teoricamente tutti i fenomeni possibili, ma assolutamente non possiamo conoscerla. La cosmologia, dunque, cade nelle antinomie della ragione, ovvero conflitti della ragione con se stessa, contraddizioni insolubili, perché in esse, sia le tesi, sia le antitesi, sono sorrette da ragionamenti rigorosi, ma non si basano sull'esperienza. Tesi e antitesi potrebbero essere entrambe vere o entrambe false, ma non è possibile propendere per le une o per le altre perché manca il controllo empirico.

Tesi: Il mondo ha un inizio nel tempo e un limite spaziale
Antitesi: Il mondo è eterno e infinito

Tesi: Nel mondo ogni sostanza consta di parti semplici e indivisibili
Antitesi: Il mondo è composto da elementi divisibili all'infinito

Tesi: Oltre alla causalità naturale, nel mondo esiste una causalità libera (possibilità di scegliere l'azione da compiere, il comportamento da tenere)
Antitesi: Esiste solo un principio di Causa - effetto

Tesi: esiste un essere assolutamente necessario
Antitesi: Ogni realtà è solo contingente

Kant dice che le prime antinomie sono false sia nella tesi sia nell'antitesi, perché non si più avere davanti l'oggetto mondo e individuarne le caratteristiche. Le altre due poterebbero essere vere, però il problema è che le tesi fanno riferimento al campo noumenico, mentre le antitesi si riferiscono al mondo fenomenico. Il conflitto deriva dall'applicare la categoria di totalità ai fenomeni che invece si danno solo individualmente. La soluzione è dire che il mondo nella sua totalità non è oggetto conoscibile.

Teologia razionale
Si occupa dell'idea di Dio: è un assoluto, una verità incondizionata a cui la ragione tende e non può non tendere: è un'idea della ragione. L'obiettivo è confutare l'idea che le prove dell'esistenza di Dio abbiano una validità scientifica. Dio è l'essere supremo, originario, l'essere degli esseri, e Kant esamina le prove che nella tradizione filosofica sono state date, non valide scientificamente.

Kant dice: non si può non pensare a Dio, però di Dio non si può dimostrare né l'esistenza, né la non esistenza, ma allora queste idee della ragione, cosa servono? Per loro ci sono due usi:
1) Uso costitutivo: usare le idee per conoscere: prendo un'idea e la applico agli oggetti (uso illegittimo)
2) Uso regolativo: utilizzare le idee per regolare il nostro rapporto con la realtà, per dare sistematicità alle nostre conoscenze, e per guidare il nostro comportamento, allora io so che queste idee sono puramente pensate, ma faccio come se esistessero per poter regolare il mio rapporto con la realtà. Possiamo rifletter sull'esistenza ponendo a fondamento di essa e dandole un senso. Se questo serve a consolarmi, va bene, ma non devo crederci.
Quando parliamo di natura utilizziamo il nesso causale, e per comodità di ragionamento possiamo ipotizzare l'esistenza di una causa prima. Le idee trascendentali ci ricordano costantemente la nostra limitatezza, la debolezza del nostro sapere, che si arresta inevitabilmente in un punto, ma contemporaneamente queste idee ci spingono ad andare oltre. Kant si accorge che non si vive di solo fenomeno, ma c'è bisogno di noumeno. Quello che non vale da un punto di vista scientifico, può avere un senso nell'ambito pratico. In quest'ambito pratico si può inserire l'idea di Anima, di Mondo e di Dio.

CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Non ci si trova più nell'ambito teoretico, ma in quello pratico. La ragione, oltre ad avere un uso puro, dunque a valere in campo conoscitivo, possiede per Kant un uso pratico, cioè funge da motivo determinante della volontà: guida la volontà ed incita ad agire in un certo modo verso un fine positivo. Ma questo non significa, per l'uomo soddisfare tutti i suoi bisogni naturali: l'uomo possiede un fine più elevato che il semplice raggiungimento di una felicità naturale. Il fine della ragion pratica è il bene: è il produrre una volontà buona in sé. La Ragione deve dettare all'uomo le regole di comportamento. Per capire la morale kantiana, dobbiamo capire il concetto di dovere: se la ragion Pura era legata al mondo dell'essere , la critica della ragion pratica è legata a quella categoria filosofica che si chiama dover essere . Le azioni del Dover essere si dividono in:
Legali: Azioni conformi al dovere per un motivazione estrinseca: rispettare la legge o per paura della pena o per desiderio di un premio
Morali: Azioni conformi al dovere per una motivazione intrinseca, ovvero per il dovere stesso e per nessun altra ragione.
Le caratteristiche della legge morale sono cinque:
1. Razionalità: deve essere chiaramente comprensibile alla ragione umana
2. Universalità: la legge morale deve valere non solo per il soggetto che se la pone, ma per tutti gli esseri razionali- Si è universali quando la massima della nostra azione può essere estesa a tutti senza alcun danno. es. la massima delle mie azioni è vivere arricchendosi: è razionale ma non universale, perché chi si vuole arricchire a tutti i costi lo farà a discapito di qualcun altro.
3. Formalità: la legge morale deve prescindere da ogni contenuto empirico, e basarsi esclusivamente sulla pura forma della razionalità
4. Imperatività: è un comando dovuto al fatto che l'Uomo non è spontaneamente morale, ma ha bisogno di un certo controllo: la moralità sta a metà tra la bestialità e la santità . L'uomo è tentato di comportarsi come gli animali, ma tende verso la santità. Ma nella moralità si realizza l'autonomia: dare leggi a se stessi. Non essere determinati da altri che da sé. Quanti tipi di imperativi esistono?
o Imperativi ipotetici: regole dell'abilità, consigli della prudenza, regole di comportamento sociale che si sintetizzano nella formula: se vuoi x fai y. Questi imperativi ipotetici indicano solo quali mezzi adoperare per raggiungere un certo fine, ma non dicono se il fine sia bene o male.
o Imperativi categorici: devo fare x perché devo, prima ancora di sapere se ho i mezzi per raggiungere x debbo attivare la mia volontà per raggiungere questo fine.

Formulazione degli imperativi categorici
• Agisci: come se la massima della tua azione dovesse essere elevata a legge universale di Natura. Qui si sottolinea il fatto che la legge deve valere per tutti incondizionatamente e che tutti devono mettere da parte i propri vantaggi e svantaggi personali.
• Agisci in modo che la tua volontà valga per tutti come universalmente legislatrice.
• Agisci in modo da trattare l'umanità nella propria e nell'altrui persona sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. Questo presuppone il rispetto altrui: solo in questo modo si può realizzare il "regno dei fini", l'obiettivo degli obiettivi dell'uomo, che è realizzare una comunità di esseri liberi e razionali, quindi autodeterminantisi, in cui ciascuno sia al tempo stesso legislatore e suddito. Non è una comunità corretta, non è uno stato. Il regno dei fini è un ideale utopico.
• Intenzionalità della legge morale. Significa che l'etica di Kant guarda all'intenzione con cui è stata compiuta l'azione, piuttosto che il risultato. Dunque il valore di un'azione sta nel movente della volontà: posso fallire, ma se ho agito per il bene, l'azione ha una morale. Quindi l'uomo ha dentro di sé una componente empirica e naturale, è sottoposto alle leggi di causa - effetto e quindi non è libero, anche se ha un aspetto legato alla libertà: anche l'uomo è fenomeno, ma può valere anche come noumeno perché si dà delle leggi morali: l'uomo deve fondere dentro di sé l'aspetto fenomenico e noumenico.
Pensiero di Kant: «Il cielo stellato sopra di me mi fa ricordare la fragilità della mia natura, ma mi fa sentire anche parte del tutto, mentre la legge morale che è in me mi fa ricordare che sono libero».
Il rispetto della legge morale produce nell'uomo un duplice sentimento, ovvero uno stato di piacere e dispiacere contemporaneamente. Il dispiacere consiste nel fatto che l'uomo si rende conto della propria fragilità, della sua necessità fenomenica, cioè di esse un semplice meccanismo tra i meccanismi, essere la parte di un tutto, in questo senso l'uomo perde il suo amor proprio, viene mortificato il suo lato sensibile, perché non può abbandonarsi agli istinti. Il piacere, invece, consiste nel fatto che l'uomo è libero e può scegliere di elevarsi dalla bruta animalità e quindi agire disinteressatamente per il bene comune. In questa legge morale, affinché sia realizzabile, occorre ammettere tre postulati detti: postulati della ragion pratica, sono condizioni che si ammettono come vere in modo ipotetico:
1. Libertà autonomia autodeterminazione
2. Immortalità dell'anima
3. Esistenza di Dio
Non è obbligatorio crederci. Le ultime due condizioni, Kant le aveva espulse nella "Critica della ragion pura", ma le riprende in ambito pratico. Kant intende la libertà come autonomia: capacità di dare leggi naturali a se stessi, di autodeterminarsi, quindi di decidere razionalmente il proprio destino. La libertà è necessaria, perché, se io devo, in qualche modo è perché posso, non sono il balia di qualche essere trascendentale che mi guida. La bontà dell'azione sta nel fatto che posso scegliere anche quella opposta. La libertà è la ratio essendi della ragione morale, cioè, agendo normalmente, l'uomo diventa libero, ma è anche vero che l'uomo agisce normalmente perché è libero; quindi è un rapporto biunivoco, di simbiosi. Kant dice anche che la legge morale è la ratio cognoscendi della libertà. L'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio servono per realizzare il fine che Kant chiama SOMMO BENE, perché questo contiene due elementi al suo interno che sono la virtù e la felicità. La virtù è intesa come merito di essere felici; noi siamo buoni e meritiamo la felicità, ma non è detto che lo sia veramente: non è completo perché ha bisogno anche della felicità. Questa è la soddisfazione dei propri bisogni, sempre in connessione con la legge morale.
Per realizzare la virtù c'è bisogno dell'immortalità dell'anima, e per la felicità dell'esistenza di Dio. La connessione tra virtù e immortalità è data dal fatto che, dovendo l'uomo diventare sempre migliore per tendere alla felicità, ha bisogno di pensarsi come essere infinitamente perfettibile; cioè che in un tempo e spazio non definiti si continui il processo di perfezionamento. Se così non fosse non servirebbe a niente agire bene perché non ne si avrebbe la motivazione. Questa è un'ipotesi che dà la forza di agire bene; l'altruismo può essere visto come una forma di egoismo mascherato, perché lo si fa anche per un bene personale. L'uomo è caratterizzato da un'insocievole socievolezza, in quanto, quando ha soddisfato il bene comune, si occupa del proprio. L'esistenza di Dio mi serve perché un Dio è garante della giusta distribuzione della felicità, quindi la moralità è una condizione necessaria ma non sufficiente (perché ha bisogno della religione). La morale conduce alla religione.
Il concetto di moralità diviene molto importante dal punto di vista politico: Per Kant è importante mettersi sia dal punto di vista dei legislatori che dei sudditi. Kant condivide il presupposto jus naturalistico per cui lo Stato è il frutto di un accordo stipulato tra i suoi membri. Lo stato di natura è immorale, perché gli uomini perseguono i propri bisogni personali, quindi avviene la creazione del patto. Per uscire dallo stato di natura occorre il diritto: limitazione della libertà individuale alla condizione che questa si accordi con la libertà degli altri: la legge morale e quella giuridica devono funzionare allo stesso modo, quindi Kant ipotizza una costituzione repubblicana di Stato basato sulla divisione dei poteri e sui tre principi fondamentali della ragione: libertà, uguaglianza davanti alla legge, indipendenza dell'individuo, che nello Stato diventa partecipazione al potere politico mediante meccanismi di rappresentanza.
Kant non è un democratico giacobino, anche se è d'accordo con gli ideali della rivoluzione, ma non ama nemmeno il dispotismo illuminato tipico del 700 (Maria Teresa d'Austria), poiché tutto dipende dalla bontà o meno del sovrano, ma può anche capitare un sovrano non buono. Se il sovrano non rispetta il diritto dell'individuo, il popolo può fare resistenza con la penna, ovvero, con l'opinione pubblica che faccia sentire il suo dissenso. Dov'è la moralità dello Stato? Il politico deve essere anche morale, ovvero la legge va fatta tenendo conto dell'interesse universale, e il politico deve rinunciare a interessi egoistici. Egli deve agire mirando alla pace, intesa come dovere universale. Kant nell'opera per la pace perpetua, parla della pace tra gli stati: se il politico non agisce mirando alla pace, l'unica pace ottenibile sarà quella eterna.

Fichte Johann
Noi intendiamo io puro, principio di ogni cosa, pensiero ed attività spirituale. Con Fichte abbiamo la metafisica del pensiero ciò vuol dire che la ricerca della sostanza di una cosa non è nella realtà ma nel pensiero soggettivo.
Fichte considera la filosofia dogmatica degna di persone passive. L'idealismo è per lui la filosofia dei giovani perché l'io è creatore.
Secondo lui, la vera natura umana è quella morale, possiamo definire il suo un idealismo etico.
Dopo la lettura della critica alla ragion pratica, pubblicò un libro anonimo che come stile si avvicinava molto a quello di Kant. Viene riconosciuto ed invitato ad insegnare all'università. Qui un suo assistente aveva proposto nei suoi testi che noi dobbiamo parlare di Dio come ordine morale dell'Universo. Il senato accademico richiamò Fichte il quale disse "se non siamo liberi di scrivere quello che vogliamo, io do le dimissioni". Vennero cacciati dall'università. Fichte cercò lavoro ma ben presto sua moglie che era infermiera si ammalò e lo contagiò di un male che in breve tempo lo portò alla morte.
Importantissimi da ricordare sono i discorsi alla nazione tedesca che egli scrisse per suscitare uno spirito nazionalistico.
Secondo Fichte l'io penso di Kant non può essere solo legislatore della natura, ma deve essere anche creatore.

Esso si struttura in:
1. TESI (realtà*) L'io pone se stesso
2. ANTITESI< (negazione*) L'io pone il non io 1
3. SINTESI (limitazione*) L'io pone il non io per farsi io 2
1 vengono sistemate come le categorie di Kant
2 il rapporto tra realtà e negazione è limitazione

L'io pone se stesso secondo il principio logico di identità a=a io=io
Esso ha una natura morale Se io sono messo alla prova è vero che sono moralità? La vita va vissuta. Bisogna cercare di superare il non io, che rappresenta gli ostacoli e ci allontana dalla moralità.
Il non io non è autonomo ma è creato per controbattere l'io. Il non io viene quindi creato da noi.
L'io per realizzarsi come moralità si è trasformato in non io.
Finché viviamo ci limitiamo sempre ad essere morali sapendo comunque che la moralità assoluta non la raggiungeremo mai.

Schelling Friedrich
Schelling prese il posto di Fichte ma pur avendo avuto successo inizialmente, con l'avvento di Hegel le cose cambiarono.
Le sue opere principali sono: "Bruno o del principio naturale e divino delle cose", "Il sistema dell'idealismo trascendentale".
Critica Fichte in quanto l'attività dell'io descritta da lui è infinita, ma questa infinità è cattiva, perché non raggiunge mai una fine. D'altra parte il "non io" è troppo limitato e deve essere rivalutato: tutto deve rispondere a Spinosa, tutto è divinizzato. Il principio di Schelling è l'Assoluto.

ASSOLUTO: unità indifferenziata di natura e spirito
NATURA: spirito incosciente
SPIRITO: consapevolezza

L'interesse di Schelling fu rivolto alla natura che cerca di prendere coscienza di se stessa. Il suo studio si chiama fisica speculativa. Studia il divenire della natura che va avanti per gradi.
Si va avanti per lo scontro di due grandi forze, quella attrattiva e quella repulsiva. Le tre tappe più importanti sono: gravità (magnetismo), luce (elettricità), vita [chimismo (organica)].
Il momento culminante della vita è il finalismo.

La natura è espressione dell'assoluto. Le tappe dello spirito sono:
• Attività teoretica
• Attività pratica
• La finalità e la storia
Il suo idealismo è chiamato idealismo estetico.
Il momento finale in cui si raggiunge l'assoluto è l'arte. L'arte è l'organo della filosofia e rivela l'assoluto in quanto è spirito che opera come natura.
Hegel sarà d'accordo con Schelling riguardo all'assoluto, dando un momento finale, mentre ne criticherà l'assoluto: "se sono unità indifferenziate di natura e spirito, come si differenziano?" Per lui l'assoluto sarà unità - distinzione di natura e spirito.

Hegel George
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e studia in scuole religiose. Una volta laureato, viene chiamato a Berna a fare il precettore privato. Nelle famiglie ricche dove lavora ha la possibilità di frequentare grandi biblioteche dove si può accingere alla lettura dei classici. Egli studiò molto la cultura greca e soprattutto Platone. Voleva diventare un grande filosofo come Platone e non come il "genio" (Schelling) che solo in sogno conobbe la filosofia. Proprio mentre era a Berna scrisse le sue prime opere di natura religiosa: "La vita di Gesù", "La positività della religione cristiana". Le opere di questo periodo non ebbero grande successo anche se oggi sono state riscoperte e studiate.
Successivamente pubblica: "Differenza fra il sistema filosofico di Fiche e quello di Schelling", "Fenomenologia dello spirito".
Trasferitosi a Norimberga scrive "Scienza della logica" dove, partendo dall'idea prima di essere cerca di raggiungere la realtà determinata e quindi anche la coscienza.
A Berlino divenne professore universitario facendo, con le sue lezioni, grande successo. Hegel divenne filosofo dello Stato Prussiano, con le "Lezioni Berlinesi", libro contenente gli appunti delle sue lezioni, raccolti dai suoi alunni, esaltava le doti dello Stato tedesco e lo poneva come guida per gli altri.
Egli sviluppa il suo pensiero tenendo presente il pensiero greco. Per Hegel il principio di ogni cosa è l' Assoluto = distinzione di natura e spirito. L'assoluto (unità distinzione) ha un punto finale. "Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale e reale" tutto ciò che si realizza ha una sua razionalità; ciò vuol dire credere alla provvidenza (ottimismo). Tutto ciò che è razionale si deve realizzare.
Per Hegel l'assoluto si sviluppa secondo una struttura dialettica. Di dialettica ne hanno parlato i sofisti, ma era di natura bipolare; ne ha parlato Kant, ma rappresentava la pretesa della ragione di dimostrare le sue idee. Per Hegel invece, la dialettica rappresenta il movimento stesso dell' Assoluto.

STRUTTURA DELL'ASSOLUTO
TESI: momento astratto intellettuale, Momento di posizione
ANTITESI: opposizione, momento negativo della ragione
SINTESI: momento positivo razionale, Movimento circolare
L'antitesi si basa sul principio di opposizione che determina il movimento. La sintesi rappresenta il superamento dei limiti posti nella tesi e nell'antitesi.(SINTESI=AUFHBEN tagliare e conservare).

Esempio:
TESI: vita
ANTITESI: morte
SINTESI: specie (figli) (con i figli si può vivere oltre la morte).

Quindi la tesi e l'antitesi vengono superati per affrontare un momento nuovo di ottimismo.

Nelle opere giovanili già si può intuire questo metodo dialettico:
TESI: momento rappresentato dalla religione greca; c'era armonia con la natura, la religione rispondeva ai bisogni dell'uomo.
ANTITESI: rappresentata dalla religione ebraica; si rompe l' equilibrio tra uomo e divinità mostrando l'uomo come schiavo, servo della divinità punitrice. Si ha quindi una scissione (separazione tra uomo e divinità).
SINTESI: rappresentata dalla religione cristiana; la religione dell'amore. L'amore unisce l'uomo a Dio; come dice Platone: "nell'amore non c'è chi domina e chi è dominato, c'è unità. L'uomo della religione cristiana sa che è unito a Dio attraverso l'amore. Con l'amore si supera qualsiasi scissione (Fedro).

Quindi l'assoluto rappresenta il momento culminante della filosofia. "La filosofia è come l'uccello di Minerva che vola al tramonto".
Minerva: Dea della sapienza
Tramonto:momento di riflessione; (l'assoluto riflette su se stesso).

L'idealismo di Hegel è un idealismo logico [sarà accusato di Panlogismo (tutto è razionalità)].

FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
La fenomenologia dello spirito rappresenta la storia romanzata dello spirito che si racconta attraverso la storia. Lo spirito si presenta come:

COSCIENZA: Spirito
AUTOCOSCIENZA: Religione
RAGIONE: Sapere Assoluto

Lo spirito cerca di presentarsi:

COSCIENZA:
• Certezza sensibile
• Percezione
• Intelletto
AUTOCOSCIENZA:
• Servo - padrone
• Libertà (Stoicismo, scetticismo, cristianesimo)
• Coscienza infelice
RAGIONE:
• Osservativa (Rinascimento)
• Attiva (piacere, virtù, cuore)
• Etica
La coscienza è il momento in cui inizia tutto. Lo spirito prende coscienza di se (certezza sensibile). Quando capisce la differenza tra uno e molti, si passa alla percezione.
Con l'intelletto si fa il concetto che permette di cogliere l'universale concreto.
Concetto reale (concreto) - razionale (universale).
La coscienza diviene autocoscienza nel rapporto con gli altri. Noi siamo delle coscienze, tra l'una e l'altra si crea un rapporto di "servo - padrone".
C'è chi ha paura della morte, dell'incognito. allora non affronta la vita e si affida a qualcun altro. Chi non ha paura sarà sempre padrone nella vita, chi invece ha paura avrà sempre un atteggiamento di servo.
Il padrone che si serve del servo, non si rende conto però che è lui stesso servo del suo servo poiché ha bisogno di lui. Allora il servo prende coscienza della sua importanza per il padrone, che non potrebbe essere tale senza il suo servo.
Da questa opposizione scaturisce la libertà spirituale. Il Cristianesimo del Medioevo ha portato la coscienza infelice: durante quel periodo infatti, si diceva ai cristiani di vivere in questo mondo pensando sempre che il vero mondo è quello dell'aldilà. Allora il cristiano nel Medioevo, era scisso, lacerato, perché viveva in questo mondo sapendo che non era il suo mondo.
Nel Rinascimento ci cogliamo come ragione (universale concreto). Ragione osservativa: l'uomo nel Rinascimento vuole fare scienza. Poi da osservativa diventa attiva (la ragione può agire per piacere, come Faust); o per ragioni di cuore (come Rousseau) o per virtù (come Don Chisciotte). Il momento culminate vede la ragione come etica.

Percorso speculativo
• SPIRITO
La bella vita etica "Antigone"
La cultura (Illuminismo, Robespierre, Terrore)
L'anima bella (Romanticismo, Novalis)
• RELIGIONE
• SAPERE ASSOLUTO
La bella vita etica è il mondo greco. Si rifà alla tragedia di Antigone. Lei era una fanciulla che ha disubbidito a Creonte seppellendo il fratello. Si viene a formare un conflitto tra legge umana e legge del cuore. Ciascuno di noi ha simpatia per Antigone, ma se ciascuno di noi la pensasse come lei, non ci sarebbe Stato. Le leggi vanno rispettate anche se non condivise per mantenere il giusto rapporto individuo-stato.
Da questo conflitto si giunge al poter vivere in società. E' il caso dell'impero romano. La cultura rappresenta la presenza della legge dello Stato. Ma questo ha comportato il momento del Terrore. Siamo tutti uguali, ma nello stesso tempo nessuno lo era. Il rapporto tra individuo e Stato nell'Illuminismo era di paura.
E' un'anima bella che rischia di impazzire o intisichire. E' individualistica.

ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO
ASSOLUTO O IDEA
• Idea in se o Logica
Essere (qualità, quantità, misura)
Essenza [contenuto dell'essere]
Concetto
• Idea fuori di se o Natura
Meccanica
Fisica (magnetismo, elettricità, chimismo)
Organica (geologico, vegetale, animale[sensibilità, irritabilità, riproduzione{vita, morte, specie}])
• Idea in sè e per sé o Spirito
Soggettivo (antropologia[anima], fenomenologia[coscienza], psicologia[libertà]);
Oggettivo (Diritto, moralità, eticità [famiglia, società civile, stato]);
Assoluto (arte[idealità, intuizione, forma]{l'assoluto è intuito}, religione[orientale, personale, cristiana]{l'assoluto è rappresentato}, filosofia{l'assoluto è pensato come concetto}).
Idea in se o LOGICA

Per Hegel tutto è logica, tutto è razionalità. "Le mie categorie hanno mani e piedi"; le categorie, forme della logica non sono astratte, ma concrete. Il momento vero è la sintesi, il concetto. Il vero concetto è l'idea, il momento in cui l'idea, partita da essere diviene concetto.

Idea fuori di sé o NATURA

Nella filosofia della natura, l'idea si estranea da sé. Essa rappresenta il momento negativo razionale, quello dell'antitesi. E' un momento importante, necessario ma che Hegel non ritiene interessante poiché qualunque suo spettacolo, anche se stupendo, è inferiore ad ogni azione dell'uomo, anche se malvagia; perché nell'uomo c'è lo spirito libero.
Non è come Schelling che la studia approfonditamente attraverso la fisica speculativa.
Hegel dice: "io non credo alla natura come ce l'ha presentata il Romanticismo, ("Deus sive natura" Spinoza). Egli la suddivide in meccanica, fisica ed organica.
La natura meccanica studia la natura nello spazio e nel tempo (esteriormente).
La natura fisica analizza le leggi della natura. Le leggi sono quelle di Schelling(elettricità, magnetismo, chimismo).
La natura organica ci presenta l'organismo geologico (il fossile).
Hegel studia l'organismo secondo la concezione di Aristotele di funzione vegetativa e sensitiva. L'organismo vegetale ha la funzione vegetativa cioè di crescere, nutrirsi e morire. L'organismo animale ha invece la funzione sensitiva, quindi ha anche la capacità di sentire gli stimoli. L'animale sente; è sensibile; quando sente degli stimoli reagisce ad essi, di qualsiasi natura essi siano, secondo la legge di stimolo e risposta. La riproduzione rappresenta la continuazione della vita (vita, morte, specie).
La specie è il punto culminante della riproduzione. Con la specie vengono superate le barriere della morte con la vita stessa. Ciò determina la Storia dell'umanità.

Idea in sé e per sé o SPIRITO
• Lo spirito soggettivo
Nell'Antropologia Hegel ci presenta lo spirito soggettivo come anima biologica cioè come funzionalità, come vita (alla maniera di Aristotele). Un'anima primordiale a contatto con l'ambiente (teoria dell'evoluzione).
Nella Fenomenologia dello spirito, si parla di coscienza (certezza sensibile, percezione, intelletto).
La Psicologia ci studia dal punto di vista della libertà. La psicologia non viene studiata come scienza; lo diventerà solo nel 1879. Per il momento viene studiata solo come espressione della nostra libertà.
• Lo spirito oggettivo
Lo spirito oggettivo riguarda i rapporti che si concretizzano tramite la libertà. La libertà individuale si esplica nelle istituzioni.
Il primo momento è il contratto; si riferisce alla proprietà che è la prima libertà individuale. Quindi il diritto si presenta come un momento esteriore, come rapporto visibile. Il primo rapporto visibile è il contratto, ciascuno di noi si realizza come possesso, e quindi con tutto ciò che comporta avere il contratto e la conservazione della proprietà privata.
Se il diritto è l'aspetto esteriore, quello interiore è la moralità. Per Hegel è sempre un aspetto individuale.
Per superare gli aspetti limitativi l'unico momento vero è la sintesi: individualità in riferimento alla comunità (eticità, organismi etici). La sintesi ci presenta dunque l'eticità, il significato dell'individuo in relazione alla società.
Gli organismi etici sono:
La famiglia. Essa è l'unione che nasce con un contratto quando fra due individui c'è sentimento (si nota quindi l'unione tra tesi ed antitesi).
La famiglia dà l'idea che la moralità individuale è già in rapporto alla moralità del coniuge. Hegel vede questo rapporto come un nucleo chiuso ed armonico al suo interno. Però, questo nucleo chiuso, per necessità si deve rompere, scindere, lacerare (antitesi) quando i figli, diventati grandi, escono dalla famiglia. Quando questi escono rompono l'armonia che c'era all'interno della loro famiglia.
Hegel esamina questa lacerazione e la chiama società civile.
Questa indica una comunità di famiglie aperte. Si crea così un rapporto continuo, dinamico tra i vari individui; questa comunità ha bisogno però di una ricongiunzione armonica e questa si raggiunge solo con lo Stato.
Lo Stato rappresenta il momento della sintesi e lo si può considerare come una grande famiglia. Questo rappresenta la "realtà etica consapevole si sé" di un popolo, ossia la consapevolezza del fine cui va indirizzata la vita comune. In questo senso esso è per Hegel Dio in Terra.
Lo Stato quindi rappresenta la sintesi, la realizzazione dell'assoluto dal punto di vista storico.
Lo Stato è vita perché è ragione ("Il Dio che si fa realtà"). La sua vivacità si nota nella guerra. Proprio questa viene vista da Hegel come vento che non permette alle acque di stagnare. "lo capisco che nelle guerre si corrono molti rischi però bisogna affrontarli per permettere agli Stati giovani di affermarsi".
La guerra quindi è necessaria e come tale è razionalità. Tramite la guerra si affermano le nazioni. La guerra si serve dell'astuzia della ragione degli uomini per fomentare la battaglia, lo scontro. La ragione quando ha suscitato la guerra si serve anche degli eroi (individui cosmico storici).
Gli eroi per Hegel sono l'assoluto. L'assoluto si è realizzato in un individuo che ha sentito lo spirito dell'assoluto e lo ha realizzato nella storia e nello spazio. Es: "Cesare distrutto due Repubbliche fantasma e ha realizzato lo spirito nuovo".
Una volta che questi eroi compiono il loro compito di mostrare l'assoluto, vengono messi da parte.
Per Hegel l'unica realtà vera è lo Stato che sviluppa la razionalità. Noi possiamo studiare la storia attraverso la libertà, attraverso la realizzazione della libertà.
"Negli Stati orientali la libertà è di uno solo, poi negli Stati greco - romani la libertà appartiene a pochi (il Senato, l'aristocrazia), è solo nello Stato tedesco che da Lutero in poi la libertà appartiene a tutti". Quindi è solo nello Stato tedesco che tutti sono liberi e quindi è lo Stato tedesco che deve essere lo Stato guida di tutti gli altri Stati, perché è l'unico che ha realizzato l'assoluto. (idea PANGERMANICA - la Germania ha il diritto di guidare gli altri popoli).
Questo fu un discorso pericoloso più dei "discorsi alla nazione tedesca" di Fiche. Mentre questi ultimi furono scritti per necessità, per stimolare i tedeschi contro l'oppressione dello straniero, i discorsi di Hegel sono rivolti allo Stato che viene giustificato attraverso la razionalità.
Naturalmente questo discorso venne ripreso durante la I guerra mondiale.
Hegel tratteggia questo grande scenario (storia - realizzazione dell'assoluto). Nella storia nulla è fatto per caso, ma tutto ha un suo fine, uno scopo ben determinato. Tutto è razionale, tutto compie un movimento razionale.
• Lo spirito assoluto
Lo spirito fin'ora è stato soggettivo, oggettivo, ed adesso lo si può cogliere nella sua pienezza. Tutte e tre le funzioni dello spirito hanno per oggetto l'assoluto (lo spirito che si coglie in sé e per sé). Questo è il momento in cui si prende coscienza del giorno cioè rappresenta lo svolgimento dell'assoluto.
L'assoluto può essere intuito nell'arte, rappresentato nella religione e pensato come concetto nella filosofia.
L'arte è il momento di intuizione soggettiva di chi ha una natura sensibile. Schelling ha visto l'arte come momento di intuizione dell'assoluto, per lui l'arte è il momento culminante (unione indifferenziata di natura e spirito). Per Hegel invece, l'arte è un momento particolare che deve essere superato. L'arte si sviluppa attraverso tre momenti particolari dell'artista: idealità, intuizione, forma.
In queste tre fasi si può trovare delineata la storia dell'arte. All'inizio della storia, nell'arte è stata predominante la materia (arte simbolica). L'arte orientale poi, si è manifestata nell'architettura dei templi (uso del marmo, della pietra).
Nell'arte greco - romana, c'è stato invece un equilibrio tra materia e idealità e questa forma di arte si è manifestata nella scultura (armonia tra intuizione dell'artista e forma).
Infine si giunge all'età moderna, all'età tedesca con l'arte Romantica.
In questo tipo di arte predomina la soggettività dell'artista, infatti le espressioni d'arte di questo periodo sono la pittura, la musica e la poesia.
In questo senso, l'arte tedesca è quella superiore a tutte le altre. Nell'arte noi cogliamo in un momento soggettivo l'intuizione dell'assoluto. Hegel, comunque, pur affrontando la distinzione tra bello naturale e bello artistico, ritiene che il soggetto da cui si trae l'ispirazione è sempre superiore.
Ma l'arte in sé è un momento affidato al soggetto. Ma l'assoluto ha bisogno di avere un momento di oggettività.
Questo momento lo si ha con la religione. In essa, l'assoluto è colto da tutti tramite la fede che fa avvertire oggettivamente la presenza dell'assoluto. Anche la religione si può studiare attraverso tre momenti: religione orientale; religione personale; religione cristiana.
La religione orientale, rappresenta il primo momento in cui l'assoluto è visto in un feticcio (in questa religione c'è il culto del Dio Sole, della metempsicosi), al massimo si può avere un certo animalismo (pensare che tutta la natura sia divinizzata).
Ma questa rappresenta l'infanzia dell'umanità, poi si passa alla religione personale (la divinità è vista come persona). Questa religione, di natura personale è tipico della religione ebraica.
Ma anche questo momento, non è quello culminate.
Infatti il momento culminante è dato solo dalla religione cristiana che presenta Dio come trinità: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.
Nemmeno la religione è un momento conclusivo, perché oggettivo. L'assolto è colto nella sua pienezza come natura concettuale (concetto).
Il concetto è visto come complemento, coglie l'assoluto nella sua essenza. L'assoluto si può cogliere solo nella filosofia (panlogismo).
Questo momento è il momento finale "E' come l'uccello di Minerva che vola al tramonto". C'è solo da riflettere, di prendere coscienza di ciò che è accaduto. Quindi la filosofia è anche storia.
Attraverso i vari filosofi che hanno criticato le filosofie precedenti e le hanno superate si è potuto avere uno svolgimento nella storia, nella ricerca della filosofia finale.
In questo svolgimento, l'assoluto cerca se stesso, cerca di farsi capire, di realizzarsi. La filosofia quindi risponde al tempo in cui si realizza e coglie quel momento storico in cui si sviluppa.
Hegel dice che la sua filosofia è la massima filosofia, e come tale non potrà essere mai superata. Questa sua idea rappresenta il limite della filosofia hegeliana, perché la filosofia procede, come procede lo sviluppo dell'umanità.
E'importante che la filosofia abbia un rapporto sociale con la storia e che instauri anche un rapporto con la religione.
Però, pur considerando la filosofia come momento speculativo (sintesi), ritiene che la religione e la filosofia stiano sullo stesso piano.
Per lui la filosofia non è superiore alla religione perché entrambe hanno lo stesso soggetto, l'assoluto.
Un gruppo di suoi discepoli riterrà questa affermazione corretta (destra hegeliana), mentre un altro gruppo di studenti dirà che la religione e l'arte, non stanno sullo stesso piano della filosofia perché hanno lo stesso oggetto.
Arthur Schopenhauer
Alcuni caratteri del pensiero Hegeliano saranno criticati:
• L'identità di reale e razionale. Come si spiega dunque il male? Il negativo? Non lascia spazio alla caducità, all'incidente.
• La mancanza dell'individualità, ciascuno di noi è inserito nell'assoluto razionale.
Schopenhauer è stato il primo ad esaminare questi aspetti. Egli ebbe contrasti con Hegel accusandolo di avere prostituito la filosofia. Considerava infatti, quella di Hegel, la più vuota chiacchierata che potevano fare delle teste di legno.
Schopenhauer nasce a Danzica nel 1778, i suoi ideali sono Platone e Kant, la sua filosofia sarà irrazionalismo e pessimismo. Egli ha conosciuto la filosofia orientale, ciò è anche riscontrabile nel suo pensiero.
La sua opera più grande fu "Il mondo come volontà e rappresentazione", la tesi di laurea "Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente" cioè la causalità.
La causa si esprime nell'essere, nel divenire, nel conoscere e nell'agire. Studia la causa e ritorna alla distinzione di fenomeno e noumeno.

Il noumeno è la volontà, essa è l'unica vera realtà, è cieca, irrazionale e non sa nemmeno lei quello che vuole. Essa si estrinseca prima in un mondo di idee platonico, poi nel nostro mondo (spazio, tempo, causalità) e poi in ciascuno di noi, perché noi vogliamo in ogni momento, è un bisogno muscolare. Abbiamo un pensiero fisso, fino a quando non lo soddisfiamo. Dopo averlo soddisfatto, viviamo nella noia, e cerchiamo un altro bisogno, un altro dolore: la vita è un pendolino dalla noia al dolore.

Sentirsi vivi per Schopenhauer è sentire la volontà.

Ma non si può vivere così, dobbiamo tentare di non sentire più la volontà di vivere: potrebbe essere una soluzione il suicidio, ma non è così, perché facciamo ciò che vogliamo, cioè liberarsi dalla vita. Liberarsi significa squarciare il velo di Maya. Maya è la verità: ma noi non possiamo mai vedere la verità nuda, il noumeno.

Ma Schopenhauer dice che possiamo liberarci dalla volontà di vivere in 4 gradi:
• L'arte: è un modo per non pensare a noi stessi. In particolare la musica di Wagner. La musica ci fa dimenticare noi stessi.
• La Compassione: patire insieme, rendersi partecipi ai problemi degli altri.
• La giustizia: è una compassione legalizzata infatti la legge prevede il rispetto per tutti.
• Nirvana: equivale alla beatitudine, non avvertire nessun dolore, cioè l'annullamento della volontà, il non sentire. Questo è la noluntas (negativo di voluntas).
Sören Kierkegaard
Fu l'altro rappresentante della reazione ad Hegel. Kierkegaard è una personalità sensibile. Era il più piccolo di tanti figli, nato nel 1813. E' figlio di un pastore protestante, quindi sin da piccolo è cresciuto nel timore del peccato. Non ha mai fatto le cose dei giovani, non ha mai toccato la vita.
Hegel ha sempre parlato di dialettica, razionalità, necessità, ma per Kierkegaard la categoria fondamentale è la possibilità: da lui deriva l'esistenzialismo del '900: noi abbiamo la libertà e la possiamo gestire. Lo scrive nel "Concetto di possibile": tutto è possibile, la nostra esistenza è tra la possibilità positiva e negativa, dipende dalla nostra scelta, che è chiave dell'esistenza. Noi siamo al punto 0.
Ma ciascuno di noi deve vivere, allora egli pensa che la fede sia un modo per vivere, ma non il cristianesimo, ma una fede personale.
Il fondamento di ciascuno di noi è la possibilità. La possibilità riferita al mondo esterno è l'angoscia (avere rapporti con gli altri); riferita al nostro io è la disperazione.
Nel "Concetto di angoscia" egli scrive che l'angoscia è esemplificata bene nella frase di Gesù a Giuda: "Ciò che tu fai, affrettalo". L'angoscia lega il presente al futuro.
Se noi non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, noi siamo disperati.
Kierkegaard ci presenta tre stadi di vita, non in forma dialettica (et, et) ma "aut, aut" (o, o) 3 stadi dell'esistenza (= venir fuori dalla massa): il primo di tutti è Adamo, venuto fuori tramite il peccato, che è nostro e personale. Ogni singolo fa una sua esistenza la sua filosofia è quella del singolo.

Gli stadi sono tre:
1. Stadio di vita estetico: ne parla nel suo "diario di un seduttore" protagonista è Don Giovanni che vive la vita cercando emozioni e piacere alla ricerca di nuove esperienze: "che lo sappia o no è un disperato": o rimane così, o cambia la sua vita, fa un salto (dialettica del salto).
2. Stadio di vita etico: è caratterizzato dalla figura del marito, dalla fedeltà: può rimanere così o può anche prendere in considerazione la vecchia vita e fare un altro salto.
3. Stadio di vita religioso: rappresentato da Abramo. Egli rappresenta la solitudine dell'uomo di fronte a Dio l'obbedienza per Kierkegaard.
Abramo rappresenta la fede: essa è un paradosso. La verità non è rivelata, essa lo è per me (anche nella verità c'è singolarità). In "Timore e Tremore" parla di Abramo; egli è il capostipite di tre religioni. Suo figlio Isacco è un dono di Dio. Quando gli viene chiesto di sacrificarlo, egli non si rifiuta, non discute, perché rappresenta una fede religiosa cieca.
Il racconto significa che lo stadio di vita religioso per Kierkegaard rappresenta un rapporto privatissimo con Dio.
La vita è fatta di istanti e va vissuta istante per istante. La libertà che abbiamo dobbiamo regolarcela noi, non abbiamo né leggi né regole, dobbiamo inventarci la nostra vita. Si vede la reazione ad Hegel perché esalta l'individuo nel suo lato precario.

REAZIONE AD HEGEL
1. Irrazionalismo
2. Individualismo
3. Antistoricismo Schopenhauer e Kierkegaard
4. Sinistra
5. Rapporto Filosofia-Religione (trascendenza-immanentismo)

Marx Karl
Karl Marx nasce nel 1811 a Treviri, figlio di avvocato ebreo ma che si sentiva tedesco, viene inscritto all'università ma non ebbe ottimi risultati. Si laureò con una tesi in filosofia "Sulle differenze tra la filosofia di Democrito e di Epicuro". Si sposa, e scrive su dei giornali entrando in collaborazione con la sinistra hegeliana. Ogni suo scritto veniva censurato.
Gli offrono di collaborare con gli "annali Franco-tedeschi" e viene nuovamente censurato.
In Francia conosce Proudhon e si lega a Frederic Engels, benestante che lo mantiene. Viene cacciato dalla Francia e lo ritroviamo nel 1848 a Bruxelles per il manifesto del partito comunista.
Anche qui viene condannato ed insieme ad Engels si ritirava definitivamente a Londra dove scrive "il Capitale". Lì organizza nel 1864 la "I internazionale" dove si trovarono Proudhon, Backmin anche Mazzini che quando saprà di cosa si tratta si ritirerà.
Nel 1871 in Francia c'è la Comune, governo socialista represso nel sangue. Ci fu un conflitto tra Backmin e Marx che culminò con il fallimento della "I internazionale" (1876). Dopo avere lavorato tutta la vita al "Capitale", morì a Londra.

Formazione Culturale
Rapporto tra Marx ed Hegel
Gli dedica l'"Ideologia Tedesca". Egli afferma che Hegel aveva ragione quando affermava che la struttura della realtà è una struttura dialettica. La realtà è opposizione. Non ha detto bene quando ha fatto ideologia, cioè quando ha sbagliato il soggetto con il predicato. Hegel è partito dall'assoluto ed ogni manifestazione l'ha giudicata razionale in quanto reale: ciò è assurdo perché tante cose che si realizzano non sono razionali (vedi maggiorascato). "Hegel sta facendo il più crasso dei materialismi" perché sta sollevando a razionalità qualsiasi cosa materiale dimenticando che il soggetto di ogni cosa è l'uomo, con i suoi bisogni, è il popolo che si fa la costituzione, non viceversa.

Rapporto con la sinistra hegeliana
Scrive la "Sacra famiglia". "Essi si sono atteggiati a radicali. Ma radicali significa cogliere le cose alla radice". Hanno ricondotto il fenomeno religioso alla coscienza dei popoli, ma non si sono chiesti perché la coscienza dei popoli ha bisogno di religione. "Coscienza, teologia, religione: tutte queste cose sono ciarpame" ossia immondizia inutile.

Tesi su Fauerbach
Fauerbach ha detto bene quando dice che protagonista della ricerca filosofica dell'essere è l'uomo con i suoi bisogni. Il pensiero di Marx è dunque il materialismo dialettico. In realtà questo materialismo fu di Engels (diamat) mentre Marx lo chiamerà mat. Storico. Fauerbach ha capito che l'alienazione religiosa, ma anche lui come tutti ha solamente interpretato la realtà adesso bisogna trasformarla. Il compito della filosofia è trasformare la realtà. La sua è la filosofia della Prassi, ossia trasformazione rivoluzionaria.

Socialisti utopistici e Proudhon
Essi si sono posti il problema della questione sociale, ma si sono riempiti solo la bocca di belle parole, senza organizzare niente. Proudhon in particolare è il rappresentante del socialismo piccolo- borghese: egli vuole che nella proprietà privata partecipino tutti; non ha capito che la proprietà privata deve essere abolita.

Economisti classici (Say e R. Smith)
Smith aveva esaminato il rapporto tra salario e rincaro di vita e si accorse che essi erano tra di loro direttamente proporzionali. Essi hanno capito il senso della vita, hanno capito che il valore di una merce è dato dal lavoro necessario per produrla. Loro lo presentano come una legge, vedendo un'equazione di due termini astratti (valore - lavoro ): ma non lo sono, perché dietro c'è gente che lavora e soffre, non è quindi una legge ma può cambiare e può essere rivoluzionata.

Pensiero
Il suo concetto principale è il materialismo. Per Marx il punto nevralgico di tutta la filosofia, della storia è la struttura economica. Essa è un insieme di individui in relazione tra loro per produrre e distribuire merci. Tutte le altre cose (il diritto, l'arte, la filosofia, la religione) si chiamano sovrastrutture perché non sono altro che la produzione di quella determinata struttura economica. Engels modificò questo rapporto e disse che non è così determinato (strutture determina sovrastrutture): le sovrastrutture servono anche alle strutture, è dunque un processo circolare.
Il suo pensiero si presenta come materialismo dialettico, ma è una posizione più di Engels. Per Marx sarà materialismo storico, ossia la struttura economica della storia.
Storicamente si possono individuare prima i rapporti nella società tribale, poi nel mondo feudale (cominciano le divisioni tra padrone e servo: il primo è padrone dei mezzi di produzione. La produzione è sociale, la proprietà è invece di uno solo). Tutta la storia è divisione di classe. L'ultimo momento si chiama Capitalista - operaio.
In futuro deve essere eliminata la proprietà privata per non esserci più lotta di classe. Ecco i momenti:

Proprietà tribale (tesi): gli uomini primitivi
Essi si spostavano, sfruttavano i territori. Qui non c'era una struttura economica in quanto non c'era produzione di bene. Essi avevano un solo mezzo: la mano. Questo era un mezzo di impossessamento e non produzione. Ad un certo punto si scontrano per impadronirsi dei territori migliori. Dal contrasto ci saranno vincitori che faranno i padroni e vinti che saranno servi.

Divisione della società in classi (antitesi): tutta la storia è antitesi
Il padrone tratta lo schiavo come strumento di produzione, come una cosa, reificazione (riduzione a cosa), da questa particolare struttura economica noi originiamo le sovrastrutture.
• Ad esempio la religione. L'uomo pensa che ci sarà un momento in cui verrà premiato per i sacrifici, pensa che c'è un Dio che soffre vicino agli emarginati . La religione è dunque una sovrastruttura. "La religione è l'oppio dei popoli" significa che con la religione i popoli non si ribellano. Ma la religione non è inventata, essa è un bisogno del popolo. In un primo momento i padroni temono la religione, poi però capiscono che non cambierà il loro modo di vivere e decidono di abbracciare il fenomeno religioso facendo magari carità.
• Un'altra sovrastruttura è il diritto. Questo l'hanno inventato i proprietari per mantenere unita la propria ricchezza. Hanno inventato il testamento, i contratti ecc.; il diritto non è altro che la tutela della loro ricchezza e della proprietà.
• L'arte la si fa solo per motivi economici, è anch'essa una sovrastruttura.
Tutta la storia, dice nel "Manifesto", è percorsa da lotte di classe: padroni-servi, patrizi-plebei, fino ad arrivare alla borghesia come padrona. La borghesia è la classe rivoluzionaria per eccellenza. Essa per mantenere il potere inventa sempre cose nuove. E' per spirito borghese che Colombo scoprì l'America, che i fu la rivoluzione industriale, che fu inventato il treno per occupare sempre più mercati.

Da questo punto di vista, la guerra è voluta proprio dalla borghesia capitalista che vuole il monopolio del proprio prodotto, non solo nel territorio nazionale, ma anche in quello straniero. Le guerre accadono solo per motivi economici. Nella guerra gli operai, che erano trattati sempre come carne da macello, diventano carne da cannone. La borghesia è dunque sommamente rivoluzionaria.

Il Manifesto si conclude dicendo che il proletario non ha nulla da perdere se non le proprie catene.

Nel "Capitale" affronta il rapporto economico vero e proprio. Engels diceva che il socialismo scientifico si deve a Marx, che ha saputo analizzare il rapporto economico che ha generato lo sfruttamento dei lavoratori.

M. D. M. (merce, danaro, merce) [feudalesimo]

D. M. D1 Capitale variabile e costante, merce, plusvalore) questi devono essere sempre maggiori [Capitalismo].

Investo un capitale per aprire una banca:
• Capitale costante: macchinari
• Capitale variabile: personale
Noi compriamo l'operaio ma il suo valore è personale, variabile; egli vende un lavoro che produce valore. L'operaio nel suo rapporto di lavoro è alienato in esso, l'operaio odia il suo lavoro.

Il capitalista paga il tempo all'operaio ma non il valore: questo è plusvalore.
• Merce di uso (tutto ciò che usiamo)
• Merce di scambio (è dovuto al valore della merce, cioè dal lavoro necessario a produrlo)
L'operaio dà la forza, il tempo, ma anche la produttività, che il capitalista non paga questo è plusvalore.

Il D1 (plusvalore), dice Marx, serve a pagare la rendita fondiaria, gli interessi bancari e per permettere nuovi investimenti. Il capitalista preferisce investire in capitale costante (macchine).

Qui abbiamo la prima contraddizione del sistema perché in questo modo si ottiene una caduta tendenziale del saggio di profitto. Il guadagno del capitalista è dato dal capitale variabile e non da quello costante. Continuando così il capitalista non avrà più guadagno in quanto più si affida alle macchine più il prodotto si abbassa di prezzo con il rischio di restare invenduto a causa delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Perché avvengono queste? La voglia spasmodica del capitalista di aumentare le proprie entrate lo convince ad investire di più per produrre maggiormente. Ma se si produce troppo la merce non viene venduta e non può essere comperata dal salariato che ha un guadagno di sussistenza. Il salariato si trasforma in questo modo in becchino del proprio padrone costringendolo al fallimento.

Un'altra contraddizione è la formazione dei sindacati che organizzano scioperi. Questi per il capitalista sono un danno perché scioperando lui perde giorni in cui avrebbe potuto produrre.

Cosa fare per evitare tutto ciò?

Comunismo (tesi)
Bisogna rompere le leggi del capitalismo cioè bisogna eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Tutti dobbiamo essere i proprietari perché tutti siamo i responsabili della produzione sociale.
Il proletariato si deve unire alla piccola borghesia per lottare uniti contro la grande borghesia organizzando la dittatura del proletariato. Questo deve rappresentare un momento di transizione in quanto dopo si dovrà arrivare al comunismo di tutta la società civile.
Egli pero non vuole uno stato comunista poiché questo si sostituirebbe ai vecchi padroni delle macchine. Deve essere la società protagonista, lo Stato non ha una funzione etica esso nasce solo per interessi economici, e qui riattacca Hegel che vedeva lo stato superiore alla società.
In una società comunista non ci saranno più guerre perché nessuno avrà bisogno di prevalere sull'altro; l'istruzione sarà gratuità ed ognuno avrà secondo le proprie capacità e i propri bisogni.

Non dice più nulla, non voleva essere un profeta. Tutto ciò che sperava però non è successo: la borghesia esiste ancora, il socialismo si è organizzato solo in sistemi ancora non industrializzati ma solo a carattere agricolo.

Dopo Marx, nella storia, si è cominciato a vedere pure l'effetto economico dei fatti.

Nietzsche Friedrich
La fine dell'800 segna il consolidamento del positivismo. Ma accanto a questa sicurezza si sviluppa una mentalità culturale critica nei riguardi della scienza. Una mentalità che esalta la coscienza, che avverte l'analisi psicologica. Il progresso scientifico non ha portato felicità. L'uomo cerca dentro sé l'equilibrio. E' il periodo del decadentismo (in Francia). Si avverte che mancano le certezze. Chi si occupa di questa problematica è Nietzsche che con la sua filosofia intende cambiare tutto quello in cui si è precedentemente creduto.
"Io non sono un uomo, sono una dinamite; dopo di me si contraddirà come mai si è contraddetto; io ho la coscienza di essere la coscienza della crisi europea". "Il positivismo è stupido".
Dal 900 in poi tutta la filosofia sarà interessata dalla ricerca di nuovi valori.
Nietzsche nasce nel 1884 presso Rocken. Studia filosofia ed insegna in Svizzera. La prima opera, forse la più organica, è "La nascita della tragedia". Fu un cultore dei classici greci. Tutte le sue altre opere sono scritte per aforismi ne consegue che per comprenderne bene il significato è necessario un lavoro di interpretazione (Ermeneutica).
Scrisse pure: "Considerazioni inattuali", "Umano troppo umano", "La gaia scienza", "La genealogia della morale", "Così parlò Zaratustra" (dedicata ad un riformatore dei costumi), "La volontà di potenza". Queste opere non furono pubblicate da lui, ma dalla sorella che modificò qualcosa.
Soffrì di disturbi nervosi: vagò molto per l'Europa ma si stabilì in Italia e più esattamente in Liguria. Visse aiutato da Paul Ree col quale conobbe un'esule russa, (Salonè) studiosa di Freud. Tutti e tre vissero insieme e in questo periodo scrisse "Al di là del bene e del male" che introduceva ad una nuova etica. Successivamente Lou Salonè e Paul Ree scapparono, lasciando Nietzsche in preda a fortissimi disturbi mentali. Venne ricoverato a Torino ove morì nel 1900. Egli rappresenta uno spartiacque tra la filosofia antica e quella seguente.
Seguendo il pensiero di Schopenhauer, affermò che la vita è irrazionale. Adesso si può o come diceva Schopenhauer, fuggire, o come dice appunto Nietzsche gli si può sorridere.
Il suo pensiero venne influenzato pure dalla musica di Wagner, che forte e vibrante esaltava in lui sentimenti.
Quando Wagner affronta il suo secondo momento, Nietzsche preferisce abbandonarlo. Da questo momento in poi Nietzsche si dedicherà alla "Carmen di Bizet". Il suo pensiero può essere suddiviso in tre fasi:
1. La nascita della tragedia - nella quale la presenza dei cori era di fondamentale importanza.
2. La morte di Dio, il nichilismo - la morte della metafisica non significa il nulla.
3. Invenzione di nuovi valori per controbattere il nichilismo - essi sono:
o L'eterno ritorno. Fu critico nei confronti della storia, ma la salvò.
o Il superuomo o oltreuomo.
o La volontà di potenza.
Non è possibile definire Nietzsche il filosofo del nazismo. Egli ha avuto parole dure: "Lo Stato è un mostro che puzza: guardatevi da questo mostro". Egli è il filosofo dell'individualismo. E' critico contro tutti anche nei confronti del cristianesimo (ma non con Cristo che era considerato il superuomo).

La prima fase
Egli si interessava molto ai classici Greci, notò che la tragedia greca è nata dal coro. Esso può essere l'unico protagonista: se noi pensiamo alle Baccanti, queste si basano sul coro. Il coro è stato quindi l'inizio della tragedia: rappresenta la musica, il coinvolgimento nella necessità dell'azione tragica.
Nella tragedia Socrate individua due spiriti:
• il primo: Apollino o Apollo, figlio di Zeus con il tempio a Delo. Apollo significava colui che porta luce. Era abbinato all'immagine dell'equilibrio e dell'armonia. Il vero significato della vita si può cogliere nell'arte.
• Il secondo: è lo spirito Dionisiaco; Dionisio era il Dio del vino, questo sta ad indicare l'ebbrezza, la passione, l'istinto
La tragedia greca è nata dall'unione dei due spiriti; Dionisio, rappresenta il si alla vita, con tutte le conseguenze. E' il senso di non essere presenti della trasgressione.
Euripide per Nietzsche ha tradito la tragedia perché troppo razionale. Egli ha voluto fare una tragedia per la massa, con il linguaggio della massa. Egli aveva presente due spettatori: Euripide stesso e l'altro che con la sua razionalità ha condannato a morte la vitalità: Socrate. Anch'egli è traditore perché ha allontanato il pensiero dell'uomo dall'aggancio alla vita per buttarlo tutto nelle braccia della ragione e da questo momento per l'umanità è finita, comincia il distacco dalla vita.
L'amicizia con Wagner finisce quando questo, gli manda la sua opera: il Parsifal. Parsifal era un folle, che grazie al cristianesimo si riporta alla realtà. Wagner gli sembra un traditore poiché con il Parsifal aveva tradito il disprezzo comune nei confronti del cristianesimo visto come negazione della vita. I cristiani infatti hanno risentimento verso chi si gode la vita e tra l'altro hanno pure una morale da schiavi, da gregge.

La seconda fase
La seconda fase si apre con "La gaia scienza". L'impianto è identico a quello di "Così parlo Zaratustra". E' ambientato nella piazza del mercato: un uomo arriva e dice che Dio è morto e che l'avevamo ucciso noi.
Zaratustra invece, giunto al tramonto, scende nella piazza, nella massa. La morte di Dio rappresenta la fine dei valori tradizionali, delle certezze. L'abbiamo ucciso noi, perché è finito quel periodo. E' anche la fine dell'etica.
I nostri valori, se prima erano della rinuncia, adesso devono essere vitalità. Ciascuno di noi deve dire di si alla vita, deve seguire il vitalismo. Se Dio è morto siamo di fronte al nichilismo, al nulla; dobbiamo inventarci nuovi valori. Nel momento della morte di Dio si è vista la coscienza infelice di Hegel. In questo momento di lacerazione, Nietzsche, cancella quello che c'è stato prima, ma salva la storia:
• archeologia - l'uomo trova qualcosa da venerare;
• monumentale - dimostra la grandezza dell'uomo;
• critica - perché l'uomo soffre e ha bisogno di liberazione.
Rompe quindi con la storia tradizionale. La liberazione dell'uomo è dunque uno degli obiettivi di Nietzsche.
Spesso sembra che Nietzsche abbia scritto per allucinazioni. La sua filosofia è la "Trasmutazione" dei valori.
Il verbo volontarismo, unisce Schopenhauer (volontà), Kierkegaard (possibilità) e Nietzsche (amor fati e nichelismo passivo e attivo).

La terza fase
E' la fase in cui è più evidente il conflitto tra morale da schiavi e aristocratica. Quella aristocratica corrisponde al vitalismo (dire si alla vita), quella da schiavi e quella cristiana (di costante rinuncia).
Questo si vede nell'opera "Così parlò Zaratustra". "Vi scongiuro fratelli, non mettete la testa nella sabbia, innalzatela! Non siate come cammelli (che sopportano), ma leoni, leoni che ridono (aristocratici e superiori rispetto alle piccolezze della vita). L'uomo è una corda tesa sull'abisso tra la scimmia e il superuomo, ossia tra materialità, piccolezza e l'oltre-uomo, ossia la tensione all'infinito, che può diventare quello che guida". Si diventa così esprimendo ciascuno di noi la volontà di potenza, ossia ciascuno di noi cerca di fare di se stesso il massimo, fare coincidere volontà e potenza.
L'unico imperativo è io voglio non più (tu devi) ma in particolare "Divieni ciò che sei esprimi al massimo la tua natura"
La nostra caratteristica è l'amor fati: significa essere inseriti nella legge dell'eterno ritorno, l'unica legge cosmologica: "Tutto ciò che è avvenuto avverrà, tutto ritorna".
Quando Zaratustra, col nano sulle spalle che indica la pesantezza della quotidianità, si ferma sulla porta con su scritto "attimo", con l'eternità dietro e davanti, nota l'aquila che vola e il serpente che striscia piedi, entrambi in senso circolare, che rappresentano la metafora dell'eterno ritorno.
In Nietzsche non c'è nulla di storico. E' un eroe per la realizzazione della vita.
"Le virtù non sono quelle che vi hanno insegnato (sopportazione, tolleranza). La vera virtù è il contrasto, l'affrontar". Ognuno di noi deve esaltare se stesso "guardatevi da coloro che vogliono insegnarvi la virtù, il rispetto sociale e delle leggi.
Lo Stato è la più grande menzogna. Alla fine quindi non si salva proprio niente. Ciascuno deve realizzare la propria volontà di potenza, deve tendere ad essere il super-uomo.
Zaratustra scese in piazza perché era giunto al tramonto, era pieno, e doveva dare agli altri. Nietzsche rappresenta la fine dell'etica tradizionale dei valori.

Approfondimento: Ricchard Wagner
La sua produzione si colloca nella prima metà dell'800. Egli compose solo musica per il teatro. L'opera d'arte doveva essere poesia, musica e teatro come nelle tragedie greche. Lamentava l'invasione dell'opera italiana. L'opera italiana era caratterizzata da una struttura a pezzi chiusi, si dà spazio alla melodia e al virtuosismo vocale, ma non si dà spazio alla poesia. Gli argomenti sono variazioni sul tema dell'amore contrastato.
Wagner oppone a questo, un melodramma basato sulla melodia infinita, in modo da rendere impossibile qualsiasi singola estrapolazione.
Per realizzare questa melodia infinita, egli usa il cromatismo, ovvero il cambiamento continuo di tonalità.
Si ha una concezione della musica che tende all'infinito, senza un accordo risolutivo.
La musica per Schopenhauer è il culmine delle arti. Essa si può considerare come l'oggettivazione della realtà: ascoltando i suoni si è trascinati in un'avventura di cui si conosce l'inizio ma non la fine.

Tristano e Isotta
Isotta, regina d'Irlanda, è catturata da Tristano per condurla dal re di Cornovaglia. Per errore di filtro, Isotta si innamora di Tristano e, nonostante fosse sposa del re Marche, continua la relazione con lui. Tristano viene ucciso dal re che, venuto a sapere del filtro, concede il perdono ad Isotta e muore di una morte mistica.

Rapporto Wagner - Nietzsche
Nietzsche rimase folgorato dall'idea di Wagner. Nella cerchia di Wagner erano contenti della presenza di Nietzsche.
La concezione della musica come unione di poesia, musica e teatro, si sposava con la concezione di Nietzsche.
La musica di Wagner è fortemente descrittiva.

Albert Einstein
Albert Einstein nacque il 14 Marzo 1879 a Ulm, in Germania. Suo padre era un operaio specializzato nella costruzione di apparecchiature elettriche. A causa di un fallimento economico suo padre fu costretto a trasferirsi con la famiglia prima a Munich poi a Milano. Non ci restano sufficienti informazioni sulla vita individuale di Einstein risalenti a questo periodo.
Durante i suoi studi non mostrò particolari attitudini, in quanto non approvava i rigidi metodi dell'istruzione, e fu davvero un pessimo allievo. Però Einstein rimase affascinato dalla matematica e dalle scienze, materie che studiò autonomamente.
Nel 1896 gli fu revocata la cittadinanza tedesca e nel 1901 divenne cittadino svizzero.
Nel 1896 ebbe l'opportunità di entrare all'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia a Zurigo. Nonostante avesse un esigua retribuzione, divenne un esaminatore. Nei due anni seguenti si occupò di insegnamenti generali. Dal 1902 egli divenne un esaminatore ufficiale a Berna dove lavorò per sette anni.
L'anno 1905 fu un grande momento per la scienza; infatti Einstein pubblicò, a soli 26 anni, quattro articoli sul giornale Annalen Der Physik, articoli che avrebbero alterato il corso della scienza del XX Sec. Il primo trattava dei casuali cambiamenti termici nelle molecole, chiamati Browniani, per prima riconosciuti nel 1827 dal botanico inglese Robert Brown. Il secondo articolo trattava la teoria quantistica della luce divulgata da Max Planck nel 1900. In esso Einstein mostra come la luce sia formata da fotoni rifacendosi al fenomeno fotoelettrico scoperto nel 1902. Per questo contributo gli fu conferito nel 1921 il Premio Nobel per la fisica. Il terzo articolo (il più famoso di Einstein) tratta della teoria della relatività: "Zur Electrodynamik bewegter Korper" ("Elettrodinamica dei corpi in movimento"). L'ultimo articolo di quell'anno introdusse l'ormai famosa equivalenza tra la massa e l'energia espressa dall'equazione E=mc2. Grazie a questi lavori Einstein ricevette, nel 1908, delle onorificenze all'università di Berna, che furono seguite da moltissime altre in Europa dopo che si stabilì all'istituto per Studi Avanzati di Princeton, nel 1933.
Gli ultimi anni di Einstein furono trascorsi cercando una teoria per la forza universale che potesse unire le forze subatomiche con la gravitazione e l'elettromagnetisno, problema che nessuno mai è riuscito a risolvere. Einstein aveva un gran rispetto per le opere della natura, e notò che "La cosa più incomprensibile del mondo è che esso sia comprensibile". Si considerava più un filosofo che uno scienziato, e in molti modi fu dello stesso stampo dei filosofi greci, come Platone ed Aristotele, cercando di capire la natura mediante la ragione anziché l'esperimento. Il suo successo deve molto al discernimento dei suoi predecessori e alla potenza d'analisi degli strumenti matematici, ma soprattutto ad una grande intuizione, che nessuno ha mai avuto.
Morì il 18 Aprile del 1955 a Princeton, nel New Jersey, dopo aver ricevuto la cittadinanza statunitense.

La teoria della relatività ristretta
Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro.
La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma che le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, estendendo il precedente principio di relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto newtoniano di tempo assoluto.

Critiche alla teoria di Einstein
La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla comunità scientifica. Il punto d'attrito risiedeva nelle convinzioni epistemologiche di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche e sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene affermasse che l'unica fonte di conoscenza è l'esperienza, egli era anche convinto che le teorie scientifiche fossero libera creazione dell'uomo e che le premesse sulle quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla sperimentazione. Una "buona" teoria, per Einstein, è una teoria nella quale è richiesto un numero minimo di postulati per ogni dimostrazione.

La teoria della relatività generale
A partire dal 1907, anno in cui fu pubblicata la memoria contenente la celebre equazione che afferma l'equivalenza fra massa ed energia, Einstein iniziò a lavorare a una teoria più generale, che potesse essere estesa ai sistemi non inerziali, cioè in moto accelerato l'uno rispetto all'altro. Il primo passo fu l'enunciazione del principio di equivalenza, in base al quale il campo gravitazionale è equivalente a una accelerazione costante che si manifesti nel sistema di coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. In altre parole, un gruppo di persone che si trovino su un ascensore in moto accelerato verso l'alto non possono, per principio, distinguere se la forza che avvertono è dovuta alla gravitazione o all'accelerazione costante dell'ascensore. La teoria della relatività generale venne pubblicata nel 1916, nell'opera intitolata I fondamenti della relatività generale. In essa le interazioni dei corpi, che prima di allora erano state descritte in termini di forze gravitazionali, vengono spiegate come l'azione e la perturbazione esercitata dai corpi sulla geometria dello spazio-tempo, uno spazio quadridimensionale che oltre alle tre dimensioni dello spazio euclideo prevede una coordinata temporale.
Einstein, alla luce della sua teoria generale, fornì la spiegazione delle variazioni del moto orbitale dei pianeti, dando conto in modo soddisfacente del moto di precessione del perielio di Mercurio, fenomeno fino ad allora non pienamente compreso, e previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in prossimità di un corpo di massa elevata quale, ad esempio, il Sole. In base a quest'ultimo fenomeno, si è avuta una conferma sperimentale, realizzata in occasione dell'eclissi solare del 1919, che fu un evento di enorme rilevanza.
Per il resto della sua vita Einstein si dedicò alla ricerca di un'ulteriore generalizzazione della teoria in una teoria dei campi che fornisse una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che governano i fenomeni fisici, incluse le interazioni elettromagnetiche, e le interazioni nucleari deboli e forti.
Tra il 1915 e il 1930 si stava sviluppando la teoria quantistica, che presentava come concetti fondamentali il dualismo onda-particella, postulato da Einstein fin dal 1905, nonché il principio di indeterminazione di Heisenberg, che fornisce un limite intrinseco alla precisione di un processo di misurazione. Einstein mosse diverse e significative critiche alla nuova teoria e partecipò attivamente al lungo e tuttora aperto dibattito sulla sua completezza. Commentando l'impostazione da un punto di vista strettamente probabilistico della meccanica quantistica, egli affermò che "Dio non gioca a dadi con il mondo".

Cittadino del mondo
Dopo il 1919 Einstein divenne famoso a livello internazionale; ricevette riconoscimenti e premi, tra i quali il premio Nobel per la fisica, che gli fu assegnato nel 1921. Lo scienziato approfittò della fama acquisita per ribadire le sue opinioni pacifiste in campo politico e sociale.
Durante la prima guerra mondiale fu tra i pochi accademici tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento della Germania nella guerra. Tale presa di posizione lo rese vittima di gravi attacchi da parte di gruppi di destra; persino le sue teorie scientifiche vennero messe in ridicolo, in particolare la teoria della relatività.
Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein fu costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey. Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista egli rinunciò alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrisse assieme a molti altri fisici una famosa lettera indirizzata al presidente Roosevelt, nella quale veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica. La lettera segnò l'inizio dei piani per la costruzione dell'arma nucleare.
Al termine della seconda guerra mondiale, Einstein si impegnò attivamente nella causa per il disarmo internazionale e più volte ribadì la necessità che gli intellettuali di ogni paese dovessero essere disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le conoscenze scientifiche a scopi pacifici.

Albert Einstein e il pensiero filosofico
Einstein definì i principi fisici come libere invenzioni del nostro intelletto anziché come a comode formulazioni sintetiche dei rapporti fra fenomeni, come avrebbe supposto un vero seguace di Mach. Benché, però, potesse esserci bisogno dell'intelletto creativo umano per andare oltre i modi di pensiero tradizionali, ciò non significava che secondo Einstein qualsiasi vecchio principio potesse funzionare. Egli pensava, piuttosto, che quando una teoria riusciva a dare una correlazione matematica semplice e una rappresentazione altrettanto semplice nell'esperienza, stava fornendo una copia adeguata della realtà. Senza dubbio non intendeva asserire che la scienza sarebbe riuscita infine a conseguire una descrizione completa e definitiva del mondo. Nella sua filosofia della scienza c'era nondimeno una forte componente "realistica": egli credeva che una teoria scientifica fosse composta da un insieme di assiomi o principi fondamentali che potevano essere scelti liberamente dall'atto creativo dello scienziato. Da questi assiomi si potevano dedurre matematicamente teoremi, i quali dovevano poi essere verificati sperimentalmente. A differenza di Newton, Einstein non credeva che gli assiomi potessero venire derivati direttamente o logicamente dai dati dell'esperienza, da fenomeni. Essi richiedevano, invece, un atto creativo di costruzione matematica. La connessione con i fenomeni veniva alla fine della catena di deduzioni, quando i teoremi del sistema matematico venivano messi a confronto con l'esperienza. L'intero processo era guidato da un assunto apparentemente a priori, che ci fosse una sorta di "armonia prestabilita" fra pensiero e realtà, quasi come avevano supposto molto tempo prima gli aristotelici.

Sigmund Freud
Sigmund Freud segna la rivoluzione del 900 e completa la declamazione dell'uomo facendo emergere in esso una natura limitata. La vera natura dell'uomo è l'irrazionalità, l'inconscio.
Ebreo di Vienna, dopo l'annessione alla Germania, fugge in Inghilterra. E' medico un medico specializzato in neuropsichiatria e dà origine alla psicoanalisi, che però, nonostante il suo impegno, non venne accetta come scienza. Inizia come neuropsichiatra, accanto al prof. Breuer studiando l'isteria. Il primo studio fu il "Caso di Anna O.".
Prima delle innovazioni apportate da Freud, l'isteria veniva studiata somministrando al paziente dei psicofarmaci che inducevano il sonno; nel sonno si facevano della domande e il paziente inconsciamente rispondeva. Quando però finiva l'effetto del farmaco, il malato i ritrovava nelle stese condizioni di partenza.
Freud capì che i farmaci non erano una cura adeguata, infatti per curare il problema psichico dell'ammalato bisognava scavare alla radice, attraverso i sogni o l'ipnosi. All'ammalato da sveglio venivano poste delle domande a cui lui rispondeva facendo delle associazioni libere.
Da ciò Freud capì che la psiche umana ha delle zone nascoste che devono essere scoperte e fatte venire alla luce per poter capire il comportamento di ogni individuo.

Secondo lui la struttura della psiche è triatica:
• La zona es oppure id in cui risiede l'inconscio;
• La zona super ego o (super ich) in cui risiedono gli insegnamenti sociali e culturali;
• La zona Ego in cui risiede la coscienza;
La zona Es
Nell'es, l'inconscio, è la parte più ricca di noi. Esso si divide in tre parti:
1. pre oppure sub conscio
2. inconsci
3. inconscio biologico ereditario
Nell'inconscio biologico ci sono le pulsioni che appartengono alla stirpe ereditaria. Le pulsioni ereditarie sono:
• Pulsioni sessuali (cerchiamo di riprodurci)
• Pulsioni di conservazione (cerchiamo di salvarci)
• Pulsioni Gregario (cerchiamo di stare con gli altri)
Nell'inconscio ci sono le nostre esperienze personali rimosse e represse. Rimosse significa messe da parte volontariamente, mentre represse quando ce ne dimentichiamo casualmente. Noi non dimentichiamo niente, specialmente dai 0 ai 5 anni.
Il preconscio è il guardiano che controlla tutte le nostre esperienze, le pulsioni; quando dormiamo si apre la porta e vengono fuori dai nostri pensieri i sogni. Tutta la nostra vita cosciente è solo un campo di battaglia tra la spinta dell'eroe (che rappresenta gli impulsi: il piacere, l'affermazione) e Thanatos (distruzione, superego) Questa è la spinta di Eros (subconscio).
Nella vita quotidiana "Patologia della vita quotidiana", abbiamo tanti piccoli gesti che non facciamo, ma non per dimenticanza, ma perché non la volevamo fare. Anche i lapsus (penso una cosa ne dico un'altra), in realtà volevamo dire la cosa "sbagliata". Quello che ricordiamo è solo quello che vogliamo ricordare.
Scriverà pure "Totem e tabù" sul significato della religione e sul desiderio della morte del padre.
Freud istituisce quello che ormai e "il rito" della psicoanalisi: il lettino, il dottore seduto dietro il paziente e gli formula delle domande o indaga i suoi sogni interpretando ciò che il paziente ricorda (che è ciò che vuole ricordare). Fu una novità la sua impostazione sessuale, interpretare la vita solo dall'ottica dell'affettività (piacere - dispiacere) (affettività non è interesse, esso c'è se è motivato).
La vita di ciascuno di noi è segnata dalle nostre motivazioni affettive. Adesso si parla di psicologia dinamica (cioè azione e reazione, stimolo e risposta che avvengono nella psiche). Noi ci andiamo via via strutturando.

Stadi di vita dell'uomo
Per Freud la vita comincia nel grembo materno. Già nel ventre materno, il bambino avverte se è voluto o meno e se è amato. Quindi il primo è un rapporto di accettazione, tra madre e figlio si realizza uno scambio di emozioni oltre che fisiologico.
Durante il parto c'è il momento dell'angoscia, perché siamo abbandonati nel mondo. Il pianto del bambino è il pianto dell'angoscia, perché prima ha vissuto un contatto psicologico con la madre, e adesso è solo nel mondo e si sente abbandonato. Oggi sappiamo che il bimbo, non piange per angoscia, ma per il dolore dovuto al fatto che respira per la prima volta con i suoi polmoni. Il pianto è vita. Questo primo momento è quello del vagito.
Durante tutto il primo anno di vita si deve ristabilire l'unione psicologica che c'era tra madre e figlio, e bisogna ristabilirlo all'inizio per avere quella fiducia basica che serve al bambino per non sentirsi più angosciato. Questa fiducia si realizza on le sensazioni termiche; il bambino riconosce il battito del cuore della madre, ma soprattutto con l'allattamento che ricostituisce l'unione che c'era con la madre prima del parto. La prima soddisfazione che prova il bambino appartiene alla "fase orale", ossia portando tutto in bocca, succhiando e mordendo.
Verso i 3 mesi (Spitz) il bambino ha un modo suo i comunicare: il sorriso, come se sorridesse al viso materno (visto solo frontalmente e non di profilo) e contemporaneamente ha l'angoscia per i visi estranei (piange se non conosce qualcuno).
Al 1° anno inizia la fase "autonoma", il bambino inizia a camminare, scopre gli oggetti e li esamina. Importante per lui sarà sempre la figura che gli parlerà e gli lancerà messaggi.
Ai 2 anni si ha la fase "Anale": se prima il bimbo teneva il pannolino ora impara ad andare in bagno, riconosce lo stimolo: la gratificazione è quella di saper controllare i propri sfinteri. La fase anale prepara il bambino alla fase "fallica" (periodo omosessuale: il bambino scopre se stesso). Dopo essere riuscito a controllare i propri sfinteri scopre i propri organi sessuali.
• Fase Omosessuale (zero - cinque anni):
o Fase orale
o Fase anale
o Fase fallica
• Fase Eterosessuale
Dopodiché inizia la fase eterosessuale. Scoprendo i genitali, sposta l'oggetto del desiderio da sé al sesso opposto. La prima donna della sua vita è la madre, il primo amore. (Per la bambina sarà il padre). Qui si innesca quel processo che prende il nome di "complesso di Edipo" o, per la bambina "complesso di Elettra".
Il bambino ha sentimenti sessuali verso la madre, ma comprende che appartiene al padre. Il bambino introietta (fa sua) la figura paterna, perché ritiene che somigliando al padre potrà avere la madre. Se invece intrometta la figura materna, diventerà omosessuale.
Dai 5 ai 10 anni c'è la fase "produttiva", il bambino va a scuola, è indaffarato e non pensa più alla tempesta sessuale che ha avuto dai 0 ai 5 anni. E' una fase di "Plateau" o latenza.
Dopo i 10 anni si ha la "fase puberale" e "prepuberale": tutto ciò che era in latenza riaffiora di nuovo. E' una fase di ricerca della propria identità, si avverte che si cresce e ci si sente dibattuti e incerti, non ci si riconosce neanche esteriormente, fisicamente.
Dai 15 ai 18 anni si cerca di riordinare le proprie idee: è la fase della "Maturità". Può durare fino ai 24, ma anche fino ai 90. Per Freud essere maturi vuol dire dare una risposta a tutti i problemi della vita. Se riusciamo a rispondere a queste domande, noi siamo maturi e siamo pronti a formare una famiglia.
Verso i 50 anni si attraversa una fase di II immaturità, diffusa nella società.
Freud era laico, ma rigoroso contro tutto ciò che era contro un ordine naturale.
Il vivere in società ci procura disagio: l'uomo non può esprimere se stesso ("il disagio della civiltà"). Il motto del cristianesimo: "ama il prossimo tuo come te stesso" è contro natura, anzi dovrebbe essere "odia il prossimo tuo con tutto te stesso".
Tutto il romanzo del 900 sarà di tipo psicologico.

Marcuse Herbert
Nel 1922 un gruppo di intellettuali di orientamento marxista fondò a Francoforte "l'Istituto per la Ricerca Sociale". Esso fu diretto dall'economista Kurt Gerlach, a cui successe nel 1924 il professore si scienze politiche Karl Grunberg, fondatore dell'"Archivio per la storia del socialismo e del movimento operaio". Un impulso nuovo alla scuola di Francoforte fu impresso da Max Horkheimer quando nel 1930 fu nominato direttore. Nella "Rivista per la ricerca sociale" da lui fondata, venne elaborata la "teoria critica della società" che si apprestò a fornire delle acute analisi della società contemporanea.
Dopo l'avvento del nazismo, il gruppo si trasferì a Ginevra e poi a Parigi, stabilendosi infine negli Stati Uniti. Nel 1950 Horkheimer ritornò in Germania ridando vita all'Istituto.
I contributi sociologici collettivi più significativi sono stati gli "studi sull'autorità e la famiglia" e quelli su "La personalità autoritaria". Fecero parte dell'Istituto pure Franz Neuman e Herbert Marcuse.

Il pensiero di Marcuse ha ottenuto un largo consenso, specie da parte dei giovani durante la fine degli anni sessanta. Le sue opere fondamentali sono: "Eros e civiltà" e soprattutto "l'Uomo ad una dimensione". In essa Marcuse sostiene tre tesi:
1. La società contemporanea reprime i desideri e la creatività dell'uomo;
2. Tale società è andata via via integrando tutti i ceti sociali e pertanto nega l'autonomia e la libertà individuale;
3. Esistono determinate forze sociali in grado di condurre un processo di liberazione sociale.
Secondo Marcuse tale repressione è legata allo sviluppo dell'odierna società "opulenta". L'inconscio è il luogo ove si trovano le tracce delle nostre fantasie e dei nostri desideri repressi, e l'arte è la forma di comunicazione che dà voce a queste esigenze di libertà.
L'eros è creatività non repressa né utilizzata a fini di dominio ma di espansione della libertà umana, e la filosofia ha un compito eminentemente critico, cioè quello di indicare gli ostacoli da superare per raggiungere la liberazione umana.
Nella seconda opera citata, egli sostiene che il controllo esercitato dalla società è oggi così elevato che l'uomo si può definire a una sola dimensione: quella si supina accettazione del potere, essendogli stata sottratta la facoltà di decidere autonomamente.
Di fronte a questa situazione, l'unica possibilità di liberazione è affidata a quei gruppi sociali emarginati: ceti e uomini del tutto estranei a questa società pertanto disposti a opporvi un "rifiuto totale".

Bergson Henri (1859 - 1941)
Bergson è universalmente considerato il maggiore filosofo francese della prima metà dal XX secolo. Egli rappresenta il punto conclusivo del movimento spiritualista francese. Caratteristica fondamentale di questa corrente è la critica al positivismo per mettere in luce i tratti dello spirito umano. Il Positivismo si è interessato dello spirito come qualcosa di scientifico da poter analizzare ed è per questo che sono nate le varie scienze umane.
Ma lo spirito vuole essere libero, non vincolato da regole fisse.
Lo spirito ha come caratteristica l'asculatazione interiore cioè la riflessione interiore: riguarda il nostro stare con noi stessi. Lo Spiritualismo vuole mettere in luce questa riflessione interiore non soggetta a leggi universali. Esso prende spunto da filosofi quali S. Agostino e Cartesio i quali hanno basato la loro filosofia sulla riflessione interiore.
Punto fondamentale di questo movimento è la superiorità dell'infinito rispetto al finito.
Per Bergson essenza della vita, dell'universo e della realtà è lo slancio vitale (cioè l'eros di Platone), un'energia che dà la vita; Leibniz avrebbe parlato di monadi.
Il mondo però resta mistero: si avverte nei rapporti con questo, uno slancio vitale per cui il dinamismo del mondo non è l'evoluzione tipica del Positivismo ma un evoluzione creatrice. (Evoluzione è un termine tipico di un interpretazione materialista della vita, mentre, evoluzione creatrice sembra quasi l'accostamento di due termini antitetici a cui Bergson da un'interpretazione mistica).
Per Bergson l'uomo conosce attraverso due facoltà: l'istinto e l'intelletto. Qualsiasi espressione dello slancio vitale come evoluzione creatrice si presenta sempre con due biforcazioni che lui chiama istinto (parte materiale) e intelligenza (parte spirituale).
L'aspetto dell'intelligenza si presenta per Spinosa come memoria, come ricordo. Bergson si sofferma molto sul ricordo che può essere puro o immagine.
L'istinto si presenta più come percezione per sottolineare il nostro aspetto legato alla sensibilità. Quest'attività dell'uomo avviene nelle nostra coscienza, dato essenziale dell'uomo, dato fondamentale.
La coscienza deve essere vista come fluire continuo in cui le immagini, i ricordi, l'istinto, appartengono alla coscienza che lui chiama durata reale (tempo della coscienza).
Il tempo non esiste di per sé ma come tempo della coscienza, e lo spazio non è che il tempo spazializzato cioè un insieme di istanti messi vicini. Tempo e spazio non sono altro che l'essere della coscienza. S. Agostino diceva che il tempo è la distensione dell'anima. Il tempo non è oggettivo ma assolutamente soggettivo.
Il momento finale in cui tutti e due gli aspetti si risolvono in un tutt'uno, è il momento dell'intuizione (aspetto del Decadentismo, non consente di conoscere ma rappresenta il tener presente tutta la persona).
Intuere vuol dire comprendere se stessi immersi nella realtà. Questo si ritrova nelle "Due sorgenti della morale".
Bergson ci presenta due tipi di morale: la morale aperta e la morale chiusa.
• La morale chiusa è quella basata su leggi e norme tradizionali seguite pedessiquamente.
• La morale aperta è basata sull'evoluzione creatrice; è una morale che si mette in discussione, è critica (rivoluzionaria).
Alle due morali corrispondono due tipi di religione:
• La religione chiusa cioè quella del cerimoniale, del rito (la religione riesce ad incantare).
• La religione aperta cioè quella dei grani mistici, di S, Francesco, di Santa Caterina, di S. Teresa, dei personaggi che sono stati eroi della religione e che hanno avuto una forza evolutiva, rivoluzionaria. I grandi santi rappresentano la morale aperta perché vanno avanti.

Croce Benedetto (1866 - 1952)
Verso la fine dell'800 si ricomincia a studiare Hegel nella scuola di Napoli. Tra i maggiori esponenti del neo hegelismo, possiamo ricordare Augusto Vera e Spaventa zio di Croce.
Croce nasce nel 1866 ma ben presto a causa di un incidente rimase orfano. Così in età ancora adolescenziale, fu accolto in casa dallo zio Spaventa. Ciò gli permise di entrare a contatto con personalità molto importanti e di conoscere pienamente il pensiero hegeliano.
Egli non fece mai parte della vita accademica; fu grande amico di Gentile, almeno fino a quando dopo l'avvento del fascismo, questo decise di sostenere il governo autoritario mentre Croce si schierò all'opposizione.
Le opere scritte da Croce, sono tantissime, tra le più importanti ricordiamo: "La storia come pensiero e azione", "Teoria e storia della storiografia".
L'enorme eredità lasciatogli dalla famiglia gli permise, senza altre distrazioni, di dedicarsi agli studi.
Arriva ad Hegel attraverso lo studio dell'economia di Marx e della struttura dialettica. Di Hegel egli accetta l'interpretazione della realtà come movimento dello spirito però non accetta che l'attività di quest'ultimo sia solo dialettica. Secondo lui infatti, l'attività dello spirito sarebbe regolata da categorie fondamentali legate insieme da un rapporto di "distinzione".
SPIRITO
Attività teoretica
• Del Particolare (intuizione) "estetico"
• Dell'Universale (vero) "logica"
Attività Pratica
• Volizione del particolare (utile) "economia"
• Universale "etica"
Secondo Croce le categorie fondamentali dello spirito sono quattro: due appartenenti all'attività teoretica e due invece all'attività pratica. La storia è attività teoretica e pratica. Il movimento dello spirito quindi è storia ed è circolare.
Fra le due categorie appartenenti all'attività teoretica, la prima, ossia l'estetica, denota la forma dello Spirito rivolta alla visione. L'opera d'arte è libera, è manifestazione dello spirito umano. Tutti siamo poeti, tutti possiamo creare, però non tutti siamo artisti, in quanto l'artista è colui che riesce ad avere un'intuizione lirica" che riesce ad esprimere i sentimenti dell'artista, trasfigurandoli e purificandoli da ogni contenuto passionale. Ciò non vuol dire che,non rappresenta la realtà con tutti i suoi aspetti contrastanti, ma che riesce a ricomporli in una forma più armoniosa. Quindi l'opera d'arte è un tutt'uno tra intuizione ed espressione; è sintesi a priori.
La logica, denota invece la forma riflessiva, razionale e dà luogo alla filosofia. Per Croce la filosofia però ci insegna dei concetti che in effetti sono dei "pseudoconcetti". Il vero concetto è l'universale cioè lo spirito e quindi l'arte.
L'economia dà luogo alla ricerca "dell'utile". Nell'utile ci rientra lo Stato in quanto questo nasce solo per utilità (come sosteneva Machiavelli) e non per etica (come invece affermava Hegel).
I vari movimenti fino al bene appartengono alla storia. Per "storicismo" si intende una interpretazione della filosofia che voglia cogliere i valori. Quello di Croce possiamo chiamarlo storicismo assoluto; infatti per lui tutto il movimento dello spirito è "storia".
Tutta la storia è contemporanea in quanto viene studiata sempre secondo la mentalità contemporanea. La storia non fa mai morale, non è mai giustiziera, ma tutto comprende. Davanti al tribunale della storia tutto è giustificato. Quando studiamo avvenimenti della storia non possiamo fare giudizi; nella storia non si possono mai mettere "se".
"Ritengo che liberale sia la stessa vita umana", egli ritiene che ci deve essere sempre rispetto delle libertà umane infatti è proprio della natura umana rispettare gli altri e le proprie libertà.

Edmund Husserl
Edmund Husserl nasce in Moravia e precisamente a Friburgo nel 1859 (morirà nel 1938). I suoi interessi iniziali sono matematici, comincia i suoi studi con Frege, uno dei più grandi matematici del '900. Nel 1891 pubblicò anche un compendio matematico: "Filosofia dell'aritmetica".
Dallo studio dell'analisi matematica Husserl elabora la sua analisi della realtà che chiama Fenomenologia.
Mentre per Hegel il termine fenomenologia aveva significato tracciare il cammino della coscienza, per Husserl e Brentano significherà proprio lo studio della coscienza. Quindi punto chiave della filosofia di Husserl sarà la coscienza.
Per lo spiritualismo la coscienza era una sostanza, un ente ma Husserl si vorrà differenziare anche in questo prendendo le distanze da Cartesio.
Husserl dice che la coscienza non è un essenza, un ente, ma è attività (erlebniz = fluire incessante; un continuo avere coscienza).
La coscienza però è pure intenzionalità (dal termine della scolastica "intentio" che significa dirigersi verso; avere coscienza di). Noi parliamo di coscienza solo perché abbiamo coscienza di qualche cosa. Ma di che cosa? Husserl dice che la coscienza è sempre coscienza di noesis e noema [noesis = soggetto che conosce (il sogg. ricorda); noema = oggetto conosciuto (noema è il ricordato)]. Da ciò deriva che la coscienza è sempre una coscienza soggettiva (protagonista sarà sempre il soggetto).

Per Husserl la filosofia è:
• TEORETICA
• EDETICA
• NON OGGETTIVA
Teoretica in quanto è una filosofia di riflessione, di contemplazione perché riguarda sempre il soggetto conoscente.
Edetica poiché la filosofia si occupa delle essenze. La filosofia non ha un rapporto con la realtà come essa è, ma come alla coscienza appare. Ogni coscienza ha una percezione Analogica = non è la realtà vera e propria che vede (quella oggettiva), ma è la propria realtà (quella soggettiva).
In questo modo la coscienza si organizza le cosi dette Analogie regionali = delimitare la conoscenza a ciò che ci pare, noi ci facciamo degli schemi (appare qui una ripresa di Liebniz).
Husserl, nei rapporti con le altre persone, dice che si può avere solo Empatia cioè delle corrispondenze: noi giudichiamo l'altro con la nostra coscienza, attraverso ciò che corrisponde in noi, cioè attraverso ciò che io nell'altro voglio vedere.
Non oggettiva, in quanto la filosofia sarà sempre più soggettiva. Per questo lui scrive "Le crisi delle coscienze europee" in cui lui vuole vedere la crisi delle scienze. Husserl prende le masse da Spengler con il suo libro "Il tramonto dell'occidente" e da Nietzsche che già aveva parlato di crisi delle coscienze e delle certezze.

Il '900, in effetti, presenta una crisi un po' generale, si ci ritrova in un mondo in decadenza, di tenebre, dove i valori tradizionali perdono tutta la loro importanza.
"Il sonno della ragione genera mostri" aveva detto Gramsci. E' quindi il periodo della crisi della coscienza della scienza. Per Husserl questa crisi è dovuta al fatto che si è dato troppo valore alla Natura. Le varie scienze non hanno avuto altro oggetto che la natura. Ma l'oggetto della ricerca di ognuno di noi deve essere la coscienza.
Non esiste una realtà oggettiva per tutti, ma la natura è solo ciò che noi vogliamo vedere in essa.
Quindi la scienza si deve occupare solo della coscienza perché tutta la realtà è in essa.
Il suo riferimento è quindi l'ascultazione interiore. Quello che lui sta smantellando è la rappresentazione reale. Potremmo parlare quindi pure di soggettivismo Husserliano.
La filosofia di Husserl si presenta come Apofantica: la coscienza è solo la manifestazione dell'essere. Solo la coscienza può rivelare l'essere: essere è solo ciò che è per la coscienza: ognuno quindi ha una sua interpretazione della realtà.
Riguardo al momento della maturità, Husserl riprenderà il termine Epochè, ma mentre inizialmente questo termine indicava una totale sospensione dei giudizi, lui lo interpreterà come il mettere tra parentesi: per Husserl quindi il mondo della natura sarà tra parentesi (cioè sarà messo in secondo piano, come qualcosa di meno importante).
Husserl fa riferimento anche a Kant; per Kant il soggetto conosceva a priori e la conoscenza era sintesi a priori. Husserl invece per la sua concezione di conoscenza userà il termine trascendentale.
Per lui base e condizione per fare conoscenza non è basarsi sulla realtà. Infatti la sua filosofia non si basa sulla realtà oggettiva ma sulla realtà soggettiva di ogni singola coscienza: siamo noi a dare le leggi alla realtà.
L'esistenzialismo prenderà spunto da Husserl ma vedrà la coscienza soprattutto come angoscia. Husserl non farà parte di nessun gruppo, la sua filosofia rimarrà isolata, chiusa.
Edet Starlen, israelita, una sua alunna, dallo studio della coscienza arriverà a San Tommaso e quindi alla religione cattolica, diventando pure suora carmelitana.
Lo stesso faranno altri suoi alunni: faranno un salto arrivando alla religione cattolica. Ad Husserl però non interessa la religione. La coscienza è solo il nostro essere presente nella realtà. Quindi Husserl ha dato della coscienza un'interpretazione personale.

Martin Heidegger
Martin Heidegger (1889-1976) è il massimo rappresentante dell'esistenzialismo europeo. Professore universitario ha legato la sua vita al nazismo.
Un giorno, mentre scartabellava nella biblioteca dell'università, trova delle opere interessantissime di Kierkegaard. E' infatti a Heidegger che si deve la riscoperta di Kierkegaard e del suo pensiero filosofico.
Per Heidegger questa scoperta fu fondamentale perché secondo lui, Kierkegaard è riuscito a capire l'uomo nella sua categoria fondamentale: la possibilità; infatti la vita dell'uomo è caratterizzata dall'angoscia (sentirsi abbandonati nel mondo). Questo aspetto sarà la caratteristica fondamentale dell'esistenzialismo.
Questa corrente si basa sull'analisi dell'esistenza umana. Quindi l'esistenzialismo è quella corrente che ha come oggetto l'esistenza, sullo studio di questa, incidono il pensiero di Husserl, Kierkegaard, Nietzsche (per l'interpretazione della vita come irrazionalità), +Pascal (che parla dell'uomo visto come canna al vento), ma anche scrittori come Dostoieski e Kafka.
I caratteri principali dell'estetismo sono: interpretare l'esistenza umana come "abbandonata nel mondo" e vedere la ragione ùnell'interpretazione "apofantica" di Husserl.
Questo movimento si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre; in Italia come rappresentanti avremo Abbagnano ed Enzo Paci.
Le opere fondamentali per Heidegger sono "Essere e tempo" e "Cos'è la metafisica".

Prima fase del suo pensiero
Egli affermava che l'"Essere" per ciascuno di noi è sempre un "Esserci" = Dasein (non esistere il mio essere ma un essere nel mondo).
Noi possiamo essere in due modi nel mondo:
Con angoscia "vita autentica" essere abbandonati nel mondo, non avere alcuna certezza, vita abbandonata nell'indeterminato.
Con cura "vita inautentica" ci prendiamo "cura" di qualsiasi cura per non pensare all'angoscia; ci creiamo tanti pensieri.
Però questa è una vita inautentica perché non ci riporta al nostro vero essere. Caratteristica di questa vita inautentica è la "chiacchiereta" = vuoto (parlare a vuoto, parlare di niente, di cose vuote).
La vita autentica invece ci dovrebbe fare capire la nostra vera condizione, che è quella di esseri abbandonati nel mondo. L'angoscia è modalità di presenza nel nulla, comporta il delineare la nostra esistenza che è "vivereper la morte": la morte è l'unica nostra vera certezza; "Noi camminiamo, ma dove conducono i nostri passi? Da nessuna parte, solo verso la morte".
Se ci divertiamo, se lavoriamo, se facciamo qualsiasi cosa, allora stiamo conducendo una vita non autentica perché ci discosta dal nostra +vero essere che è la morte.
Però, si può passare tutta la vita pensando solo alla morte, senza far nulla per non condurre una vita inautentica? E' impossibile vivere così e ognuno quindi si dà da fare.
Allora Heidegger afferma: "La morte è lo scacco del nostro esistere". Se io tutta la vita conduco un'esistenza inautentica, qual è allora il mio momento autentico? Solo la Morte. Ma io non ci sono più nel momento della morte, ma in effetti è il momento della morte, ma in effetti è il momento in cui io ci sono veramente.
"Quindi io sono nel momento in cui non sono" che cosa sono allora io? Nella mia solitudine esistenziale il vero essere è la morte.

Seconda fase del suo pensiero
Ma per scoprire l'essere di ognuno di noi, in questa seconda fase, lui delinea una via alternativa. Durante questo periodo Heidegger scopre Holderlin e la poesia (linguaggio dell'essere e l'uomo è il custode della casa dell'essere. Quindi la poesia è l'espressione del nostro essere. (Ogni manifestazione dell'uomo è poesia). L'uomo con la poesia esprime la sua esistenza. Ognuno di noi si deve sentire custode di se stesso, della sua poesia. L'uomo deve cercare di valorizzare la sua propria vita : il valore della sua vita è fare poesia (linguaggio come poesia).
Il nostro valore è la ricerca dell'essere come linguaggio poetico. "La poesia è il linguaggio dell'essere l'uomo è il custode della casa dell'essere". Tutti noi possiamo fare poesia perché è espressione del nostro essere. L'uomo deve cercare di valorizzare la propria vita. Il valore dell'uomo è il linguaggio ed egli se ne deve fare custode.
La tecnica via via uccide l'uomo che diviene oggetto della tecnica. Il tempo per Heidegger è l'orizzonte dell'essere (è una linea non definitiva).
Nei momenti conclusivi del suo pensiero fece degli attacchi a ciò che succedeva intorno a lui. Fu sconvolto dalla scienza e dalla tecnica (in questo periodo si crea la bomba atomica). Lui fa delle riflessioni sui prodotti che si stavano realizzando in senso critico: ha paura del valore che sta assumendo la tecnica la quale si è ormai inserita in tutti i campi della vita.
La tecnica per Heidegger uccide l'uomo perché sposta lo sguardo dal problema esistenziale dell'uomo alla scienza.

Popper Karl
Nasce a Vienna nel 1902 da una famiglia ebraica e muore nel 1994. Si avvicinò ben presto al Circolo di Vienna ma non vi partecipò mai. In seguito alle leggi razziali si trasferì prima a Cambridge, poi ad Oxford e in Nuova Zelanda tenendo conferenze sul suo razionalismo critico. Popper rappresentò il punto di riferimento della riflessione scientifica e filosofica di tutto il '900. Fu un grande musicista. Le sue opere filosofiche più importanti sono: "La logica della ricerca", "Congetture e confutazioni", "Città aperta".
Egli afferma che è finito il tempo dell'empirismo classico che si basava sulla raccolta dei dati dall'esperienza, ma per Popper non ha importanza il metodo induttivo. La conoscenza si basa sulle intuizioni: anche Einstein si basa sull'intuizione soggettiva, su ipotesi. Il metodo induttivo non ha a che fare con la scienza, con Einstein ha inizio la rivoluzione scientifica; il nucleo è stato l'argomento cosmologico.
Tutta la conoscenza scientifica ha questo nucleo: quale deve essere la linea di demarcazione tra la scienza e ciò che non lo è?
Spesso la conoscenza scientifica arriva fino ad un certo punto dove si ferma e lascia che ognuno dia la sua risposta. Quindi lascia il campo alla metafisica e all'etica.
Per Popper la linea di demarcazione è costituita dal principio di fallibilità. Al contrario del principio della certezza noi dobbiamo dire che qualcosa è scienza solo se è fallibile.
Nella scienza noi procediamo sempre per congetture e confutazioni.
Le congetture sono proposizioni, ipotesi non spiegate. Le confutazioni sono risposte critiche alle congetture.
"Più nelle ipotesi che io vado avanzando trovo critiche, più vado avanti".

Il nostro procedere scientifico è basato su:
1) Il problema
2) Ipotesi di risoluzione del problema
3) Orizzonte prospettico si aprono nuove prospettive)

La scienza quindi non può dare la risoluzione finale, ma permette di andare avanti infatti: "Nella scienza si procede senza certezze".
Cosa significa essere fallibile? Essere come Socrate: "Io so di non sapere" (dotta ignoranza). In questo senso ogni scienziato deve essere come dice Socrate: deve essere sempre in prospettiva di superare se stesso.
La nostra società deve essere una società aperta (riprende Berson).
Popper va contro tutte le politiche dette solistiche (Marxismo, Stalinismo,.) cioè organiche, non consone ala natura umana, che ha bisogno di libertà e di democrazia.

La società aperta
"Noi abbiamo tre mondi: il primo è il mondo degli enti fisici (la natura, il mondo, l'universo); il secondo è il mondo dello spirito, delle coscienze; il terzo mondo, è quello dell'arte e della produzione dell'uomo, è il mondo di tutto ciò che fa l'uomo.
I primi due mondi non sono atti per noi e quindi noi non li possiamo padroneggiare. Solo il terzo mondo è tutto nostro, perché solo questo riguarda la produzione dell'uomo."
(Vico dice che la storia è l'unica scienza, una scienza tutta nuova perché l'abbiamo fatta tutta noi).
L'ultima sua parola fu: "Noi possiamo definire solo quello che esce dalle nostre mani, ma la nostra coscienza ci presenta l'orizzonte prospettico che si va spostando sempre di più".

Esempio



  


  1. ale

    ohi ohi ragazzi, "il sonno della ragione genera mostri" non l'ha detto Gramsci, ma è il titolo di un'incisione di Francisco Goya.. siamo un secolo prima.. questa sì che è una mostruosità.. senza considerare l'inopinatezza della citazione, che si riferisce a temi completamente diversi da quello per cui è stata evocata. Mamma mia mi fate venire i brividi..