Stirner - Pensiero

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Testo

Max Stirner (1806/1856)

Max Stirner, al secolo Johan Caspar Schmidt, non fu un semplice militante, bensì un vero e proprio filosofo dell’anarchismo.
Nato da una famiglia povera ed orfano di padre, Stirner fu per tutta la vita un uomo mediocre e sfortunato. Studiò con poco successo lettere classiche, per poi dedicarsi allo studio della filosofia avendo come maestro Hegel ed arrivando a conseguire un semplice titolo abilitante all’insegnamento. Durante tutta la sua esistenza visse in ristrettezze economiche, disprezzato da tutti i suoi contemporanei filosofi (tra i quali K. Marx), e finì col morire di stenti all’età di cinquanta anni.

Il pensiero filosofico
Nel 1845 la pubblicazione dell’Unico e la sua proprietà suscitò un grande scalpore per l’estremo individualismo di cui Stirner si faceva portavoce.
Egli sosteneva, infatti, che l’individuo fosse fine a stesso, unica norma e valore, e che il prossimo esistesse solo in qualità di oggetto, di strumento (basti pensare che giunse ad affermare che l’amare una persona diversa da se stessi è giustificato in quanto sentimento piacevole e conveniente).
Inoltre non aveva per lui senso chiedersi cosa fosse l’uomo, visto che essere uomini significa essere se stessi e di se stesso nessuno sa nulla.
L’uomo, il cui fine ultimo era l’uomo, non doveva essere subordinato a nessuna legge morale, a nessun ideale politico e/o religioso. Tutto questo perché non esisteva nulla di superiore alla singola individualità la cui vita, come già detto, non era mezzo per alcuna missione che la trascendesse.
Questa concezione portava ovviamente al totale rifiuto di tutte quelle istituzioni, come lo stato, la famiglia, il partito, la chiesa, incolpate di opprimere l’individuo. Lo stesso Dio, per Stirner, non era che un fantasma creato dall’uomo nel tentativo di comprendere se stesso ed al quale, quindi, non bisognava in nessun modo essere soggetti. Erano poi errate e da abolire tutte le nuove teorie neo-umaniste che sublimavano l’essere umano, ponendolo al pari della divinità, e che quindi portavano l’uomo ad essere schiavo dell’uomo.
Stirner, nella sua opera, mostrava inoltre come tutti gli ordinamenti politici nati dopo la rivoluzione francese fossero uguali in quanto a mancanza di libertà a quelli dell’Ancien Règime. Ad esempio, la tanto osannata democrazia non faceva che sottomettere il singolo alla volontà popolare (“la volontà di tutti non è la mia volontà”) mentre le idee socialiste di uguaglianza e solidarietà non erano che illusioni, visto che l’uomo sarebbe dipeso da tutta la comunità.
Ma che cos’era questa libertà tanto importante per Stirner ?
Con libertà egli intendeva la capacità dell’uomo di possedere tutto ciò che vuole anche con la forza. Tutti dovevano essere e sentirsi proprietari, possedere il potere sulle cose prima di poter dire di vivere liberi.
Il negare ogni istituzione (e quindi anche lo stato) non portava tuttavia ad una completa negazione della società intesa come volontaria e libera associazione, esente da qualsiasi ordine gerarchico e dominio dell’uomo sull’uomo ed il cui scopo fosse quello di amplificare la forza del singolo.
Il passaggio a questo nuovo assetto sociale non poteva essere determinato da una rivoluzione (che Stirner vedeva come sostituzione di un regime ad un altro) bensì da una spontanea insurrezione, il cui fine fosse quello di stabilire una pacifica convivenza tra gli individui, fondata sull’equilibrio delle esigenze e non sulla coercizione.
Tuttavia anche l’insurrezione aveva un valore relativo: non si doveva dimenticare che l’individuo che veniva dal nulla e presto vi sarebbe tornato, non aveva altra causa da difendere che la sua, limitata al breve spazio della sua esistenza che ad ogni istante si avvicinava alla fine.
È per questa sua concezione così distruttiva, riassumibile nella frase “Io ho posto la mia causa nel nulla”, che Stirner riscontrò molte opposizioni.

L’educazione
Nell’unico Stirner affermava che, per quel che riguardava l’originale condizione umana, essa non era l’isolamento ma la vita associata; questa però, come dimostrava la storia, tendeva facilmente a degenerare, cioè ad imporsi sul singolo in vari modi. Uno di questi era l’educazione, intesa come coercizione ed indottrinamento, col fine d’inculcare idee e sentimenti graditi a chi detiene il potere. In questo modo l’anima umana veniva modellata a piacere sin dall’infanzia ed assoggettata con uno degli strumenti più potenti : la cultura. Stirner era l’unico che vedeva in essa un mezzo di alienazione, mentre la maggior parte dei filosofi sosteneva il contrario.
La tradizionale scuola altro non si proponeva che uno scopo repressivo, non faceva che spianare la strada alla soggezione alle istituzioni.
Per evitare tutto ciò Stirner proponeva una educazione, il cui ruolo fosse quello di sorreggere e non guidare l’individuo in crescita. Da questo derivava la convinzione secondo la quale gli insegnanti, che andavano ben retribuiti, non dovevano tanto istruire ed incivilire (e per questo scopo erano meglio le conoscenze scientifiche che quelle umanistiche, perché meno manipolabili) quanto promuovere la creatività del singolo. La scuola, cioè il luogo dove si formano gli spiriti liberi, avrebbe dovuto svolgere il suo compito fino a quando l’individuo non fosse divenuto un uomo completo, in grado cioè d’impegnarsi in una salutare ribellione prima contro i genitori e poi verso tutte le altre opprimenti istituzioni.

Stirner e gli anarchici
La filosofia stirneriana riscontrò molto successo tra gli anarchici, i quali vedevano in Stirner l’unico vero spregiatore di una società corrotta, ipocrita e tirannica.
Lo stesso Bakunin ammetteva di esserne stato influenzato anche se, solamente i libertari individualisti lo accettarono incondizionatamente. Gli si criticava infatti l’estremo difetto di aspetti costruttivi, visto che la negazione di qualsiasi valore, che non fosse l’egoismo, creava un vuoto di ideali nei quali l’uomo non poteva vivere.
Inoltre si intravedeva nell’Unico di Stirner non una persona (un individuo cioè costituito dai vari rapporti col mondo e le altre persone) bensì una sorta di cifra simbolica, l’aspirazione di liberarsi da tutto e tutti, un nulla in cerca di nulla. E proprio questo è il punto: un nulla è sempre un nulla, per quanto si faccia.

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