Solone, Pisistrato, Clistene, Socrate

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Testo

SOLONE
Solone fu un legislatore e poeta ateniese (640 circa - 560 circa a.C.). Indusse i suoi concittadini a strappare ai Megaresi il possesso dell'isola di Salamina. Quindi si volse all'elaborazione di vaste riforme che ponessero fine all'anarchia in cui versava la città. Anzitutto assicurò la dignità della persona umana con la seisachtheia (provvedimento che dichiarò illegali le ipoteche sulle persone e sui loro beni) e recò sollievo a quanti erano afflitti da esose ipoteche e debiti. Divise i cittadini in base al censo in quattro classi assegnando diritti e oneri in proporzione delle possibilità economiche. La sua opera legislativa, che costituì un deciso avvio alla democrazia, fu accompagnata e seguita da una copiosa produzione poetica di circa 5.000 versi, di cui resta una trentina circa di frammenti. Per l'alto contenuto morale della sua poesia fu annoverato fra i Sette Sapienti.

PISISTRATO
Pisìstrato fu un tiranno di Atene (561-560 a.C. - 528-527 a.C.). Figlio dell'ari-stocratico Ippocrate e, per parte di madre, imparentato con Solone, si impose nella vita politica ateniese nel 565 a.C., quando vinse Megara e la costrinse non solo a restituire Salamina, ma anche a cedere il suo porto di Nisea. Forte dell'appoggio dei Diacri, occupò l'Acropoli e instaurò un governo dispotico (561-560). Al colpo di Stato si opposero però i Pediei, e molti dei Parali, che cinque anni dopo lo costrinsero ad andare in esilio. Ritornò ad Atene nel 546, contrastato debolmente con le armi presso il tempio di Atena di Pallene e accolto con favore per il desiderio di una pacificazione interna e in odio agli Alcmeonidi. Ebbe inizio allora di fatto la tirannide di P. che, esclusi un secondo esilio e un secondo ritorno, durò per un ventennio.

CLISTENE
Clìstene, uomo politico ateniese (seconda metà del VI sec. a.C.). Partecipò alla rivoluzione del 510 a.C. che pose fine alla tirannide con la cacciata di Ippia. Vinto dapprima dalla coalizione oligarchica (508), fu portato subito dopo al potere da una sommossa popolare e patriottica che affermò la volontà di autonomia della città. Egli si dedicò allora a una riforma basilare della costituzione, facendo trionfare la democrazia. A lui risale senza dubbio anche l'istituzione dell'ostracismo, arma efficace per allontanare dalla democrazia trionfante i pericoli di una reazione tirannica o aristocratica. Le riforme di C., dopo quelle di Solone e di Pisistrato, costituirono il terzo stadio di quel processo di costruzione del regime democratico ateniese che Efialte e Pericle portarono a compimento.

SOCRATE
Fu un filosofo greco Poiché non scrisse nulla, il suo pensiero è ricostruito sulla base di testimonianze, peraltro non sempre omogenee e concordi. La più antica di esse è costituita da una commedia di Aristofane, Le nuvole (423), nella quale il filosofo compare in scena grottescamente sospeso in aria in un pensatoio. La fonte di gran lunga più importante sono i Dialoghi di Platone, più attendibili i dialoghi scritti da Platone negli anni immediatamente successivi alla morte del maestro, e cioè, oltre all'Apologia, il Critone, il Lachete, l'Ippia Minore, il Carmide, lo Ione, l'Eutifrone, il Protagora, l'Alcibiade Primo e l'Eutidemo. A quanto si sa S. si dette alla "vita filosofica", realizzando la sua vocazione di risvegliatore di coscienze non nel chiuso di una scuola, ma nelle botteghe, nelle vie e nelle piazze della città. Sposò Santippe ed ebbe da lei tre figli. Combatté nella guerra di Potidea (432-429), a Delio (424) e ad Anfipoli (422), dando prova di resistenza fisica, di coraggio e di generosità, come quando salvò Alcibiade ferito e rinunciò alla ricompensa in favore dell'amico. Quando, dopo l'infelice guerra del Peloponneso e la tirannia dei Trenta, nella Atene dominata dai seguaci di Trasibulo, si vollero restaurare i valori e gli ordinamenti tradizionali, si fecero risalire la sconfitta militare e la decadenza politica alla disgregazione operata nella coscienza dei cittadini dalla nuova cultura, spregiudicata e dissacratrice, di cui S. era l'esponente col suo spirito critico. Della fermezza e della dignità con cui S. ricusò l'evasione dal carcere e si diede la morte bevendo la cicuta sono altissima testimonianza l'Apologia, il Critone e il Fedone. Seminando dubbi nei suoi avversari egli non intende soltanto distruggere delle opinioni; suo fine invece è scoprire la verità, o meglio aiutare gli uomini a trovare da se stessi la verità. In questo senso egli può affermare di aver ereditato dalla madre levatrice l'arte maieutica, in quanto non ha verità da partorire, ma possiede solo la facoltà di assistere gli altri nel dare alla luce quelle che sono in grado di scoprire in se stessi. L'ironia è una manifestazione conseguente di tale atteggiamento antidogmatico, così come lo è la pratica del dialogo aperto, in quanto mezzo per arrivare alla verità. S. si propone di educare gli uomini ad acquistare una consapevolezza sempre più profonda del significato del loro operare. Attraverso la riflessione l'uomo diviene virtuoso, cioè acquisisce la padronanza consapevole delle proprie capacità. In questo senso la virtù è fatta coincidere col sapere e, contro il relativismo dei sofisti, è presentata come unica e insegnabile. Il male deriva solo da ignoranza o da insufficiente conoscenza del bene: "nessuno sbaglia di sua propria volontà".

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