Seneca e pensiero

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Lucio Annèo SENECA
Vita
Nacque a Cordova, città repubblicana della Spagna, da una ricca famiglia equestre forse nel 4 a.C. Frequentò le scuole di politica, retorica e filosofia a Roma ( ebbe tra i sui maestri Attalo e Papirio Fabiano, provenienti da scuole stoiche pitagoriche).
Nel 26 d.C. si recò in Egitto e quando tornò a Roma nel 31 d.C. iniziò la carriera forense e politica. Si salvò dalla condanna a morte di Caligola grazie all’aiuto di un’amante dell’imperatore, ma non si salvò dalla relegazione del 41d.C. mossa dall’imperatore Claudio con l’accusa di coinvolgimento nell’adulterio di Giulia Livilla, sorella di Caligola. Venne esiliato in Corsica fino a quando Agrippina lo fece tornare a Roma nel 49 d.C. scegliendolo come tutore per il figlio Nerone. Nel 54 d.C. Nerone salì al trono e fino al 59 d.C. (data del matricidio) resse lo stato in un periodo di buon governo; costrinse così il filosofo a gravi compromessi, fino a quando si ritirò a vita privata dopo il 62 d.C. cioè quando ormai Nerone era caduto nelle mani di Poppea. Diventato scomodo per il nuovo consigliere Tigellino e per Nerone stesso, Seneca viene coinvolto nella “congiura di Pisone” nel 65 d.C. , ma dopo essere stata condannato a morte dall’imperatore, si suicidò nello stesso anno.
Opere
La maggior parte delle opere sono a carattere filosofico; alcune di queste furono raccolte in dodici libri sotto il nome di Dialoghi non sotto forma dialogica, ma secondo la tradizione del dialogo filosofico (Platone) su questioni etiche e psicologiche:
1.Ad Lucilium de providentia; 2. Ad serenum de Constantia Sapientis; £-5. d Novatum de ira libri III; 6. Ad Marciam de Consolatione; 7. Ad Gallionem de vita beata; 8. Ad Serenum de otio; 9. Ad Serenum de tranquillitate animi; 10. Ad Paulinum de brevitate vitae; 11. Ad Polybium de consolatione; 12. Ad Helviam matrem de consolatione.
Le opere tramandateci autonomamente sono: De Beneficiis, in sette libri, ilDe Clementia, dedicato a Nerene in tre libri di cui ne abbiamo solo il primo e metà del secondo, le Epistulae morales ad Lucilium, 124 lettere in venti libri forse originariamente 21, le Naurales quaestiones, in sette o otto libri.
Abbiamo poi nove tragedie cothunatae di argomento greco, il Ludus de morti Claudii (o Apokolokyntosis), una satira menippea sulla singolare apoteosi dell’imperatore, e gli Epigrammi, ritenuti pero un falso.
Tra le opere perdute: una biografia del padre (Seneca il vecchio9, numerose orazioni, alcuni trattati e della opere filosofiche e infine alcune lettere sulla leggendaria corrispondenza con S. Paolo.
Fonti
Seneca stesso nelle Epistulae e nella Consolatio ad Helviam matrem, Tacito negli Annales, Dione Cassio, storico greco, in una sezione della Storia Romana e nelle biografie svetoniane di Nerone Caligola e Claudio.

I Dialoghi e la saggezza stoica
Le opere senecane rimasteci non sono perfettamente databili, quindi l ricostruzione dello sviluppo del pensiero di Seneca è assai difficile.
Le singole opere dei Dialoghi trattano aspetti o problemi dell’etica stoica, stoicismo comunque stemperato dall’antico rigore dottrinale.
Tra il 40 e il 43 d.C. sono databili tre opere dove è presente il genere della consolatio : già coltivato nella tradizione filosofica greca, costruito attorno a temi morali come la fugacità del tempo, la precarietà della vita, la morte e il destino inevitabile dell’uomo, e altri temi su cui poi ruoterà tutta la filosofia senecana. Tra queste opere la prima è Consolatio ad Marciam, scritta sotto il principato di Caligola, nel 40 d.C. indirizzata alla figlia di Cremuzio Cordo per consolarla, appunto, della perdita di un figlio; le altre due opere sono entrambe risalenti al periodo dell’esilio: la prima, Ad Helviam matrem, mira a tranquillizzare la madre delle condizioni del figlio esule esaltando gli aspetti costruttivi per l’otium contemplativo; l’altra, forse del 43, Ad Polybium, potente liberto di Claudio, per consolarlo della perdita di un fratello cerca di adulare l’imperatore per ottenere il ritorno a Roma (accusa di opportunismo).
La trilogia del De ira tratta uno studio fenomenologico delle passioni umane analizzandone le origini e i modi per inibirle e dominarle (è dedicata al fratello Novato).
Un’altra opera indirizzata al fratello è il De vita beata che affronta il problema della felicità e del ruolo che hanno gli agi e le ricchezze per conseguire la stessa. Seneca qui cerca di difendersi dalle accuse di incoerenza tra i principi professati e la concreta condotta di vita che lo avevano portato ad accumulare potere e svariate ricchezze. Il filosofo giustifica ciò dicendo che ne agi ne ricchezze sono antietiche, quindi il saggio dovrà saper “sopportare” il benessere e le agiatezze senza lasciarsene invischiare, possederle senza farsi possedere da queste.
Nella trilogia all’amico Sereno, Seneca tratta ancora il concetto di saggio imperturbabile. Nel primo dei tre dialoghi De constantia sapientis, esalta il distacco del saggio dalle contingenze terrene grazie alla sua fermezza interiore di fronte alle avversità e alle ingiurie; nel De tranquillitate animi, affronta il problema della partecipazione del saggio alla vita politica, ovvero della mediazione che il sapiente dovrebbe compiere tra i due estremi dell’otium contemplativo e dell’impegno del civis romano; nel De otio questo compromesso viene risolto dalle condizioni politiche che non lasciano altra alternativa che la solitudine contemplativa 8scritto nel 62 d.C. ai tempi del ritiro politico).
Nel De brevitate vitae , dedicato a Paolino, tratta del problema della fugacità del tempo e dell’apparente brevità della vita che ci sembra tale in quanto non sappiamo sfruttare al meglio il tempo a noi concesso disperdendolo invece in occupazioni inutili.
Nel De providentia, infine, si occupa del problema della contraddizione sulla predestinazione degli uomini (in contrasto con l’indifferenza divini della dottrina epicurea); Seneca sosteneva che anche se le ingiurie o le ingiustizie colpiscono gli uomini giusti e buoni, non sono una sorta di punizione, ma una prova che serve per mettere in risalto le virtù dei saggi.
Filosofia e potere
L’unica opera a carattere scientifico pervenutaci è Naturalium quaestionum libri VII , dedicato a Lucilio e scritto dopo gli anni del ritiro dalla vita pubblica; dovevano fungere da sostegno all’impianto filosofico, ma non c’è, in realtà, organicità né integrazione fra indagine e ricerca morale, tra la dottrina filosofica, appunto, e i fenomeni celesti e atmosferici.
Nei sette libri del De beneficiis , opera terminata nel 64 d.C. e dedicata all’amico Ebuzio Liberale, tratta la natura e le varie modalità di beneficenza, i legami tra benefattore e beneficiato, i valori di gratitudine e le conseguenze che cadono sugli ingrati (allusione al comportamento di Nerone nei suoi confronti). Enuncia, inoltre, i rapporti di coesistenza che dovrebbero esserci in una società utopica più liberale, una sorta di monarchia illuminata; infine rivolge un appello alle classi privilegiate che devono instaurare un rapporto più cordiale all’interno che si configura come proposta alternativa al fallimento di quel progetto.
Nel De clementia, opera dedicata al giovane Nerone negli anni 55-56 d.C., Seneca espone la sua concezione di potere: egli non mette in discussione né il principato, né la forma monarchica che esso ha raggiunto, ma crede nell’unicità di un ordine cosmico governato dalla ragione universale, un universo cosmopolita atto a unificare le diversità dei popoli che formano l’Impero. Il problema di avere un buon sovrano in un regime assoluto viene risolto dal fatto che questo per essere tale deve porre un freno alle sue azioni grazie alla sua coscienza; la clementia , non misericordia, ma filantropica benevolenza, è la virtù che può far avvicinare il popolo al sovrano per assicurare stabilità e armonia nello stato.
L’importanza quindi sta nell’educazione del princeps e nel modo in cui la filosofia sia garante e ispiratrice della direzione politica dello stato (progetto platonico dello stato dei filosofi). La filosofia deve inoltre guidare l’èlite politica affinché si compia il progetto di armoniosa distribuzione del potere.
La degenerazione del governo neroniano, mette a nudo i limiti di questo progetto; così Seneca si allontana dalla civitas , modificando il ruolo del saggio, concentrandolo sulle coscienze dei singoli, si pone così al servizio dell’umanità.
La pratica quotidiana della filosofia: le Epistulae ad Lucilium
Dopo il suo ritiro dalla scena politica, Seneca rivolge la sua produzione (“tarda”) sull’orizzonte della coscienza individuale.
Le Epistulae ad Lucilium sono una raccolta di lettere di varia estensione e argomento indirizzate a Lucilio, appunto:personaggio di modeste origini, campano, più giovane di Seneca, di buona cultura, poeta e scrittore, forse un epistolario fittizio. L’opera è incompleta scritta forse tra il 62-63 d.C.
Già usato da Platone e soprattutto da Epicuro, l’epistola filosofica e un genere del tutto nuovo nella letteratura latina; egli le usa come strumento di crescita morale, un itinerario verso la sapientia tramite un colloquium con l’amico, creando così una certa intimità tra i due.
La lettera è il genere letterario più vicino alla realtà, quindi si presta alla pratica quotidiana della filosofia in quanto da spunti di vita vissuta, nascono osservazioni e riflessioni dalle quali può suscita re un dibattito filosofico.
Dalle lettere che trattano solo argomenti basilari, fino a trattati a carattere più specifico, si assiste alla crescente conquista del perfezionamento interiore. Non c’è quindi solo una tendenza a dimostrare una verità, ma a invitare al bene.
Il genere epistolare si adatta perfettamente alla filosofia senecana, priva di sistematicità e incline alla trattazione di singoli temi etici, di aspetti parziali suggeriti dall’esperienza quotidiana. Egli si riaggancia anche alla tradizione diatribica: nella varietà e nell’occasionalità, nell’aggancio tra vita vissuta e riflessione morale, come nella satira oraziana. Seneca inoltre specifica il ruolo del saggio, indipendente e indifferente alle seduzioni mondane, sprezzante delle opinioni correnti;la vita di un saggio deve quindi essere indirizzata alla meditazione e al raccoglimento, al perfezionamento interiore tramite l’analisi dei vizi e delle debolezze proprie e altrui.
Non condivide il trattamento riservato agli schiavi, ma nello stesso tempo disprezza l’attaccamento delle masse popolari verso il circo.
Specifica il vero significato dell’otium, che non è inerzia, ma continua ricerca del bene e delle conquiste dello spirito e della libertà interiore che giovano non solo a chi è alla ricerca della sapientia ma anche agli altri, alla posteriorità. Anche la morte così diventa il simbolo della propria indipendenza dal mondo.
Naturales Quaestiones
Il “Nuturalium quaestionum libri VII” , scritto dopo il ritiro dalla vita pubblica, dedicato a Lucilio,è l’unica opera a carattere scientifico di Seneca. E’ il frutto di una lunga compilazione durata molti anni grazie all’aiuto di fanti stoiche, come Posidonio. Manca però l’integrazione e l’organicità fra indagine e ricerca morale.
Le tragedie

L’Apokolokyntosis

Gli epigrammi
Sono solo alcune decine in distici elegiaci anonimi; il livello è decoroso, non molto brillante e alcuni di essi accennano all’esilio in Corsica.
La Fortuna
Ebbe un successo immediato con Quintiliano per il movimento arcaicizzante, nella tarda antichità nella poesia cristiana con il falso carteggio di San Paolo, nel Medioevo, nella cultura gesuitica e protestante.
Dal XVI sec. vennero riscoperte le sue tragedie: nel teatro rinascimentale italiano, nel barocco inglese con Shakespeare, nel classicismo francese con Racine e Voltaire, e nel romanticismo tedesco. Anche Alfieri con la sua polemica anti-tirannica ebbe una tensione fortemente tragica.

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