Scuole post aristoteliche

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Testo

Scuola Post- aristoteliche

“Che cos’è la felicità?”. E’ la domanda che caratterizza le scuole post aristoteliche. Che si pongono come obiettivo scoprire cos’è la felicità per l’uomo, C’è un netto cambio di studio. Queste scuole non si occupano di ontologia (studio dell’essere), non hanno interessi sulla politica, non si occupano delle essenze delle cose.
Cambia la domanda di riferimento perché cambia la situazione politica e sociale, si sfalda infatti l’impero alessandrino e i territori vengono frammentati; crolla specialmente la certezza del significato di POLIS, punto di riferimento morale e sociale, perché la polis dava dei valori e la gente aveva così dei punti di riferimento. L’individuo non si sente più greco e si trova provato delle certezze che aveva prima. Non c’è più un particolare punto di riferimento. Senza di essi si chiedono come si possa essere felici. Il grande sistema aristotelico, basato sulla via del buon senso o via di mezzo, non dà più lo stesso valore a ciò. Su che cosa si vive? Si chiede alla filosofia di dare delle indicazioni all’uomo per sopravvivere. La filosofia deve guarire i tormenti dell’anima e quindi renderla più tranquilla e quindi più felice. La filosofia si concentra quindi sui principi morali. La filosofia deve consolare l’uomo della propria vita tormentata per aiutarlo a vivere meglio.
Di solito queste scuole abbandonano i vecchi metodi: ora non c’è più il dialogo, ma bisogna obbedire al maestro. Si cercando delle regole per vivere bene e non bisogna ribatterle. Queste sono delle teorie della crisi. Il nostro mondo non è tanto diverso. Quest’età è definita ellenistica; ellenismo perché la Grecia rimane un punto di riferimento, ma non è più la Grecia di un tempo, ma è grecizzata, mescolandosi ad altre culture. Il greco volgare, il koinè, è il veicolo della lingua nel periodo ellenistico. In questo periodo nasce il libro così come lo conosciamo oggi, nasce l’idea che il sapere debba essere unito e fatto conoscere, nasce così la famosa Biblioteca d’Alessandria. È un atteggiamento imposto senza discussione; il “museo” prende il nome dall’invocazione alle Muse. Alessandria d’Egitto diventa il più grande centro culturale del mondo. Per secoli il centro culturale mondiale è stato Atene, ora non lo è più, per questo si sentono spezzati.

Lo scetticismo

Il fondatore della scuola è Pirrone di Elide (365-275 a.C.). Egli vuole fornire la chiave per un’esistenza felice. Pirrone dice che non si può conoscere nulla in modo oggettivo: niente è conoscibile, soprattutto per quanto riguarda le scelte più difficili e complicate. Avendo conosciuto molti popoli diversi, Pirrone poté constatare che niente si può dire vero a differenza degli altri, ogni conoscenza è relativa e ogni teoria filosofica non è fondata, in quanto ad ogni teoria che ne dimostra la fondatezza, ne esiste un’altra che ne dimostra il contrario. Ecco perché la figura del saggio scettico deve avere come atteggiamento principale l’epochè. Pirrone dice “il filosofo deve fare epoche”. Pirrone non dice che → NON esiste una verità ←, dice che non possiamo conoscere una verità assoluta e quindi potrebbe esserci una verità assoluta, ma non la conosciamo. Non si può avere la conoscenza certa di una verità. Il fatto di negare una possibilità assoluta è la partenza per la ricerca.: ossia, io non conosco niente, ma posso arrivare a trovare una conoscenza della verità usando la ragione. Questo atteggiamento del sapere e non sapere è molto simile al ragionamento socratico.
La parola scettico significa “ricercare”, ma in continuazione. Lo scetticismo è la base della ricerca perché solo ammettendo di non sapere delle cose certe, si può ricercare.
I limiti vengono messi alla coscienza umana. Questo argomento è ritenuto valido anche per Dio. Gli scettici sono radicali. Lo scettico ritiene che bisogna sempre ricercare la verità. L’afasia, “liberazione del linguaggio” è una liberazione della realtà perché il linguaggio è un’espressione che ingabbia la realtà e non esprime un giudizio certo. Tutto ciò risponde alla domanda iniziale e porta l’uomo a non affannarsi troppo nella vita. È una risposta alquanto debole, infatti non ebbe molto successo. Tutto questo atteggiamento, epoche e afasia, portano all’atarassia, o imperturbabilità dell’anima, mancanza di tormenti, di affanni. Gli scettici non credevano nemmeno ai ginnosofisti, anche se sembra che Calano, un sofista, bruciato tranquillamente sul rogo, abbia influenzato lo scetticismo.
Arcesilao e Carneade, due scettici, dicono che non si ha una conoscenza certa e possiamo avere solo delle opinioni probabili e che non esiste nessun criterio di verità oggettivo e, in particolare Carneade, dobbiamo dare assenso a ciò che ci pare più probabile poiché è più persuasivo dal punto di vista soggettivo.
Un altro filosofo scettico è Sesto Empirico, medico, che scrisse Gli Schizzi pirroniani e Contro i Matematici, dove criticava le altre filosofie catalogandole come dogmatiche. Infatti i matematici sono coloro che ritengono con certezza una tale verità e che sia possibile raggiungerla attraverso le scienze o aritmetica e geometria.
Secondo lui non c’è nessun criterio oggettivo di verità e quindi l’uomo si deve limitare ai fenomeni, cioè rappresentazioni soggettive delle cose. Sesto indica anche i quattro criteri pratici su cui bisogna basarsi per condurre la propria vita:
1. seguire ciò che la natura ci rivela attraverso i sensi;
2. assecondare i bisogni del corpo;
3. rispettare le leggi e costumi;
4. seguire le regole delle arti.

L’epicureismo

Nasce col filosofo Epicuro di Samo (341 a.C. ad Atene). Fu un seguace di Democrito, famoso atomista. Nel 306 fonda presso il giardino di casa sua la scuola filosofica. Qui erano accettati sia le donne che gli schiavi. Se in generale le scuole si rivolgevano agli aristocratici, la scuola epicurea conquista anche le classi basse. L’epicureismo è stato frainteso nei secoli. L’etica epicurea è chiamata edonistica perché ricerca il piacere, ma non inteso come ricerca del divertimento, ma come assenza di dolore. Risponde in pieno alla domanda iniziale. Epicuro non era imperturbabile come Pirrone, ma sereno. Per Epicuro non si parla solo di atarassia; seguiva anche delle regole e l’epicureismo dava molta importanza alla morale e all’amicizia. Suoi seguaci furono Lucrezio e Virgilio.
Bisogna trovare un modo per eliminare le paure dell’uomo, perché solo così si ha assenza di dolore. Elabora il tetra farmaco, un rimedio che si basa su 4 punti fondamentali. Quali sono le paure dell’uomo?:
1. la paura degli dèi. Gli dèi sono perfetti, vivono negli intermondi e non si occupano delle vicende umane;
2. la paura della morte: la morte non è nulla per l’uomo perché quando io esisto, non c’è la morte e quando ci sarà la morte io non esisterò più;
3. il piacere è possibile ed è alla portata dell’uomo;
4. il dolore e il male sono solo di breve durata.

Nella lettera a Meceneo ci spiega che il successo dell’amore sta nella sua continua ricerca e nella sua continua fugacità; viviamo con le preoccupazioni perché temiamo di morire. La morte provoca dolore perché la si attende e rovina così la vita, impedendoci di stare sereni e vivere i momenti.
Nelle Lettera a Erodoto e Lettera a Pitocle, possiamo capire che Epicuro aveva anche una teoria logica e fisica, ma che servivano come mezzi per rassicurare gli uomini, in quanto offrono una vista razionale della natura e dei suoi fenomeni, escludendo così l’intervento divino. Il saggio conta così solo su se stesso e vivere in pace.
Tratta anche di fenomeni celesti, dove esprime un’idea importantissima: non ci si deve accontentare di una sola teoria, ma di più spiegazioni. La scienza naturale non si cura della verità scientifica, ma solo di sostenere le ragioni di una vita dedita alla ricerca del piacere.
Secondo Epicuro tutto è composto di atomi, e dalla loro unione deriva la generazione delle cose, dalla loro separazione deriva la corruzione e la morte. Gli atomi sono in continuo movimento e si distinguono per perso, forma, figura e dimensione. Cadono verso il basso, nel vuoto infinito e nel cadere subiscono delle deviazioni casuali, dando origine così a differenti aggregazioni. Questo concetto è chiamato da Lucrezio clinamen.
La dottrina della conoscenza, definita canonica, dipende dalla visione atomistica. Secondo Epicuro alla base della conoscenza ci sono i fenomeni naturali e la conoscenza sensibile. La sensazione è dunque vista come primo criterio di verità, in quanto il soggetto è passivo di fronte alle cose esterne e la sensazione ne registra l’immagine. Le sensazioni sono causate dal flusso di atomi, che si staccano dai corpi e producono le immagini simili dagli oggetti da cui derivano. Queste sensazioni si imprimono nella memoria e formano i concetti, che Epicuro chiama anticipazioni o prolessi. Questo è il secondo criterio di verità. Epicuro presenta come terzo criterio anche i sentimenti di piacere e dolore, che guidano l’uomo nel mondo pratico. Se restiamo in questo campo, infatti non commettiamo errori, che invece derivano dalle opinioni contraddette dalle testimonianze dei sensi.
Il principio e il fine dell’etica epicurea è la felicità, ma Epicuro traccia una vera e propria gerarchia di piaceri e li distingue in quelli da promuovere e quelli da evitare, ossia buoni e cattivi.
I piaceri cattivi sono detti dinamici perché causano dolore e agitazione e sono l’amore sessuale (accompagnato da fatica, rimorso e depressione), il matrimonio, l’ingordigia (porta all’indigestione), l’amore per gli onori e la vita politica (che generano angosce).
Tra i piaceri buoni, detti anche stabili, possiamo trovare l’amicizia, la cui pratica è costante nella scuola epicurea, e la solidarietà.

Stoicismo

Con la logica si hanno tre cose: la teoria della conoscenza, la dottrina del significato e la scienza del ragionamento.
Ogni conoscenza ha inizio dalla sensazione, che consiste nell’impressione che gli oggetti corporei lasciano sugli organi di senso. In questo modo formiamo la rappresentazione, che viene distinta in due tipi: una sensibile e l’altra razionale. L’anima è la carta bianca dove vengono registrate le rappresentazioni dei sensi e con il loro accumularsi, grazie alla memoria, si generano i concetti, che sono anticipazioni o prolessi delle cose. Anche qui l’uomo è passivo, ma diventa attivo quando deve dare il proprio assenso alle cose, ossia accettando o negando la rappresentazione. Questa attività viene definita rappresentazione concettuale: l’uomo dà un giudizio libero se accettare o meno. Questo processo viene identificato come catalessi, ossia processo in cui l’intelletto afferra l’oggetto.
L’errore che eventualmente si verifica, non è nella sensazione,ma nel modo precipitoso di dare l’assenso.
Ma cos’è il concetto? Per Aristotele il concetto stava a indicare l’essenza delle cose, mentre per gli stoici è diverso: il concetto è un segno che sta per le cose, nel senso che si riferisce a un gruppo di oggetto.
La novità degli stoici è anche l’analisi del segno linguistico:
1. la parola è intesa come suono e segno grafico dell’oggetto rappresentato;
2. l’oggetto che è designato dalla parola;
3. il significato, o lektòn, ossia l’immagine o la rappresentazione mentale dell’oggetto.

E’ un concetto importante, perché non si ha più la cosa e il segno, ma la cosa, il segno e il significato.
Per Zenone il segno e la cosa designata sono corporei,mentre il significato è immateriale in quanto si forma solo nella nostra mente.
L’altra conquista importante della logica stoica è rappresentata dalla scoperta dei ragionamenti ipotetici, come ad esempio: “se c’è fumo, c’è fuoco”, “se quella donna ha latte nelle mammelle, ha partorito…”. A differenza del sillogismo aristotelico, questi ragionamenti descrivono fatti o eventi e si propongono di ricercare verità nuove rispetto a quelle contenute nelle premesse:
1. premessa maggiore, contiene un’affermazione ipotetica o disgiuntiva;
2. premessa minore, è una proposizione contenente una constatazione di fatto;
3. conclusione, risulta dedotta con coerenza dalle premesse.

Solo sulle proposizioni di senso compiuto possono essere sottoposte a un criterio di verità o falsità, in quanto gli stoici prendono in considerazione tutta la proposizione e non solo una parte di essa, altrimenti non è chiaro il messaggio che essa vuole trasmettere.
Alcuni argomenti sono non validi o insolubili. Il più famoso è quello del mentitore:se una persona dice “io sono bugiardo”, qual è la verità? Se diceva il vero mentiva, se mentiva diceva il vero. Una soluzione arriva da Russell, che dice che la frase non può essere autoreferenziale, in quanto non si avrebbe altrimenti soluzione.
Secondo gli stoici tutto è corpo: il mondo, l’uomo, Dio, il bene, la parola.. Non è però una visiona materialista. Distinguevano, infatti, nel corpo due principi: la materia, finita, inerte e pronta a tutti i mutamenti; e la ragione, causa che dà forma alla materia: è il principio attivo che trasforma la materia in cosmo ed è identificata con la pnèuma, il fuoco.
L’universo è considerato unico, bello e perfetto, anche se comprende in sé la ragione, principio divino immanente nel mondo (panteismo). Ma quest’universo è destinato a perire in una conflagrazione finale: ossia, il mondo perfetto morirà per poi rinascere e si avrà un nuovo ciclo cosmico uguale identico a quello precedente in ogni minimo particolare, in ogni minima esistenza (eterno ritorno). L’universo è segnato dalla necessità: il suo dio, il logos, riserva agli uomini un destino di bene, anche se essi non sono in grado di capirlo (finalismo cosmico).
Secondo gli stoici poi il corpo è in parallelo con l’anima, divisa in otto parti: la parte egemonica (coordinatrice) , i cinque sensi, l’organo della voce e quello della generazione. L’anima è una virtù unificatrice e coordinatrice della parte egemonica.
La libertà, secondo gli stoici, consiste nel lasciarsi guidare dalla legge naturale e razionale che regge il cosmo. L’uomo,quindi, deve vivere in armonia con se stesso e con l’ordine razionale; deve seguire l’oikéiosis, sforzo di far ritorno alla propria abitazione, con il logos come punto di riferimento. Deve conciliarsi con la propria natura, essere se stessi, adattarsi all’ordine naturale che è comune all’uomo e al mondo. Ciò avviene solo attraverso l’istinto e la ragione; l’istinto agisce negli animali attraverso i processi spontanei della natura; la ragione agisce sull’uomo attraverso l’attività simbolica e i concetti.
La loro massima era quindi “vivi secondo natura” , e per natura si intende l’ordine perfetto e universale che governa il cosmo.
L’etica stoica è incentrata sul dovere, inteso come comando morale a conformare il proprio comportamento alla legge razionale del cosmo.
Essi credevano anche alla predestinazione, cioè tutto accadeva secondo un piano provvidenziale di Dio o del destino. L’uomo saggio è colui che sa individuare questo destino ed è in grado di accordare ad esso ogni sua azione. Ciò consiste nella virtù. L’uomo virtuoso è colui che riesce ad accettare ciò che comunque deve succedere. La virtù ha vari nomi: coraggio, se riguarda la forza di agire, temperanza se si riferisce all’equilibrio delle passioni, giustizia se attiene alla distribuzione dei beni; ma la virtù è una sola e per comprenderla bisogna accettarsi per come si è per natura.
Il saggio non si propone di modificare gli eventi, ma li accetta e cerca di capirli, evitando così ansia e frustrazione. La vera libertà consiste nell’accettazione della necessità, ma come ottenerla? Praticando l’indifferenza di fronte alle cose: si crea uno stato d’animo di libertà e l’uomo ha un atteggiamento di superiorità di fronte alle cose, che non possono influenzare la sua natura. L’indifferenza genera apatia, ossia la liberazione di emozioni che possono turbarlo e renderlo inquieto. Il saggio riesce quindi a trovare un equilibrio e a raggiungere una sorta di pace assoluta, chiamata atarassia.
Le emozioni da rifiutare sono il desiderio smodato dei beni futuri e l’eccessiva felicità per quelli posseduti nel presente, il timore dei mali futuri e la pena per quelli del presente.

DEFINIZIONI

Panteismo: “tutto è dio”. Gli stoici credono che dio sia immanente nel mondo e in tutte le cose. Dio, per loro, è ragione, logos, principio dell’ordine naturale e necessario del cosmo. In particolare essi identificano Dio con il fuoco cosmico o soffio caldo (pnèuma), che contiene in sé tutti i semi da cui si originano tutte le cose.

Finalismo: è la concezione secondo cui la natura tende a uno scopo. Per gli stoici, lo scopo a cui tende l’ordine naturale è l’uomo: tutto è stato generato in vista dell’uomo. Si tratta di una visione antropocentrica.

Lektòn: contenuto razionale o significato di concetto. Il lektòn è ciò che è comune ai vari termini, in significato universale, che al di là delle differenze culturali, rende riconoscibile a tutti i parlanti l’oggetto che indichiamo.

Prolessi: significa anticipazione. Gli stoici usano tale espressione per significare quelli che noi chiamiamo concetti generali delle cose.

Catalessi: deriva dal greco katalambànein, “prendere”, “afferrare”, è l’atto con cui l’intelletto “afferra” l’oggetto, che grazie alla forza della sua evidenza si era impresso nella mente.

Canonica: è il nome che Epicuro diede alla sua dottrina della conoscenza e deriva da canone (kànon), regola o criterio di verità per orientare l’uomo nel suo cammino verso il piacere ed evitare l’infelicità.

Tetrafarmaco: significa “medicina composta da quattro elementi” (tetraphàrmakon). E’ costituita dalle quattro massime fondamentali consigliate per salvarsi l’anima e vivere felici.

Edonismo: E’ il nome che solitamente indica quelle dottrine etiche che ripongono nel piacere lo scopo principale della vita: infatti, in greco, hedoné vuol dire “piacere”.

Epoché: Sospensione del giudizio. Indica l’atteggiamento di chi decide di astenersi da ogni presa di posizione.

Afasia: è l’impossibilità di pronunciare affermazioni dotare di significato veritiero circa la realtà delle cose, in quanto ogni enunciato è ingannevole. Conseguenza dell’epoché.

Esempio